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La responsabilità del notaio nella compravendita di immobili

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La responsabilità del notaio nella compravendita di immobili

1. Responsabilità del venditore e distinta responsabilità del notaio

La compravendita di immobili richiede l’intervento del notaio per il rogito di trasferimento della proprietà. Può capitare che il notaio non esegua le dovute verifiche e venga compravenduto un immobile con iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli.

In linea di principio, la responsabilità per situazioni del genere è in capo al venditore, che vende un bene non idoneo all’uso oppure meno idoneo all’uso. Tuttavia, per non subire le conseguenze negative dell’acquisto, talvolta l’acquirente agisce in giudizio anche (o solo) contro il notaio.

In questo focus esaminiamo la giurisprudenza che si è occupata di responsabilità civile del notaio in connessione con l’acquisto di immobili. Si tratta di una giurisprudenza che tocca aspetti eterogenei, anche perché non vi è una normativa specifica sulla possibile responsabilità dei notai nell’ambito delle compravendite immobiliari (in tema di responsabilità civile dei notai in relazione all’acquisto di immobili cfr. C. Calderoni, Trascrizione degli atti immobiliari e ipotesi di responsabilità del notaio: alla ricerca del termine che non c’è, in Danno e responsabilità, 2021, 166 ss.).

I contratti di compravendita sono spesso contratti a formazione progressiva. Se è vero che la proprietà si trasferisce solo alla fine dell’iter con il rogito notarile, prima dell’atto pubblico vengono con frequenza conclusi dei contratti preliminari. Più precisamente si può avere originariamente un c.d. “preliminare di preliminare”, che consiste in una proposta di acquisto formulata dal promissario acquirente e accettata dal promittente venditore. A questo primo preliminare di preliminare può far seguito un secondo preliminare vero e proprio, redatto per atto di notaio. La legge prevede che “i contratti preliminari … devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata” (articolo 2645-bis comma 1 c.c.). Le ipotesi di responsabilità del notaio si verificano nei casi in cui egli interviene all’atto e dunque per il contratto definitivo oppure per il preliminare redatto in forma notarile.

Il venditore risponde nei confronti dell’acquirente ai sensi dell’articolo 1490 comma 1 c.c.: “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. Le ipoteche, i pignoramenti e le trascrizioni pregiudizievoli rendono l’immobile inidoneo all’uso oppure comunque riducono il valore dell’immobile, in modo più o meno apprezzabile a seconda del vizio che si presenta.

Il notaio risponde per un titolo completamente diverso da quello per cui risponde il venditore: non in base al contratto di compravendita (di cui non è parte), ma in base al contratto di prestazione d’opera professionale (di cui è parte).

Il notaio, incaricato da una delle parti di rogare l’atto, esercita una professione intellettuale. Viene concluso, anche solo in forma verbale, un contratto di prestazione d’opera con ambedue le parti: venditore e compratore. Ecco allora che il notaio è tenuto allo svolgimento dell’incarico con diligenza professionale (articolo 1176 comma 2 c.c.). Difficile poi, per il pubblico ufficiale, ripararsi dietro il paravento della prestazione particolarmente difficile. Vero è che, secondo l’articolo 2236 c.c., “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”. Tuttavia, identificare ipoteche o pignoramenti o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile non è in genere un compito difficile.

Nonostante la fonte della responsabilità di venditore e notaio siano due distinti contratti, rimane comunque fermo che anche la responsabilità del notaio – come quella del venditore dell’immobile – ha natura contrattuale. La circostanza si riflette sul termine di prescrizione che ammonta a 10 anni, secondo la disposizione generale dell’art. 2946 c.c. (“salvo i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni”).

Un po’ più complesso è stabilire da quando decorra il termine di prescrizione. Alcuni precedenti di legittimità hanno chiarito che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale del notaio non decorre dalla data di stipula del rogito, bensì dal momento in cui il danno risarcibile sia divenuto oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato.

Più precisamente Cassazione, 3 maggio 2016, n. 8703, ha affermato che – nel caso della stipula di una compravendita immobiliare – in cui il notaio rogante l’atto pubblico di trasferimento abbia erroneamente asseverato l’inesistenza di pesi o vincoli sul bene immobile oggetto del negozio, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, non assume rilievo dirimente il momento della stipulazione dell’atto, dovendosi invece aver riguardo all’esistenza di un danno risarcibile e al suo manifestarsi all’esterno, come percepibile dallo stesso danneggiato.
 

2. Il notaio ha il dovere di “consigliare”

Come visto fra il notaio e le parti del contratto di compravendita immobiliare viene ad esistenza un contratto di prestazione d’opera intellettuale. Da detto contratto deriva l’obbligo di operare con diligenza e di tenere in considerazione gli interessi delle parti, fino a svolgere un’attività di consulenza nei confronti delle stesse. Oltre che il contratto di prestazione d’opera intellettuale, fonte di questi obblighi sono le clausole generali del codice civile su correttezza e buona fede (artt.1175 e 1375 c.c.).

Il notaio ha un dovere c.d. “di consiglio” nei confronti delle parti. Questo obbligo è statuito nel Codice deontologico notarile (Consiglio nazionale del notariato, Principi di deontologia professionale dei notai, 5 aprile 2008).

L’articolo 42 del Codice deontologico prevede difatti che “il notaio è tenuto ... a svolgere ... in modo adeguato e fattivo le seguenti attività: a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione; b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell'atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell'atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell'atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall'atto, valendosi, per questo ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa”.

Il “dovere di consiglio”, ricavabile dalle disposizioni generali di legge e meglio specificato nel testo del Codice deontologico, può implicare – se del caso – anche di sconsigliare di procedere all’operazione. Va però precisato che detto dovere concerne le sole conseguenze giuridiche degli atti che si compiono; il dovere di consiglio non può invece riguardare la convenienza economica dell’affare.

Molto recentemente la Corte di cassazione (21 luglio 2022, n. 22822) ha trattato un caso particolare di responsabilità del notaio, la cui sussistenza è stata peraltro negata dalla Suprema Corte.

Un notaio veniva incaricato da una s.r.l. della vendita di un immobile. Con il ricavato della vendita, la società venditrice avrebbe poi acquistato un secondo immobile. L’acquirente del primo immobile aveva però bisogno di un mutuo, cosicché lo stesso notaio stipulò anche l’atto di mutuo fondiario. Sennonché, nell’atto di mutuo non era stato specificato ciò che desiderava il venditore: che la somma percepita a titolo di mutuo dall’acquirente venisse messa immediatamente a disposizione del venditore. La società venditrice del primo immobile abbisognava difatti con estrema urgenza del ricavato della vendita per acquistare un secondo immobile. Le date previste per le due operazioni erano le seguenti:

  • 19 dicembre 2006: erogazione del mutuo fondiario a favore della società acquirente e vendita del primo immobile (prezzo di 1.300.000 euro);
  • 20 dicembre 2006: acquisto del secondo immobile (prezzo di 6.000.000 di euro).

Le due operazioni, come si può notare, si sarebbero dovute perfezionare in uno strettissimo lasso di tempo: 24 ore. La società venditrice del primo immobile aveva la necessità di ricevere subito 1.300.000 euro per poter comprare il secondo immobile. Detto danaro non venne però versato immediatamente al venditore, rendendo impossibile l’acquisto del secondo immobile.

Per questa ragione, la società venditrice del primo immobile agì in giudizio contro il notaio rogante. Questi – secondo la tesi della s.r.l. venditrice – avrebbe dovuto inserire in contratto una clausola in forza della quale la somma erogata a titolo di mutuo sarebbe dovuta giungere alla società venditrice entro il 20 dicembre 2006.

La Corte di cassazione tuttavia, nella decisione 21 luglio 2022, n. 22822, rigetta l’azione contro il notaio. Secondo i giudici supremi non c’è alcun inadempimento del notaio, in quanto il notaio ha solo dato atto della volontà delle parti circa le modalità di pagamento del prezzo da parte dell’acquirente. Mancava inoltre qualsiasi prova in merito all’esistenza e all’ammontare del danno che il notaio avrebbe causato.

In conclusione, emerge dal caso appena illustrato che il notaio non può entrare nei dettagli delle pattuizioni intercorse fra le parti. Il suo dovere di consiglio riguarda le conseguenze giuridiche degli atti, non la convenienza o l’opportunità dell’atto o di singole clausole. Le singole pattuizioni (nel caso di specie concernenti le modalità di pagamento del prezzo) rientrano nell’autonomia contrattuale delle parti, le quali possono disporre come meglio preferiscono, anche accollandosi le possibili conseguenze negative che ne derivano.

Sempre di recente, la medesima Corte di cassazione (5 luglio 2022, n. 21205) si è occupata di un caso nel quale sugli immobili compravenduti insistevano ipoteche e pignoramenti.

Nel rogito si dava atto che i due immobili erano gravati da ipoteche e pignoramenti e il venditore dichiarò che avrebbe proceduto alla loro estinzione utilizzando parte del ricavato della vendita. In realtà, nonostante il perfezionamento della compravendita dei due immobili, ipoteche e pignoramenti erano rimasti fermi per un debito complessivo del venditore di quasi 170.000 euro.

Gli acquirenti convenivano così in giudizio il notaio, contestandogli di non averli correttamente informati sui rischi e di non averli sconsigliati dagli acquisti. Il Tribunale e la Corte di appello rigettano le domande risarcitorie nei confronti del notaio, sulla base dell’assunto che il notaio non può rispondere dell’inadempimento delle obbligazioni del venditore: era questi (e non il notaio) a essersi obbligato in proprio a procurare la cancellazione di ipoteche e pignoramenti.

Secondo la Corte di cassazione, il notaio incaricato della stipula di un contratto avente a oggetto diritti reali su beni immobili non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell’atto, essendo invece tenuto a compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza dei relativi effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, dal momento che contenuto essenziale della sua prestazione professionale è l’obbligo di informazione e consiglio.

La violazione dell’obbligo di consiglio è fonte di responsabilità traducendosi nella violazione delle clausole generali di buona fede e correttezza (ex artt. 1175 e 1375, c.c.), quali criteri determinativi e integrativi della prestazione contrattuale, che impongono il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della parte.

Questi principi – continua la Corte di cassazione – si affiancano però a quelli per cui il notaio non può interferire nella valutazione della convenienza negoziale riservata alle parti. Ad esempio il notaio che inserisca, nella redazione dell’atto pubblico di trasferimento immobiliare, la dichiarazione della parte venditrice, accettata dall’acquirente, di estinzione del debito garantito da ipoteca sull’immobile, con impegno a provvedere alla cancellazione di quest’ultima a propria cura e spese, non risponde per la mancata veridicità della dichiarazione poiché non è tenuto ad alcuna attività accertativa a fronte di un’espressione del potere valutativo del contraente, al quale solo spetta apprezzare il rischio di quell’operazione negoziale.

Secondo la Suprema Corte, quando lo scopo pratico dell’atto è messo a rischio da mancate verifiche o dalle dinamiche tecniche proprie della negozialità, il notaio risponde per omessa informazione oltre che per difetto delle doverose attività di accertamento in specie con riguardo alla presenza di formalità pregiudizievoli; mentre quando si è di fronte a impegni negoziali espressi, soggetti ad apprezzamento di affidabilità e convenienza (come quello alla cancellazione delle garanzie con relative formalità), il notaio non può rispondere del susseguente inadempimento della parte obbligata.

Il compratore non può riversare sul notaio rogante le conseguenze dell’inadempimento del venditore rispetto all’obbligo assunto di procedere alla cancellazione dell’ipoteca pregiudizievole esistente sul bene e verificata dal notaio stesso. Né può affermarsi che l’obbligo per il notaio di dissuasione del cliente dalla stipula dell’atto sussista (non soltanto nell’ipotesi di constatazione della presenza di iscrizioni pregiudizievoli, ma anche) nel senso di indurre il compratore a non confidare nell’adempimento del venditore rispetto agli impegni di estinguere tali iscrizioni.

Il dovere di consiglio del notaio investe solo le conseguenze giuridiche della prestazione a lui richiesta, e non pure le circostanze di fatto dell’affare concluso, tra le quali rientrano i rischi economici dello stesso, la cui valutazione è rimessa in via esclusiva al prudente apprezzamento delle parti. In conclusione, l’azione di responsabilità contro il notaio viene rigettata dalla Corte di cassazione con l’ordinanza 5 luglio 2022, n. 21205: non vi è un inadempimento del notaio, ma un inadempimento del venditore.
 

3. In conclusione

Se in passato il notaio subiva raramente azioni in giudizio per ragioni di responsabilità civile, la situazione è significativamente cambiata negli ultimi anni.

La giurisprudenza che abbiamo esaminato, partendo dalla natura contrattuale della responsabilità del notaio, mostra come i notai vengono citati in giudizio con una certa frequenza in relazione alla compravendita degli immobili. Soprattutto nei casi in cui l’acquirente non riesca a rifarsi sul venditore, vi è una tendenza ad agire contro i notai. La difesa del notaio si deve basare sulla sottile linea di distinzione fra verifiche giuridiche e valutazioni economiche dell’operazione.