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Violenza sessuale anche in caso di autoerotismo

Violenza sessuale
Ph. Anuar Arebi / Violenza sessuale

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito (con sentenza 7 giugno 2019, n. 25309) che integra il delitto di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis Codice Penale la condotta di autoerotismo che sfoci nell’attingimento di un indumento della vittima con liquido seminale.

Nel caso di specie, l’imputato era stato condannato dai giudici di merito alla pena di due anni di reclusione, con concessione dei doppi benefici di legge, e al risarcimento dei danni cagionati alla persona offesa, costituitasi parte civile nel giudizio, liquidati in via equitativa in euro 5.000,00 in ordine al reato di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis Codice Penale, per aver costretto la stessa “a subire atti sessuali consistiti nel guardarla insistentemente fino a raggiungere uno stato di eccitazione al quale dava sfogo masturbandosi, eiaculando e riversando [su di essa] il proprio liquido seminale, approfittando delle circostanze di tempo e di luogo tali da impedire interventi difensivi da parte della persona offesa, impietrita e incapace di proferire parola, e rimasta bloccata dalla presenza dell’imputato seduto accanto a lei sul sedile lato corridoio dell’autobus”.

Pertanto, l’imputato, per mezzo del proprio difensore, presentava ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge in relazione all’articolo 192 Codice Procedura Penale (per insussistenza di alcuna violazione della libertà di autodeterminazione della vittima, non avendo l’imputato tenuto comportamenti intimidatori o oppositivi e non potendo attribuirsi la ristrettezza degli spazi, con conseguente difficoltà della donna di uscire dalla postazione in cui si trovava, alla volontà dell’imputato, in assenza di alcun atteggiamento ostruzionistico) e all’articolo 609-bis Codice Penale (posto che detta fattispecie penale non ricomprende atti esibizionistici, consistendo il disvalore della violenza sessuale nella violazione del corpo della vittima), per mancata qualificazione della condotta nelle, meno gravi, ipotesi di atti osceni e violenza privata di cui, rispettivamente, agli articoli 527 e 610 Codice Penale.

Peraltro, secondo la difesa, “sarebbe peraltro irragionevole un ordinamento che, da un lato, ha depenalizzato gli atti osceni in luogo pubblico, con l’eccezione di quanto previsto dall’articolo 527 Codice Penale, comma 2 e, dall’altro, punisce gli stessi atti, se rivolti a una sola persona costretta ad assistervi, con la pena minima di 5 anni di reclusione; allo stesso modo, a voler ritenere configurabile il delitto di violenza sessuale anche rispetto agli atti di esibizionismo, si arriverebbe al paradosso secondo cui la costrizione di un adulto ad assistere a un atto esibizionistico dell’agente sarebbe punita più gravemente, mentre il costringere un minore infraquattordicenne a subire gli stessi atti rientrerebbe nel reato meno grave di cui all’articolo 609 quinquies Codice Penale”.

Al fine di dare soluzione al quesito giuridico proposto, la Corte di Cassazione, dopo aver preliminarmente ripercorso gli elementi essenziali del fatto, così come ricostruito dai giudici di merito, ha rilevato come, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, “in tema di atti sessuali, la condotta vietata dall’articolo 609 bis Codice Penale è quella finalizzata a soddisfare la concupiscenza dell’aggressore o a volontariamente invadere e compromettere la libertà sessuale della vittima, con la conseguenza che il giudice, al fine di valutare la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, non deve fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite, ma deve tenere conto dell’intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva”.

Come osservato dai giudici di legittimità, la fattispecie delittuosa di violenza sessuale si connota per la sussistenza di un elemento oggettivo consistente nella “concreta e normale idoneità del comportamento a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e a eccitare o a sfogare l’istinto sessuale del soggetto attivo”.

Pertanto, “la condotta vietata dall’articolo 609 bis Codice Penale ricomprende, se connotata da costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona ovvero abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica, oltre a ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, anche se non esplicato attraverso il contatto diretto con le zone erogene della vittima, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo il bene primario della libertà del soggetto passivo attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale dell’agente”.

Alla luce di tali premesse ermeneutiche, la Cassazione ha evidenziato come, nel caso di specie, la condotta di autoerotismo dell’imputato non fosse rimasta entro una dimensione esclusivamente individuale e soggettiva dell’autore, ma avesse finito per coinvolgere anche la dimensione corporea della vittima, “colpita sulla sua maglietta dal liquido seminale scaturito dalla eiaculazione del ricorrente”, lungi, pertanto, per tale corporeità, dal rimanere confinata nell’alveo della fattispecie di atti osceni.

La stessa condotta dell’imputato, a giudizio della Suprema Corte, si connoterebbe da “evidenti profili di costrizione, essendo stata la ragazzina attinta a sorpresa, impossibilita peraltro ad allontanarsi, in quanto si trovava seduta sul lato finestrino, per cui, a prescindere da ogni eventuale intimidazione, non avrebbe potuto andare via senza dover interagire con l’uomo che si stava masturbando al suo cospetto, indirizzando su di lei le sue attenzioni”.

Ad avviso dei giudici di legittimità, infine, non sarebbero pertinenti i richiami della difesa alla fattispecie di corruzione di minorenne di cui all’articolo 609-quinquies Codice Penale, “presupponendo tale delitto che la vittima rimanga spettatrice dei comportamenti sessuali dell’agente, mentre nel caso di specie la comprovata dimensione fisica del contatto tra la masturbazione del ricorrente e il corpo della persona offesa, per quanto coperto dalla maglietta, rende senz’altro configurabile il più grave delitto di violenza sessuale”.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile costituita in giudizio.

Per un approfondimento sul tema, in relazione alla configurabilità di sola tentata violenza sessuale in caso di effettivo contatto di zone non erogene, si veda qui (https://www.filodiritto.com/news/2017/violenza-sessuale-cassazione-penale-la-condotta-rimane-allo-stadio-del-tentativo-se-si-verifica-il-solo-contatto-di.html)