Diritti edificatori e cessione di cubatura: la Cassazione dirime i contrasti

Natura giuridica, effetti e conseguenze ai fini del trattamento fiscale
diritti edificatori
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Abstract

La tematica involgente i diritti edificatori e il correlativo contratto di cessione di cubatura è stata al centro di un annoso dibattito quanto alla natura giuridica, agli effetti tra le parti nonché sul piano delle conseguenze fiscali. Attualmente, sulla scorta delle due recentissime pronunce delle Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenze nn. 23902/2020 e 16080/2021), la giurisprudenza di legittimità ha inteso riconoscere la natura non reale dei diritti o crediti edificatori e dei correlativi contratti di cessione di cubatura.

 

Indice

1. Diritti edificatori: premessa

2. Diritti edificatori: le tesi in campo sulla natura giuridica

3. Diritti edificatori: le Sezioni Unite dirimono il contrasto

4. Diritti edificatori: la cessione di cubatura

5. Cessione di cubatura: si rinnova il contrasto tra realità od obbligatorietà

6. Cessione di cubatura: il secondo intervento delle Sezioni Unite

7. Diritti edificatori e cessione di cubatura: conclusioni

 

Diritti edificatori: premessa

Il diritto edificatorio ha ad oggetto una quantità di volumetria o cubatura che la Pubblica Amministrazione riconosce ad un terreno e/o correlativamente attribuisce a un interessato determinato.

A seconda della genesi specifica dell’attribuzione, i diritti edificatori si distinguono in:

perequativi, là dove rappresentano un rimedio alla sperequazione derivante dal rispetto dei cosiddetti standard edilizi (un terreno, edificabile in astratto, in concreto non lo è in base a quanto statuito dal Piano Regolatore Generale (PRG) di riferimento, sì che la potenziale capacità volumetrica del terreno penalizzato potrà essere traslata – cosiddetta conseguenza civilistica della sperequazione urbanistica);

compensativi, là dove la Pubblica Amministrazione attribuisce a un soggetto un quantum di volumetria con funzione indennitaria (cd. Moneta volumetrica) in seguito alla cessione in favore della stessa di un fondo ovvero in caso di reiterazione di vincoli espropriativi;

infine, incentivanti, in aggiunta a quelli già previsti dal PRG, la Pubblica Amministrazione attribuisce un quantum di volumetria a coloro i quali abbiano posto in essere condotte di interesse pubblico come, per esempio, opere di riqualificazione urbanistica o ambientale.

Per quanto concerne la circolazione, lo schema è quello del decollo, volo ed atterraggio.

Nella specie, i diritti edificatori si “staccano” dalla proprietà originaria (cd. decollo), circolano tramite la loro commercializzazione (cosiddetto volo) e infine “atterrano” su un fondo (appunto cosiddetto atterraggio), diverso da quello di partenza, dove verranno utilizzati per costruire.

Riconoscimento normativo a tale figura si rinviene nell’articolo 2643 n.2bis Codice Civile, il quale statuisce che si devono rendere pubblici con il mezzo della trascrizione “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti  di pianificazione territoriale”.

 

Diritti edificatori: le tesi in campo sulla natura giuridica

In ordine alla natura giuridica dei diritti edificatori, si sono susseguite ricostruzioni diverse, da cui conseguenze difformi anche sul piano impositivo fiscale.

Per un primo orientamento, i diritti edificatori sono assimilabili ai diritti di credito, sì che il relativo contratto avrebbe dunque effetti obbligatori. Secondo l’indirizzo in parola, altresì, la previsione di cui all’articolo 2643 n. 2bis Codice Civile esprime l’eccezionalità della trascrizione dei contratti ad efficacia obbligatoria, non molto diversamente a quanto accade per il contratto preliminare.

Un diverso filone, invece, ritiene che, poiché il concreto esercizio del diritto edificatorio in ogni caso necessita di una attività da parte della Pubblica Amministrazione, il diritto stesso deve più propriamente essere considerato alla stregua di un interesse legittimo pretensivo, sì che la prevista trascrizione dei correlati atti traslativi avrebbe la funzione di mera pubblicità notizia, in quanto sarebbe difficile ipotizzare un conflitto tra più aventi causa posto che l’esercizio del diritto è comunque condizionato al rilascio del provvedimento amministrativo.

Ancora, alcuni ipotizzano l’inquadramento del diritto edificatorio nel concetto di chance ovvero di diritto avente ad oggetto bene immobile virtuale dotato di valore economico compatibile con la nozione di bene ai sensi dell’articolo 810 Codice Civile, da cui peraltro le più onerose conseguenze ai fini impositivi fiscali.

 

Diritti edificatori: le Sezioni Unite dirimono il contrasto

Ai fini dirimenti è di recente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 23902/2020, con la quale, invero con specifico riferimento ai diritti edificatori compensativi, aderisce alla teoria del diritto o credito edificatorio, discostandosi dalla ricostruzione in termini di realità sulla base di plurime argomentazioni.

In particolare, la Suprema Corte assume stringentemente che la completa autonomia dei diritti edificatori dal fondo di decollo e la loro totale ambulatorietà rappresentano ostacoli insormontabili al riconoscimento di una natura reale. La fattispecie, infatti, seppur presenta una necessaria connessione funzionale estrinseca, non può ricostruirsi in termini di realità in quanto il diritto o credito edificatorio non è immediatamente pertinente al fondo di partenza, di cui non costituisce una qualità intrinseca atta ad essere economicamente valorizzata solo con il trasferimento in uno ad esso.

Ancora, il difetto di inerenza appare manifesto nella fase del volo dei diritti edificatori.

Un sostrato di realità, inoltre, non può essere recuperato neppure ricorrendo alla figura dell’obbligazione propter rem, poiché essa, al pari dei diritti reali di cui è estrinsecazione, è caratterizzata dalla tipicità. Ancora, l’obbligazione propter rem rappresenta un vincolo per il proprietario che viene a trovarsi in una posizione debitoria (ad esempio, nel caso di spese condominiali), mentre il diritto edificatorio è di segno positivo, attribuisce un credito.

Ne discende, dunque, che gli atti di cui all’articolo 2643 n. 2bis Codice Civile non debbano soggiacere al trattamento fiscale previsto per “gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà dei beni immobili in genere ed atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi”, bensì a quello stabilito per “gli atti diversi aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.

 

Diritti edificatori: la cessione di cubatura

Con il contratto di cessione di cubatura il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire, trasferendola definitivamente all’acquirente ed a beneficio di costui. Così facendo, la cubatura viene a costituire una species del genus diritti edificatori, indistintamente intesi ed oggettivamente contemplati, ai fini della trascrivibilità dei correlativi contratti ai sensi dell’articolo 2643 n. 2bis Codice Civile.

Sul piano strutturale, il contratto di cessione di cubatura costituisce una fattispecie eterogenea: da una parte, infatti, richiede l’esercizio del potere amministrativo (che si sostanzia nel rilascio al cessionario del permesso di costruire a cubatura maggiorata), tuttavia, dall’altra, presuppone l’accordo civilistico tra i privati.

Più precisamente, affinché possa realizzarsi la cessione di cubatura auspicata dalle parti, debbono sussistere due requisiti: il fondo del cedente e quello del cessionario devono essere vicini o prossimi, nel senso che debbono appartenere alla stessa zona, e devono vantare la medesima destinazione urbanistica, ossia l’indice di edificabilità del fondo del cedente e del cessionario deve essere identico.

Pertanto, la cessione di cubatura si inscrive sicuramente nel genus dei diritti edificatori globalmente considerati, ma rappresenta traslazione autonoma, eventuale e successiva al momento genetico già perfezionatosi, quindi avulsa da qualsiasi finalità perequativa, compensativa od indennitaria.

 

Cessione di cubatura: si rinnova il contrasto tra realità od obbligatorietà

In linea di continuità con la anzi richiamata pronuncia delle Sezioni Unite n. 23902/2020 in merito alla natura dei diritti edificatori, la cessione di cubatura non parrebbe potersi ritenere atto traslativo o costitutivo di diritti reali. Tuttavia, anche con riferimento alla cessione di cubatura si è innestato un contrasto giurisprudenziale, sintetizzabile in due inconciliabili filoni interpretativi.

Per un primo indirizzo, ripreso e fatto proprio dalla Sezione Tributaria, la cessione di cubatura ha ad oggetto il diritto di edificare quale manifestazione coessenziale ed inerente al diritto di proprietà, assumendo con ciò la natura di atto traslativo di un diritto reale: ora qualificato come servitù, ora come diritto di superficie, talvolta come limitazione del diritto di proprietà o persino quale diritto reale “nuovo” ovvero quale rinuncia abdicativa.

Per un secondo orientamento, la cessione di cubatura avrebbe invece natura obbligatoria, risolvendosi nell’assunzione da parte del proprietario cedente dell’obbligo di aderire al progetto presentato dal cessionario alla Pubblica Amministrazione, onde consentire a quest’ultima il rilascio del permesso di costruire a cubatura maggiorata in favore dell’istante. L’accordo di cessione così inteso, dunque, avrebbe efficacia solo obbligatoria ed interna tra gli stipulanti e non traslativa, posto che il trasferimento della cubatura, non soltanto nei confronti dei terzi, ma anche tra le stesse parti, sarebbe determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio ad opera della Pubblica Amministrazione.

 

Cessione di cubatura: il secondo intervento delle Sezioni Unite

Adite per dirimere il contrasto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si trovano, pertanto, da una parte, a dover ribadire la natura non reale della fattispecie della cessione di cubatura quale species del genus diritti edificatori e, dall’altra, a dover confutare l’effetto di marginalizzazione nei termini come sopra enunciati dell’accordo privatistico.

Quanto al primo aspetto, le Sezioni Unite con la sentenza n. 16080/2021 negano il primo indirizzo sulla scorta delle seguenti argomentazioni.

Per quanto concerne le servitù, seppur l’istituto offra più ampi margini, una simile qualificazione incontra delle difficoltà di non poco momento. In primo luogo, il ruolo della Pubblica Amministrazione nel rilascio del permesso di costruire a cubatura maggiorata rappresenta una incidenza difficilmente conciliabile con i requisiti della assolutezza e della immediatezza che caratterizzano i diritti reali.

In secondo luogo, appare di dubbia compatibilità con l’istituto in parola, nel cui campo operativo vige in principio servitus in faciendo consistere nequit, di una cessione di cubatura così intesa e che quindi si sostanzi in un facere. Infine, quanto al requisito della vicinitas, nel caso della cessione di cubatura esso è da ritenersi di struttura diversa, non è necessario che i due fondi siano confinanti, quanto piuttosto che appartengano alla stessa zona e che abbiano la medesima destinazione urbanistica.

In merito alla identificabilità con la cessione del diritto di superficie, seppur coerente per certi aspetti, tale parallelismo si svuota di significato posto che la cessione di cubatura si traduce nella edificazione (maggiorata) sul fondo del cessionario e non del cedente.

In ordine alla assimilabilità all’istituto della rinuncia abdicativa, si rileva immediatamente ostativo il dato che non ha carattere traslativo ma meramente dismissivo: la cessione di cubatura, invece, è traslativa in favore di un cessionario specifico.

Per tutte le suddette ed altre valutazioni, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover aderire alla ricostruzione della cessione di cubatura nei termini di atto traslativo di un diritto edificatorio non reale a contenuto patrimoniale.

Con riferimento al secondo aspetto, le Sezioni Unite restituiscono importanza sul piano degli effetti all’accordo privatistico di cessione di cubatura.

Anzitutto, la Suprema Corte sottolinea che la collocazione della fattispecie all’interno del sistema di tutela dei diritti per mezzo della trascrizione (articolo 2643 n. 2bis Codice Civile), nonché il dato letterale, rendono chiara l’opzione legislativa: i diritti edificatori non sono solo genericamente disponibili per contratto, ma tra le parti vengono trasferiti, costituiti o modificati.

Ciò comporta la netta rivalutazione del sostrato privatistico della cessione di cubatura, ricollocando l’effetto traslativo suo proprio nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, non già all’esito del provvedimento amministrativo. Naturalmente, una volta che alla cessione di cubatura consegua la presentazione da parte del cessionario di un progetto edificatorio anche su di essa basato, resta il ruolo autorizzatorio e regolatorio del permesso di costruire, per il cui rilascio il cedente è tenuto ad operare secondo il dovere generale di solidarietà, correttezza e buona fede.

Dunque, in quanto elemento esterno di regolazione pubblicistica di un diritto di origine privatistica, il permesso di costruire, seppur per certi versi anomalo perché richiesto e rilasciato per una cubatura maggiorata, continua ad operare su di un piano non dissimile da quello dei provvedimenti amministrativi giuridicamente ampliativi della sfera giuridica del destinatario e, segnatamente, da quello che regola ordinariamente l’esercizio diretto dello ius ad aedificandum. Al più, se si vuole profilare un collegamento tra l’atto amministrativo e il contratto di cessione di cubatura, sembrerebbe verosimile ritenere inefficace la pattuizione privata là dove la Pubblica Amministrazione non rilasci al cessionario il permesso di costruire a cubatura maggiorata.

 

Diritti edificatori e cessione di cubatura: conclusioni

Si può concludere che, sulla scorta delle due richiamate pronunce (Cass. Civ., Sezioni Unite nn. 23902/2020 e 16080/2021), la Suprema Corte di Cassazione ha inteso riconoscere la natura non reale dei diritti o crediti edificatori e dei correlativi contratti di cessione di cubatura, da ritenersi atti immediatamente traslativi di un diritto di natura non reale a contenuto patrimoniale, non richiedenti la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’articolo 1350 Codice Civile, nonché trascrivibili ai sensi dell’articolo 2643 n. 2bis Codice Civile e assoggettabili ad imposta proporzionale di registro come “atti diversi aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.