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Prime considerazioni sulla Legge “Gelli-Bianco” sotto il profilo del diritto penale

Prime considerazioni sulla Legge “Gelli-Bianco” sotto il profilo del diritto penale
Prime considerazioni sulla Legge “Gelli-Bianco” sotto il profilo del diritto penale

Indice

1. La Riforma Balduzzi e Gelli-Bianco

2. L’intervento della riforma Gelli

3. Le linee guida

4. Gli aspetti critici

 

1. La Riforma Balduzzi e Gelli-Bianco

A poco più di quattro anni di distanza dal Decreto “Balduzzi”, l’articolo 6 della legge “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” (approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 28 Febbraio 2017) ha introdotto all’interno del codice penale l’articolo 590 sexies, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”.

La norma in questione si inserisce all’interno del più ampio contesto della Riforma Gelli-Bianco”, la quale non limitandosi a definire i limiti della responsabilità medica, prevede un sistema di accreditamento formale delle linee guida e delle buone pratiche mediche.

A ben vedere, il novum legislativo ha fin da subito presentato molteplici profili di criticità, soprattutto dal punto di vista penalistico.

In via preliminare occorre precisare che questa riforma si inserisce nel solco tracciato dal decreto c.d. “Balduzzi”, con il quale si era cercato di contrastare il fenomeno della “medicina difensiva”, limitando l’area della punibilità di una determinata categoria di potenziali rei, rappresentati da coloro i quali esercitano le professioni sanitarie. Tuttavia, l’inciso contenuto all’interno dell’articolo 5 della legge in questione, secondo cui il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche mediche è imposto a questi soggetti, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale” non sembrerebbe riuscire a definire in modo chiaro l’ampiezza della suddetta area.

 

2. L’intervento della riforma Gelli

Anzitutto è necessario operare un raffronto tra l’articolo 3 della Legge “Balduzzi”, che, come anticipato, nel 2012 aveva ridisegnato i contorni della responsabilità per colpa medica, e l’articolo 6 della Riforma “Gelli”, che proprio quella norma va oggi ad abrogare.

Come noto, la Riforma “Balduzzi” aveva comportato la depenalizzazione per la condotta dell’esercente la professione sanitaria, il quale nell’esercizio della propria attività, attenendosi alle linee guida e buone pratiche mediche, fosse incorso in colpa lieve.

La permanenza della rilevanza penale di condotte connotate dalla presenza di colpa grave affondava le proprie radici in un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la mera osservanza di linee guida e buone pratiche, non poteva valere di per sé sola a fondare o escludere la responsabilità per colpa del sanitario.

A tal proposito, la sentenza “Cantore” aveva delineato i due ambiti di operatività della responsabilità medica per colpa grave: da un lato, nel caso in cui fossero stati commessi degli errori nell’attuazione delle prescrizioni contenute nelle linee guida; dall’altro, nel caso in cui non si fosse intrapreso un percorso terapeutico alternativo a quello contenuto all’interno delle linee guida, laddove le circostanze del caso concreto lo suggerivano anche se in modo non del tutto evidente.

A ciò aveva conseguito la definizione di un’area di punibilità per colpa grave che andava ad affiancarsi a quella prevista dall’articolo 2236 del codice civile.

In questo contesto si inserisce la novella in oggetto che, tuttavia, sembrerebbe, ad una prima lettura affermare l’ovvietà secondo cui l’esercente la professione sanitaria che si attenga alle linee guida adeguate al caso concreto non possa essere punito per colpa. Tuttavia, mettendo in relazione l’assunto contenuto nel novum legislativo, con quanto affermato dalla Legge “Balduzzi”, possiamo affermare che laddove il sanitario si conformi a linee guida ovvero a buone pratiche mediche, le quali risultino evidentemente inadeguate al caso concreto, questi risponderà anche per colpa lieve. Diversamente, nell’ipotesi in cui sia intervenuto un errore nell’attuazione delle prescrizioni osservate, non potrà più essere invocato il parametro di favore della colpa grave, ma si dovrà verificare che cosa si intenda per “rispetto” delle linee guida.

 

3. Le linee guida

A ciò si aggiungano due ulteriori precisazioni.

In primo luogo, il legislatore non ha specificato quale sia il grado di adeguamento della condotta del sanitario alle linee guida, che vale ai fini dell’esonero della responsabilità penale per colpa.

Entrando nel merito della questione, occorre domandarsi se un adeguamento parziale da parte del sanitario alle linee guida, possa da sé solo valere a fondamento della responsabilità penale ex articolo 590 sexies codice penale ovvero se sia necessario un integrale discostamento dalle stesse e quali possano essere i criteri sulla base dei quali improntare siffatto giudizio.

Di certo problematica appare l’ipotesi in cui la singola linea guida a cui il sanitario deve fare riferimento presenti al suo interno più comportamenti alternativi tra di loro da seguire, laddove il singolo caso concreto presenti una particolare complessità.

In secondo luogo, il riferimento effettuato dal legislatore al requisito dell’ “adeguatezza” delle linee guida al caso concreto non chiarisce se detto parametro debba essere inteso in termini qualitativi ovvero quantitativi.

Possiamo affermare che le uniche ipotesi le quali di certo non rientrano nell’ambito applicativo della novella legislativa in questione sono i c.d. “adempimenti inopportuni” ossia l’adeguamento della condotta del sanitario ad una sola linea guida inadeguata ovvero a più linee guida tutte inadeguate (ugualmente dicasi per le buone pratiche mediche).

A ben vedere il problema di fondo che presenta la Riforma “Gelli-Bianco”, così come a suo tempo presentava il decreto “Balduzzi” è l’aver assurto a parametro di responsabilità medica le linee guida, le quali, se da un lato non possono valere a fondare la responsabilità per colpa specifica, in quanto “regole generali di comportamento”, dall’altro neppure possono rappresentare un criterio certo per l’individuazione delle condotte connotate da colpa generica.

Ebbene, è necessario rammentare come la nota Sentenza “Cantore” (Cass. Pen., Sez. IV, 29.1.2013, n. 16237) avesse affermato che la Riforma “Balduzzi” aveva contribuito a ridisegnare l’area di punibilità penale, per le fattispecie colpose applicabili ai sanitari, introducendo una parziale abolitio criminis, con la conseguente applicazione dell’articolo 2, comma 2 del codice penale.

Con riferimento alla Legge “Gelli-Bianco”, si evidenzia come in relazione alle ipotesi di “adempimenti opportuni ma imperfetti”, la nuova disciplina parrebbe esimere il sanitario da responsabilità, persino nei casi di colpa grave. Diversamente, per i casi di “adempimenti opportuni ma non sufficienti”, l’esclusione del giudizio di rimprovero per responsabilità del sanitario varrebbe anche per la colpa grave, ma solo nell’ipotesi in cui le linee guida ovvero le buone pratiche mediche risultino adeguate al caso concreto. Inoltre, per gli “adempimenti non opportuni”, la riforma in oggetto, sembrerebbe prevedere la responsabilità del sanitario anche per colpa lieve, a differenza di quanto previsto dalla disciplina precedente.

 

4. Gli aspetti critici

Concludendo possiamo affermare che la novella legislativa in questione parrebbe aver portato con sé più dubbi che certezze, sul versante della colpa medica, dal momento che il fulcro della responsabilità, ancor più che in passato, appare essere ancorato a quella valutazione giudiziale autonoma di adeguatezza delle linee guida ovvero delle buone pratiche osservate, alle peculiarità del singolo caso concreto, con tutte le incertezze che discendono dal non aver mantenuto una chiara gradazione della colpa.

A ciò si aggiunga il rischio che le linee guida, così come le buone pratiche, vengano sopravvalutate a tal punto da far discendere l’automatica responsabilità del sanitario, in tutte quelle ipotesi in cui questi non abbia provveduto ad osservarle, senza alcuna considerazione di tutte quelle fondamentali regole di perizia che tuttavia non risultano essere codificate.