Tribunale di Bari: contratto di mutuo, illegittimità ammortamento alla francese degli interessi
Banche – Contratti Bancari – Contratto di mutuo – mancata specificazione contrattuale differenza tra tasso nominale e tasso effettivo del piano ammortamento –ammortamento alla francese e interesse composto - nullità clausola determinazione interesse – effetti – applicazione tasso sostitutivo interesse legale semplice (cfr. art. 1283 e 1284 e 1419 c.c.)
Mentre nella parte letterale del contratto si stabilisce un tasso rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili, nel piano di ammortamento viene applicato, in maniera del tutto inaspettata, quanto illegittima, il c.d. ‘ammortamemento alla francese’: ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e già non quello semplice (previsto dal nostro codice civile all’art. 821, comma 3). Il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può assolutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare tale artificioso incremento nel piano di ammortamento, poichè il calcolo dell’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice. La banca, che utilizza nel contratto di mutuo questo particolare tipo di capitalizzazione, viola non solo il dettato dell’art. 1283 c.c. ma anche quello dell’art. 1284 c.c., che in ipotesi di mancata determinazione e specificazione, ovvero di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al medesimo contratto), impone l’applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale indeterminato o incerto.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – GIROCONTO – EFFETTI – UNITARIETA’ E CONTINUITA’ RAPPORTO -
Va poi evidenziato il vincolo esistente tra il rapporto tra c/c ordinario n. 27.1845 e c/c secondario n. 60/06 (utilizzato per anticipazione sconto effetti SBF): trattasi in realtà di un rapporto unitario ed inscindibile essendo evidente che la confluenza delle competenze riversate dal conto corrente secondario in quello ordinario, a mezzo di diversi giroconto, determinano una tale commistione di competenze (tra loro sommate, capitalizzate, moltiplicate con varie commissioni) che non è possibile analizzare il saldo del conto corrente principale senza analizzare quelle del conto corrente secondario in quando determinanti alla formazione del saldo contabile finale. L’illegittimità delle competenze del conto secondario vanno, pertanto, analizzate ed espunte in quanto se riversate nel conto principale provocano in se e per se l’invalidità del saldo finale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – SUCCESSIONE LEGGI E NORMATIVA APPLICABILE AL RAPPORTO (ART. 1284 C.C.; L. 154/92; D.LGS 385/93)
Traendo origine il rapporto per cui è causa da un’apertura di credito con facoltà di scoperto in conto corrente, che trova, a sua volta, origine nel contratto base (stipulato il data 10.2.1988), deve farsi riferimento alla normativa in vigore all’epoca di sottoscrizione del contratto. Ciò, in quanto, dopo l’ 8 luglio 1992 (data dell’entrata in vigore della Legge 154/92 ed ancor più dopo il 1° gennaio 1994 (data di entrata in vigoe del D.Lgs. n 385 del 1993, noto anche come T.U.B., che ha inglobato la c.d. legge sulla trasparenza) soltanto gli eventuali ed ulteriori contratti successivamente sottoscritti dal cliente (oltre che dalla banca) possono modificare l’originaria pattuizione e nessun valore hanno eventuali atti unilaterali della banca e, men che meno, avvisi affissi nei locali della stessa, raccomandate, ecc.. Infatti, è necessario ed indispensabile il consenso del cliente per poter conferire alla banca un diritto esclusivo così pregnante come lo ius variandi (Cfr., artt. 117 e 118 del TUB): non si può automaticamente concedere alla banca detta potestà senza un’espressa autorizzazione del cliente prestata successivamente all’entrata in vigore della Legge 154/92 e del TUB. Non va trascurata la circostanza che lo stesso TUB prevede la necessità della forma scritta (Cfr., art. 117, commi 1 e 3 del TUb) e l’incontro della volontà della banca con quello dell’utente: pertanto, non può assolutamente utilizzarsi il consenso espresso in un modulo anteriore all’entrata in vigore del TUB per poter conferire alla banca uno ius variandi inesistente all’epoca della sottoscrizione contrattuale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – DECADENZA CONTESTAZIONE ESTRATTO CONTO – VIZI GENETICI – IRRILEVANZA DECADENZA (ART. 1832 C.C.)
Relativamente al problema della decadenza derivante dalla mancata contestazione degli e/c bancari, ritiene questo Giudicante di poter aderire al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito (Cfr., ex multis, C.Cass., n.870 del 18.1.2006; C.Cass., n. 11961 dell’8.8.2003; C. Cass. 16.1.1997, n.404; Appello Lecce, n. 568 del 18.09.2008; Trib. Teramo n.23 del 2006; Trib. Lecce n.1959 del 2005), secondo cui l’eventuale ed anche ripetuta approvazione di estratti conto, ex artt. 1832 e 1857 c.c. rende realmente incontestabili le annotazioni in conto, che derivano dalla mancata impugnazione, ma non comporta la decadenza da eventuali eccezioni, riferite alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori soprastanti.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE - PRESCRIZIONE DECENNALE DELLA RIPETIZIONE DELL’INDEBITE COMPETENZE BANCARIE – DIES A QUO DALLA CHIUSURA DELL’INTERO RAPPORTO – PRINCIPIO DI UNITARIETA’ E CONTINUITA’ DEL RAPPORTO DI CONTO CORRENTE BANCARIO -(ART. 2946 ED ART. 2948, 4 COMMA, C.C.);
Relativamente al problema della prescrizione, va detto che mentre l’azione promossa dal cliente verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede l’anatocismo è imprescrittibile ai sensi dell’art. 1422 c.c., quella proposta dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la ripetizione delle somme che assume di avere versato a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi è soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di ripetizione di indebito. Essa è pertanto soggetta alla prescrizione ordinaria decennale a norma dell’art. 2946 c.c., non potendo farsi riferimento ne alla prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno trattandosi di obbligazione derivante dalla legge e non da obbligazione ex delicto, ne quella quinquennale di cui all’art. 2948 n. 3 c.c. Parimenti è da escludere l’applicabilità della prescrizione di cinque anni prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente pagata. Può convenirsi, quindi, con le argomentazioni attoree che, nel caso di specie, non sussite alcun problema di prescrizione, atteso che il dies a quo della prescrizione decennale decorre dalla data di chiusura del rapporto. Nel caso che ci occupa, il rapporto è stato, appunto, chiuso da meno di dieci anni dalla notifica dell’atto di citazione (infatti, al 31.12.1994 l’allora Banco di Napoli dichiarava un complessivo presunto credito di lire 547.414.324 e la citazione è stata notificata il 17.4.2001) e l’impugnazione del rapporto entro dieci anni dalla chiusura fa sì che l’esame si possa estendere all’intero rapporto dalla prima operazione in apertura all’ultima operazione, ossia al saldo finale. Infatti, pecularietà dell’apertura di credito in conto corrente sono la continuità e la unitarietà. Liquidità ed esigibilità sono fenomeni e situazioni non caratterizzanti lo svolgimento di un rapporto di conto corrente bancario: mentre la peculiarità giuridica del conto corrente bancario è segnata, non da una frantumazione infinitesima in scadenze del rapporto contrattuale (come taluni errando vorrebbero far credere: cfr. Tribunale di Novara, sentenza n. 145 del 9.02.06), ma da una naturale continuità e fluidità del rapporto stesso, destinata a interrompersi solo con l’esaurimento del rapporto e la revoca della linea di credito (Cfr., Tribunale di Genova, Sez. VI, 10 maggio 2006 – GU Marchesiello, Corr. Giur. 8/2007 pag. 1147 e ss ). Ecco perché, nella pratica, il correntista, se da un lato può ogni giorno chiedere l’apparente saldo contabile, dall’altro può anche chiedere la simulazione della chiusura del suo conto corrente (sempre che tutte le operazioni si siano concluse: spesso vi sono, infatti, operazioni in corso che non permettono la chiusura del conto in giornata): ma solo la chiusura definitiva del conto corrente è il momento naturale e funzionale nel quale finisce il rapporto, con un saldo finale certo, liquido ed esigibile e, dunque, solo ed esclusivamente da questo momento può partire la prescrizione (Cfr., Cass. C., n. 10127 del 14.5.2005; Cass. C., n. 5720 del 23.3.2004; Cass. Civ. n. 4389 del 3.5.1999; Cass. Civ., n. 3783 del 14.4.1998; Cass. Civ. n. 2262 del 9.4.1984 e, da ultimo, C. App. Lecce, n. 568 del 18.9.2008; Trib. Vigevano, 12.2.2008).
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE - PAGAMENTO DELL’INDEBITO - INDEBITO OGGETTIVO - RIPETIZIONE DI INDEBITO – OBBLIGAZIONE NATURALE – INAMMISSIBILITÀ (ART. 2033 C.C.)
Per quanto attiene al presunto carattere naturale dell’obbligazione contratta dall’utente con la banca, questo Giudice ritiene di poter aderire all’orientamento espresso dalle S.U. del Supremo Collegio nella sentenza n.21095 del 4.11.2004, che ha ribadito l’assenza di un obbligo morale, sociale o etico del cliente verso la banca, laddove si versi in ipotesi di una richiesta di pagamento di interessi superiori al tasso legale e quelli derivanti dalla capitalizzazione. Tanto meno, può ritenersi sussistente un’obbligazione naturale, laddove l’utente bancario è costretto ad una dazione di denaro, che trova fondamento in una prassi illegittima, qual è quella della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi o degli interessi ultralegali, letteralmente imposta dagli istituti di credito ai clienti (in forza di direttive classiste) e in nessun caso negoziabile. Se è vero che le obbligazioni naturali si fondano su doveri morali o sociali, di ampia diffusione e condivisione, è altrettanto vero che l’addebito sul conto corrente bancario degli interessi ultralegali, non pattuiti, ex art. 1284 c.c., per atto scritto, non comporta per il cliente l’adempimento di un’obbligazione naturale, essendo in tale ultima ipotesi carenti gli elementi richiesti dall’art. 2034 c.c., quali la volontà di pagamento, la spontaneità, nonché il dovere morale o sociale. Stante l’atteggiamento psicologico del cliente in genere costretto a sottoscrivere le clausole di volta in volta predisposte dalla banca a causa della sua necessità di usufruire del relativo credito, non sono configurabili i presupposti necessari per la configurabilità di un c.d. obbligazione naturale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – PROMESSA DI PAGAMENTO E RICONOSCIMENTO DEL DEBITO – EFFETTI -
E ciò, senza ulteriormente argomentare sulla coazione psicologica, che la banca esercita sul cliente ‘in rosso’, cui minaccia – quale male ingiusto e, sovente, di grave portata – ‘rientro’ forzato e repentino e rottura brutale dei rapporti. Aderendo a tale orientamento, questo Giudice ritiene che i debiti per cui è causa non possano certamente intendersi come “riconosciuti” dagli attori i debiti verso le Controparti per il sol fatto che si siano da essi portate avanti trattative con la banca, nel tentativo di comporre bonariamente il problematico e complesso rapporto con essa pendente, evitandosi mali maggiori. Le promesse di pagamento degli attori alla convenuta devono essere interpretate come tali, ossia come dichiarazioni prive di qualsiasi valenza confessoria, non dichiarazioni di scienza, che non possono essere fonte di obbligazione. E’ comprensibile lo stato d’animo del cliente, che teme un’aggressione dei propri beni e di quelli degli eventuali garanti da parte della banca, che sollecita il c.d ‘rientro’; stato d’animo, che può paragonarsi a quello di chi, promettendo, afferma “coactus, tamen volui”. E’ pacifico, quindi, che la dichiarazione, che segue all’intimazione della banca di ripiano della posizione debitoria con l’avvertimento che, in difetto, sarebbero state avviate azioni legali, non certo costituisce confessione. Per Giurisprudenza costante (C. Cass. Civ., 2.7.1987, n. 5776, C. Cass. Civ., Sez. Lavoro, 23.1.1997, n. 712; C. App. Lecce, 18.9.2008), a cui tra l’altro il Giudice ritiene di uniformarsi, le dichiarazioni rese da una parte all’altra in sede transattiva non integrano confessioni, per mancanza di “confitendi” (intenzione cioè di ammettere un fatto sfavorevole al dichiarante) ed essendo invece strumentali al proposito di evitare la lite attraverso reciproche concessioni. La predetta comunicazione si sostanzia pertanto in una semplice asserzione di debito (e naturalmente in una proposta in ordine alle modalità di pagamento), integrando una semplice dichiarazione di volontà del debitore, con la quale egli indirettamente assume di essere tale, e non certo di scienza. Detta dichiarazione non contiene neppure un vago accenno ai fatti storici costitutivi del rapporto fondamentale di conto corrente e correlativamente alle obbligazioni che ne derivano (non racchiude fatti storici, quali la ricezione di una determinata somma capitale, un intervento finanziario, la esistenza di determinate pattuizioni e degli effetti che sul piano concreto ne derivano), ma si sostanzia unicamente in una asserzione di debito, stante la correlazione sul piano logico della predetta asserzione con il previo riconoscimento del debito stesso. Dunque, sul punto, questo Giudicante r
Banche – Contratti Bancari – Contratto di mutuo – mancata specificazione contrattuale differenza tra tasso nominale e tasso effettivo del piano ammortamento –ammortamento alla francese e interesse composto - nullità clausola determinazione interesse – effetti – applicazione tasso sostitutivo interesse legale semplice (cfr. art. 1283 e 1284 e 1419 c.c.)
Mentre nella parte letterale del contratto si stabilisce un tasso rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili, nel piano di ammortamento viene applicato, in maniera del tutto inaspettata, quanto illegittima, il c.d. ‘ammortamemento alla francese’: ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e già non quello semplice (previsto dal nostro codice civile all’art. 821, comma 3). Il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può assolutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare tale artificioso incremento nel piano di ammortamento, poichè il calcolo dell’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice. La banca, che utilizza nel contratto di mutuo questo particolare tipo di capitalizzazione, viola non solo il dettato dell’art. 1283 c.c. ma anche quello dell’art. 1284 c.c., che in ipotesi di mancata determinazione e specificazione, ovvero di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al medesimo contratto), impone l’applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale indeterminato o incerto.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – GIROCONTO – EFFETTI – UNITARIETA’ E CONTINUITA’ RAPPORTO -
Va poi evidenziato il vincolo esistente tra il rapporto tra c/c ordinario n. 27.1845 e c/c secondario n. 60/06 (utilizzato per anticipazione sconto effetti SBF): trattasi in realtà di un rapporto unitario ed inscindibile essendo evidente che la confluenza delle competenze riversate dal conto corrente secondario in quello ordinario, a mezzo di diversi giroconto, determinano una tale commistione di competenze (tra loro sommate, capitalizzate, moltiplicate con varie commissioni) che non è possibile analizzare il saldo del conto corrente principale senza analizzare quelle del conto corrente secondario in quando determinanti alla formazione del saldo contabile finale. L’illegittimità delle competenze del conto secondario vanno, pertanto, analizzate ed espunte in quanto se riversate nel conto principale provocano in se e per se l’invalidità del saldo finale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – SUCCESSIONE LEGGI E NORMATIVA APPLICABILE AL RAPPORTO (ART. 1284 C.C.; L. 154/92; D.LGS 385/93)
Traendo origine il rapporto per cui è causa da un’apertura di credito con facoltà di scoperto in conto corrente, che trova, a sua volta, origine nel contratto base (stipulato il data 10.2.1988), deve farsi riferimento alla normativa in vigore all’epoca di sottoscrizione del contratto. Ciò, in quanto, dopo l’ 8 luglio 1992 (data dell’entrata in vigore della Legge 154/92 ed ancor più dopo il 1° gennaio 1994 (data di entrata in vigoe del D.Lgs. n 385 del 1993, noto anche come T.U.B., che ha inglobato la c.d. legge sulla trasparenza) soltanto gli eventuali ed ulteriori contratti successivamente sottoscritti dal cliente (oltre che dalla banca) possono modificare l’originaria pattuizione e nessun valore hanno eventuali atti unilaterali della banca e, men che meno, avvisi affissi nei locali della stessa, raccomandate, ecc.. Infatti, è necessario ed indispensabile il consenso del cliente per poter conferire alla banca un diritto esclusivo così pregnante come lo ius variandi (Cfr., artt. 117 e 118 del TUB): non si può automaticamente concedere alla banca detta potestà senza un’espressa autorizzazione del cliente prestata successivamente all’entrata in vigore della Legge 154/92 e del TUB. Non va trascurata la circostanza che lo stesso TUB prevede la necessità della forma scritta (Cfr., art. 117, commi 1 e 3 del TUb) e l’incontro della volontà della banca con quello dell’utente: pertanto, non può assolutamente utilizzarsi il consenso espresso in un modulo anteriore all’entrata in vigore del TUB per poter conferire alla banca uno ius variandi inesistente all’epoca della sottoscrizione contrattuale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – DECADENZA CONTESTAZIONE ESTRATTO CONTO – VIZI GENETICI – IRRILEVANZA DECADENZA (ART. 1832 C.C.)
Relativamente al problema della decadenza derivante dalla mancata contestazione degli e/c bancari, ritiene questo Giudicante di poter aderire al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito (Cfr., ex multis, C.Cass., n.870 del 18.1.2006; C.Cass., n. 11961 dell’8.8.2003; C. Cass. 16.1.1997, n.404; Appello Lecce, n. 568 del 18.09.2008; Trib. Teramo n.23 del 2006; Trib. Lecce n.1959 del 2005), secondo cui l’eventuale ed anche ripetuta approvazione di estratti conto, ex artt. 1832 e 1857 c.c. rende realmente incontestabili le annotazioni in conto, che derivano dalla mancata impugnazione, ma non comporta la decadenza da eventuali eccezioni, riferite alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori soprastanti.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE - PRESCRIZIONE DECENNALE DELLA RIPETIZIONE DELL’INDEBITE COMPETENZE BANCARIE – DIES A QUO DALLA CHIUSURA DELL’INTERO RAPPORTO – PRINCIPIO DI UNITARIETA’ E CONTINUITA’ DEL RAPPORTO DI CONTO CORRENTE BANCARIO -(ART. 2946 ED ART. 2948, 4 COMMA, C.C.);
Relativamente al problema della prescrizione, va detto che mentre l’azione promossa dal cliente verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede l’anatocismo è imprescrittibile ai sensi dell’art. 1422 c.c., quella proposta dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la ripetizione delle somme che assume di avere versato a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi è soggetta ai medesimi principi che regolano la domanda di ripetizione di indebito. Essa è pertanto soggetta alla prescrizione ordinaria decennale a norma dell’art. 2946 c.c., non potendo farsi riferimento ne alla prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno trattandosi di obbligazione derivante dalla legge e non da obbligazione ex delicto, ne quella quinquennale di cui all’art. 2948 n. 3 c.c. Parimenti è da escludere l’applicabilità della prescrizione di cinque anni prevista dall’art. 2948 n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente pagata. Può convenirsi, quindi, con le argomentazioni attoree che, nel caso di specie, non sussite alcun problema di prescrizione, atteso che il dies a quo della prescrizione decennale decorre dalla data di chiusura del rapporto. Nel caso che ci occupa, il rapporto è stato, appunto, chiuso da meno di dieci anni dalla notifica dell’atto di citazione (infatti, al 31.12.1994 l’allora Banco di Napoli dichiarava un complessivo presunto credito di lire 547.414.324 e la citazione è stata notificata il 17.4.2001) e l’impugnazione del rapporto entro dieci anni dalla chiusura fa sì che l’esame si possa estendere all’intero rapporto dalla prima operazione in apertura all’ultima operazione, ossia al saldo finale. Infatti, pecularietà dell’apertura di credito in conto corrente sono la continuità e la unitarietà. Liquidità ed esigibilità sono fenomeni e situazioni non caratterizzanti lo svolgimento di un rapporto di conto corrente bancario: mentre la peculiarità giuridica del conto corrente bancario è segnata, non da una frantumazione infinitesima in scadenze del rapporto contrattuale (come taluni errando vorrebbero far credere: cfr. Tribunale di Novara, sentenza n. 145 del 9.02.06), ma da una naturale continuità e fluidità del rapporto stesso, destinata a interrompersi solo con l’esaurimento del rapporto e la revoca della linea di credito (Cfr., Tribunale di Genova, Sez. VI, 10 maggio 2006 – GU Marchesiello, Corr. Giur. 8/2007 pag. 1147 e ss ). Ecco perché, nella pratica, il correntista, se da un lato può ogni giorno chiedere l’apparente saldo contabile, dall’altro può anche chiedere la simulazione della chiusura del suo conto corrente (sempre che tutte le operazioni si siano concluse: spesso vi sono, infatti, operazioni in corso che non permettono la chiusura del conto in giornata): ma solo la chiusura definitiva del conto corrente è il momento naturale e funzionale nel quale finisce il rapporto, con un saldo finale certo, liquido ed esigibile e, dunque, solo ed esclusivamente da questo momento può partire la prescrizione (Cfr., Cass. C., n. 10127 del 14.5.2005; Cass. C., n. 5720 del 23.3.2004; Cass. Civ. n. 4389 del 3.5.1999; Cass. Civ., n. 3783 del 14.4.1998; Cass. Civ. n. 2262 del 9.4.1984 e, da ultimo, C. App. Lecce, n. 568 del 18.9.2008; Trib. Vigevano, 12.2.2008).
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE - PAGAMENTO DELL’INDEBITO - INDEBITO OGGETTIVO - RIPETIZIONE DI INDEBITO – OBBLIGAZIONE NATURALE – INAMMISSIBILITÀ (ART. 2033 C.C.)
Per quanto attiene al presunto carattere naturale dell’obbligazione contratta dall’utente con la banca, questo Giudice ritiene di poter aderire all’orientamento espresso dalle S.U. del Supremo Collegio nella sentenza n.21095 del 4.11.2004, che ha ribadito l’assenza di un obbligo morale, sociale o etico del cliente verso la banca, laddove si versi in ipotesi di una richiesta di pagamento di interessi superiori al tasso legale e quelli derivanti dalla capitalizzazione. Tanto meno, può ritenersi sussistente un’obbligazione naturale, laddove l’utente bancario è costretto ad una dazione di denaro, che trova fondamento in una prassi illegittima, qual è quella della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi o degli interessi ultralegali, letteralmente imposta dagli istituti di credito ai clienti (in forza di direttive classiste) e in nessun caso negoziabile. Se è vero che le obbligazioni naturali si fondano su doveri morali o sociali, di ampia diffusione e condivisione, è altrettanto vero che l’addebito sul conto corrente bancario degli interessi ultralegali, non pattuiti, ex art. 1284 c.c., per atto scritto, non comporta per il cliente l’adempimento di un’obbligazione naturale, essendo in tale ultima ipotesi carenti gli elementi richiesti dall’art. 2034 c.c., quali la volontà di pagamento, la spontaneità, nonché il dovere morale o sociale. Stante l’atteggiamento psicologico del cliente in genere costretto a sottoscrivere le clausole di volta in volta predisposte dalla banca a causa della sua necessità di usufruire del relativo credito, non sono configurabili i presupposti necessari per la configurabilità di un c.d. obbligazione naturale.
BANCHE – CONTRATTI BANCARI – APERCREDITO UTILIZZATA CON SCOPERTO DI CONTO CORRENTE – PROMESSA DI PAGAMENTO E RICONOSCIMENTO DEL DEBITO – EFFETTI -
E ciò, senza ulteriormente argomentare sulla coazione psicologica, che la banca esercita sul cliente ‘in rosso’, cui minaccia – quale male ingiusto e, sovente, di grave portata – ‘rientro’ forzato e repentino e rottura brutale dei rapporti. Aderendo a tale orientamento, questo Giudice ritiene che i debiti per cui è causa non possano certamente intendersi come “riconosciuti” dagli attori i debiti verso le Controparti per il sol fatto che si siano da essi portate avanti trattative con la banca, nel tentativo di comporre bonariamente il problematico e complesso rapporto con essa pendente, evitandosi mali maggiori. Le promesse di pagamento degli attori alla convenuta devono essere interpretate come tali, ossia come dichiarazioni prive di qualsiasi valenza confessoria, non dichiarazioni di scienza, che non possono essere fonte di obbligazione. E’ comprensibile lo stato d’animo del cliente, che teme un’aggressione dei propri beni e di quelli degli eventuali garanti da parte della banca, che sollecita il c.d ‘rientro’; stato d’animo, che può paragonarsi a quello di chi, promettendo, afferma “coactus, tamen volui”. E’ pacifico, quindi, che la dichiarazione, che segue all’intimazione della banca di ripiano della posizione debitoria con l’avvertimento che, in difetto, sarebbero state avviate azioni legali, non certo costituisce confessione. Per Giurisprudenza costante (C. Cass. Civ., 2.7.1987, n. 5776, C. Cass. Civ., Sez. Lavoro, 23.1.1997, n. 712; C. App. Lecce, 18.9.2008), a cui tra l’altro il Giudice ritiene di uniformarsi, le dichiarazioni rese da una parte all’altra in sede transattiva non integrano confessioni, per mancanza di “confitendi” (intenzione cioè di ammettere un fatto sfavorevole al dichiarante) ed essendo invece strumentali al proposito di evitare la lite attraverso reciproche concessioni. La predetta comunicazione si sostanzia pertanto in una semplice asserzione di debito (e naturalmente in una proposta in ordine alle modalità di pagamento), integrando una semplice dichiarazione di volontà del debitore, con la quale egli indirettamente assume di essere tale, e non certo di scienza. Detta dichiarazione non contiene neppure un vago accenno ai fatti storici costitutivi del rapporto fondamentale di conto corrente e correlativamente alle obbligazioni che ne derivano (non racchiude fatti storici, quali la ricezione di una determinata somma capitale, un intervento finanziario, la esistenza di determinate pattuizioni e degli effetti che sul piano concreto ne derivano), ma si sostanzia unicamente in una asserzione di debito, stante la correlazione sul piano logico della predetta asserzione con il previo riconoscimento del debito stesso. Dunque, sul punto, questo Giudicante r