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La consegna del ricercato: dall’estradizione al mandato di arresto europeo

The surrender of the wanted person: from extradition to the European arrest warrant
H2O - Carmen Cortés Cañagueral
H2O - Carmen Cortés Cañagueral

Abstract

Partendo dal concetto di “cooperazione giudiziaria in materia penale”, il contributo sviluppa, dalla tradizionale estradizione al mandato di arresto europeo, un’analisi approfondita sui due principali strumenti che assicurano agli Stati aderenti la consegna del ricercato, concludendosi evidenziando le loro rispettive differenze.

Starting from the concept of “judicial cooperation in criminal matters”, the paper focus, from traditional extradition to the European arrest warrant, an in-depth analysis of the two main instruments that ensure the surrender of wanted person to the acceding states concluding by highlighting their respective differences.

 

Sommario

1. Le rispettive forme di cooperazione giudiziaria in materia penale

2. La natura giuridica dell’istituto estradizionale e le sue fonti regolatrici

3. Lintroduzione del mandato di arresto europeo tra i Paesi membri dell’Unione europea

3.1 Il recepimento della decisione quadro 2002/584/GAI nella Repubblica Italiana

4. Le principali differenze tra estradizione e mandato di arresto europeo

 

1. The respective forms of judicial cooperation in criminal matters

2. The legal nature of the extradition institution and its regulatory sources

3. The introduction of the European arrest warrant among EU Member States

3.1 The transposition of Framework Decision 2002/584/GAI in the Italian Republic

4. The main differences between extradition and European arrest warrant

 

1. Le rispettive forme di cooperazione giudiziaria in materia penale

Prima di analizzare, le principali differenze tra estradizione e mandato di arresto europeo, è necessario precisare quale significato si attribuisce all’espressione cooperazione internazionale in materia penale tra Paesi”, laddove con essa, facciamo riferimento all’attività di collaborazione internazionale per la lotta contro la criminalità. Per moltissimo tempo, la principale forma di collaborazione tra Stati è stata lestradizione[1], in quanto soltanto dal secondo dopoguerra, essi hanno incominciato a maturare una consapevolezza di carattere transnazionale sulla criminalità, iniziando ad elaborare nuovi strumenti convenzionali multilaterali, sino all’euro-mandato[2].

Questultimo, infatti, non è da considerarsi una semplice estradizione targata” Europa, ma, piuttosto, il frutto di una rivoluzione culturale, verificatasi negli ultimi anni. Infatti, oggi questo istituto è necessario per garantire una più stretta cooperazione tra i paesi dell’Unione Europea[3], ed inoltre la cooperazione giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri, assume alcuni tratti caratteristici che derivano dagli obbiettivi e dal quadro istituzionale dei Trattati.

Il primo elemento caratteristico consiste nella maggiore facilità di circolazione delle persone, grazie alla nascita di un mercato comune che si fonda sulla libertà di circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali. Fin dalle origini, l’abuso di quest’ampia libertà ha condizionato la diffusione e lo sviluppo della criminalità transnazionale, e per questo motivo, la cooperazione giudiziaria tra i Paesi membri è diventata unesigenza pressante, al punto da essere caratterizzata da elementi differenti da quella internazionale.

Infatti, il modello europeo non si limita alla tradizionale collaborazione funzionale ed operativa fra le autorità giudiziarie, destinata principalmente al coordinamento delle giurisdizioni nazionali, ma si estende all’armonizzazione delle normative nazionali. Questo meccanismo di progressiva convergenza è diverso da quello sviluppato al di fuori dell’Unione, poiché deriva sia da obblighi imposti dai Trattati che dal rafforzamento della fiducia reciproca fra gli Stati membri, il quale è irrinunciabile per lapplicazione del principio di mutuo riconoscimento.

Unultima peculiarità della cooperazione giudiziaria penale nell’Unione si può individuare nella giurisprudenza della Corte di Giustizia che, pur in assenza di unoriginaria competenza in materia penale, ha esteso in questo ambito diversi principi comunitari tra cui: il principio di non discriminazione[4], lobbligo di interpretazione conforme[5] e la leale cooperazione[6].

In sostanza, in un sistema senza controlli alle frontiere e in attesa di una omogenizzazione legislativa europea che risulta difficile da raggiungere per ragioni politiche, per garantire la libera circolazione delle persone e del traffico economico in sicurezza si è cercata unarmonizzazione in campo giudiziario, introducendo strumenti fondati sul mutuo riconoscimento e la fiducia reciproca.

Diversamente, lambito di competenza della cooperazione giudiziaria internazionale, riguarda le attività compiute dall’autorità giudiziaria di uno Stato nell’ambito di un procedimento pendente o già celebrato in uno Stato terzo. I principali obiettivi della cooperazione giudiziaria internazionale sono quelli di contrastare la criminalità transfrontaliera, assicurando che l’attività di prevenzione e repressione trascenda la dimensione nazionale e agevolare lo svolgimento di quei procedimenti penali che, pur non riguardando crimini transfrontalieri in senso stretto, richiedono il compimento in uno Stato terzo di atti procedimentali per i quali difetta la giurisdizione.

A fronte di queste pressanti esigenze, le sue potenzialità sono state condizionate fisiologicamente dalla tradizionale concezione della sovranità statale e dal principio di territorialità del diritto penale. Questi due elementi sono originari di un binomio indissolubile del retaggio ottocentesco, da cui deriva la concezione che è lo Stato a detenere il monopolio della funzione giurisdizionale che tende ad oltrepassare i propri confini nazionali, e, sulla base di questo riferimento storico, possiamo constatare come gli Stati ancora oggi si oppongano ad una regolamentazione uniforme del diritto penale.

Ulteriori limiti alla cooperazione giudiziaria, poi, sono posti dalle priorità politiche che ogni ordinamento vuole perseguire e dalle differenze dei diversi istituti di diritto penale che caratterizzano ogni sistema.

Tutti gli ostacoli alla cooperazione giudiziaria appena menzionati sono divenuti nel tempo elementi che permettono alla criminalità organizzata di individuare lo Stato più adatto alla realizzazione delle proprie attività illecite, ed a tal proposito, per fare un esempio, potrebbe rivelarsi una strategia più efficiente per la criminalità organizzata dirottare i propri affari in un Paese in cui venga applicata una normativa penale più lacunosa, dove gli organi inquirenti dispongano di strumenti meno efficienti o dove ci sia il più basso impiego di strumenti di cooperazione; la scelta strategica in questione prende il nome di forum shopping[7].

 

2. La natura giuridica dell’istituto estradizionale e le sue fonti regolatrice

Nella prospettiva del diritto internazionale, lestradizione è il tipico strumento di cooperazione giudiziaria in materia penale, che consiste in un procedimento attraverso il quale uno Stato consegna ad un altro Stato un individuo accusato o condannato, al fine di farlo sottoporre ad un processo o per lesecuzione di una pena[8].

Lo Stato che presenta la domanda di estradizione è denominato Stato richiedente, che deve essere competente a giudicare o a punire il soggetto consegnato, mentre il Paese, sul cui territorio il soggetto ha trovato riparo e che riceve la domanda di estradizione, è lo Stato richiesto o di rifugio.

Lestradizione può essere attiva, nel caso in cui il Ministro della giustizia della Repubblica italiana presenta una domanda di estradizione a uno Paese etero, o passiva, quando è il Stato straniero a richiedere la consegna di un imputato o di un condannato al nostro Paese[9].

Attualmente il suddetto istituto è disciplinato principalmente da convenzioni internazionali come conseguenza al principio di reciprocità, che difficilmente potrebbe trovare applicazione con sistemi puramente unilaterali[10], e, sebbene non vi sia una regola nel diritto consuetudinario, secondo la dottrina esiste unobbligazione di diritto internazionale generale, basata sulla solidarietà di tutti i paesi nella difesa del diritto, che impone allo Stato rifugio di consegnarlo o di sottoporlo a giudizio; tuttavia, in mancanza di una convenzione internazionale, la prassi è univoca nel riconoscere che ogni Stato sia perfettamente libero sia di consentire lingresso nel suo territorio al ricercato, sia di respingerlo ad una frontiera diversa da quella o da quelle degli Stati richiedenti, e sia di consegnarlo allo Stato richiedente[11].

Le fattispecie criminose che possono dar luogo all’estradizione sono generalmente dei illeciti gravi che condizionano gli Stati ad istaurare procedimenti costosi e complessi, come lestradizione, al fine di catturare, condannare o processare il ricercato. Dal punto di vista classificatorio per identificare quali sono i reati estradizionali, si ricorre a un metodo enumerativo, che consiste nell’elencazione specifica delle fattispecie criminose, nelle convenzioni internazionali, per le quali è possibile ricorrere al suddetto strumento di cooperazione giudiziaria e a un metodo eliminativo, seguito dalla maggior parte dai Trattati moderni, come la Convenzione Europea dEstradizione e la Convenzione del 1983 con gli Stati Uniti, in cui viene stabilito un limite di pena, al di sotto della quale lo Stato non può formulare alcuna richiesta di consegna del ricercato, salvo che stipuli con lo Stato richiesto, anche in relazione al singolo caso di specie, norme che contemplino anche reati al di sotto di suddetta soglia o, come afferma la dottrina prevalente, lestradizione è possibile nel caso in cui il cumulo delle pene previste per i fatti criminosi, raggiungano il minimum di pena previsto dal Trattato[12].

Per quanto riguarda il sistema italiano, lestradizione è disciplinata da fonti normative eterogenee: fonti di natura pattizia, in cui si ricordano i diversi Trattati che il nostro Paese ha stipulato, tra cui la Convenzione europea di estradizione del Consiglio dEuropa; fonti costituzionali e, in particolare, ci riferiamo agli artt. 10, comma 4, e 26 Cost. che vietano lestradizione dello straniero e del cittadino per reati politici; e fonti codicistiche all’interno sia del Codice Vassalli nel Libro XI, Titolo II, in cui sono disciplinate lestradizione attiva e passiva, sia nell’art. 13 del Codice Rocco[13].

Limpostazione seguita dal legislatore, delegato con la legge n. 81 del 1987, per ladozione del Codice Vassalli e per garantire la sua conformità ai principi Costituzionali e alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia relative ai diritti della persona, al processo penale e in materia estradizionale, è definita dagli studiosi come continuista” e costitutiva di meccanismi pregressi. Essa conferma, in parte, quanto prevedeva il Codice di procedura penale del Regno dItalia del 1889, tanto nell’ipotesi di estradizione cognitiva, che nel caso di estradizione esecutiva, dove la consegna del ricercato era condizionata dalla decisione favorevole della Corte di Appello, e non esclusivamente da una determinazione confessoria del Ministro della Giustizia; inoltre, il meccanismo di verifica, previsto dall’art. 705, comma 1, c.p.p., ripercorre quanto sancito nell’art. 667, comma 2, del Codice di procedura penale del 1930.

 

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[1] Infatti, nel continente europeo la prima organizzazione internazionale che ha elaborato numerose convenzioni finalizzate al rafforzamento della cooperazione giudiziaria in ambito penale, tra cui la Convenzione europea di estradizione del 1957, integrata dai due protocolli addizionali del 1975 e del 1978, è il Consiglio d’Europa, che rappresenta la più antica organizzazione intergovernativa europea, istituita il 5 maggio del 1949 a Londra, di cui fanno parte ben quarantasette paesi, ROMANI, M., Dalla convenzione europea di estradizione del 1957 al mandato d’arresto europeo: la cooperazione penale nell’ambito delle istituzioni continentali europee, in Diritto.it, 2009, p. 2, https://www.diritto.it/dalla-convenzione-europea-di-estradizione-del-1957-al-mandato-d-arresto-europeo-la-cooperazione-penale-nell-ambito-delle-istituzioni-continentali-europee/

[2] TONINI, P., Manuale di Procedura Penale, Milano, 2020, p. 1063.

[3] CHELO, A., Il Mandato di Arresto Europeo, Coll. Problemi attuali della giustizia penale, Padova, 2010, pp. XII-XVIII.

[4] La c.d. clausola di non discriminazione” prevede il divieto di consegna del ricercato, qualora lo Stato rifugio abbia seri motivi per ritenere che la domanda di estrazione sia stata presentata per perseguire o per punire una persona per considerazioni razziali, di religione, di nazionalità, di opinioni politiche, o che la situazione di suddetto soggetto rischi di essere aggravata da uno dei motivi appena indicati. In alcune circostanze, in perfetta sintonia con il dettato dell’art. 3 della Cedu che sancisce «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti», la suddetta clausola si estende anche ai casi in cui la persona richiesta venga sottoposta a pene o trattamenti crudeli, disumani, o degradanti o comunque atti che configurino violazioni di uno dei diritti fondamentali della persona, CHIAVARIO, M., Manuale dell’estradizione e del mandato darresto europeo, Torino, 2015, pp. 56-57.

[5] Per obbligo di interpretazione conforme facciamo riferimento al primato del diritto europeo rispetto al diritto nazionale, sulla base della gerarchia delle fonti, che obbliga il giudice interno a renderlo compatibile con il primo. Nel caso in cui il giudice nazionale avesse un dubbio interpretativo sulle fonti europee, dovrà sollevare la questione al giudice di Lussemburgo, in quanto è l’unico competente ad esprimere l’esatto significato del diritto sovranazionale, affinché se ne preservi la sua unitarietà, BERNARDI, A., Interpretazione conforme al diritto UE e costituzionalizzazione dell’Unione europea, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 3/2013, 15 luglio 2013, pp. 2-13, https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2417-interpretazione-conforme-al-diritto-ue-e-costituzionalizzazione-dell-unione-europea.

[6] PELLEGRINO, M., Cooperazione giudiziaria penale nell’U.E., dalle origini alla procura europea, Coll. Temi europei ed internazionali numero 3, Padova, in Exeo srl, 2016, pp. 15-16.

[7] PELLEGRINO, M., Cooperazione giudiziaria penale nell’U.E., ivi., pp. 13-15.

[8] QUADRI, R., Estradizione (diritto internazionale), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1997, p. 1.

[9] CHIAVARIO, M., Decreto concessivo di estradizione, garanzie individuali e poteri dell’autorità amministrativa, Milano, in Riv. it. dir. proc. pen., 1968, p. 533.

[10] ALOISI U., FINI N., Estradizione, in Enc. dir., Milano, 1993, p. 8.

[11] QUADRI, R., Estradizione (diritto internazionale), ivi., p. 2.

[12] MOSCONI F., PISANI M., Le convenzioni di estradizione e di assistenza giudiziaria, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1997, p. 3.

[13] QUADRI, R., Estradizione (diritto internazionale), ivi., pp. 2-3.