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Rassegna giurisprudenziale sui profili procedimentali del d.lgs. n. 231/2001

La città muta - Riflessi (IV)
Ph. Anuar Arebi / La città muta - Riflessi (IV)

Sommario:

1. Premessa: il perché di una rassegna

2. Note metodologiche per il lettore

3. L’autonomia (processuale) della responsabilità dell’ente

4. Il rinvio alle norme del codice di procedura penale e l’equiparazione dell’ente all’imputato

5. La competenza e la riunione dei procedimenti

6. La rappresentanza e la difesa dell’ente

7. Il sistema delle misure cautelari interdittive: presupposti e procedimento

8. Le misure cautelari reali: presupposti e procedimento

9. L’annotazione dell’illecito nel registro delle notizie di reato e l’informazione di garanzia

10. La contestazione e l’archiviazione dell’illecito

11. L’udienza preliminare e i procedimenti speciali

12. Le sentenze definitorie del giudizio

13. Le impugnazioni della sentenza

14. La revisione

15. Giudice e procedimento di esecuzione

 

1. Premessa: il perché di una rassegna

Nella presente rassegna ripercorriamo, senza pretesa di esaustività, la giurisprudenza di legittimità formatasi, dal 2001 a oggi, sulle norme processuali contenute nel d.lgs. n. 231/2001, intendendo per tali sia quelle aventi una esplicita connotazione processualistica sia quelle il cui contenuto, pur afferendo principalmente al diritto sostanziale, incide in modo significativo sull’ambito e sulle forme del procedimento. Lo scopo è ricognitivo, ma, non per questo, riduttivo, giacché delineare il diritto giurisprudenziale sul procedimento in tema di responsabilità da reato degli enti significa, a ben vedere, fare emergere la “vera” fisionomia di detto procedimento. E ciò, non solo e non tanto per lo iato tra legge scritta e legge interpretata che ormai sovrasta ogni settore dell’ordinamento in conseguenza della radicata tendenza del potere giudiziario a “sconfinare” nel campo della creazione normativa, bensì perché il d.lgs. in argomento (d’ora in poi “d.lgs. 231”) è provvedimento legislativo strutturalmente “monco”. Si vuol dire che esso nasce come apparato legislativo il cui funzionamento non può prescindere dall’integrazione ermeneutica delle disposizioni che lo compongono, posto che le stesse, in parte, sono mutuate dal codice di procedura penale tramite il filtro (tutt’altro che automatico) del giudizio di “compatibilità” e, in altra parte, hanno un tenore letterale talmente generico da farle divenire delle vere e proprie “deleghe in bianco”. Né può dirsi che, nei primi venti anni di vita del d.lgs. 231, questo (dis)equilibrio tra disposizione e norma sia stato attenuato dal legislatore, il quale, preoccupatosi di estendere il perimetro di operatività di tale forma di responsabilità (includendo, a più riprese, nuove fattispecie penali tra i reati presupposto di cui agli artt. 24 ss.), per il resto, ha continuato ad osservare passivamente le tante quaestiones, relative all’an e al quomodo del procedimento, gestite in libertà dalla prassi giurisprudenziale. Le conseguenze di un tale fenomeno, per un verso, sono comuni a tutte quelle sfere del diritto pervase dal creazionismo giudiziario (grave deficit del tasso di prevedibilità della norma), ma, per un altro verso, sono peculiari del d.lgs. 231. Ci riferiamo, sotto quest’ultimo aspetto, alla stessa “vitalità” del procedimento nei confronti degli enti, il cui scarso impatto sulla realtà giuridica italiana è, probabilmente, frutto, oltre che dell’asserito carattere discrezionale della relativa azione, di una sua vera e propria crisi d’identità (v., sul tema, D’Acquarone - Roscini Vitali, Responsabilità penale dell’ente: tra mito e realtà, in www.filodiritto.com 26 ottobre 2020).

 

2. Note metodologiche per il lettore

L’esposizione delle massime non segue un criterio cronologico, bensì – correlata alla previsione di brevi “titoli guida” – è configurata in modo tale da indurre il lettore a una acquisizione ragionata del formante giurisprudenziale su quel determinato riferimento legislativo. Ove necessario, della stessa pronuncia sono state riportate più massime e, a volte, la stessa massima, se formulata in termini significativamente diversi, è stata ripetuta (con l’indicazione, in tal caso, del differente riferimento bibliografico).

La selezione giurisprudenziale così strutturata è preceduta dai corrispondenti riferimenti legislativi, anch’essi raggruppati ed esposti in base a un criterio di pertinenza logica, e non soltanto di sequenza numerica. In presenza di orientamenti giurisprudenziali afferenti a molteplici dati legislativi (inclusi in diversi raggruppamenti), si è optato per il loro inserimento a margine della disposizione ritenuta di preminente interesse, avendo, però, cura di richiamarne il contenuto in calce alle altre disposizioni pertinenti.   

Atteso lo scopo eminentemente pragmatico della rassegna in oggetto (individuare la dimensione “vivente” del procedimento de societate), si è evitato, al cospetto di pronunciamenti delle Sezioni Unite, di riportare arresti giurisprudenziali ad essi antecedenti e di segno contrario, così da non disorientare il lettore e agevolarne il più possibile la rapida ricostruzione del principio di diritto “vigente”.

In ordine ai temi più rilevanti sui quali la Cassazione ha già avuto modo di svolgere la sua funzione nomofilattica, l’esposizione delle massime è preceduta da un breve commento, volto a ricondurre il formante giurisprudenziale a un quadro di sintesi di agevole lettura e percezione. Un commento che – è bene precisarlo – lascia impregiudicate eventuali prospettazioni critiche su tali interventi ermeneutici, qui deliberatamente pretermesse dall’autore al preciso fine di non “tradire” il disegno originario della rassegna, cioè quello di offrire al lettore una “fotografia” quanto più panoramica e fedele di quel che oggi “è” il procedimento per l’accertamento della responsabilità da reato degli enti, riservando, semmai, ad altra sede eventuali considerazioni su quel che detto procedimento “potrebbe” o “dovrebbe” essere.

Come detto in premessa, la rassegna riguarda la sola giurisprudenza di legittimità, sebbene in seno ai citati commenti sia segnalata anche la presenza di alcune linee interpretative della giurisprudenza di merito di particolare interesse, in quanto dissonanti rispetto alla conclusione della Suprema Corte o in quanto premonitrici di prossime e necessarie prese di posizione di quest’ultima.      

 

3. L’autonomia (processuale) della responsabilità dell’ente

Art. 8 - Autonomia delle responsabilità dell’ente

1. La responsabilità dell’ente sussiste anche quando:

a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;

b) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell’ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l’imputato ha rinunciato alla sua applicazione.

3. L’ente può rinunciare all’amnistia.

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