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Referendum eutanasia: il diritto di lasciarsi morire

Marina di Ravenna
Ph. Ermes Galli / Marina di Ravenna

Il 14 settembre 2013 veniva presentata la proposta di legge d’iniziativa popolare “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”. Sono trascorsi otto anni di sostanziale immobilismo nonostante le sollecitazioni e gli interventi della Corte costituzionale. La politica del decidere di non decidere è continuata imperterrita ed ora finge di svegliarsi perché pungolata dal referendum.

 

“Il diritto di continuare a vivere non può diventare un dovere, il diritto alla vita non equivale a una coercizione a vivere” (Hans Kung).

Nel nostro ordinamento è riconosciuto il diritto di lasciarsi morire e chi afferma il contrario appare offuscato da precetti religiosi che, se pur rispettabili per i credenti, non possono e non devono imporsi, per tutti gli altri, in uno stato che si dice laico.

Non mi nascondo e chiarisco subito il mio punto di vista: la Chiesa può far sentire la sua voce, ma non può pretendere di imporre il suo credo.

L’intervento della Presidenza Cei con la nota del 18 agosto scorso, esprime “grave inquietudine” per “la raccolta di firme per il referendum che mira a depenalizzare l’omicidio del consenziente, aprendo di fatto all’eutanasia nel nostro Paese. Chiunque si trovi in condizioni di estrema sofferenza va aiutato a gestire il dolore, a superare l’angoscia e la disperazione. Non a eliminare la propria vita”. Con queste parole si oppone, al diritto di autodeterminarsi e alla sua evoluzione, la visione religiosa che potrà guidare i credenti ma non può limitare la libera e consapevole scelta di lasciarsi morire degli “altri”.

Invocare l’aiuto di terzi a chi si trova in “condizioni di estrema sofferenza” è un gesto di intromissione nella libertà di autodeterminarsi. Come non ci può essere un terzo a decidere se una persona deve morire non può essere un terzo che decide se una persona non deve lasciarsi morire.

L’idea che le “persone sofferenti” debbano essere “aiutate” in caso di libera e consapevole scelta di lasciarsi morire è l’emblema di una concezione autoritaria-religiosa di limitazione del principio laico della dignità della persona.

La dignità della persona si riferisce alla tutela dei più deboli ed anche la morte senza inutili sofferenze deve essere considerata una forma di tutela. Il principio della dignità è richiamato dagli articoli 3 comma 1, 36 comma 1 e 41 comma 2 della Carta costituzionale.

Il principio dell’autodeterminazione che si esplica con una scelta consapevole e libera da condizionamenti, è il fulcro del discrimine della discussione in materia di eutanasia. Come sottolinea il prof. Valerio Onida, la volontà della persona è il principio cardine in materia.

In merito, sono illuminanti le considerazioni espresse il 29 ottobre 2020 alla Camera dei deputati, avanti la Commissione Affari Sociali, in materia di rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia, da Valerio Onida, professore emerito di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano, già presidente della Corte costituzionale e da Michele Ainis, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli studi Roma Tre. Si allega il file degli interventi completi dei professori Valerio Onida e Michele Ainis (XVIII Legislatura - Comunicazione - Archivio di Prima Pagina Liceità dell’eutanasia, audizione di Onida e Ainis)

Le riflessioni di Onida e Ainis sono condivisibili e segnano una svolta in materia di rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia.

Eluana Englaro, Giovanni Nuvoli, Luca Coscioni e Piero Welby sono tra le storie che hanno particolarmente sensibilizzato l’opinione pubblica sulla possibilità di poter scegliere, in determinate condizioni, una morte opportuna invece che imposta nella sofferenza.

I tanti processi e l’intervento della Corte costituzionale non hanno scalfito la politica del decidere di non decidere.

Oggi, il quesito referendario che ha raggiunto le 750.000 firme chiede ai cittadini di scegliere.

Il quesito referendario:

“Volete voi che sia abrogato l’articolo 579, comma 1 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398, limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni.», comma 2 dell’articolo integralmente, comma 3 dell’articolo limitatamente alle parole «Si applicano»?”

Questi gli effetti abrogativi del referendum:

Articolo 579 c.p. e relative abrogazioni referendarie.

 “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con (la reclusione da sei a quindici anni.

Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.

Si applicano) le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:

1. contro una persona minore degli anni diciotto;

2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;

3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

Il referendum vuole abrogare parzialmente la norma penale che impedisce l’introduzione dell’Eutanasia legale in Italia. L’omicidio del consenziente, infatti, non è altro che un reato speciale (rispetto a quello di portata generale di cui all’articolo 575 codice penale sull’omicidio) inserito nell’ordinamento per punire l’eutanasia.

Con questo intervento referendario l’eutanasia attiva sarà consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni.

Per quanto riguarda, invece, condotte realizzate al di fuori delle forme previste dall’ordinamento sarà applicabile il reato di omicidio doloso (articolo 575 codice penale).

L’eutanasia attiva è vietata dal nostro ordinamento sia nella versione diretta, in cui è il medico a somministrare il farmaco eutanasico alla persona che ne faccia richiesta (articolo 579 codice penale omicidio del consenziente), sia nella versione indiretta, in cui il soggetto agente prepara il farmaco eutanasico che viene assunto in modo autonomo dalla persona (articolo 580 c.p. istigazione e aiuto al suicidio), fatte salve le scriminanti procedurali introdotte dalla Consulta con la Sentenza Cappato.

Forme di eutanasia c.d. passiva, ovvero praticata in forma omissiva, cioè astenendosi dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze, sono già considerate penalmente lecite soprattutto quando l’interruzione delle cure ha come scopo di evitare il c.d. “accanimento terapeutico”.

È però vero che molti casi ambigui creano condotte “complesse” o “miste” che non consentono spesso di distinguere con facilità se si tratti di eutanasia mediante azione od omissione e soprattutto pongono il problema di una possibile disparità di trattamento ai danni di pazienti gravi e sofferenti affetti però da patologie che non conducono di per sé alla morte per effetto della semplice interruzione delle cure.

Proprio al fine di non creare discriminazioni tra tipi di malati, emerge l’esigenza di ammettere l’eutanasia a prescindere dalle modalità della sua esecuzione concreta (attiva od omissiva).

Per questi motivi si prospetta efficace intervenire con questo referendum parzialmente abrogativo dell’articolo 579 codice penale. Questo per una duplice ragione: innanzitutto intervenendo su questo si può esplicitamente richiamare il concetto di eutanasia; secondo poi la Corte, essendo intervenuta nella sentenza Cappato sull’articolo 580 codice penale, può fare ricadere la disposizione come abrogata in una cornice normativa già delineata dalle sue pronunce in materia. La norma che residua, infatti, ha al suo interno l’espressione “col consenso di lui” il cui significato risulta coordinato alle leggi dell’ordinamento e agli interventi della Corte.

Secondo le più recenti rilevazioni statistiche, tre italiani su quattro, cioè molto più della metà della popolazione, sono a favore dell’eutanasia legale, per poter scegliere, in determinate condizioni, una morte dignitosa invece che imposta nella sofferenza.

Nell’ordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 2018, si indicava una strada al Parlamento: ognuno deve essere libero di decidere come morire.

Il comunicato stampa della medesima Corte costituzionale del 24 ottobre 2018 in merito alla stessa ordinanza recitava: “Nella camera di consiglio di oggi, la Corte costituzionale ha rilevato che l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la Corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale all’udienza del 24 settembre 2019”.

Trascorse l’anno e il Parlamento decise di non decidere, nell’inerzia legislativa si arrivò alla sentenza della Corte.

La Corte costituzionale decise il 25 settembre 2019: non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Non è, dunque, reato aiutare una persona a morire, se sussistono condizioni specifiche, e cioè la presenza di un male incurabile e la possibilità di vivere soltanto tramite macchinari salvavita, uniti alla ferrea volontà della persona di interrompere la propria esistenza.

Oggi aspettiamo il referendum che permetta ai cittadini di decidere in maniera consapevole, senza le preclusioni ideologiche che hanno fermato il Parlamento.

Per completezza di informazione riportiamo il testo base licenziato il 6 luglio 2021, dalle Commissioni parlamentari riunite, in tema di Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia: il Link.