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Genitorialità per le coppie omoaffettive: passi in avanti in tema di maternità surrogata?

Cenni alle riflessioni giuridiche in materia di fecondazione e maternità surrogata che sorgono sulla scorta del contesto storico e biogiuridico attuale
genitorialità e coppie omoaffettive
genitorialità e coppie omoaffettive

Indice

1. Coppie omoaffettive femminili: in Italia la fecondazione eterologa è possibile?

2. Coppie omoaffettive maschili: la maternità surrogata

3. Il best interest of the child: la soluzione dell’adozione in casi particolari

4. Lo strumento dell’adozione in casi particolari può dirsi rappresentare l’unica strategia perseguibile?

5. L’ipotesi della applicazione differenziale del principio di ordine pubblico

6. Conclusioni

 

In tema della genitorialità per le coppie omoaffettive, molte sono le questioni giuridiche che sorgono sulla scorta del contesto storico e biogiuridico attuale, in cui sovente trovano applicazione le pratiche di procreazione medicalmente assistita (PMA) di cui alla Legge n. 40/2004.

La PMA involge diverse tecniche, distinguibili a seconda della complessità e/o dell’invasività, tra le quali si rinvengono la fecondazione medicalmente assistita e la maternità surrogata.

 

Coppie omoaffettive femminili: in Italia la fecondazione eterologa è possibile?

La fecondazione medicalmente assistita si sostanzia in quella tecnica medico-chirurgica utilizzata per favorire il concepimento in “coppie di eterosessuali, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”, in cui il concepimento spontaneo non sia possibile e ciò sia “certificato da atto medico” (artt. 4 e 5 L. 40/2004).

La fecondazione assistita si distingue, altresì, in omologa, là dove i gameti provengano dalla coppia, ed eterologa, ove uno dei gameti sia esterno alla coppia.

Il ricorso a quest’ultima tipologia nel nostro ordinamento è esclusa, salvo il caso in cui ad uno dei membri della coppia sia stata diagnosticata una patologia causa di sterilità irreversibile (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 162/2014).

Sulla scia di siffatta apertura, si insinuano le prime questioni di costituzionalità circa l’ammissibilità interna della fecondazione eterologa per le coppie omoaffettive (chiaramente femminili).

Ad ogni modo, il giudice delle leggi nega tale possibilità, chiarendo che la Legge n. 40/2004 non sia animata dal tutelare il desiderio di genitorialità in termini assoluti, bensì dal gestire un’eventuale situazione di infertilità patologica e non quella d’infertilità fisiologica delle coppie omoaffettive.

Posta la imperseguibilità di tale strada, le coppie omoaffettive femminili si registrano optare per l’espletamento all’estero della pratica di fecondazione assistita di tipo eterologo.

 

Coppie omoaffettive maschili: la maternità surrogata

Per le coppie omoaffettive maschili, invece, in cui almeno uno dei due voglia e/o possa vantare un legame biologico con il nato, da cui la distinzione tra genitore biologico ed intenzionale, è obbligata la strada della maternità surrogata o gravidanza per altri (GPA).

Per GPA si intende una varietà di situazioni in cui una donna, per spirito solidaristico o dietro corrispettivo, intraprende e porta a termine una gravidanza con l’intento di affidare il nascituro, all’atto della nascita, a terzi.

Simile pratica, tuttavia, nel nostro Paese non solo è vietata, ma costituisce reato ai sensi dell’art. 12 comma 5 della Legge n. 40/2004, al fine di tutelare in maniera pregnante la dignità della donna, svilita da un asservimento e/o da una mercificazione di tal fatta.

Nel panorama internazionale, però, si registrano sul tema approcci meno limitativi: ad esempio, la GPA è consentita in Albania (a pagamento e per gli stranieri), in Portogallo (altruistica e per coppie eterosessuali infertili), ovvero nel Regno Unito (altruistica e per i cittadini britannici).

Alla descritta apertura al di fuori delle mura nazionali segue lo svilupparsi di un fenomeno di cd. “mobilità riproduttiva”, che sposta inevitabilmente l’asse del dibattito dal piano della legittimità interna della pratica, da alcuni sostenuto ma solo nella forma altruistica, a quello della gestione degli effetti, trovandosi i giudici nazionali davanti al fatto compiuto di un minore cui garantire la continuità affettiva e di status, quali elementi imprescindibili dell’identità personale.

 

Il best interest of the child: la soluzione dell’adozione in casi particolari

Importanza centrale assume, allora, il superiore interesse del minore, valore capitale introdotto a partire dall’art. 3 della Convenzione di New York del 1989, che ne dichiarava il preminente rilievo in tutte le decisioni afferenti il fanciullo, principio costituzionalmente e convenzionalmente garantito, nonché baluardo dell’intervento ad opera della legge riformatrice n. 219/2012 che ha sancito l’unicità dello stato giuridico di figlio.

A ciò aggiungasi l’espresso monito europeo alla predisposizione, nell’ipotesi in discorso, di una “tutela sufficiente per l’interesse del minore”, che rispecchi i caratteri dell’effettività e della celerità. La via designata dagli interpreti è quella dell’adozione in casi particolari (artt. 44 e ss Legge n. 184/1983), per risolvere le cui criticità è intervenuta la Corte Costituzionale, sancendo l’idoneità della stessa non solo ad ingenerare un rapporto di filiazione tra l’adottato e gli adottanti, ma anche a far sorgere un vincolo di parentela tra l’adottato e la famiglia degli adottanti ai sensi dell’art. 74 c.c., attestando il definitivo tramonto del dogma dell’esclusività della famiglia (cfr. sentenza n. 79/2022). 

 

Lo strumento dell’adozione in casi particolari può dirsi rappresentare l’unica strategia perseguibile?

Se lo strumento dell’adozione in casi particolari possa dirsi rappresentare l’unica strategia perseguibile è il sostanziale interrogativo sotteso all’ordinanza n. 1842 del 21 gennaio 2022, con cui la prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per sottoporre alle Sezioni Unite la soluzione interpretativa inerente al riconoscimento, per il tramite degli strumenti della delibazione e della trascrizione, del legame di filiazione tra genitore intenzionale e minore nato da maternità surrogata.

A favore della perseguibilità sospinge il rilievo che con la delibazione non si recepirebbe nell’ordinamento interno l’accordo di maternità surrogata ma, piuttosto, l’atto di assunzione di responsabilità genitoriale da parte del genitore intenzionale che ha deciso di essere coinvolto, prestando il suo consenso, nella decisione del partner di ricorrere alla pratica della maternità surrogata.

La trascrivibilità di quest’utimo atto non tutelerebbe certo un preteso diritto alla genitorialità, quanto l’interesse del minore a veder riconosciuti quel fascio di doveri in capo ai genitori che hanno condiviso il progetto procreativo.

In tal modo, si darebbe quell’indispensabile continuità allo status filiationis del minore, già riconosciuto nel Paese natale, senza mettere in discussione l’illiceità della pratica nel nostro ordinamento.

Tuttavia, il divieto di ordine pubblico alla maternità surrogata impedisce, in via automatica, il ricorso agli strumenti in parola.

 

L’ipotesi della applicazione differenziale del principio di ordine pubblico

Una materia delicata come quella in questione, in effetti, richiederebbe una valutazione ben ponderata di tutti gli elementi del caso concreto, all’esito della quale, poi, scrutinarne la relativa compatibilità con l’ordine pubblico.

I valori alla base della detta proibizione, come anzi accennato, sono essenzialmente due: la dignità della donna e la preservazione dell’istituto dell’adozione.

Ebbene, quanto al primo, non si può trascurare la circostanza che una donna possa decidere – in maniera libera, consapevole e revocabile (sino all’evento della nascita) – di condurre una gravidanza per altri per mero spirito altruistico. Non si può escludere in termini assoluti, ad esempio, che la madre gestazionale sia mossa da amicizia nei confronti della coppia “committente”, volendo compiere un mero atto di generosità, che esprime di per sé una solidarietà sociale valorizzata ai sensi dell’art. 2 della Cost.

In dette condizioni, sembrerebbe illegittimo un preconcetto diniego del riconoscimento del provvedimento straniero attestante lo status filiationis, in quanto non riscontrabile alcun vulnus alla dignità della gestante. Peraltro, il riconoscimento in parola lascerebbe impregiudicata l’efficacia dissuasiva del divieto di cui all’art. 12 Legge n. 40/2004.

In ordine alla salvaguardia dell’adozione, quale istituto di filiazione giuridica alternativo alla filiazione biologica, giova evidenziare che l’eventuale riconoscimento in dibattito non ne eliderebbe la rilevanza differenziale, ma consentirebbe al minore la conservazione dello stato giuridico di figlio senza soluzione di continuità.

Peraltro, la questione interferisce anche con il principio di indisponibilità dello status, anch’esso sotto indagine evolutiva, stante il necessario consenso del genitore biologico all’adozione in casi particolari del minore da parte del genitore d’intenzione. Sulla scorta di quanto sopra, appare dunque predicabile l’esclusione operativa del limite dell’ordine pubblico nei casi in cui la madre surrogata abbia liberamente e consapevolmente scelto di portare avanti la gravidanza per altri, senza la previsione di contropartite economiche.

 

Conclusioni

Allargando le maglie della ricerca, in termini generali, altresì, non si può negare che l’evoluzione giuridica in punto di maternità surrogata, seppur lenta, frammentaria ed osteggiata, sia prossima ad una maturazione tale da richiedere un intervento incisivo del legislatore, auspicabilmente volto ad adeguare il diritto al dato fattuale e non viceversa.

La paventata portata differenziata del limite dell’ordine pubblico suesposta, infatti, vuol rappresentare solo una species del genus delle ipotesi di apertura prospettabili e su cui appare opportuno indagare.

Non possono tacersi, per vero, alcune recenti proposte di legge sul tema che si muovono nella direzione diamentralmente opposta a quella esaminanda, presentando l’ampliamento dei limiti di applicazione della legge penale italiana ai fatti commessi all’estero in relazione alle fattispecie di surrogazione di maternità (e di commercializzazione di ovuli e gameti). Anche detta spinta contraria, tuttavia, disvela la rilevanza della tematica, tradendo una ritrosia simile a quella diffusasi nel periodo precedente all’emanazione della Legge n. 76/2016, recante la “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (cd. Legge Cirinnà).