Per un pugno di vitalizi! Un’analisi eretica sulla nomina del Capo dello Stato

Se la nomina di Draghi fosse stata oggettivamente preferibile ad ogni altra, l’interesse al vitalizio avrebbe dovuto recedere
Quirinale
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Per un pugno di vitalizi! Un’analisi eretica sulla nomina del Capo dello Stato


I. Il microcosmo giuridico-esistenziale

  1. «Hypotheses non fingo» (non invento ipotesi). Così nel 1713 si schermiva il sommo I. Newton, per affermare che egli poteva descrivere la legge di gravitazione generale, ma non era in grado di accertarne natura e causa. La dichiarata modestia dello scrivente gli consente invece di ‘inventare’, a scopo dialettico, la seguente schermaglia paragiudiziaria.

Avv. Cicero: Caro Collega, vero è che il mio illustrissimo Cliente ha promesso di acquistare un’unità abitativa a Roma, ma lo ha fatto sul presupposto che, completato il settennio, egli avrebbe dovuto abbandonare il Quirinale ed esercitare le funzioni di senatore a vita. Com’è noto, tale progetto si è infranto contro la volontà dei Grandi Elettori, i quali lo hanno convinto a restare in carica per un nuovo settennio, nel superiore interesse della Nazione. Perciò il mio illustrissimo Cliente, tornando al Quirinale, ha ragione di risolvere il contratto preliminare.

Avv. Simplicio: illustre Collega, nell’esclusivo interesse del promittente alienante,  osservo che:

A) egli si era rappresentato l’evenienza descritta, ma era stato oltremodo rassicurato dalle molteplici dichiarazioni ufficiali del promittente acquirente volte ad escludere – autorevolmente, categoricamente e motivatamente – l’accettazione, e la stessa ammissibilità, di un secondo incarico presidenziale;

B) tali dichiarazioni, provenienti  dal massimo Interprete e Garante della Costituzione, erano per altro avallate sul piano fattuale dalle immagini del trasloco di arredi e mobilio da Palermo a Roma: in sostanza proprio il Presidente aveva creato un granitico affidamento sulla non accettazione, e sulla stessa inammissibilità, di un secondo mandato;

C) così esclusa l’allegata presupposizione, neppure la ragion di stato può giustificare la pretesa risoluzione, dacché

a) i Grandi Elettori hanno optato per il secondo mandato ben prima della scadenza del primo (3 febbraio 2022) e dopo avere tentato, per alcuni giorni, di eleggere altre personalità al sommo incarico, rendendo così inverosimile l’asserita improrogabile urgenza;

b) la Costituzione democratica prevede che, al di fuori di eventi eccezionali (per esempio, stato di guerra) che legittimano la prorogatio del Primo Cittadino, i Grandi Elettori sono tenuti ad adoperarsi per fare confluire su una diversa persona il consenso nel quorum previsto;

c) i cittadini, cui spetta la sovranità, hanno ragione di attendersi che i propri rappresentanti (statali e regionali) non eludano i doveri che hanno assunto con l’elezione e  hanno il diritto di giudicarne la condotta: si chiama responsabilità politica!;

d) non è possibile ipotizzare ragionevolmente che, su una popolazione di circa sessanta milioni di abitanti, i Grandi Elettori non potessero individuare una personalità degna di assurgere a Capo dello Stato, sicché fosse realmente indispensabile reiterare il mandato al Presidente uscente.

Questa piattaforma, sebbene privatistica, delinea esattamente attese e speranze dei cittadini tutti, non solo del promittente alienante, e aspira a rappresentare correttamente il quadro istituzionale.


II. Il macrocosmo politico

  1. È stato proprio il Presidente Mattarella a nominare capo del Governo Mario Draghi, il quale forse fondatamente aspirava alla Presidenza della Repubblica. Ma la nomina di Draghi avrebbe comportato la formazione di un nuovo Gabinetto, con il pericolo piuttosto concreto che il neo eletto Presidente dovesse sciogliere le camere, impedendo ai grandi elettori parlamentari d’incassare il vitalizio. In tale situazione il civis sovrano si attendeva dai suoi rappresentanti che facessero prevalere l’interesse generale su quello privato. Se la nomina di Draghi fosse stata oggettivamente preferibile ad ogni altra, l’interesse al vitalizio avrebbe dovuto recedere. Il realismo della politica avrebbe potuto suggerire una soluzione intermedia, ma ottimale: non solo nominare Draghi Capo dello stato ma concordare previamente la formazione del nuovo governo, per impedire il temuto scioglimento delle camere.
  1. Che cosa è avvenuto invece? Si può ammettere che qualche partito, facendo corretto affidamento sulla reiterata rinuncia del Presidente, si sia adoperato realmente per la nomina di un nuovo Capo dello Stato. Ma qualunque tentativo in questo senso è stato azzerato dalla maggioranza degli elettori parlamentari, i quali hanno preferito, con vari espedienti, la soluzione che assicurava la percezione del vitalizio, mediante la cristallizzazione dello status quo ante. Come dire che è prevalso l’interesse privato dei parlamentari su quello pubblico; del che gli elettori dovranno conservare memoria. D’altronde in tal modo lo stesso Draghi, oggettivamente sconfitto nell’agone per la Presidenza della Repubblica, resta Capo del Governo, potendo riproporre in futuro le proprie aspirazioni. In termini civilistici si è consumata la Somma Mediazione tra interessi privati.


III. Gli esiti

  1.   Si va consolidando una prassi costituzionale per cui il secondo mandato presidenziale è ammesso senza limiti temporali (in questo caso fino al 2029) e non è escluso che, in analoghe situazioni, sia addirittura rinnovabile (in questo caso fino al 2036), usque ad mortem, fatte salve le dimissioni. È compromessa la forma di stato parlamentare e repubblicana. Aveva ragione Carl Schmitt quando proclamava che “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”?
  1. Quanti sono gli ‘apoti’, cioè gli elettori in grado di leggere tra le righe di una comunicazione mediatica tanto ricca di spot quanto povera di contenuti critici? Certamente pochi ed essi dimenticheranno presto. Se a volte si cambia tutto per non cambiare niente, quale evoluzione positiva, quale sviluppo, quale ‘superamento’ (l’Aufhebung della filosofia hegeliana), quale progresso democratico può scaturire dalla deliberata e interessata stasi e dall’«eterno ritorno»? E se i parlamentari inseguono vittoriosamente soltanto il proprio interesse patrimoniale, come potranno esigere dai cittadini la cultura dell’interesse comune, fondamento dello Stato? 
  1. Neppure è certo che il Governo e i partiti ne escano rafforzati. Neppure è vero che tutto è rimasto immutato: la disfatta istituzionale è invece conclamata.