Tribunale di Marsala: rimessione in termini per l’opponente nell’opposizione a decreto ingiuntivo

Il Giudice istruttore

Rilevato che la convenuta opposta ha eccepito preliminarmente l’improcedibilità della opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, e cioè oltre il termine dimidiato di cinque giorni di cui al combinato disposto degli artt. 165 e 645, II co., c.p.c., applicabile, alla luce del principio interpretativo stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 19246 del 2010, depositata il 9.9.2010, a tutti i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, indipendentemente dalla effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, in quanto “ …. non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposzione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà.” (così Cass. 19246/2010 citata).

Considerato che, come già rilevato da altro giudice di merito (Tribunale di Torino,Ordinanza 11 ottobre 2010 e Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010), “ tale interpretazione ha mutato il precedente indirizzo interpretativo della stessa Corte di Cassazione, secondo cui il termine di costituzione dell’opponente era ridotto alla metà solo quando costui si fosse avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario (come spiegato nella stessa sentenza 19246/2010 citata, nella quale è riportato tale costante orientamento, da Cass. 12.10.1955 n. 3053 fino a Cass. 3355/1987, id. 2460/1995, 3316 e 12044/1998, 18942/2006)”.

Rilevato che l’opponente non ha assegnato alla opposta un termine a comparire inferiore a quello minimo, avendo notificato l’atto di citazione il 28.4.2010 ed indicato la prima udienza al 18.10.2010, con la conseguenza che la sua costituzione, secondo detto precedente e consolidato orientamento interpretativo, risultava tempestiva.

Ritenuto che si debba aderire alla ricostruzione evidenziata della giurisprudenza di merito sinora pronunziatasi (ancora Tribunale di Torino,Ordinanza 11 ottobre 2010 e Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010),secondo la quale, alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.) ed dei principi inferibili dalla CEDU (ed in particolare dall’art.6), non sembra che l’errore della parte che abbia fatto affidamento su una consolidata (al tempo della proposizione della opposizione e della costituzione in giudizio) giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, possa avere rilevanza preclusiva, dovendosi mantenere inalterate, a giudizio in corso, le c.d. regole del gioco;

Osservato che tuttavia, come correttamente considerato da parte di tale giurisprudenza (in particolare Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010) l’applicazione di tali coordinate costituzionali ed internazionali pongono il problema dell’identificazione all’interno del nostro ordinamento giuridico di uno strumento tipico, atto a soddisfare tali esigenze di giustizia sostanziale;

Ritenuto che tuttavia tale strumento non possa essere identificato nell’applicazione combinata dei principi dell’irretroattività del diritto vivente (c.d. overruling) e del c.d. “tempus regit actum”;

Ritenuto che infatti il principio di irretroattività del diritto vivente (c.d. overruling), tipico degli ordinamenti di Common Law, postula il carattere costitutivo e vincolante delle pronunzia delle Corti Superiori (c.d. principio dello “stare decisis verticale”), invero non operante nel nostro ordinamento, ove ogni giudice è libero di interpretare secondo la propria discrezionalità la disposizione di legge, anche discostandosi (pur motivatamente) dalle posizioni della Suprema Corte;

ritenuto che pertanto la violazione dei termini di costituzione da parte dell’opponente non potrà mai stimarsi valida sulla scorta del principio tempus regit actum, il quale assume quale unico parametro di riferimento il diritto positivo codificato e non anche quello vivente;

ritenuto che dunque lo strumento necessario per far salve le ragioni di giustizia sostanziale che sottendono ai riferiti principi di marca costituzionale ed internazionale debbano essere ricercati altrove;

ritenuto che essi possano bene essere identificati nell’istituto ex art.153 c.p.c. , il quale consente di rimettere in termini la parte che abbia incolpevolmente violato un termine perentorio;

ritenuto che invero tale incolpevole errore possa bene essere identificato in un improvviso e radicale mutamento da parte della Corte di Cassazione del proprio, consolidato, pregresso orientamento in ordine alle modalità computative di tali termini decadenziali;

ritenuto che all’applicazione al caso di specie di tale istituto non osti il timore che il medesimo determini una regressione del processo, già istruito, alla sua fase iniziale, identificata nella costituzione in giudizio delle parti;

ritenuto che invero, come rileva ottima dottrina, la rimessione in termini non comporta necessariamente che il processo regredisca in toto allo situazione in cui si è verificata la decadenza, ma solo una riapertura parziale, con riguardo ai poteri nei quali la parte sia stata restituita in termini e a quelli di controparte che sono la conseguenza dell’esercizio dei primi, della vicenda di contrapposizione degli interessi in causa;

ritenuto che dunque non ogni rimessione in termini importi una riattivazione della dialogica processuale, ma solo quella che essa postuli a cagione della necessità di far salvo il c.d. principio di parità delle armi processuali;

ritenuto che diretto corollario di tale assioma sia che, in presenza di una rimessione avente ad oggetto attività processuali non importanti innovazioni allegatorie o probatorie all’interno del processo (quali sono invece le memorie ex art.183, sesto comma, c.p.c. o le istanze di disconoscimento di scritture private,etc), alcuna rieditazione dei poteri dialogici delle parti possa configurarsi e, dunque, alcuna regressione processuale possa ipotizzarsi;

ritenuto che nel caso di specie oggetto della rimessione in termini richiesta sia un’attività processuale (costituzione) che non innova in alcun modo il plesso allegatorio o probatorio preesistente alla sua realizzazione (essendosi lo stesso cristallizzato nell’atto di citazione notificato, nella comparsa di risposta depositata e nelle successive memorie processuali);

ritenuto che dunque alcuna regressione processuale possa configurasi;

letta l’istanza di rimessione in termini per la costituzione di parte attrice;

ritenuti sussistenti, per i suddetti motivi, la ragioni che valgono a qualificare come giustificato il mancato rispetto del termine a costituirsi entro cinque giorni dall’ultima notifica;

ritenuta dunque come legittima tale richiesta;

rilevato infine che la stessa riguarda un’attività processuale (costituzione) già posta in essere e che pertanto, nel caso di specie,la rimessione intermini possa esaurirsi in una riqualificazione di tale atto come tempestivo;

ritento quanto all’istanza di concessione della provvisoria esecuzione che essa non possa essere concessa difettando la prova del ragionevole fumus del credito (cfr. in tal senso: Corte Cost. 4.5.1984 n. 137 in Foro it. 1984, I, 1775; Corte Cost., con ord. 25.5.1989 n. 295 in Foro it. 1989, I, 2391).

P.Q.M.

Rimette l’opponente in termini e per l’effetto dichiara tempestiva la costituzione da questi già effettuata;

Rigetta l’istanza dell’opposta di declaratoria di improcedibilità dell’opposizione;

Rigetta l’istanza dell’opposta di concessione della provvisoria esecutività, non ravvisandone i presupposti;

Assegna a tutte le parti, che ne hanno fatto istanza:

a) termine perentorio di 30 giorni dal 30.10.2010 per il deposito di memorie contenenti precisazioni e modifiche delle domande, eccezioni, conclusioni rispettivamente proposte;

b)ulteriore e successivo termine perentorio di 30 giorni per il deposito di memorie di replica alle domande, eccezioni e conclusioni come sopra modificate e precisate, per proporre eccezioni consequenziali a dette domande ed eccezioni, nonché per il deposito di documenti e per la richiesta di mezzi di prova;

c) ulteriore e successivo termine perentorio di 20 giorni per articolare prova contraria.

Si comunichi.

Marsala 20.10.2010.

Il Giudice

Dott. Francesco Lupia

Il Giudice istruttore

Rilevato che la convenuta opposta ha eccepito preliminarmente l’improcedibilità della opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, e cioè oltre il termine dimidiato di cinque giorni di cui al combinato disposto degli artt. 165 e 645, II co., c.p.c., applicabile, alla luce del principio interpretativo stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 19246 del 2010, depositata il 9.9.2010, a tutti i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, indipendentemente dalla effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, in quanto “ …. non solo i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto sono automaticamente ridotti alla metà in caso di effettiva assegnazione all’opposto di un termine a comparire inferiore a quello legale, ma che tale effetto automatico è conseguenza del solo fatto che l’opposzione sia stata proposta, in quanto l’art. 645 c.p.c. prevede che in ogni caso di opposizione i termini a comparire siano ridotti a metà.” (così Cass. 19246/2010 citata).

Considerato che, come già rilevato da altro giudice di merito (Tribunale di Torino,Ordinanza 11 ottobre 2010 e Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010), “ tale interpretazione ha mutato il precedente indirizzo interpretativo della stessa Corte di Cassazione, secondo cui il termine di costituzione dell’opponente era ridotto alla metà solo quando costui si fosse avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario (come spiegato nella stessa sentenza 19246/2010 citata, nella quale è riportato tale costante orientamento, da Cass. 12.10.1955 n. 3053 fino a Cass. 3355/1987, id. 2460/1995, 3316 e 12044/1998, 18942/2006)”.

Rilevato che l’opponente non ha assegnato alla opposta un termine a comparire inferiore a quello minimo, avendo notificato l’atto di citazione il 28.4.2010 ed indicato la prima udienza al 18.10.2010, con la conseguenza che la sua costituzione, secondo detto precedente e consolidato orientamento interpretativo, risultava tempestiva.

Ritenuto che si debba aderire alla ricostruzione evidenziata della giurisprudenza di merito sinora pronunziatasi (ancora Tribunale di Torino,Ordinanza 11 ottobre 2010 e Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010),secondo la quale, alla luce del principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.) ed dei principi inferibili dalla CEDU (ed in particolare dall’art.6), non sembra che l’errore della parte che abbia fatto affidamento su una consolidata (al tempo della proposizione della opposizione e della costituzione in giudizio) giurisprudenza di legittimità sulle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, possa avere rilevanza preclusiva, dovendosi mantenere inalterate, a giudizio in corso, le c.d. regole del gioco;

Osservato che tuttavia, come correttamente considerato da parte di tale giurisprudenza (in particolare Tribunale di Varese Sentenza, 8 ottobre 2010) l’applicazione di tali coordinate costituzionali ed internazionali pongono il problema dell’identificazione all’interno del nostro ordinamento giuridico di uno strumento tipico, atto a soddisfare tali esigenze di giustizia sostanziale;

Ritenuto che tuttavia tale strumento non possa essere identificato nell’applicazione combinata dei principi dell’irretroattività del diritto vivente (c.d. overruling) e del c.d. “tempus regit actum”;

Ritenuto che infatti il principio di irretroattività del diritto vivente (c.d. overruling), tipico degli ordinamenti di Common Law, postula il carattere costitutivo e vincolante delle pronunzia delle Corti Superiori (c.d. principio dello “stare decisis verticale”), invero non operante nel nostro ordinamento, ove ogni giudice è libero di interpretare secondo la propria discrezionalità la disposizione di legge, anche discostandosi (pur motivatamente) dalle posizioni della Suprema Corte;

ritenuto che pertanto la violazione dei termini di costituzione da parte dell’opponente non potrà mai stimarsi valida sulla scorta del principio tempus regit actum, il quale assume quale unico parametro di riferimento il diritto positivo codificato e non anche quello vivente;

ritenuto che dunque lo strumento necessario per far salve le ragioni di giustizia sostanziale che sottendono ai riferiti principi di marca costituzionale ed internazionale debbano essere ricercati altrove;

ritenuto che essi possano bene essere identificati nell’istituto ex art.153 c.p.c. , il quale consente di rimettere in termini la parte che abbia incolpevolmente violato un termine perentorio;

ritenuto che invero tale incolpevole errore possa bene essere identificato in un improvviso e radicale mutamento da parte della Corte di Cassazione del proprio, consolidato, pregresso orientamento in ordine alle modalità computative di tali termini decadenziali;

ritenuto che all’applicazione al caso di specie di tale istituto non osti il timore che il medesimo determini una regressione del processo, già istruito, alla sua fase iniziale, identificata nella costituzione in giudizio delle parti;

ritenuto che invero, come rileva ottima dottrina, la rimessione in termini non comporta necessariamente che il processo regredisca in toto allo situazione in cui si è verificata la decadenza, ma solo una riapertura parziale, con riguardo ai poteri nei quali la parte sia stata restituita in termini e a quelli di controparte che sono la conseguenza dell’esercizio dei primi, della vicenda di contrapposizione degli interessi in causa;

ritenuto che dunque non ogni rimessione in termini importi una riattivazione della dialogica processuale, ma solo quella che essa postuli a cagione della necessità di far salvo il c.d. principio di parità delle armi processuali;

ritenuto che diretto corollario di tale assioma sia che, in presenza di una rimessione avente ad oggetto attività processuali non importanti innovazioni allegatorie o probatorie all’interno del processo (quali sono invece le memorie ex art.183, sesto comma, c.p.c. o le istanze di disconoscimento di scritture private,etc), alcuna rieditazione dei poteri dialogici delle parti possa configurarsi e, dunque, alcuna regressione processuale possa ipotizzarsi;

ritenuto che nel caso di specie oggetto della rimessione in termini richiesta sia un’attività processuale (costituzione) che non innova in alcun modo il plesso allegatorio o probatorio preesistente alla sua realizzazione (essendosi lo stesso cristallizzato nell’atto di citazione notificato, nella comparsa di risposta depositata e nelle successive memorie processuali);

ritenuto che dunque alcuna regressione processuale possa configurasi;

letta l’istanza di rimessione in termini per la costituzione di parte attrice;

ritenuti sussistenti, per i suddetti motivi, la ragioni che valgono a qualificare come giustificato il mancato rispetto del termine a costituirsi entro cinque giorni dall’ultima notifica;

ritenuta dunque come legittima tale richiesta;

rilevato infine che la stessa riguarda un’attività processuale (costituzione) già posta in essere e che pertanto, nel caso di specie,la rimessione intermini possa esaurirsi in una riqualificazione di tale atto come tempestivo;

ritento quanto all’istanza di concessione della provvisoria esecuzione che essa non possa essere concessa difettando la prova del ragionevole fumus del credito (cfr. in tal senso: Corte Cost. 4.5.1984 n. 137 in Foro it. 1984, I, 1775; Corte Cost., con ord. 25.5.1989 n. 295 in Foro it. 1989, I, 2391).

P.Q.M.

Rimette l’opponente in termini e per l’effetto dichiara tempestiva la costituzione da questi già effettuata;

Rigetta l’istanza dell’opposta di declaratoria di improcedibilità dell’opposizione;

Rigetta l’istanza dell’opposta di concessione della provvisoria esecutività, non ravvisandone i presupposti;

Assegna a tutte le parti, che ne hanno fatto istanza:

a) termine perentorio di 30 giorni dal 30.10.2010 per il deposito di memorie contenenti precisazioni e modifiche delle domande, eccezioni, conclusioni rispettivamente proposte;

b)ulteriore e successivo termine perentorio di 30 giorni per il deposito di memorie di replica alle domande, eccezioni e conclusioni come sopra modificate e precisate, per proporre eccezioni consequenziali a dette domande ed eccezioni, nonché per il deposito di documenti e per la richiesta di mezzi di prova;

c) ulteriore e successivo termine perentorio di 20 giorni per articolare prova contraria.

Si comunichi.

Marsala 20.10.2010.

Il Giudice

Dott. Francesco Lupia