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Foto di Draghi con bimbi festanti: retorica e servilismo

Le immagini arrivateci da Sommacampagna sono inquietanti non soltanto perché hanno evidenziato l’alterigia dei governanti e il loro ridicolo senso di superiorità
Mario Draghi
Mario Draghi

Foto di Draghi con bimbi festanti: retorica e servilismo


Il pezzo di Matteo Milanesi sul premier Mario Draghi che, visitando una scuola veneta, ha ignorato le sue stesse disposizioni ha evidenziato come il presidente del Consiglio sembri talvolta lasciarsi ispirare dal Marchese del Grillo. Se gli uomini di potere dettano le loro volontà, non è certo perché essi debbano rispettarle.

Le immagini arrivateci da Sommacampagna sono però inquietanti non soltanto perché hanno evidenziato l’alterigia dei governanti e il loro ridicolo senso di superiorità. Esaminare quelle fotografie, infatti, ci costringe pure a ricordare che ancora adesso, quando siamo per lo più tornati a vivere normalmente, i nostri ragazzi sono costretti a portare quella mascherina che si fa sempre più logora, inutile, perfino dannosa. In aula, per ore i giovani respirano la loro anidride carbonica e tutto questo sulla base dell’argomento che in tal modo essi eviterebbero la diffusione di un virus ormai assai poco pericoloso. Senza dimenticare che il Covid-19 non hai rappresentato un serio problema per soggetti molto giovani e in normali condizioni di salute.

Non solo i “signori” del Palazzo fanno una vita e i “plebei” un’altra, ma noi adulti siamo ormai affrancati mentre ai ragazzi si continua a imporre – per giunta in settimane tanto calde e afose! – il supplizio di questo orpello che taluni utilizzano per strada soltanto per esibire il loro presunto civismo: la loro superiorità di cittadini ossequiosi di fronte alle direttive dei governanti.

C’è poi un’altra questione, ancor più inquietante. Quelle fotografie ci mostrano bambini di varie età con un tricolore in mano, chiamati a esibire un entusiasmo non sappiamo quanto sincero. Lo stile ricorda la Corea del Nord oppure, per restare nei nostri lidi, le periodiche visite del Duce nelle scuole del Regno d’Italia durante il Ventennio fascista. Un simile fanatismo ideologico, che forza ognuno di noi a riconoscersi in simboli che legittimamente possono apparire disgustosi, è sullo stesso piano di un fondamentalismo che volesse imporre a chiunque questa o quella pratica religiosa.

È davvero laico uno Stato che pretende che ogni studente debba condividere questo nazionalismo, a dispetto del fatto che esiste un fil rouge che collega il Risorgimento, le conquiste coloniali, le grandi guerre, la Resistenza e quanto è venuto dopo?

Tali tremende fotografie ci ricordano a cosa serve davvero il Ministero dell’Istruzione, che da un secolo e mezzo è lo strumento con cui i ceti dominanti manipolano giorno dopo giorno le menti e i cuori delle nuove generazioni. Quelle bandierine tricolori agitate dagli scolari devono farci paura, perché lo sventolio è parte di un programma di brainwashing volto a costruire sudditi, contribuenti e – naturalmente – anche soldati.

La retorica nazionalista, a base di capi politici e drappi tricolori, ci accompagna da troppo tempo: fin dall’epoca che ha trascinato l’intero paese in sanguinosi e ingiustificabili conflitti mondiali.

Oggi l’igienismo di Stato è usato dai governanti per ampliare il loro controllo su di noi, ma chi comanda sa bene come i vecchi drappi che hanno accompagnato la drammatica storia della penisola negli ultimi centocinquant’anni possono servire ancora oggi. Pochi sono consapevoli che la retorica sciovinista ha costruito quelle trincee in cui molti nostri nonni e bisnonni hanno perso la loro vita; e certo questo non lo sanno i bambini, a cui viene insegnato a essere buoni e dunque obbedienti.

Mezzo secolo fa Edoardo Bennato scrisse una canzone, In fila per tre, nella quale sottolineava come la scuola di Stato servisse “ad amare la patria e la bandiera”, raccontandoci che “noi siamo un popolo di eroi e di grandi inventori / e discendiamo dagli antichi Romani”. Il sistema educativo si rivolge in tal modo al giovane: “farò di te un vero uomo / ti insegnerò a sparare, ti insegnerò l’onore / ti insegnerò ad ammazzare i cattivi”. Alla fine di questo processo di manipolazione, ricatti e promesse, l’esito è chiaro: “ora sei un uomo e devi cooperare / mettiti in fila senza protestare / e se fai il bravo ti faremo avere / un posto fisso e la promozione”.

Retorica, violenza, clientelismo e servilismo: quelle bandiere che i bambini sono stati costretti ad agitare simboleggiano tutto questo. E di fronte a un simile spettacolo è più che legittimo avvertire forti conati di vomito.