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Strage di Bologna la “nuova pista”

Strage di Bologna
Strage di Bologna

Il 26 novembre scorso si è aperto il quarto processo per la strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

Secondo l’ipotesi accusatoria, ripresa con grande risalto da L’Espresso del 6 dicembre 2020, il capo della P2 Licio Gelli pagò i terroristi di destra per l’esecuzione della strage e nel contempo “finanziò” tra gli altri Federico Umberto D’Amato, l’ex capo dell’ufficio affari riservati del Viminale, e Mario Tedeschi il direttore de “Il Borghese”.

Quest’ultimo sarebbe stato pagato per depistare le indagini con una seria di articoli pubblicati dal settimanale di destra per “aiutare i neofascisti e accreditare false piste internazionali”.

L’Espresso sostiene che il “D’Amato ha intascato 850 mila dollari con più versamenti: l’ultimo gli arriva il 30 luglio 1980, due giorni prima della strage”.

Sia D’Amato che Tedeschi sono morti da molti anni e non possono difendersi da accuse così gravi. Nessuno vuole svolgere il ruolo del difensore di ufficio ma appare opportuno evidenziare che Mario Tedeschi pubblicò una serie di articoli tra il 6 marzo 1988 e il 1992.

In particolare, in uno di questi, pubblicato l’8 dicembre 1991 risponde alle accuse mosse dal quotidiano L’Unità che sembrano ricalcare passo passo le accuse odierne.

Il quotidiano di Botteghe Oscure, sosteneva in un articolo apparso il 24 novembre del 1991, che il “Borghese” aveva letteralmente intossicato e “guidato” il processo d’Assise d’Appello per la strage di Bologna verso una improbabile assoluzione generale. In particolare, l’Unità contestava una serie di articoli apparsi sul settimanale di destra nel giugno-ottobre 1989.

Il teorema accusatorio che vedrebbe “Il Borghese” di Tedeschi condizionare il processo sulla strage di Bologna vede un inaspettato “corresponsabile” nell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia.  Ricordiamo agli inquirenti che in un telegramma del 12 luglio 1988 indirizzato a Washington, quindi in contemporanea all’inizio dell’uscita degli articoli sotto processo, l’ambasciatore Maxwell Milton Rabb esprime le sue perplessità sulla sentenza di condanna di primo grado e anticipa una possibile assoluzione in appello.

Il verdetto di Bologna – si legge nel telegramma del 12 luglio 1988 – è stato accolto con un misto di emozioni da parte degli italiani: soddisfatti per la condanna all’estrema destra, perplessi sul resto”. Questo esito si deve al fatto che “i procuratori di Bologna hanno tentato in ogni modo di provare il legame fra i gruppi di estrema destra e gli aderenti alla P2” e ciò ha portato ad una sentenza che “in appello potrebbe essere modificata” (cfr. L’Italia vista dalla CIA, Paolo Mastrolilli e Maurizio Molinari, Laterza, 2005, pagina 199).

Come mai anche l’ambasciatore Rabb aveva delle perplessità sulla sentenza di condanna, arrivando a profetizzare l’assoluzione in appello?

L’Ambasciatore Rabb scrive “i procuratori di Bologna hanno tentato in ogni modo di provare il legame fra i gruppi dell’estrema destra e gli aderenti alla P2”, sembra una consistente perplessità sulla conduzione delle indagini.

Rabb mette nero su bianco i suoi dubbi il giorno dopo la sentenza di condanna di primo grado dell’11 luglio 1988.

La critica alle indagini ed una serie di anomalie furono evidenziate negli articoli de “Il Borghese” che l’Unità indicava come “intossicanti” per il processo d’appello.

Sono gli stessi articoli per i quali, l’accusa chiama a risponderne, in maniera postuma dopo 31 anni, Mario Tedeschi.    

In sostanza sembrerebbe nulla di nuovo sotto il sole, sennonché oggi Mario Tedeschi non può difendersi come allora.

Ed allora pubblichiamo il suo scritto dell’8 dicembre 1991 dal titolo evocativo, stante il processo iniziato dopo 40 anni dalla Strage, “Giudichi Lei, Signor Presidente”, una lettera aperta indirizzata al Primo Presidente della Corte di Cassazione dott. Antonio Brancaccio: CLICCA QUI.