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Sì vax vs no vax: come uscire dalla guerra civile

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Uno dei tratti caratteristici dell’età moderna è il diffondersi dei conflitti interni, quali conflitti ideologici.

Uno studioso come Roman Schnur ha parlato, non a caso, di una guerra civile mondiale (in “Rivoluzione e guerra civile”, del 1983), sottolineando come da molto tempo ovunque si possano trovare persone e realtà organizzate che sono su un lato della barricata e, al tempo stesso, altre schierate contro di loro.

Anche quando il controllo politico del mondo era definito da rigide logiche geografiche – a un Occidente democratico si opponeva un Oriente comunista – era possibile trovare numerosi sostenitori occidentali di progetti marxisti (variamente stalinisti, maoisti, castristi ecc.) e, dal lato opposto, dissidenti impegnati a realizzare una trasformazione del loro Paese in senso liberale. In un contesto totalmente differente, oggi ci troviamo entro un’altra guerra clandestina.

Da un lato, infatti, abbiamo quanti sono mobilitati contro l’obbligo vaccinale, contro quella nuova forma di schedatura che è il green pass, contro l’emergenzialismo di una politica che s’è compiutamente appropriata del diritto; dall’altra parte dello schieramento, invece, c’è chi è schierato con il governo e con la sua gestione “partecipativa” dell’epidemia, volta a fare leva sulla propaganda mediatica e su una compiuta demonizzazione di chiunque avanzi obiezioni.

Quella con cui siamo costretti a fare i conti, allora, è una ben strana guerra civile.

Le fratture interne alle famiglie, l’avvelenarsi degli ambienti lavorativi e le difficoltà crescenti che conoscono anche persone legate da profonda amicizia sono state infatti generate dal tono capolaresco di un potere statale che, giorno dopo giorno, ha attribuito a una parte della comunità il ruolo di “capro espiatorio”. E che lungo questa strada – grazie anche al contributo di media quasi sempre assai servili – ha sostenuto e continua a sostenere che le piazze del sabato sarebbero riempite da violenti, fascisti e terrapiattisti. In poche parole, dai “nemici del popolo”.

Non c’è nulla di sorprendente in tutto questo.

Ogni politica demagogica ha bisogno di un cattivo assoluto: può trattarsi di volta in volta dell’ebreo, del capitalista, dell’evasore. In questo caso è il no-vax, che in quanto disubbidiente può essere accusato di non partecipare alla lotta comune contro il male. E non a caso quanti sono scettici di fronte alle politiche governative (o anche solo intendono evitare l’attuale espansione del potere, che sta dissolvendo ogni libertà individuale) sono considerati alla stregua di disertori in guerra: “renitenti” da condannare, in primo luogo, sul piano morale.

Da tutto ciò deriva che, come avviene in ogni guerra civile segnata dalla demonizzazione del prossimo, l’altro non è più riconosciuto nella sua umanità. E questo che fa sì che perfino le relazioni tra padre e figlio, madre e figlia, fratello e sorella e via dicendo possano entrare in crisi.

Le cose inizieranno a cambiare quando si comprenderà che tale conflitto sta peggiorando tutti.

In questo senso, il ceto politico-burocratico gioca davvero con il fuoco nel momento in cui nega ogni dignità a quanti, ad esempio, ritengono importante che vi siano cure domiciliari per chi si ammala di Covid oppure chiedono verità, e non omertà, sugli effetti avversi del vaccino (ciò che si può ottenere soltanto grazie a una farmacovigilanza attiva). Oppure ritengono che, poiché guariti, debbano poter evitare un vaccino che, se i loro valori anticorpali sono alti, potrebbe causare loro seri problemi di salute.

L’attacco senza posa ad alcune componenti della comunità di cui facciamo parte è funzionale alle logiche del potere, dato che tiene in vita questa dolorosa guerra civile.

Tale machiavellismo da quattro soldi, però, sta producendo una progressiva disgregazione della società, ed è normale che entro questo quadro i nuovi paria stiano provando – a fatica – a costruire una loro polis parallela: dove famiglie con bambini non vaccinati possano incontrare docenti espulsi dal sistema educativo, dove sanitari sospesi possano continuare a essere utili al prossimo, dove idee altrove censurate possano essere esaminate al tempo stesso con rigore e libertà.

Queste nuove catacombe sono importanti: perché sono spazi di umanità e sopravvivenza. È però urgente che chi sta da un lato e dall’altro della barricata capisca che in questo conflitto – come quasi sempre accade – tutte queste sofferenze non giustificano i presunti benefici. Perché questa trasformazione si compia, c’è allora bisogno di un radicale scetticismo nei riguardi dei governanti, che quasi sempre e quasi in ogni circostanza operano contro di noi, e non al nostro servizio.

Se un po’ tutti comprenderemo quanto cinico è il potere e come sia tossica la sua presenza all’interno della società, sarà più facile riuscire a intendersi sulle questioni (molto meno cruciali di quanto non sembri) riguardanti l’epidemia e la sconfitta della paura.

19 dicembre 2021