x

x

Rivista Percorsi penali - 1/2020

Giacomo Porro

Independence Day, l’astratto a fuoco

Questo progetto nasce da un’occasione: un quattro luglio vissuto a New York nel 2018. Grande festa, grande momento di aggregazione per gli americani, l’Independence Day è una giornata scandita dalle parate mattutine, dai pranzi e dai barbecue in famiglia, dal canto dell’inno nazionale e infine, in serata, dai famosi fuochi d’artificio che illuminano il cielo delle grandi città.

Lo spettacolo dal vivo è mozzafiato, si è completamente catturati non solo da ciò che si vede, ma da un’esperienza che coinvolge quasi tutti i sensi, dall’odore di zolfo nell’aria fino al rimbombare degli spari nelle orecchie. I fuochi d’artificio sono la rappresentazione massima del 4 luglio, il picco e il declino stesso della festa.

La serie “Independence Day, l’astratto a fuoco” vuole documentare questa essenza che è sicuramente effimera e fuggevole, ma allo stesso tempo incantevole e che, fissata in un’immagine, restituisce un senso di eternità. Henry Cartier Bresson disse: “Ogni volta che premo il pulsante dello scatto, è come se conservassi ciò che sta per sparire”: credo di condividere totalmente questo punto di vista e, nel suo piccolo, questo progetto ha proprio lo scopo di conservare ciò che è destinato per sua natura a dileguarsi. Penso che in tal senso la mia esigenza non sia stata soltanto quella di documentare uno spettacolo, ma di addentrarmi nelle declinazioni del suo significato. Il fuoco d’artificio già dal nome si dichiara come illusione, un momento che ci cattura, che ci sembra reale ma che svanisce in fretta, in un’esperienza talmente veloce che non si riesce quasi nemmeno a processare emotivamente. Ci resta dentro, ma inizia a sbiadire da subito e diventa quindi una necessità creativa fermare questo momento. Tutte le foto che compongono questa selezione sono state scattate da uno stesso luogo, lungo la FDR Drive che si affaccia sulle rive dell’Hudson, uno dei punti strategici per la visione dello spettacolo pirotecnico del 4 luglio.

La prima foto vuole essere la riproduzione di un classico, quasi da cartolina: in basso il ponte di Williamsburg e l’Hudson river e nel cielo notturno le tre esplosioni di luce. È L’unica della serie che rimanda al luogo geografico e all’occasione degli scatti ed è anche il punto di partenza verso una progressiva decontestualizzazione delle immagini.

Un primo step di questo processo passa per una ricerca cromatica sul rosso e il verde, due colori che possono rimandare al dualismo divieto-permesso – l’esempio classico è il semaforo – ma che qui assumono un significato completamente diverso, risultano complementari ed evocano una comune sfera emotiva, un immaginario tenebroso e cupo che porta con sé un che di sulfureo e magico.

In Cromorama (Einaudi, 2017) di Riccardo Falcinelli, questa relazione tra rosso e verde è spiegata perfettamente, ricorrendo alla nota teoria dei colori elaborata da Goethe e dedicata alla percezione dell’occhio umano. In Goethe, scrive Falcinelli, “i colori diventano le manifestazioni sensibili di forze che governano l’universo e che sono in accordo o in conflitto tra loro. Il rosso si oppone al verde, il giallo al blu. Ogni colore ha un suo ‘complementare’ – come si comincerà a dire da questo momento in poi – cioè una tinta con cui instaura un rapporto di attrazione e di distanziamento, o meglio un’affinità elettiva per usare il titolo di uno dei suoi romanzi più famosi”.

Questo primo focus cromatico sull’affinità elettiva di rosso e verde mi porta poi ad abbandonare il luogo fisico e l’occasione dello scatto e a lavorare esclusivamente sul cielo notturno con una serie di immagini che documentano lo sviluppo del fuoco d’artificio. Le foto 4 e 5, 6 e 7 e 8 e 9 sono la rappresentazione del mutamento nei suoi diversi stadi. Nella prima fase di questo cambiamento ancora embrionale, in cielo si comincia a delineare una forma (foto 4) che poi trova la sua intera definizione nell’immagine successiva (foto 5); la foto 6 coglie il picco più alto del fuoco d’artificio, mentre nella successiva (foto 7) viene fissato il momento in cui comincia il processo di dissoluzione e desaturazione. Le ultime due (foto 8 e 9) sono le immagini della scomparsa: il fuoco d’artificio resta soltanto come una eco cromatica nel cielo notturno.

Ritrovo un filo conduttore tra questi sei scatti sia a livello estetico sia di significato: sono parte di un processo ancora più deciso di decontestualizzazione dell’immagine.

Se inizialmente riusciamo infatti a definire con precisione cosa stiamo guardando, quindi un fuoco d’artificio, la progressione degli scatti ci lascia senza una direzione chiara, già l’immagine 6 ci mette in difficoltà nell’identificarne l’oggetto che potrebbe essere un pianeta come una forma vivente marina. Le ultime due infine abbandonano completamente la concettualità in direzione surreale: ci potremmo trovare davanti ad una pioggia di meteoriti, come ad un tessuto ricamato.

Infine lo scatto 10, scelto in quanto, a mio avviso, rappresenta il culmine di questa ricerca espressiva ed estetica: quello che appare come un cielo pieno di stelle è in realtà il manifestarsi di un’illusione, la traccia lasciata sulla tela notturna dallo svanire di un fuoco d’artificio, mentre accanto ne deflagra un altro, quasi fosse un pianeta nello spazio siderale o un ancestrale Big Bang. Ogni riferimento alla realtà fisica viene così definitivamente archiviato in favore di una composizione in cui le geometrie e i cromatismi conquistano il ruolo di protagonisti, lasciando a chi guarda una assoluta libertà di interpretazione.

Opere dell'autore