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Una pietra miliare nel diritto giurisprudenziale nordico in materia di tutela dei Saami

Saami
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La Corte suprema (Högsta domstolen) della Svezia ha emanato, il 23 gennaio 2020, una importante decisione nella vertenza promossa dall’associazione Saami «Girjas», c.d. Girjas case. La sentenza di ultima istanza riforma parzialmente il decisum della Corte d’appello dell’Upper Norrland (Hovrätten for Övre Norrland) del 23 gennaio 2018; essa riprende invece e conferma quanto statuito in primo grado dalla Corte distrettuale di Gällivare (Gällivare tingsrätt) in data 3 febbraio 2016[i].

La controversia riguardava l’amministrazione dei diritti di caccia e di pesca[ii] da parte del villaggio (siida)[iii] Saami «Girjas», nella Svezia settentrionale. La relativa sentenza è molto interessante, poiché fa applicazione sia del diritto consuetudinario dei Saami che della Convenzione della Organizzazione internazionale del lavoro n. 169 del 1989 nonché della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni del 2007.

La vertenza, inclusa la fase pre-processuale, ha avuto una durata di oltre dieci anni, essendo iniziata nel 2009 con la contestazione della decisione, adottata dallo Stato svedese nel 1993, di attribuire alle autorità pubbliche la concessione dei permessi di caccia e pesca (di piccoli animali selvatici) nelle terre tradizionali della comunità Saami alle autorità statali. Gli indigeni Saami del villaggio locale «Girjas» chiedevano, invece, di amministrare in via esclusiva gli hunting and fishing rights nell’area del loro tradizionale insediamento. La richiesta dei Saami era fondata, per un verso, sulla Legge svedese sull’allevamento delle renne n. 437 del 1971[iv], e, per altro verso, sull’uso immemorabile (immemorial prescription), ovvero sulla «memoria antica» (sved. urminnes hävd)[v]. Lo Stato svedese si opponeva alla richiesta dei Saami, sostenendo che, in qualità di proprietario del suolo, spettava alle autorità pubbliche amministrare i diritti relativi alla caccia e pesca nell’area in questione. La decisione di primo grado aveva riconosciuto il diritto esclusivo in capo ai Saami circa i permessi de quibus, venendo tra l’altro criticata dall’associazione svedese dei cacciatori[vi], mentre la Corte d’appello aveva affermato che i Saami hanno un “better right” sul rilascio dei permessi in questione, ma non un diritto esclusivo[vii].

La sentenza della Corte suprema svedese[viii] è molto innovativa rispetto al “paesaggio” preesistente[ix]. Fino a ora, tanto nel diritto svedese quanto in quello norvegese, i diritti di caccia e di pesca dei Saami venivano considerati inclusi nelle Leggi sull’allevamento delle renne, rispettivamente del Regno di Svezia e del Regno di Norvegia[x]. Il punto è che i permessi per praticare caccia e pesca nelle terre di tradizionale insediamento dei Saami possono essere ottenuti anche da persone non-indigene. La competenza al rilascio di tali permessi era, nel caso de quo, oggetto di contestazione. Per i Saami, essa spettava alla comunità «Girjas». Per lo Stato svedese, la competenza era invece da attribuire alle autorità della Contea, come già stabiliva espressamente la Legge sull’allevamento delle renne del 1886[xi], con una disposizione, però, non riprodotta nell’attuale Legge del 1971.

La Corte suprema svedese ha accolto il ricorso dei Saami, riconoscendo fondata la loro argomentazione. In particolare, il diritto della comunità Saami di rilasciare i permessi di caccia e pesca anche ai non-indigeni si basa – secondo i supremi giudici svedesi – sia sul diritto consuetudinario indigeno che sulla Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 169 del 1989. Nell’opinione della Corte suprema, a nulla valgono, in senso contrario, eventuali previsioni esplicite o implicite desumibili dalla Legge sull’allevamento delle renne.

La Corte suprema svedese ha applicato in particolare, per risolvere la controversia de qua, l’articolo 8 della Convenzione OIL n. 169/89, che pone l’obbligo di riconoscere il diritto consuetudinario degli indigeni. La decisione svedese supera gli orientamenti della giurisprudenza norvegese, sebbene la Norvegia, a differenza della Svezia, abbia ratificato la Convenzione OIL. Come è potuto accadere ciò? Semplicemente i giudici svedesi hanno considerato le disposizioni convenzionali come espressione di principi generali del diritto internazionale, vincolanti per gli Stati anche in assenza di ratifica.

Parimenti, la Corte suprema del Regno di Svezia richiama l’articolo 26 della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni del 2007, il quale riconosce i diritti indigeni sulle terre e le risorse naturali. Ben diverso era stato l’orientamento della Corte suprema del Regno di Norvegia nel caso Nesseby del 2018, allorché i supremi giudici norvegesi avevano affermato che la Dichiarazione ONU, quale strumento di soft law, non pone vincoli giuridici per gli Stati[xii].

Per la Corte suprema svedese i diritti immemorabili degli indigeni vengono prima del diritto statale di amministrare i permessi di caccia e pesca. In senso opposto aveva, invece, statuito la Corte suprema norvegese, sia nella vertenza Nesseby innanzi ricordata che nel caso Stjernøya del 2016[xiii].

Nel ragionamento dei supremi giudici svedesi, gli indigeni esercitano i diritti sul territorio perlomeno dalla metà del Settecento, ossia in un’epoca nella quale non vi erano permessi rilasciati dallo Stato per la caccia e la pesca. Da qui l’anteriorità dei diritti indigeni rispetto a quelli dello Stato.

In conclusione, la decisione della Corte suprema svedese è di estrema importanza sotto il profilo della tutela e della promozione dei diritti degli indigeni Saami. Questo perché il diritto consuetudinario Saami ha caratteristiche sostanzialmente omogenee nei tre Stati nordeuropei (Norvegia, Svezia e Finlandia) dove essi vivono, oltreché naturalmente in Russia. Il fatto che sia stata accordata la prevalenza al diritto indigeno rispetto al diritto statale in Svezia lascia ben sperare per una analoga soluzione nei futuri svolgimenti della giurisprudenza nordeuropea, a partire dalla Norvegia che ha ratificato la Convenzione OIL n. 169/89, pur dando finora a essa limitata applicazione.

 

[i] Per alcune notazioni di commento alle decisioni di primo e secondo grado nella causa Girjas, v. R. Kuokkanen, Restructuring Relations. Indigenous Self-Determination, Governance, and Gender, New York, Oxford University Press, 2019, pp. 85-86. Sulla sentenza della Corte suprema, v.: H.-G. Bye, Girjas Sami Village Won Swedish Supreme Court Case. May Have Consequences in Other Countries, in High North News, 28-1-2020, www.hihjnorthnews.com; K. Maher, Historic Court Ruling Upholds Sami Rights in Sweden, nel webiste www.culturalsurvival.org, 14-2-2020; La Svezia restituisce agli indigeni Sami i loro diritti ancestrali, all'indirizzo https://europa.today.it, 25-1-2020.

[ii] Tema sul quale v. E. Torp, Sami Hunting and Fishing Rights in Swedish Law, in C. Allard, S.F. Skogvang (Eds.), Indigenous Rights in Scandinavia. Autonomous Sami Law, Farnham, Ashgate, 2015, p. 111 ss.

[iii] I villaggi (siidas) in Svezia sono complessivamente cinquantuno. L’espressione siida appartiene alla lingua Saami; nel diritto svedese si usa la parola sameby (villaggio Saami). In dottrina, v. M.N. Sara, Siida and Traditional Sámi Reindeer Herding Knowledge, in The Northern Review, primavera 2009, p. 153 ss.  

[iv] Sved. Rennäringslag del 1971, successivamente più volte modificata.

[v] Sul concetto chiave di «memoria storica» (o prescription from time) nella legislazione svedese sull’allevamento delle renne, v. E. Torp, The legal basis of Sami reindeer herding rights in Sweden, in Arctic Review on Law and Politics, 2013, p. 43 ss.; S. Engström, En hävdvunnen rätt - än sen? - Studie av begreppet "urminnes hävd" i svensk lagstiftning om renskötsel 1883 - 2006, Lund, Lund University Press, 2017 (testo in svedese). L’articolo 1 della Legge del 1971 sull’allevamento delle renne stabilisce che la base giuridica per il riconoscimento dei diritti dei Saami è rappresentato dalla «memoria storica».

[vi] Svenska Jägareförbundet. Nelle parole del portavoce dell’associazione, Hans Geibrink, «Temiamo che la nuova norma giocherà a nostro sfavore e con l’arrivo di cacciatori e pescatori sportivi dall’estero, disposti ad accettare le nuove condizioni, ci aspettiamo tariffe maggiorate rispetto alle tasse di concessione regionale» (v. Diritto venatorio e salvaguardia faunistica nella terra dei sami, nel sito Internet della Camera di Commercio Italo-Svedese Assosvezia, business network con sede a Milano, disponibile all’indirizzo https://assosvezia.it).

[vii] Cfr. la nota dal titolo Appeal court: Samis have ‘better right’ than Swedish state to control hunting and fishing on its land, nel webiste Eye on the Arctic, www.rcinet.ca, 24-1-2020.

[viii] Presieduta da Anders Eka, nominato Chief Justice (sved. Ordförande i Högsta domstolen) nel 2018. La decisione è stata adottata all’unanimità dai cinque giudici del collegio giudicante.

[ix] Su cui v. M. Mazza, L’allevamento tradizionale delle renne in Svezia: profili legali e giurisprudenziali, in Id., Aurora borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, p. 221 ss.

[x] Norv. Lov om reindrift del 2007, come emendata da ultimo nel 2016 (modificazioni vigenti dal 1° gennaio 2017). La Legge n. 40 del 2007 sostituisce l’omologa Legge n. 49 del 1978.

[xi] V. J. Strömgren, The Swedish State’s Legacy of Sami Rights Codified in 1886, in in C. Allard, S.F. Skogvang (Eds.), Indigenous Rights in Scandinavia. Autonomous Sami Law, cit., p. 95 ss.

[xii] Nella vertenza Nesseby, decisa dalla Corte suprema norvegese il 9 marzo 2018, i giudici hanno attribuito alle autorità pubbliche e non alle comunità Saami il diritto di regolamentare la pesca, la caccia e l’uso delle risorse naturali nella Contea del Finnmark (la quale dal 1° gennaio 2020 è stata unificata con la Contea di Troms, così da formare la nuova Contea di Troms og Finnmark). Sui diritti Saami nel Finnmark, sia consentito rinviare a M. Mazza, The Protection of Saami (Land) Rights in Finnmark: A Comparative Assessment, in G.F. Ferrari (Ed.), Two Centuries of Norwegian Constitution: Between Tradition and Innovation, The Hague, Eleven, 2015, p. 159 ss., seguito da E. Josefsen, S.U. Søreng, P. Selle, Regional Governance and Indigenous Rights in Norway: The Finnmark Estate Case, in T.M. Herrmann, T. Martin (Eds.), Indigenous Peoples’ Governance of Land and Protected Territories in the Arctc, Cham, Springer, 2016, p. 23 ss., nonché Ø. Ravna, Recognition of Indigenous Lands Through the Norwegian 2005 Finnmark Act: An Important Example for Other Countries with Indigenous People?, ivi, p. 189 ss.

[xiii] Nella causa Stjernøya, decisa il 28 settembre 2016, la Corte suprema della Norvegia ha escluso che i diritti di pascolo delle renne possano dare luogo a un diritto di proprietà delle terre sulla quale le renne vengono allevate dagli indigeni Saami, sia pure da tempo immemorabile. Stjernøya è un’isola della Contea del Finnmark, ora Contea di Troms og Dinnmark (v. la nota che precede). In particolare, i supremi giudici norvegesi hanno distinto, nel caso de quo, le fattispecie della proprietà, del possesso e del diritto di uso ex articolo 14 della Convenzione OIL n. 169/89, per concludere nel senso della esclusione della proprietà dei terreni rivendicati dagli indigeni.