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Luci e ombre sulla legge n. 400/1988

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Luci e ombre sulla legge n. 400/1988

Negli anni ’80 del XX secolo, l’omessa introduzione di una legge in grado di dare attuazione all’art. 95, comma 3, Cost. dipese dal peso assunto dai partiti politici, aventi diverse visioni sul ruolo e sulle funzioni del leader del Governo. In tale fase storica, infatti, la guida dell’Esecutivo fu influenzata dall’incidenza assunta in seno al Governo dai Ministri più rappresentativi dei partiti di coalizione. Sul versante strutturale, la Presidenza del Consiglio si palesava come un “grosso mastodontico gabinetto composto dai più svariati uffici, organizzati in ripartizioni e servizi” (R. Di Passio, 1976).

La storica legge n. 400/1988 diede attuazione all’art. 95, comma 3, Cost. Un primo motivo di successo di tale legge è rappresentato dalla sua stessa approvazione, come ammesso nella relazione al disegno di legge (n. 1911). Essa soddisfaceva due opposte esigenze: da un lato, definiva le funzioni e i poteri attribuiti al Presidente del Consiglio e agli altri organi governativi; dall’altro lato razionalizzava l’ingarbugliato quadro antecedente, delineando una più puntuale ripartizione delle attribuzioni. Con tale legge, la Presidenza del Consiglio diveniva una struttura di supporto del leader del Governo e non già del Consiglio dei Ministri; tale circostanza sciolse i dubbi dottrinali che per molti anni l’avevano circondata (A. Pajno, 2000).

Fino a tale momento storico, nessuno avrebbe mai potuto pensare che una legge ordinaria fosse capace di ribaltare da sola quel modello di “direzione plurima dissociata” (E. Cheli, V. Spaziante, 1977) che aveva contraddistinto il funzionamento dei Governi, con talune eccezioni.

La suddetta legge tenta di far convivere tre principi di sistema rinvenibili nell’art. 95 Cost. Innanzitutto, essa investe il principio collegiale, principio oppresso dal regime fascista (legge n. 2263/1925), ripristinato nel sistema di governo italiano con l’art. 95 Cost., ed infine attuato e regolamentato con la legge n. 400/1988 (“il Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e, ai fini dell’attuazione di essa, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa”). La predetta legge poi si occupa del principio monocratico, reso coerente con l’ordinamento democratico italiano sempre grazie all’art. 95 Cost., ove si ammette che “il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri”. Un principio “sfiorito” a causa dell’esaltazione dell’autonomia ministeriale: da qui, infatti, prese le mosse la trasformazione dei Governi in “feudi ministeriali”; tale situazione permase fino agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, iniziando così ad essere rivalutato. Infine, la legge n. 400/1988 considera il principio di autonomia ministeriale, enfatizzato all’epoca dello Statuto Albertino e incentrato su un’interpretazione restrittiva dei poteri della Corona. Tale principio, riapparso con la fine del regime fascista nell’art. 95 Cost., si è sovrapposto arrogantemente al principio monocratico, giovandosi delle regole del sistema politico e dei partiti innescate soprattutto dalle leggi elettorali proporzionali.

Per quanto concerne gli organi di governo, la legge n. 400/1988 accolse la regola in base alla quale il decreto di nomina del Presidente del Consiglio deve essere controfirmato dallo stesso. Particolare attenzione fu riposta alle attribuzioni della figura in esame: oltre a confermare il potere di promuovere l’attuazione della politica generale del Governo e di coordinare l’attività dei Ministri, la legge n. 400/1988 riconobbe al Presidente del Consiglio anche un potere di indirizzo, da attuarsi tramite l’emanazione di direttive politiche e amministrative.  

Con riguardo all’assetto organizzativo della Presidenza, la suddetta legge si contraddistinse per la previsione del Segretariato generale al cui vertice è preposto il Segretario generale, nonchè “il punto di convergenza di tutta l’organizzazione amministrativa della Presidenza del Consiglio” (P. Giocoli Nacci, 1995), ai fini dell’espletamento dei compiti e delle funzioni del Capo del Governo. A differenza del Segretario generale, il Sottosegretario di Stato non detiene una competenza generale, bensì “speciale”, considerato che alle proprie attribuzioni si accostano quelle delegate dal Presidente del Consiglio. Gli apparati amministrativi della Presidenza furono strutturati in uffici e in dipartimenti, in parte “fissi”, ossia già stabiliti per legge, oppure “eventuali”, cioè demandati al potere di organizzazione interna del Capo del Governo.

Un secondo motivo di successo concerne la decisione di disciplinare vitali aspetti dell’attività normativa dell’Esecutivo, come sottolineato in dottrina.   Nella legge n. 400/1988, infatti, affiora la presa di coscienza della rilevanza dei poteri normativi del Governo, oltre che della unitarietà degli stessi.

Un terzo motivo di successo attiene all’inclusione delle previsioni incluse nella legge in oggetto, all’interno di un quadro costituzionale segnato, circa la disciplina delle fonti normative, da deficit e incertezze. Appare opportuno ricordare come la legge n. 400/1988 (art. 17, comma 3), abbia disciplinato per la prima volta i regolamenti ministeriali.

Una parte della dottrina (G. Tarli Barbieri, 2018) scorge un quarto motivo di successo nell’esplicitazione di taluni profili concernenti l’identificazione delle fonti governative e il procedimento di formazione delle stesse.

Al contempo, tale legge presenta talune debolezze in termini di fragilità del contenuto. Critica è la previsione contenuta all’art. 14: il termine di venti giorni precedente alla scadenza della delega ai fini di un consapevole esercizio del potere di emanazione del Presidente della Repubblica è stato di frequente eluso. 

Occorre poi prendere atto del fatto che la conformazione della Presidenza come “apparato servente” mal si concilia con il mantenimento complessivo di tutti i compiti di carattere ministeriale tramandati da una normativa varia e sovrapposta.

In definitiva, la legge n. 400/1988 assume spessore esclusivamente ai fini dell’attuazione dell’art. 95, comma 3, Cost. La normativa della Presidenza del Consiglio è rivelata un apporto tecnico prezioso, non risultando però in grado di garantire l’efficacia dell’azione di Governo, poichè insufficiente a “cambiare d’un tratto situazioni consolidate da decenni né far immaginare scenari che non trovano riscontro nella realtà di ogni giorno” (L. Cuocolo, 1999).