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“Debito” fiscale e “Pretesa” tributaria non si equivalgono

L’accaduto in Commissione finanze alla Camera dei Deputati e la logica costituzionale
manovra finanziaria
manovra finanziaria

“Debito” fiscale e “Pretesa” tributaria non si equivalgono

Quel che è accaduto il 10 dicembre 2022[1] in Parlamento potrebbe essere di portata storica anche se passato in sordina.

Siamo nel periodo della c.d. “Manovra finanziaria” il cui d.d.l. è stato presentato dal Governo poche settimane fa dopo la bollinatura[2] della Ragioneria di Stato[3].

Sappiamo, quindi, che il disegno di legge in questione, dovuto in forza della Costituzione[4] e della legge 196/2009[5], porta con sé l’art. 46 che, sostanzialmente, ripete il contenuto dell’art. 4[6] del D.L. 119/2018 in materia di stralcio delle partite fiscali sotto euro mille.

Infatti, l’articolo del d.d.l. in questione prevede la cancellazione del debito fiscale solo ove risulti da “singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015”.

Il ché significa due cose:

  • un contribuente moroso per l’anno d’imposta 2012 per un debito di euro 500,00 si vedrà discaricato il tutto a fronte dell’eventuale affidamento in carico all’Agente della Riscossione;
  • un contribuente moroso per lo stesso anno d’imposta e per la stessa somma non si vedrà discaricato alcunché in caso di mancato affidamento in carico all’esattore.

A parte la disparità di trattamento evidente generata dalla norma così formata e licenziata da Palazzo Chigi (sia ora che nel 2018) c’è da fare un ragionamento ulteriore sul piano tributario.

L’essenzialità dell’affidamento in carico è richiamata nell’art. 17 del D.lgs. 46/1999, titolato “Entrate riscosse mediante ruolo”, tanto che la norma prescrive:

“1. Salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi,  e  di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici.

2. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la  riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali , nonché' quella della  tariffa  di  cui  all'articolo  156  del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Tale essenzialità, quindi, costituisce il requisito di differenziazione concettuale (ontologico-giuridica) tra debito e pretesa.

Il D.M. 321/1999[7], peraltro, è nato proprio per dare portata applicativa al come il ruolo, unico e vero titolo esecutivo[8] della procedura esattoriale ai fini della espropriazione forzata secondo l’art. 49[9] DPR 602/1973, debba venire ad esistenza.

In pratica, il debito fiscale per essere anche pretendibile (se usata la formula di cui agli artt. 17 D.lgs. 46/1999 e art. 49 DPR 602/1973 e non quella degli accertamenti esecutivi o degli avvisi di addebito ex artt. 29 e 30 del D.L. 78/2010 oppure ancora dell’ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910) deve vivere un susseguirsi di ulteriori attività amministrative da porsi in essere correttamente, ritualmente e legittimamente: si tratta di avere contezza dell’importanza dei c.d. ruoli sottoscritti e del predetto affidamento in carico all’esattore.

Quindi la successione delle vicende amministrative è in questi termini:

  • debito;
  • sottoscrizione del ruolo che così diventa atto esecutivo[10];
  • affidamento in carico;
  • emissione cartella esattoriale quale primo precetto[11] della procedura esecutiva.

Passaggi, quest’ultimi, che dovrebbero far comprendere come il debito fiscale, per essere pretendibile, deve compiersi in una vita amministrativo-tributaria insuperabile al fine di far nascere un vero e proprio “diritto all’esecuzione[12]” da parte dell’Agente alla Riscossione[13].

Tutte queste differenze esposte hanno la funzione di portarci all’attualità ovvero come la norma prevista all’art. 46 del d.d.l. Manovra di bilancio rischi di generare confusione, nella migliore delle ipotesi, e come accennato, nella peggiore delle eventualità, disparità di trattamento tra contribuenti (art. 3 Cost.).

Sta di fatto che nella seduta di Commissione permanente V alla Camera dei Deputati, con l’emendamento 41.1, la differenziazione tra debito fiscale e pretesa tributaria è emersa ed è stata implicitamente riconosciuta e/o, quantomeno, considerata.

La portata emendativa riguardava quanto appresso: “all'articolo 46, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione con le seguenti: sia se pretendibili in quanto risultanti da affidamento in carico esattoriale, sia se ancora non pretendibili in quanto non affidate dagli Enti impositori agli Agenti della riscossione”.

La proposta in questione non è stata dichiarata non meritoria, ma inammissibile per carenza di compensazione. Tale determinazione della Commissione parlamentare che, per l’effetto, riconosce implicitamente la bontà della proposta non potendola però accogliere per inesistenza di fondi a compensazione circa l’ipotesi di allargamento della misura (in riferimento sempre allo stralcio previsto dall’art. 46 del d.d.l. su richiamato).

In definitiva, anche se il ruolo è un atto interno dell’amministrazione quando è in veste di Ente impositore, ciò non vuol dire che sia sottratto (come atto-titolo esecutivo) all'esibizione, a relativa produzione giudiziale ed a tutte le dinamiche probatorie.

Ciò soprattutto dinanzi al fatto che il contribuente ha diritto sapere se esistono davvero i detti titoli ruoriali unitamente agli affidamenti in carico dato che si tratta, pur sempre, di attività che possono dare luce ad impugnabilità (art. 24 Cost. e art. 1 protocollo add.le CEDU Parigi 1952).

Il cittadino, in definitiva, deve potersi difendere dalla pretendibilità esattoriale potendo decidere, in ogni altro momento, di estinguere il proprio debito fiscale direttamente con l’Ente impositore.