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Partecipazione ad associazione terroristica all’estero e custodia cautelare in carcere

Cosa dice la legge nella Repubblica Federale Tedesca
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Indice

I. Introduzione – II. Gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione ad associazione terroristica all’estero – III. Violazione dei doveri di assistenza e di educazione nei confronti dei figli – IV. Pericolo di fuga – V. La prosecuzione della custodia cautelare in carcere è necessaria e non sproporzionata

 

I. Introduzione

Nei confronti dell’odierna ricorrente dinanzi al BGH (Corte Suprema federale), era stata emanata ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 11.6.2020, ordinanza eseguita il 7.10.21.

A decorrere da quest’ultima data, la ricorrente è in “Untersuchungshaft” (custodia cautelare in carcere). La predetta ordinanza è stata emessa per omicidio e per reati previsti dal “Völkerstrafgesetzbuch (crimini di guerra) nonché per aver trascurato gravemente i doveri di assistenza e di educazione nei confronti di due figli di età inferiore a 16 anni.

Contro la prosecuzione della custodia cautelare in carcere, la ricorrente, in qualità di “Beschuldigte” nelle indagini preliminari, aveva proposto ricorso dinanzi al “BGH” (Corte Suprema Federale), deducendo che non sussisterebbe il “dringende Tatverdacht” (gravi indizi di colpevolezza) e che non vi sarebbe neppure “Fluchtgefahr” (pericolo di fuga).

La “Beschuldigte”, il 29.10.16, insieme ai due figli, si era recata in Turchia, per trasferirsi poi in Siria, dove, all’epoca, una parte consistente di territorio, era “occupata” dal cosiddetto Stato islamico (StI), la cui ideologia, i metodi e gli scopi, la ricorrente condivideva. In tal modo voleva, altresì, indurre il marito, a seguirla e a combattere per il predetto “Stato”. Ottenuto il trasferimento del marito in Siria, nella zona controllata dallo St.I., il marito veniva addestrato militarmente e la ricorrente era riuscita a disperdere i dubbi del marito circa la liceità dei modi e degli obiettivi perseguiti dallo St.I.

I figli venivano esposti al pericolo di bombardamenti e ad azioni armate. Erano denutriti e in condizioni igieniche detestabili.

Nel dicembre del 2018, la ricorrente e i figli venivano internati da miliziani curdi, che nel frattempo avevano ottenuto il controllo del territorio.

La ricorrente veniva “estradata” nella RFT il 6.10.21. Durante il trasporto in aereo verso la RFT, la ricorrente aveva reso dichiarazioni - nell’ambito di un “Gefahrenabwehrvorgang”, e, previa osservanza del § 136 StPO (CPP). Nel corso di queste dichiarazioni, la ricorrente aveva riferito, che nella zona controllata dallo St.I., vi erano stati frequenti bombardamenti. Il marito le aveva rinfacciato, che era venuto in Siria soltanto “auf Drängen” di essa ricorrente.

Da accertamenti eseguiti da organi di polizia della RFT, era emerso, che la ricorrente era venuta in possesso dei biglietti per l’aereo (diretto in Turchia) per effetto dell“intermediazione” di terze persone.

Intercettazioni di telecomunicazioni e deposizioni testimoniali, avevano rivelato, che era stata la ricorrente a voler il trasferimento della famiglia in Siria.

 

II. Gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione ad associazione terroristica all’estero

Secondo la Corte Suprema Federale, vi è elevata probabilità (“hohe Wahrscheinlichkeit”), che la ricorrente si era resa responsabile di “mitgliedschaftlicher Beteiligung an einer terroristischen Vereinigung im Ausland” (partecipazione a un’associazione terroristica all’estero – § 129 a, 129 b StGB (CP)).

Volontariamente la ricorrente si era associata alla predetta "Vereinigung” e aveva partecipato attivamente mediante “Beteiligungshandlungen”.

Ai fini dell’applicabilità dei suddetti paragrafi, non è necessaria una formale adesione al “sodalizio” criminoso; basta un “einseitiger Willensentschluss e la partecipazione (o il “favoreggiamento”) alle attività della “Vereinigung”, protratta per un periodo di tempo considerevole. È sufficiente un “organisationsförderndes oder vereinigungstypisches Verhalten di una certa rilevanza.

La ricorrente si è identificata nell’ideologia, nei metodi e negli obiettivi dello St.I. Ancora nella primavera del 2020, aveva pubblicato foto con la bandiera di questo “Stato”, di cadaveri e di roghi (ciò risulta da foto “postate” dalla stessa ricorrente e intercettate).

La ricorrente era rimasta – volontariamente – nella zona controllata dallo St.I. per più di 2 anni, si è integrata in questa comunità e ha contribuito all’esistenza della stessa. Ha educato i 2 figli nell’ideologia dello St.I.

Ancora durante l’internamento in un campo allestito dalle milizie curde (“al-Hawl”), si era attivata in favore dello St.I. e aveva sollecitato l’invio di aiuti finanziari.

 

III. Violazione dei doveri di assistenza e di educazione nei confronti di figli di minore età

Sussiste, ha osservato la Corte Suprema Federale, l “Ermächtigung zur strafrechtlichen Verfolgung ai sensi del § 129 b, Abs. 1, per. 2 e 3, StGB.

È altamente probabile (“hochwahrscheinlich”) che la ricorrente abbia anche violato i doveri di assistenza e di educazione nei confronti dei due figli minori. Durante i 2 anni di permanenza nella zona controllata dallo St.I., erano stati esposti, di frequente, a eventi bellici, che hanno lasciato “tracce” profonde nella psiche di questi ragazzi, tuttora bisognosi di assistenza psicologica.

È fuor di dubbio, ha osservato il “BGH”, che possa trovare applicazione il C.P. della RFT. Ciò risulta dal § 129 b, Abs.1, S. 2, Var. 2 e 4, StGB. Le vittime (i minori) avevano la cittadinanza della RFT). Inoltre, in favore dello StGB della RFT “milita” il disposto del § 7, Abs. 1, StGB, in quanto la ricorrente possiede, anch’essa, la cittadinanza della RFT e, in ogni caso, il fatto è avvenuto in Siria, dove la ricorrente aveva aderito allo St.I. Anche gli articoli 1 e 2 della legge antiterrorismo della Siria, prevedono la punibilità dell’adesione a organizzazioni del genere.

L’azione criminosa ha avuto inizio nel momento, in cui la ricorrente ha lasciato il territorio della RFT (si veda BGH – Beschluss vom 3.3.21 – AK – 10/21).

 

IV. Pericolo di fuga

Per quanto concerne il pericolo di fuga della ricorrente, il “BGH” ha osservato, che è più probabile, che la ricorrente, se venisse liberata, farebbe perdere le proprie tracce, piuttosto “sich dem Strafverfahren zur Verfügung zu halten”.

Infatti, la ricorrente, in caso di condanna, dovrà scontare una lunga pena detentiva. Questa “Straferwartung” eserciterebbe un considerevole “Fluchtanreiz” (BGH – Beschluss vom 2.11.16 – StGB 35/16).

Inoltre, bisogna tenere conto del fatto, che il “soggiorno“ di circa 2 anni nei campi di internamento allestiti dalle milizie curde, con ogni probabilità, non potrà essere calcolato ai fini del computo della pena nella RFT (§ 51 StGB). Con l’internamento, sono stati perseguiti (soltanto) scopi di prevenzione (vedasi BGH – Beschluss vom 13.10.21 – AK 44/21).

Al predetto “Fluchtanreiz”, non sono contrapponibili “hinreichende fluchthindernde Umstände (rilevanti circostanze nel senso che non verrebbe intrapresa la fuga). Dal 2016, la ricorrente non ha più alcun “festen Wohnsitz” (residenza) né dimora nella RFT. Non ha avuto, per anni, contatti con la propria famiglia di origine, che non ha condiviso l’ideologia “abbracciata” dalla ricorrente. I contatti con familiari sono ripresi soltanto da quando la ricorrente non aveva più potuto fare a meno dell’assistenza della propria famiglia nella RFT. Tutto ciò risulta da intercettazioni di comunicazioni telematiche, dalle quali è emerso, altresì, che la ricorrente, tuttora, non ha “abjurato” alle proprie “radikal – salafistischen Überzeugungen”. È altamente probabile, che la ricorrente, una volta liberata dal carcere, possa contare su un “network” di correligionari o simpatizzanti, che potrebbero favorire l “Untertauchen non soltanto nella RFT, ma anche all’estero.

Tutti i fatti e le circostanze esposte, fanno ritenere, che la custodia cautelare in carcere, non possa essere sostituita con misure meno gravi (“mit weniger einschneidenden Maßnahmen”).

 

V. La prosecuzione della custodia cautelare in carcere è necessaria e non sproporzionata

Sussistono i presupposti – di cui al § 121, Abs. 1, StPO (CPP) – per la prosecuzione dell “Untersuchungshaft” oltre i 6 mesi. La complessità delle indagini nonché le difficoltà delle stesse, legittimano un ulteriore “Vollzug der Untersuchungshaft” (prosecuzione della custodia cautelare in carcere). La documentazione “raccolta” è contenuta in ben 28 fascicoli (“Aktenbänden”). Anche dopo l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, le indagini sono proseguite con la necessaria celerità in materia di “Haftsachen”.

In data 6.10.21 – giorno precedente il “ritrasferimento” della ricorrente nella RFT – nell’ambito familiare della ricorrente, sono state eseguite alcune perquisizioni domiciliari. Tra l’altro, si è proceduto al sequestro del telefono mobile di una sorella della ricorrente; i dati contenuti nello stesso, devono essere ancor “ausgewertet”. Tra di essi, “Chatinhalte”, che riguardano un periodo di ben 5 anni.

La Procura Generale Federale ha informato il “BGH”, che entro breve termine, procederà all“Anklageerhebung”, per effetto della quale, la “Beschuldigte” diventerà “Angeschuldigte”.

Infine, il “BGH” ha osservato, che la prosecuzione della custodia cautelare in carcere, non è sproporzionata – considerata la gravità dei reati, per i quali si procede – e neppure con riferimento alla pena, che, si prevede, verrà inflitta (§ 120, Abs. 1, S. 1, StPO (CPP)).