Tutela ambientale: tensione tra libertà e autorità

La tensione tra libertà e autorità di cui all’articolo 41 Costituzione
tutela ambiente
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Indice

1. Ratio della riforma

2. Il corretto bilanciamento ai sensi dell’articolo 41 Costituzione

3. I “fini ambientali” di cui all’articolo 41 comma 3 Costituzione

4. Prospettive de jure condendo

5. Conclusioni

 

 

Molte sono le enucleate questioni ermeneutiche che sorgono alla luce del recentissimo intervento di riforma ad opera della legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022, recante “Modifica agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela ambientale”.

In particolare, l’articolo 1 introduce un nuovo terzo comma all’articolo 9, fornendo espressa indicazione al principio di tutela ambientale nell’ambito dei Principi fondamentali enunciati dalla Costituzione, peraltro con un riferimento inedito all’”interesse delle future generazioni”.

L’articolo 2, invece, modifica su due fronti l’articolo 41: in primo luogo, interviene sul secondo comma sancendo che l’iniziativa economica non possa svolgersi indanno alla salute” ed “all’ambiente”, anteponendo questi due limiti a quelli già stabiliti e, secondariamente, incide sul terzo comma, riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, non solo a fini sociali, ma anche “ambientali”.

 

Ratio della riforma

Se, da un lato, linearmente emerge l’intento di rendere manifesto il principio fondamentale della tutela ambientale, in maniera dunque ulteriore rispetto alla menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” di cui all’articolo 117, comma 2, lett. s) Costituzione in punto di elencazione delle materie di competenza esclusiva statale, nonché rispetto alla base normativa già riconosciutagli dalla giurisprudenza consolidata per il tramite del solo articolo 32 Costituzione ovvero del combinato disposto degli artt. 2, 3, 9, 32 e 41 Costituzione, dall’altro, dubbio appare il proposito della riforma in punto di esercizio dell’iniziativa economica.

In altri termini: in che modo il novum può dirsi voglia incidere sulla tensione tra libertà ed autorità di cui all’articolo 41 Costituzione?

La revisione anzidetta, infatti, sembrerebbe delineare un’estensione – non solo quantitativa, ma anche qualitativa – delle limitazioni apponibili alla libertà esaminanda, riconducibile ad una più pregnante esigenza di tutela della salute e dell’ambiente.

Tale ricostruzione, tuttavia, potrebbe rivelarsi un paralogismo, in quanto appare erroneo ritenere che la salvaguardia ambientale costituisca oggi un nuovo valore nazionale.

Il necessario bilanciamento tra libertà economica e limitazioni relative ad esigenze di protezione della salute e dell’ambiente, infatti, non può certo dirsi di recente esegesi, bensì ben radicato nell’interpretazione dell’articolo 41 Costituzione.

Storicamente, il detto contemperamento assume rilevanza nel nostro ordinamento a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso, a seguito del recepimento delle direttive europee che imponevano agli Stati membri la riduzione dell’impatto delle produzioni industriali sulla qualità dell’aria. L’articolo 2 del D.P.R. n. 203 del 24 maggio 1988 prevedeva infatti in capo all’imprenditore il dovere di garantire, ove non eccessivamente costosa, “la migliore tecnologia disponibile”, in modo da poter iniziare o proseguire la produzione assicurando, al contempo, il rispetto dei livelli massimi di tollerabilità delle emissioni inquinanti.

Successivamente, la protezione dell’ambiente, nella sua dimensione di interesse fondamentale della collettività, veniva sussunta nel limite generale dell’utilità sociale frapponibile alla libertà d’iniziativa economica. La Corte costituzionale ha in più occasioni affermato infatti che “non potessero certo dirsi estranei all’utilità sociale gli interventi legislativi non irragionevolmente direzionati alla tutela dell’ambiente” (cfr. sentenze nn. 196/1988 e 190/2001).

È dunque possibile operare una prima conclusione: la presa in considerazione della tutela ambientale in sede di bilanciamento legislativo ai sensi dell’articolo 41 Costituzione non può ritenersi solo oggi legittimata dalla riforma costituzionale in discorso.

 

Il corretto bilanciamento ai sensi dell’articolo 41 Costituzione

Appare opportuno, allora, spostare l’indagine sul piano dell’esattezza del necessario punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze qui in rilievo.

Sorge il riferimento al caso, a tutti noto, dell’ILVA di Taranto.

Con la importantissima sentenza n. 85/2013, la Corte costituzionale risolve il conflitto tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare alla salute (articolo 32), da cui il diritto all’ambiente salubre, ed al lavoro (articolo 4), da cui l’interesse al mantenimento dei livelli occupazionali, chiarendo che “tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri”, verificandosi, altrimenti, l’illimitata espansione di quest’ultimo, che diverrebbe tiranno, nei confronti degli altri.

Ne discende la necessità di garantire un continuo e vicendevole bilanciamento tra diritti e principi, il cui punto di equilibrio si atteggia dinamico e variabile nella sua concreta struttura, da valutarsi - dal legislatore nella statuizione delle norme ed eventualmente dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo i criteri di proporzionalità e ragionevolezza, onde non consentire il sacrificio del nucleo essenziale di alcuno di essi.

Stando così le cose, è possibile immaginare che la riforma abbia tratteggiato una prevalenza illimitata della tutela ambientale sulla libertà d’iniziativa economica?

In tal senso opinando, gli interventi in commento aprirebbero il varco ad un’ordinazione gerarchica totale ed assoluta tra diritti e principi.

Per vero, non può tacersi l’impatto nel dibattito pubblico odierno dell’impronta ecologista impressa dal Piano di aiuti (Next Generation UE), nonché del suo recepimento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per la gestione dei costi economico-sociali dovuti alla crisi emergenziale, da cui risulta uscire estremamente rafforzato l’impegno dello Stato nella protezione dell’ambiente.

Ad ogni modo, le coordinate ermeneutiche in punto di esatto bilanciamento tracciate dalla Corte costituzionale con la storica sentenza n. 85/2013 appaiono di difficile superamento.

 

I “fini ambientali” di cui all’articolo 41 comma 3 Costituzione

Giova interrogarsi in merito all’intervento riformatore, ad essenza programmatica, involgente il comma 3 dell’articolo 41 Costituzione.

Il nuovo testo dell’articolo 41 comma 3 Costituzione consente l’ingerenza pubblica nei rapporti economici – mediante programmi e controlli – in ragione di finalità sociali e, ora, ambientali.

Analogamente a quanto anzi argomentato in ordine alle limitazioni alla libertà economica adottate in ragione di interessi ambientali, sub specie di utilità sociale, i programmi ed i controlli a fini sociali non appaiono lontani dal tradursi in iniziative  di regolazione pubblica a tutela dell’ambiente.

La finalità sociale richiamata, peraltro, ha trovato ampia applicazione, ad esempio in occasione dell’intervento pubblico di sostegno alla compagnia di bandiera (Alitalia), manifestamente disarmonico con uno dei principi fondanti l’integrazione europea, ossia la concorrenzialità del mercato.

Precedentemente alla riforma in discorso, infatti, può rilevarsi, tra gli altri, il caso inerente allo sfruttamento dell’energia eolica (legge regionale Puglia n. 17 del 14 giugno 2007).

La relativa disciplina richiedeva agli imprenditori interessati il previo rilascio di un’autorizzazione regionale, ulteriore e diversa rispetto alla valutazione d’impatto ambientale (VIA) prescritta dalla legge nazionale. Pertanto, il giudice delle leggi, oltre a censurare la normativa in quanto invasiva della competenza statale, ne rileva il contrasto con l’articolo 41 Costituzione poichè essa, interponendo un’ulteriore onere, diveniva ostacolo alla libertà d’iniziativa economica come “funzionalizzata” dalla legge statale alla cura di interessi ambientali (cfr. sentenza n. 267/2016).

Può desumersi, dunque, che la funzione ambientale dell’iniziativa economica non rappresenti fatto nuovo.

 

Prospettive de jure condendo

Posto quanto sopra non si intende affatto dedurre il carattere pleonastico dell’intervento, anzi, al contrario, prospettarne una chiave di lettura riflessiva ed a lungo raggio.

L’equilibrio tra libertà economica e limitazioni si inquadra nel più ampio sistema della disciplina costituzionale dell’economia di cui al Titolo III, nell’ambito del quale si rinviene il regime del diritto di proprietà, quale diritto fondamentale, costituzionalmente (e convenzionalmente) garantito e soggetto a limitazioni, del quale ne è assicurata la funzione sociale, che legittima e riserva allo Stato determinate imprese caratterizzate dai precisi presupposti declinati dal successivo articolo 43 Costituzione

Ebbene, può concepirsi una speculare applicazione dello schema suesposto con riferimento alla funzione ambientale dell’iniziativa economica?

Tanto le misure di intervento pubblico previste dall’articolo 43 Costituzione, tanto quelle di cui all’articolo 41 comma 3 Costituzione, devono essere introdotte con legge del Parlamento, in nome della garanzia democratica ed al fine di porre gli interessati al riparo da eventuali arbitri.

Tuttavia, mentre in ordine alla funzione sociale della proprietà il tracciato può dirsi chiaro, la funzione ambientale dell’iniziativa economica appare di perimetro e portata poco nitidi. Ciò anche in considerazione dell’interrelazione con il principio dello sviluppo sostenibile che lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, ma postula un processo di costante cambiamento, volto alla conformazione di diversi settori alle esigenze attuali e future.

 

Conclusioni

Può concludersi che, se per un verso la riforma rappresenta il riconoscimento di un’evoluzione diacronica e sincronica in tema di tutela ambientale ormai giunta a maturazione, per altro verso essa sembra porre le basi per un’evoluzione ulteriore, al cui centro di interesse si rinviene la funzione ambientale dell’iniziativa economica.

Finalità ambientale, peraltro, su cui resta aperta la questione circa la, a parer di alcuni, nuova formulazione in termini di principio assoluto gerarchicamente preordinato.