Pubblicità della sentenza ed esigenze di riservatezza della parte
La questione della pubblicità della sentenza e la richiesta di riservatezza pone la questione del bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell'amministrazione della giustizia, esercitata nel nome del popolo italiano.
Quali sono i motivi legittimi previsti dall’art. 52 del d.lgs. 196/2003 per richiedere ed ottenere l’anonimizzazione dei dati personali della parte in un procedimento giudiziario?
Come e quando richiedere l’oscuramento dei dati previsto dalla normativa sulla Privacy?
A questi interrogativi rispondiamo esaminando la sentenza della cassazione sez. I n. 47126/2021 che ha affrontato recentemente la tematica.
La normativa all’art. 52 del d.lgs 196/2003 prevede: DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196 - Normattiva
La detta disposizione di legge riconosce all'interessato la facoltà di chiedere all'Autorità giudiziaria "per motivi legittimi" che sia apposta sulla sentenza o sul provvedimento di cui trattasi, a cura della cancelleria, l'annotazione "volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento".
Il cardine della norma in questione è dunque costituito dalla "legittimità dei motivi" posti a fondamento della richiesta, che segnano il discrimine fra l'accoglimento ed il rigetto della relativa domanda.
Tale concetto, per la sua genericità, necessita di una interpretazione che la Suprema Corte ha più volte effettuato, affermando che l'espressione "motivi legittimi" deve essere intesa come sinonimo di "motivi opportuni": donde la particolare ampiezza, a ragion veduta non predeterminata dal legislatore all'interno di schemi rigidi, delle ragioni che possono essere addotte a sostegno della richiesta di oscuramento dei dati, fermo restando che l'accoglimento della richiesta medesima potrà intervenire ogniqualvolta l'Autorità Giudiziaria ravviserà un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell'amministrazione della giustizia, esercitata nel nome del popolo italiano. (cfr. Sez. 6, sentenza n. 11959 del 15 febbraio 2017, Rv. 269402 - 01).
Per conseguire tale bilanciamento, secondo la citata giurisprudenza, si traggono rilevanti indicazioni dalle linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, "in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica", in cui, con specifico riferimento alla c.d. "procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali", si indicano possibili "motivi legittimi", in grado di fondare la relativa richiesta (ovvero di indurre l'Autorità giudiziaria a provvedere d'ufficio), nella "particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)", ovvero nella "delicatezza della vicenda oggetto del giudizio".
Ora, i "dati sensibili", sono individuati dalla legge che - all'art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 196/2003 - li definisce come "i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale".
Con riferimento invece alla "delicatezza" della vicenda per cui è processo, questa deve essere ravvisata, come ha affermato lo stesso Garante, nelle "negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo)", così andando a incidere pesantemente sul diritto alla riservatezza del singolo.
Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica - 2 dicembre 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2011).
Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione... - Garante Privacy
Queste sono le coordinate alle quali si devono attenere i giudici per accogliere o respingere la domanda di oscuramento presentata.
L’istanza di anonimizzazione, modalità di presentazione
L’istanza di anonimizzazione di un provvedimento giudiziale, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs 196/2003 (Codice della privacy), può essere presentata dalla parte che ne ha interesse prima che sia definito il relativo grado di giudizio.
In caso di procedimento cautelare, già definito nella sua prima fase, l’istanza presentata solo nel successivo procedimento intentato per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare di cui si chiede l’anonimizzazione non potrà produrre effetti. Non potrà, inoltre, nemmeno intervenire d’ufficio il giudice ai sensi dei commi 2 e 3 della norma citata, in quanto il provvedimento già depositato in via telematica non è modificabile né integrabile, cosicché – pur supponendo un provvedimento integrativo da parte del giudicante (anche volendo superare il problema della mancata tempestiva presentazione dell’istanza) – non potrebbe essere aggiunta l’annotazione sul provvedimento, espressamente richiesta dall’art. 52 del d.lgs 196/2003, con la conseguenza di rendere del tutto non evidente all’esterno, e quindi inefficace, il provvedimento integrativo.