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Il Capo del Governo: una figura poco studiata

sul ruolo da conferire al Presidente del Consiglio
Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Il Capo del Governo: una figura poco studiata

Nel corso della storia repubblica, l’Esecutivo è stato più volte al centro di vivaci dibattiti. I giuristi della prima metà del Novecento rivolsero specifica attenzione all’incoerenza della forma di governo, alla lacunosità della sua azione, tralasciando di considerare la figura-chiave dell’organo in esame, il Presidente del Consiglio dei ministri. Il motivo dell’omesso potenziamento di tale soggetto è rinvenibile in Assemblea Costituente, dove si attribuirono al Primo Ministro sostanziali compiti di coordinamento e indirizzo politico, escludendo però che lo stesso potesse assumere un ruolo preminente in seno al collegio dei ministri. È opportuno precisare che le decisioni dei Costituenti furono influenzate dalla necessità di adottare un modello alternativo rispetto alla precedente esperienza fascista, che aveva visto la comparsa del “Regime del Capo del Governo” (Mortati, 1936).

In realtà, già la Sottocommissione “Problemi Costituzionali” riteneva non conveniente ammettere legislativamente la preminenza della figura in esame. Pertanto, l’art. 20 del progetto di Costituzione – elaborato dal Comitato dei relatori della seconda Sottocommissione, favorevole a valorizzare il ruolo del Presidente del Consiglio – era destinato a non trovare terreno fertile.

In particolare, la predetta proposta fu oggetto di un animato dibattito che vide contrapporsi due opposti approcci: il primo, appoggiato dagli Onorevoli Lussu, Tosato e Mortati, evidenziava l’esigenza di conferire al Presidente del Consiglio un peso costituzionale autonomo o comunque dominante rispetto agli altri Ministri, al fine di garantire la solidità all’Esecutivo; il secondo, che aveva negli Onorevoli Terracini e La Rocca i suoi principali promotori, era invece incline ad una soluzione collegiale. Tali indirizzi furono accostati da una proposta “intermedia” avanzata dall’On. Perassi: da un lato, si sostituiva l’espressione “è responsabile” riportata nella formulazione dell’art. 20 con il vocabolo “dirige”; dall’altro, si integrava l’art. 19 del progetto (“il Primo Ministro e i Ministri sono collegialmente responsabili della politica generale del Governo e ciascuno di essi degli atti di sua competenza”).

Il dibattito sul ruolo da conferire al Presidente del Consiglio, nonché sulla stesura della norma ad esso riservata, fu riaperto in Assemblea Costituente nel corso della discussione del progetto di Costituzione.  

In Aula furono bocciati sia l’emendamento del partito comunista mirante a sopprimere la figura del Primo Ministro, sia quello presentato dal partito socialista, che sottraeva allo stesso la responsabilità per la direzione della politica generale. Fu invece recepito l’emendamento Costa, che sostituiva l’espressione “Primo Ministro” con quella di “Presidente del Consiglio”.

Al termine della fase costituente, la dottrina, stimolata dalla vaghezza del testo costituzionale, predispose tre divergenti tesi sul modello di governo adottato in Costituzione. Il primo orientamento (Mortati, 1969) ammetteva la supremazia del Presidente del Consiglio (c.d. principio monocratico): egli costituiva il reale interprete dell’indirizzo governativo essendo responsabile della politica generale del Governo). Il secondo indirizzo (Capotosti, 1989) imputava al Consiglio dei Ministri la politica generale del Governo (c.d. principio collegiale), escludendo così che sia Presidente del Consiglio, sia i Ministri, potessero imporre un proprio programma politico. Infine, maggiore solidità presentava la terza linea interpretativa (Cheli, 1961), che negava sia la prevalenza del principio monocratico sia di quello collegiale rilevando la coesistenza di ambedue i principi nella norma costituzionale (art. 95 Cost.): da un lato, si accordavano alla figura in esame solo i poteri di coordinamento, direzione e promozione, e non di determinazione dell’indirizzo governativo; dall’altro, l’attribuzione allo stesso della responsabilità generale del Governo indeboliva la tesi contraria. Stando a quest’ultima, la normativa riservata al Presidente del Consiglio non precludeva la possibilità di optare per diverse soluzioni, in ragione del mutamento della situazione politica.

Oggi, la nomina della prima Premier donna in Italia riaccende l’interesse sulla figura oggetto di analisi.