“La sostanziale priorità della perizia disposta dal Pubblico Ministero” (Cass. Pen. Sez. III n. 16458/2020). Lo specchio della giustizia dei giorni nostri?

“The significant priority of the Public Prosecutor’s expert report” (Supreme Court no. 16458 of 2020). The mirror of modern-day justice?
Fiume Reno, 2018
Ph. Mario Lamma / Fiume Reno, 2018

Articolo pubblicato nella sezione La triade del giudizio del numero 1/2021 della Rivista "Percorsi penali".

 

Abstract

Il riconoscimento del “la sostanziale priorità della perizia disposta dal Pubblico Ministero” mette a nudo quella silente e serpeggiante sensazione che l’organo giudicante volga tout court uno sguardo maggiormente benevolo alle prove addotte dalla Pubblica Accusa rispetto a quelle addotte dalla Difesa? Al di là di questo interrogativo, il contributo intende svelare e superare gli errori che inficiano lo sviluppo motivazionale della sentenza in commento, riponendo al centro i valori del giusto processo: parità delle parti, formazione della prova nel contraddittorio, canoni probatori di valutazione della prova tecnica quali attendibilità soggettiva di chi espone e sostiene le conclusioni raggiunte, scientificità del metodo adoperato, margine di errore più o meno accettabile, obiettiva valenza ed attendibilità del risultato conseguito e capacità di resistere ad opposte confutazioni.

Does the recognition of the “substantial priority of the expert report ordered by the Public Prosecutor” highlight the possibility that the Judge may give higher value to the evidence gathered by the Public Prosecutor than to that gathered by the defence?” Beyond this question, the present work aims to disclose and overcome the errors that vitiate the reasoning of the judgment in question, focusing on the values of fair trial: equality of the parties, principle of the adversarial process, standards for evaluating the expert report, scientific of the method used, margin of error more or less acceptable, objective value and reliability of the result achieved and ability to withstand opposing rebuttals.

 

Sommario

1. La sentenza n. 16458 del 2020 – una motivazione giuridicamente sgrammaticata[1]

2. Il mutando contesto processual-penalistico: altamente tecnico e specializzato se non propriamente scientifico

3. Gli errori terminologici ed argomentativi che si infrangono nei principi costituzionali della formazione della prova in contradditorio tra la parti, in posizioni di parità, al cospetto di un giudice terzo ed imparziale

 

Summary

1.  Supreme Court no. 16458 of 2020

2. The changing context of criminal procedure: highly technical and specialized if not properly scientific

3. Terminological and argumentative errors that breach the constitutional principles of the formation of evidence in the hearing, on equal terms, before a third and impartial judge

 

1. La sentenza n. 16458 del 2020 – una motivazione giuridicamente sgrammaticata

Lo scorso 18 febbraio 2020, la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato dalla difesa dell’imputata e confermava la condanna a mesi sei di arresto e 25.000 euro di ammenda per avere realizzato in zona paesaggisticamente vincolata la ricostruzione con demolizione di un preesistente manufatto rurale, qualificabile come nuova costruzione stante la parziale diversità dell’area di sedime e la realizzazione di nuove fondazioni, in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, oltre alla violazione delle prescrizioni per le opere in cemento armato.    

Il ricorso incentrava la propria doglianza sulla totale obliterazione e pretermissione della ricostruzione e della valutazione documentata e fornita dalla consulenza tecnica di parte offerta dalla difesa (che concludeva per l’annoverabilità dell’intervento edilizio fra quelli di ristrutturazione di un manufatto agricolo), “cui era stata apoditticamente preferita la perizia disposta dal PM”, secondo cui la costruzione preesistente sarebbe stata soltanto un rudere.

In merito, la Suprema Corte osservava: «Orbene, lamenta la difesa che alla consulenza del PM i giudici abbiano tributato maggiore attendibilità rispetto all’elaborato del proprio consulente, ma non chiarisce quali diversi accertamenti fossero stati svolti da quest’ultimo per arrivare a definire l’intervento edilizio in esame come opera di “restauro e risanamento conservativo”  (…), limitandosi a riportare le difformi conclusioni del proprio di parte, che non risultano tuttavia supportate dal necessario fondamento. La sola generica conclusione del consulente della difesa non è certamente sufficiente a superare le avverse conclusioni di altra indagine, occorrendo invece che, alle argomentazioni specifiche del perito o del consulente tecnico del pubblico ministero che la Corte salentina ha privilegiato in ragione dell’avvenuto esame dello stato dei luoghi, vengano contrapposte specifiche controargomentazioni tecniche o scientifiche»

Prima argomentazione, questa svolta dalla Suprema Corte, che pare ineccepibile dal momento in cui esprime un principio di valutazione della prova ed in particolare del contenuto tecnico e dimostrativo tra conclusioni tecniche opposte.

Tuttavia, proseguono i giudici di legittimità esprimendo un ulteriore principio – questo sì altamente censurabile anche alla luce del principio costituzionale del giusto processo ed in particolare del principio di parità di accusa e difesa davanti ad un giudice terzo ed imparziale: si afferma infatti – nonostante, peraltro non ve ne fosse alcuna necessità argomentativa – che «(…) le conclusioni tratte dal consulente del PM, che non solo non risultano contrastate con rilievi precisi e circostanziati svolti dalla perizia prodotta dalla difesa, che onere del ricorrente specificamente indicare, ma che comunque, pur costituendo anch’esse il prodotto di una indagine di parte, devono ritenersi assistite da una sostanziale priorità rispetto a quelle tratte dal consulente tecnico della difesa».

Nello specifico, la Corte tenta di fornire una veste a tale apodittica e contra ius affermazione, commettendo ulteriori errori argomentativi – oltre all’errore nomenclativo dell’attribuire il nome perizia all’elaborato del consulente tecnico del pubblico ministero –: ed infatti, prosegue affermando che:

a) «se è vero che il consulente viene nominato ed opera sulla base di una scelta sostanzialmente insindacabile del pubblico ministero, in assenza di contraddittorio e soprattutto in assenza di terzietà, è tuttavia altrettanto vero che il pubblico ministero ha per proprio obiettivo quello della ricerca della verità – concretamente raggiungibile attraverso una indagine completa in fatto e imparzialità»;

b) «è del resto dallo stesso ruolo di ausiliario dell’organo che lo ha nominato che discende la qualifica di pubblico ufficiale del consulente nominato dal PM nel corso delle indagini preliminari, il cui elaborato, pur non potendo essere equiparato alla perizia disposta dal giudice del dibattimento, è pur sempre il frutto di una attività giurisdizionale che perciò non corrisponde appieno a quella del consulente tecnico della parte privata»;

c) «gli esiti degli accertamenti e delle valutazioni del consulente nominato ai sensi dell’art. 359 c.p.p. rivestono perciò proprio in ragione della funzione ricoperta dal Pubblico Ministero che, sia pure nell’ambito della dialettica processuale, non è portatore di interessi di parte, una valenza probatoria non comparabile a quella dei consulenti delle altre parti del giudizio».    

La conclusioni raggiunta dalla Suprema Corte ma soprattutto il portato logico-argomentativo offerto dalla medesima lasciano un (personale) sentimento di smarrimento; un sentimento di smarrimento che è svanito di fronte alla presa d’atto del fatto che quanto scritto dai giudici di legittimità pare purtroppo rispecchiare la quotidianità che molte volte (certamente non sempre) ci si trova a vivere[2]: il preconcetto che le prove addotte dalla Pubblica Accusa abbiano maggiore forza probatoria non per il loro contenuto e i loro riscontri bensì per il solo fatto della loro provenienza ovvero perché chi le offre al Giudice è un magistrato della Pubblica Accusa.

Lo sconcerto è che, se si è abituati nella quotidianità giudiziaria a percepire ed affrontare silenziosamente ma energicamente questo serpeggiante preconcetto, non si è abituati – né si potrebbe esserlo – a leggere ed accettare tale conclusione argomentativa, utilizzata da chi ha tra le sue principali funzioni «quella di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni»[3].

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Copertina
  • V. Giglio, Di asini che volano e condanne che fioccano, in DPU il Blog, 2020.
  • G. Giostra, Prima lezione sulla giustizia penale, Editori Laterza, Roma, 2020.
  • R.E. Kostoris, Una grave mistificazione inquisitoria la pretesa fede privilegiata del responso del consulente tecnico dell’accusa, in Sistema Penale, 2020.
  • B. Romano, Il coming out della Cassazione. Il processo accusatorio a parti disuguali, in www.dirittodidifesa.eu, 2020.
  • M. Rossetti, Io non avevo l’avvocato, Mondadori, Milano, 2015.