Pre-giudizi veneziani

Independence Day, l'astratto a fuoco
Ph. Giacomo Porro / Independence Day, l'astratto a fuoco

Articolo pubblicato nella sezione Gran Bazar del numero 1/2020 della Rivista "Percorsi penali".

 

Nelle corti superiori si può fare sfoggio

della propria eloquenza, della propria scienza,

della propria voce e della propria abilità:

quattro mezzi ugualmente necessari

affinché un avvocato, a Venezia, sia di primo rango

C. Goldoni, Memorie, Libro I, cap. XXIV

 

Venezia, una citta sospesa che regala emozioni e sorprese.

Nel luglio di quest’anno in un’afosa giornata tra calli assolate e deserte comincia una strana storia: un avvocato riceve una PEC dagli uffici della cancelleria della Corte d’appello lagunare ed ecco che …

 

I fatti

È l’8 luglio 2020.

L’Unione delle camere penali del Veneto invia una nota ai capi degli uffici giudiziari di vertice del distretto di Venezia[1].

La nota segnala insolite circostanze avvenute due giorni prima nel corso di un’udienza tenuta dinanzi alla prima sezione penale della Corte di appello di Venezia.

Un difensore afferma di avere ricevuto tre giorni prima via PEC la sentenza del processo in cui esercita la sua funzione difensiva e precisa che si tratta di una decisione di rigetto dell’appello proposto nell’interesse del suo assistito.

Ad altri difensori vengono consegnate copie delle relazioni predisposte dal consigliere relatore che tuttavia, anziché limitarsi a una riassunzione dei motivi di appello, assumono la forma di una vera e propria sentenza completa di dispositivo e motivazione.

Il presidente della Corte di appello, primo destinatario della nota, si attiva rapidamente e chiede e ottiene dal presidente della prima sezione penale i verbali di udienza e la documentazione allegata dei giudizi ai quali è riferita la segnalazione dell’organismo forense[2].

Il capo della Corte risponde infine all’Unione delle camere penali venete trasmettendole il medesimo materiale ricevuto.

Dall’esame dei citati verbali[3] si ricava che l’anomalia segnalata dall’Unione ha riguardato sette procedimenti penali, tutti pendenti da molti anni sul ruolo della prima sezione penale (i più recenti risalgono al 2011).

Risulta confermato che in uno dei procedimenti (identificato dal n. 3423/2010 R. G. Appello) il difensore ha ricevuto prima dell’udienza, via PEC, un documento quasi interamente assimilabile ad una sentenza, fatta eccezione per l’assenza di sottoscrizione del presidente del collegio e dell’estensore.

È ugualmente confermato che in tutti gli altri sei procedimenti la relazione scritta predisposta dal relatore ha la forma di una sentenza.

Emerge inoltre che in tutte le cosiddette “relazioni” il collegio decidente assegna al relatore un termine di 60 giorni per il deposito della motivazione benché questa sia già contenuta interamente o quasi negli atti predisposti dal relatore.

Risulta infine che tutti i procedimenti interessati sono stati rinviati preliminarmente all’udienza del 21 gennaio 2021 all’esplicito scopo di sostituire il relatore poiché, avendo costui espresso “elementi di valutazione anticipatori della decisione”, la sua presenza nel collegio che deciderà i giudizi interessati è diventata inopportuna.

 

Le parole

Nella sua nota di risposta alla segnalazione dell’Unione, il presidente della Corte di appello assimila le relazioni “incriminate” a “un progetto di schema di deliberazione che il relatore avrebbe eventualmente potuto sottoporre alla consueta discussione in camera di consiglio, in esito alla discussione in aula”.

In una missiva inviata al quotidiano locale Il Gazzettino, lo stesso presidente aggiunge: “Nessuna sentenza già scritta, ma una semplice bozza di ipotesi di decisione, predisposta dal giudice relatore sulla base di uno schema predisposto dal CSM e consentito dalla Cassazione[4].

Dichiarazioni di uguale tenore sono state rese da uno dei presidenti di sezione della Corte lagunare il quale ha affermato che le motivazioni pre-compilate “non si sottrarrebbero al ripensamento collegiale ma contribuirebbero, se condivise, ad implementare l’efficienza produttiva della Corte[5].

Di segno totalmente opposto l’opinione dell’Unione delle camere penali italiane, sintetizzata così dal suo presidente nazionale[6]: “Quelle trasmesse per errore ai difensori sono sentenze scritte e definite in ogni dettaglio, e sono quelle che riceveranno al cento per cento il timbro definitivo del depositato in cancelleria. Punto. […] Alla corte: qui il problema è accertare ora in quale misura quel “metodo” appartenga anche ad altre Corti di Appello. Da tempo la Magistratura italiana spinge per ridurre l’appello ad un processo scritto. Ogni proposta è legittima, e non ci siamo mai sottratti al confronto di idee sulla necessità di risolvere la cronica inefficienza del nostro processo penale, purché si ripristini senza equivoci una inderogabile regola democratica: le riforme le decide il Parlamento, non se le scrive per proprio conto la Magistratura, ora con interpretazioni creative delle norme, ora addirittura con circolari o -peggio ancora- prassi organizzative degli uffici. Questa vicenda veneziana è l’occasione imperdibile per fare chiarezza su questo punto. La sovranità legislativa è del Parlamento, la Magistratura si limiti a rispettare e ad applicare le leggi, anche quelle che non le piacciono e che non condivide. Ancora una volta, è in gioco l’equilibrio tra poteri dello Stato. Quanto all’efficientismo, la Magistratura italiana farebbe bene a riflettere approfonditamente sulla disastrosa paralisi degli Uffici Giudiziari che amministra, invece di trastullarsi in micidiali “metodi” di organizzazione della giurisdizione che letteralmente sovvertono la forza vincolante delle leggi, cioè la essenza stessa della nostra vita democratica”.

 

Le opinioni

Solo innocenti e niente affatto impegnativi schemi preliminari?

Può essere, tutto può essere.

Ma se così fosse non si comprenderebbe perché tutti i procedimenti penali ai quali si riferiscono quegli schemi sono stati rinviati preliminarmente dal collegio d’udienza sul presupposto di un comportamento inusuale del relatore che ha espresso valutazioni impegnative nel merito prima e al di fuori della sede fisiologica, né si capirebbe perché quel comportamento è stato giudicato così grave da rendere opportuna una parziale modifica del collegio, con la rimozione del relatore originario e la sua sostituzione con altro giudice.

Collegi pronti a ribaltare le decisioni proposte dal relatore?

Anche questo è possibile ma non si dovrebbe sottovalutare la formidabile forza inerziale delle scelte già fatte e la fisiologica difficoltà degli esseri umani ad ammettere gli errori e correggerli.

La pre-compilazione delle sentenze fa sì che un ambito di dibattito libero, come deve essere la camera di consiglio, corra il rischio di diventare il suo contrario, una sede di ratifica di decisioni raggiunte e giustificate prima.

Schemi avallati dal Consiglio superiore della Magistratura e approvati dalla Corte di Cassazione?

Non sembrerebbe proprio.

È certamente vero che il CSM, di comune intesa con il CNF (Consiglio nazionale forense), ha emanato linee guida in materia di esame preliminare delle impugnazioni e modalità stilistiche di redazione dei provvedimenti[7], ma non ha mai avallato la stesura anticipata di sentenze complete di dispositivo e motivazione redatte addirittura prima dell’inizio del giudizio di appello né ha mai autorizzato il loro redattore ad indicare un termine di deposito della motivazione superiore a quello ordinario sul falso presupposto di una motivazione ancora da scrivere.

È ugualmente vero che anche la Corte di Cassazione e il CNF hanno stipulato protocolli sulla redazione di atti[8] ma ancora una volta non si vede a quale potere o funzione o indirizzo interpretativo la nostra Corte suprema potrebbe attingere per avallare la decisione di cause prima del loro svolgimento.

Comportamenti isolati o prassi diffuse?

In questo scritto si discute di un caso circoscritto.

Un certo giudice in occasione di una certa udienza ha tenuto un certo comportamento.

Si tratta di un giudice senza responsabilità direttive, non legittimato pertanto ad adottare soluzioni organizzative che vadano oltre il suo personale carico di lavoro.

Si prospettano di conseguenza due possibili alternative: che quanto è successo all’udienza del 6 luglio 2020 sia frutto di un’iniziativa solitaria, di un personale metodo di lavoro di quel giudice; che sia invece frutto di una prassi coerente a indicazioni impartite o suggerite da altri giudici cui spetta adottare soluzioni organizzative per ambiti funzionali più vasti o, addirittura, così diffusa da non richiedere alcun concerto con chicchessia.

Il complesso degli elementi di cui si dispone consente o meglio impone di accordare preferenza alla seconda opzione.

Ci si riferisce alle dichiarazioni dei magistrati cui spetta, secondo il rispettivo ruolo funzionale, la vigilanza e l’organizzazione del lavoro del relatore di cui è parlato.

Entrambi hanno di fatto avallato la legittimità del suo operato e ne hanno riconosciuto la coerenza a uno schema comportamentale che sarebbe stato indicato come idoneo dall’organo di autogoverno della magistratura e dall’organo giurisdizionale di vertice.

È chiaro allora che entrambi sono consapevoli di quello schema e ne agevolano la diffusione o quantomeno non la ostacolano.

Si può contare su argini istituzionali?

Non sembra, non al momento. Nell’immediatezza della vicenda e del suo clamore mediatico è sembrato che intendessero muoversi secondo le rispettive attribuzioni sia il Ministero della Giustizia che il CSM.

Allo stato, tuttavia, non si ha notizia di alcun evento significativo conseguenziale ad un qualche intervento dei due organi.

Hanno prodotto maggiore efficienza le sentenze pre-compilate?

No, per nulla.

Procedimenti già autonomamente decrepiti con imputazioni da tempo estinte per prescrizione sono stati rinviati di sei mesi.

Hanno migliorato i rapporti con l’Avvocatura?

Non si direbbe proprio.

Hanno prodotto al contrario una diffusa indignazione e alimentato il timore che si stia progressivamente svuotando di significato la funzione delle impugnazioni e il principio del contraddittorio.

Hanno migliorato la reputazione della Magistratura?

Neanche questo si direbbe.

Eventi del genere sembrano fatti apposta, al contrario, per aumentare la sfiducia verso l’ordine giudiziario e la sua capacità di interpretare in senso costituzionalmente orientato il suo altissimo ruolo.

È efficienza quella di cui si parla?

No, è solo la sua scadente imitazione, l’efficientismo. È sciatteria laddove occorrerebbe cura, è indifferenza al destino di esseri umani laddove ci vorrebbero attenzione e scrupolo.

È la negazione dell’impegno che bisogna associare alla giustizia.

 

Per finire

Chiudiamo con due pensieri che riportano entrambi al teatro.

Ricordiamo la piacevole pièce “Camera di consiglio” scritta dal magistrato veneziano Giancarlo Bagarotto - sicuramente sarà un caso - ove i tre giudici nel ritirarsi nella camera di consiglio dialogano tra di loro[9].

Presidente: “Certo; e la decisione richiede del tempo. Bisogna farlo passare”.

Giudice: (con ironia). “In modo che la nostra decisione non sembri precostituita”.

Presidente: “Proprio per questo non ho fatto anticipazioni prima di ritirarci. Il collegio deciderà qui e adesso se sia necessario proseguire la camera di consiglio…”.

Pensiamo anche che le speranze del giovane avvocato Carlo Goldoni, fiducioso di potersi mettere in mostra di fronte alla corte superiore con la sola forza del suo intelletto e del suo eloquio, oggi probabilmente rimarrebbero deluse.

 

[1] Il documento è allegato allo scritto come DOC 1.

[2] La nota di risposta è allegata allo scritto come DOC 2.

[3] Uno di essi, in forma totalmente anonimizzata, è allegato a questo scritto a mo di campione come DOC 3.

[4] La notizia è tratta da Venezia, sentenze copia e incolla scritte prima delle udienze: i penalisti chiedono unispezione, Il Dubbio News, edizione del 15 luglio 2020, reperibile a questo link.

[5] Le dichiarazioni in questione sono riportate da P. Mecarozzi, in Lo scandalo della Corte dAppello di Venezia è la prova della deriva autoritaria della magistratura, LInkiesta.it., 23 luglio 2020, reperibile a questo link.

[6] Il testo virgolettato è stato postato il 14 agosto 2020 su Facebook dallavvocato Giandomenico Caiazza, presidente dellUCPI, ed è verificabile a questo link.

[7] I documenti in questione sono consultabili a questo link.

[8] Si consulti il protocollo sulla redazione dei ricorsi nella materia penale a questo link.

[9] Bagarotto, G., Camera di consiglio, Liberilibri, 2003, p. 16.