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Interruzione della prescrizione nella normativa italiana

prescrizione e interruzione
prescrizione e interruzione

Interruzione della prescrizione nella normativa italiana

 

Abstract:

La norma contenuta nell’art. 2943 comma 3 c.c., in base alla quale l’interruzione della prescrizione si verifica anche quando il Giudice adìto è incompetente, appare illegittima alla luce delle norme contenute negli artt. 100 e 306 cpc, nonché negli artt. 1227 e 2938 c.c. 

The rule contained in the art. 2943 paragraph 3 of the Civil Code, according to which the interruption of the limitation period occurs even when the judge in question is incompetent, appears illegitimate in light of the rules contained in the articles. 100 and 306 cpc, as well as in articles. 1227 and 2938 of the Civil Code. .

 

L’interruzione della prescrizione si ha quando chi intende ottenere il riconoscimento di un diritto propone domanda giudiziale.

Ai sensi dell’art. 2943 comma 3 c.c., tale interruzione “si verifica anche se il giudice adito è incompetente”.

Pertanto, il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. si considera validamente esercitato da parte del creditore quando questi, nel proporre la domanda giudiziale, si sia rivolto ad un Giudice al quale non avrebbe dovuto rivolgersi, essendo quest’ultimo incompetente a decidere.

Argomenti a favore della piena legittimità dell’art. 2943 comma 3 c.c.

1) A norma dell’art. 100 cpc, “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”.

Si potrebbe sostenere che questo debba ritenersi già dimostrato per il semplice fatto che la domanda giudiziale sia stata proposta, il che equivarrebbe, già di per sé, ad una chiara manifestazione di volontà di tutelare, appunto per via giudiziale, la propria sfera giuridica, a differenza di chi, invece, pur lamentando la lesione di un diritto, non agisce per niente oppure decide di agire ma solo ed esclusivamente in via stragiudiziale, in quanto timoroso della naturale incertezza dell’esito della causa.

Inoltre, va posta l’attenzione sull’art. 310 comma 2 cpc, il quale dispone quanto segue: “l'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano la competenza”.

Il creditore ha rinunciato alla prosecuzione del giudizio, e tale rinuncia, essendo stata accettata dal debitore, ha determinato l’estinzione del processo, a norma dell’art. 306 cpc.

Ma la decisione con cui il Giudice ha regolato la competenza, ossia ha deciso che non era competente, mantiene comunque la propria validità, e ciò servirà al creditore, il quale intenda riproporre l’azione (infatti, a norma dello stesso art. 310 cpc, “l’estinzione del processo non estingue l’azione”), al fine di poter egli fare ricorso al Giudice competente. Infatti, ai sensi dell’art. 44 cpc, la decisione con la quale il Giudice si dichiara incompetente indica pure quale sia il Giudice competente.

Invece, nel caso di cui all’art. 2943 comma 3 c.c., il creditore ha fatto ricorso al Giudice, senza rinunciare agli atti (ossia senza ritirare la citazione), e quindi dimostrando di voler ottenere la tutela giudiziale; il Giudice, però, si è dichiarato incompetente.

Che differenza c’è tra i due casi?

Nel caso di cui all’art. 310 comma 2 cpc il creditore, rinunciando agli atti, ha dimostrato di non voler più ottenere la tutela giudiziale, mentre in quello ex art. 2943 comma 3 c.c. egli, anche se si è rivolto ad un Giudice incompetente, ha comunque dimostrato di voler ottenere questa tutela.

Pertanto, l’interesse ad agire di cui all’art. 100 cpc è, nel secondo caso, molto più concreto che non nel primo caso.

Di conseguenza, per una questione di proporzionalità di trattamento, basata proprio sull’interesse ad agire di cui all’art. 100 cpc, appare opportuno che, nel secondo caso, sia prevista – cosa che effettivamente l’art. 2943 comma 3 c.c. fa – l’interruzione della prescrizione, nonostante che il Giudice adìto abbia dichiarato la propria incompetenza.

2) l’art. 2939 c.c., nel prevedere che la prescrizione può essere opposta anche dai creditori del debitore e da chiunque vi abbia interesse, precisa che tale opposizione è possibile anche se il debitore abbia rinunciato a sollevarla.

Quindi, la rinuncia fatta dal debitore non impedisce comunque che la prescrizione venga accertata.

La rinuncia è un atto con cui il debitore, scientemente e consapevolmente, decide di non opporsi al diritto del creditore, sbarrando quindi indirettamente la strada per la piena tutela di quest’ultimo.

Invece, l’aver proposto ricorso ad un Giudice incompetente, non è stato frutto di una scelta volontaria, ma è stato, piuttosto, il risultato di un errore.

Pertanto, se il debitore può essere comunque tutelato, mediante l’eccezione di prescrizione, anche quando quest’ultima sia stata fatta valere non da lui ma da terzi interessati, il creditore dovrebbe essere tutelato, mediante l’interruzione della prescrizione, nel caso in cui, non per scelta ma per puro sbaglio, abbia proposto ricorso ad un Giudice incompetente, dimostrando comunque in ogni caso, a differenza del debitore rinunciante ex art. 2939 c.c., di voler far valere i propri diritti.

3) A norma dell’art. 1429 c.c., la parte la quale sia incorsa in un “errore di diritto” può domandare l’annullamento del contratto nel caso in cui tale errore sia stato “la ragione unica o principale del contratto”, ossia quando essa ha deciso di addivenire alla stipula proprio perché riteneva (erroneamente) che la legge gli consentisse di fare determinate cose: se avesse saputo che la legge non le attribuiva tale facoltà, non avrebbe mai stipulato.

Ebbene, il fatto di aver proposto ricorso ad un Giudice incompetente, potrebbe essere equiparato ad un “errore di diritto”: il ricorrente credeva che, per legge, tale Giudice fosse competente, mentre in realtà il Giudice competente era un altro.

Si potrebbe, allora, sostenere quanto segue: l’errore di diritto, se consente, alla parte che lo ha commesso, di tutelarsi chiedendo l’annullamento del contratto, potrà allora consentire, alla parte la quale si sia rivolta (appunto, sbagliando) ad un Giudice incompetente, di essere tutelata mediante l’interruzione della prescrizione.

Tale errore, se permette alla parte (debitore) di ottenere la cessazione degli obblighi contrattuali (annullamento), dovrà permettere alla controparte (creditore) di veder interrotto il termine di prescrizione dell’azione giudiziale, e quindi di poter far valere, senza alcuna preclusione temporale, i propri diritti contrattuali.

4) La citazione è l’atto introduttivo del giudizio, e quindi, nel nostro caso, è l’atto con cui il creditore propone la domanda. L’art. 164 cpc prevede che, nel caso in cui la citazione sia nulla e, a causa di tale nullità, il convenuto non si sia costituito in giudizio, “ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione”.

La nullità della citazione è imputabile unicamente al ricorrente (creditore).

Il Giudice, una volta acclarata tale nullità, dispone non già la cancellazione della causa dal ruolo, bensì la prosecuzione del processo.

Quindi, se al creditore viene data la possibilità di rimanere nel processo anche quando egli abbia erroneamente redatto l’atto di citazione, al medesimo dovrà essere riconosciuta la possibilità di vedere interrotto il termine di prescrizione nonostante che, per errore, si sia rivolto ad un Giudice incompetente.

 

Argomenti che farebbero propendere per la tesi secondo cui, quando il Giudice adìto è incompetente, la prescrizione non si dovrebbe interrompere, ragion per cui l’art.  2943 comma 3 c.c. dovrebbe essere considerato come illegittimo

1) In merito all’interesse ad agire di cui all’art. 100 cpc, la necessità che la domanda giudiziale sia animata da tale interesse, dovrebbe far sì che la stessa venga indirizzata al Giudice effettivamente competente a decidere: se ciò accade, la tutela che, con la domanda stessa si chiede di ricevere, potrà essere accordata, in caso positivo, con maggiore celerità rispetto al caso in cui invece la medesima domanda venga rivolta ad un Giudice incompetente, in quanto, in tale secondo caso, il proponente dovrà nuovamente fare ricorso (al Giudice competente), allungando pertanto i tempi entro i quali il suo diritto possa essere riconosciuto.

Quindi l’art. 2943 comma 2 c.c., nel prevedere che la prescrizione si interrompe anche se il Giudice adìto è incompetente, in realtà deresponsabilizza colui che agisce in giudizio, poiché lo libera dall’onere di verificare preventivamente la competenza del Giudice stesso, e quindi, con essa, la “utilità” della propria domanda giudiziale. Tale norma, pertanto, finisce con lo svuotare di rilevanza quell’ interesse che invece l’art. 100 cpc concepisce quale condizione di procedibilità dell’azione.

2) L’art. 306 cpc prevede che “il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione”.

La rinuncia agli atti del giudizio è l’opposto della proposizione della domanda giudiziale: nel primo caso, si dimostra di non aver più interesse al giudizio e quindi alla tutela dei propri diritti; nel secondo caso, si dimostra di desiderare questa tutela.

La rinuncia fatta dal creditore alla prosecuzione del giudizio deve essere accettata dal debitore, il quale potrebbe aver interesse a chiedere a sua volta che il Giudice condanni il creditore a compiere una determinata attività (domanda riconvenzionale). Pertanto la rinuncia, per produrre effetti, ha bisogno dell’adesione da parte del debitore, come se si trattasse di un contratto.

Viceversa, la proposizione della domanda giudiziale non deve essere accettata dalla controparte (in tal caso, dal debitore) in quanto, afferendo all’esercizio del diritto costituzionale di difesa, è nella piena ed esclusiva disponibilità di chi la propone. Il fatto che la domanda giudiziale non necessiti del benestare del debitore, implica che il creditore ha, oltre che l’esclusiva disponibilità dell’azione, anche la esclusiva responsabilità di quest’ultima, intesa come obbligo di formularla secondo le forme ed i modi previsti dalla legge, e cioè, nella fattispecie, indirizzandola al Giudice che la legge stessa individua come competente.

3) Ai sensi dell’art. 1227 c.c., “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza”.  In sede processuale la tutela risarcitoria subisce una diminuzione nel caso in cui il creditore non abbia utilizzato la diligenza richiesta per evitare o comunque limitare il più possibile il danno sofferto. Quindi in tale sede il creditore subisce una sorta di “sanzione” per non aver adottato, sul piano sostanziale e cioè nell’ambito del rapporto contrattuale, un comportamento diligente, improntato all’adeguata cura dei propri interessi. Tale sanzione dovrebbe allora essere irrogata – sotto forma di mancata interruzione della prescrizione – al creditore il quale, nel proporre la domanda giudiziale, si sia rivolto ad un Giudice incompetente, in quanto egli, così facendo, ha, indirettamente, già subìto un danno, consistente nel non aver potuto proseguire il processo, ma, è questo il punto, non lo ha proseguito esclusivamente per sua negligenza (ossia il non aver capito che si stava rivolgendo ad un Giudice incompetente), e non per colpa del debitore.  Pertanto il danno, così come nel caso dell’art. 1227 c.c., è imputabile esclusivamente a lui.

4) L’art. 2938 c.c. prevede che “il giudice non può rilevare d'ufficio la prescrizione non opposta”: il debitore, se vuole far accertare che il diritto del creditore è prescritto, lo deve segnalare, non potendo egli attendere che sia il Giudice ad accertarlo.

Pertanto, quello di far valere la prescrizione, è un vero e proprio onere per il debitore, onere che non può essere sostituito da un accertamento di ufficio.

Allora, se per il debitore è un onere far valere la prescrizione, per il creditore dovrebbe essere un onere quello di interrompere la prescrizione, ma di interromperla nei modi di legge, ossia rivolgendosi al Giudice competente: come il Giudice “non può salvare”, mediante accertamento di ufficio, il debitore il quale abbia omesso di dichiarare che il credito è prescritto, allo stesso modo il Giudice “non può salvare”, mediante il meccanismo dell’interruzione della prescrizione, il creditore il quale abbia omesso di rivolgersi al Giudice effettivamente competente.