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La riforma costituzionale russa del 2020: riflessi sulla condizione degli indigeni

riforma costituzionale russa
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La revisione costituzionale approvata in Russia[i] mediante referendum popolare («voto pan-russo»[ii], quasi-referendum[iii]) del 1° luglio 2020[iv] e vigente dal successivo 4 luglio[v], può essere evidentemente esaminata da una pluralità di punti di vista[vi]; quello che qui si intende privilegiare riguarda le ripercussioni sulla situazione giuridica dei popoli indigeni[vii].

Il processo di consultazione, che ha preceduto l’adozione finale degli emendamenti costituzionali, ha visto la presentazione di alcune proposte, talvolta provenienti dalle comunità degli indigeni. Per esempio, i rappresentanti del popolo indigeno dei Nenets[viii] avevano richiesto che, nel rinnovato testo costituzionale, trovasse posto l’esplicita menzione della protezione costituzionale della lingua aborigena, come pure dell’uso tradizionale delle risorse naturali nonché del rapporto “ancestrale” uomo-animale, con particolare riguardo all’attività consistente nell’allevamento delle renne. Questa proposta, però, non ha trovato accoglimento, al pari del resto di numerose istanze formulate dagli enti territoriali, in primo luogo dalle regioni.

Tra gli aspetti controversi, potenzialmente dannosi per i popoli indigeni, appare la nuova formulazione del primo comma dell’articolo 68 della Costituzione federale. Esso dispone che la lingua ufficiale della Federazione Russa è il russo, sull’intero territorio nazionale e con riguardo alla formazione delle persone, sia pure con la precisazione che la Russia costituisce una unione multinazionale di popoli posti su un piano di uguaglianza.

I popoli indigeni hanno tentato di contrastare l’adozione di questo emendamento, sostenendo che esso viola i princìpi di uno Stato federale democratico, con l’aggiunta che per tal modo si va verso la creazione di uno Stato unitario, nel quale una parte della popolazione (quella russofona) dispone di uno status privilegiato, mentre gli appartenenti ai popoli indigeni verrebbero collocati in una posizione deteriore e inferiore. Si è parlato, sotto il profilo in esame, di una politica antifederale perseguita dal Cremlino.

La posizione assunta dalle popolazioni aborigene della Russia del Nord e dell’Estremo Oriente non appare, tuttavia, omogenea. Se, infatti, il voto favorevole alla riforma costituzionale è stato di circa il 78 per cento[ix] a livello dell’intera Federazione Russa, presso alcune popolazioni indigene i contrari sono stati il 40 per cento, con punte del 55 per cento, mentre in altre aree i favorevoli sono stati addirittura il 97 per cento[x]. Sembra di capire che, da un lato, gli indigeni non appoggiano la riforma, ma, dall’altro lato, sono timorosi delle istituzioni, che comunque applicheranno le norme riformate. Ad ogni modo, resta il fatto che nel Circondario autonomo dei Nenets i «no» hanno raggiunto il 58,36 per cento, che rappresenta il livello più elevato di opposizione e dimostra il malcontento degli indigeni (almeno, della maggioranza di essi) rispetto alla riforma costituzionale[xi].

Critiche all’emendamento costituzionale sono giunte anche dal Forum permanente delle Nazioni Unite sulle questioni indigene. In particolare, è stata ravvisata una contraddizione (o incoerenza) interna tra la prima e la seconda parte del comma 1 dell’articolo 68 della Carta costituzionale federale della Russia post-riforma del 2020[xii], nella misura in cui, da un lato, si stabilisce che la lingua russa è quella di formazione della popolazione della Russia, mentre, dall’altro lato, si afferma che tutti i popoli della Russia hanno uguali diritti.

Un ulteriore aspetto problematico è posto dalla nuova formulazione dell’articolo 79 della Costituzione federale della Russia. Tale disposizione, emendata nel luglio 2020, prevede ora che «La Federazione Russa può partecipare ad associazioni internazionali e delegare loro parte dei suoi poteri in conformità con i trattati internazionali della Federazione Russa se ciò non comporta limitazioni ai diritti e alle libertà dell'uomo e del cittadino e non contraddice i fondamenti della struttura costituzionale della Federazione Russa. Le decisioni degli organi internazionali adottate sulla base delle disposizioni dei trattati internazionali della Federazione Russa e che nella loro interpretazione contraddicono la Costituzione della Federazione Russa, non sono soggette a esecuzione nella Federazione Russa». Nel sito Web della Duma di Stato (Camera bassa) del Parlamento federale della Russia si legge che tale principio realizza la c.d. rule of Russian law[xiii].

L’emendamento sembra porsi, in primo luogo, in contrasto con quanto stabilisce la stessa Costituzione, laddove prevede, al comma quarto dell’articolo 15 (non modificato), la preminenza del diritto internazionale sul diritto interno[xiv]. L’articolo 79 della Carta costituzionale federale, dopo la revisione del 2020, dispone al contrario, nella sua parte finale, che è il diritto interno ad avere la priorità sul diritto internazionale. La norma, infatti, prevede la priorità della Costituzione russa rispetto alle decisioni prese sia dai tribunali internazionali che dagli organi dei trattati[xv]. Ne discende, dunque, che qualora i popoli indigeni della Russia dovessero ottenere un pronunciamento a loro favorevole da parte della Corte europea dei diritti umani[xvi], ciononostante non potrebbero poi ottenere la tutela effettiva dei diritti aborigeni nella Russia.

Il punto di vista russo, però, è (alquanto) differente. Come affermato dal ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, «in realtà, la supremazia nazionale sui trattati internazionali è già sancita da vari articoli della Costituzione. L'articolo 15, comma 1, prevede che “la Costituzione della Federazione russa ha la più alta forza giuridica”, stabilendo inoltre che le leggi e le altre disposizioni legali non devono contraddire la Costituzione. L'articolo 79, a sua volta, afferma che l’adesione della Russia alle organizzazioni internazionali è possibile solo se essa non limita i diritti e le libertà dei cittadini previsti dalla Costituzione e non minaccia le basi dell'ordine costituzionale. L'articolo 125, comma 2, poi, conferisce alla Corte costituzionale il potere di verificare che i trattati internazionali ancora non in vigore siano compatibili con la Costituzione»[xvii].

Una terza disposizione costituzionale sibillina, fonte di apprensione per il destino dei piccoli popoli indigeni della Russia settentrionale, si trova nell’articolo 69 della Carta costituzionale federale. La norma costituzionale ha rappresentato finora il caposaldo per la protezione dei diritti dei popoli indigeni della Russia artica e subartica. Essa dispone che «La Federazione Russa garantirà i diritti dei piccoli popoli indigeni secondo i princìpi e le norme universalmente riconosciuti del diritto internazionale e dei trattati e accordi internazionali della Federazione Russa».

Un primo elemento di preoccupazione, beninteso per chi abbia a cuore la sorte dei piccoli popoli indigeni della Russia del Nord[xviii], concerne quanto si diceva già sopra, a proposito della supremazia del diritto nazionale sul diritto internazionale. Ma vi è di più. Per un verso, la disposizione costituzionale è da apprezzare, dal momento che riconosce il diritto dei piccoli popoli indigeni a conservare la loro diversità sia etno-culturale che linguistica. Per altro verso, però, manca qualcosa. Non si parla, cioè, di diritti sulla terra e sulle risorse naturali, ossia su aspetti centrali per la condizione socioeconomica degli appartenenti alle comunità aborigene. Forse era preferibile la dizione costituzionale preesistente, che lasciava nel vago questi profili di rilevanza economica, lasciando intendere che potessero essere comunque ricondotti alla dimensione culturale, mentre attualmente tale lettura interpretativa del dettato costituzionale appare meno agevole, in presenza di una più dettagliata specificazione dei diritti culturali (a contenuto non economico).

In definitiva, lasciando in disparte le riflessioni sull’involuzione autoritaria del regime politico russo putiniano[xix], a proposito del quale è stata coniata l’espressione “zarismo costituzionale”[xx], anche dal punto di vista della tutela dei diritti dei popoli indigeni la riforma costituzionale del 2020 segna un (deciso) arretramento.

Quale sia l’orientamento attuale in Russia circa la condizione dei popoli indigeni artici è, del resto, ben evidenziato da un provvedimento adottato dal Governo federale e siglato dal Capo dello Stato il 18 marzo 2020, in parallelo dunque con il procedimento di revisione costituzionale dello stesso anno. Esso prevede il sostegno pubblico, per tramite del ministero dell’Energia, alla realizzazione di progetti estrattivi nella Russia settentrionale. Vengono definite cinque categorie di progetti, in relazione a ciascuno dei quali è contemplato un trattamento fiscale privilegiato della durata da dodici a diciassette anni[xxi].

Come si vede, il futuro non appare particolarmente luminoso per gli abitanti aborigeni dell’Artico russo, già alle prese con l’emergenza sanitaria da Coronavirus[xxii], fatti salvi forse alcuni benefici collaterali sul versante economico[xxiii]. Ma non tutto è perduto, se è vero che nell’esperienza russa, di livello costituzionale o inferiore, l’intreccio tra spirito, lettera e pratica della legge disegna abitualmente un avvenire incerto.

 

[i] Sui procedimenti di revisione costituzionale nell’ordinamento russo, v. M. Ganino, La revisione della Costituzione in Russia, tra procedimenti super aggravati, aggravati, abbreviati, semplificati e non formali, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2009, p. 1607 ss.; R. Tarchi, Sistema delle fonti e poteri normativi dell’Esecutivo in una forma di governo iper-presidenziale: il caso della Federazione Russa, in Osservatorio sulle fonti, 2018, n. 3, specialmente p. 2 ss. La firma presidenziale agli emendamenti, dopo l’approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento, è stata apposta il 14 marzo 2020.

[ii] O voto nazionale; in lingua russa, общероссийское голосование.

[iii] In relazione al meccanismo politico-istituzionale della votazione pan-russa, come consultazione popolare e forma di partecipazione popolare, v. J. Socher, Farewell to the European Constitutional Tradition. The 2020 Russian Constitutional Amendments, in Verfassungsblog, 2 luglio 2020. Secondo l’autore, «all amendments taken together, in combination with the peculiar drafting process and entering into force, arguably undermine the democratic legitimacy of the Russian Constitution to a degree that they can be interpreted as a farewell to the European constitutional tradition». Una versione più ampia del contributo medesimo si trova in Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht/Heidelberg Journal of International Law, 2020, p. 615 ss. Il sistema adottato è quello del c.d. voto negativo, nel senso che gli aventi diritto al voto trovano scritto sulla scheda «sì, lo voglio», potendo, appunto, esprimere voto negativo (ovvero disertare le urne). In verità, non si è trattato di una elezione né di un referendum, ma di uno scrutinio di terzo tipo.

[iv] La consultazione referendaria, originariamente prevista per il 22 aprile 2020 (centocinquantesimo anniversario della nascita di Lenin), è stata posposta a causa dell’epidemia da Coronavirus, per poi svolgersi tra il 25 giugno e il 1° luglio dello stesso anno. V. I. Galimova, La votazione panrussa sugli emendamenti alla Costituzione, nonostante tutto, in Nomos, maggio-agosto 2020; Id., La Russia tra la “grande riforma” costituzionale e le misure anti-Covid, ivi, gennaio-aprile 2020. I seggi elettorali sono stati collocati (in prevalenza) all’aperto (c.d. vote en plein air), e la votazione si è protratta per una settimana, al fine di prevenire assembramenti (in funzione anti-contagio da Covid-19).

[v] La Commissione elettorale centrale della Federazione Russa ha comunicato, il 3 luglio 2020, che alla votazione ha partecipato il 67,97% degli aventi diritto; il 77,92% si è espresso favorevolmente mentre il 21,27% contro. Cfr. C. Filippini, Federazione di Russia, in Quaderni costituzionali (sub Cronache costituzionali dall’estero), 2020, pp. 907-909. Prima del voto pan-russo, la «Legge della FR di emendamento alla Costituzione della FR “Sul perfezionamento della disciplina di singole questioni di organizzazione e di funzionamento del potere pubblico”» era stata approvata l’11 marzo 2020 sia dalla Duma di Stato (Camera bassa dell’Assemblea federale) in terza lettura con 383 voti a favore, 43 astenuti, nessun contrario, che dal Consiglio della Federazione (Camera alta) con 160 voti a favore, tre astenuti e 1 contrario. V. C. Filippini, Federazione di Russia, in Quaderni costituzionali (Cronache costituzionali dall’estero), 2020, pp. 683-686. Contrari alla revisione costituzionale del 2020 sono stati i nazionalbolscevichi di L’Altra Russia, il Fronte di Sinistra, e il Partito comunista della Federazione Russa (KPRF/КПРФ). Di essi, soltanto il KPFR è rappresentato alla Duma.

[vi] Cfr. A. Di Gregorio, La riforma costituzionale di Putin e il consolidarsi dell’autoritarismo: un dichiarato bisogno di stabilità in tempi di pesanti trasformazioni mondiali, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 17 marzo 2020, e prima in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, 13 marzo 2020 (lo scritto è disponibile nella versione francese, in Lettre de l’Est, n. 20, 2020, p. 39 ss.). Sulla necessità di studiare gli emendamenti costituzionali del 2020 in Russia da un punto di vista non-occidentale, v. le attente riflessioni di S. Denisov, Methoden zur Erforschung des Staatsrechts Russlands und anderer Entwicklungsländer, in Osteuropa Recht, 2020, p. 516 ss.

Un (importante) seminario, dal titolo Russia 2020. La riforma costituzionale di Putin fra innovazione e continuità: un tentativo di stabilizzazione del potere?, si è svolto il 19 febbraio 2020 presso la Facoltà politologica dell’Università statale di Milano (partecipanti i professori A. Di Gregorio, M. Ganino, C. Filippini, G. Codevilla e A. Vitale). Si segnala anche il web seminar (tavola rotonda), co-organizzato da Università di Milano Bicocca e Università statale di Milano il 18 dicembre 2020, dal titolo La riforma della Costituzione russa: riequilibrio (apparente) dei poteri e stabilizzazione di un autoritarismo (sempre più) identitario (ivi spec. la Relazione introduttiva di A. Di Gregorio, seguita da interventi di M. Ganino, C. Filippini, I. Galimova, S. Gianello e conclusioni di C. Martinelli).

Per un esame approfondito della revisione costituzionale di Putin, v. i contributi di G. Lami, A. Di Gregorio, M. Ganino, I. Galimova, V. Nikitina, G. Codevilla e A. Vitale, tutti in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, 2020, n. 1, pp. 133-257. Adde A. Shashkova, M. Verlaine, E. Kudryashova, On Modifications to the Constitution of the Russian Federation in 2020, in Russian Law Journal, 2020, n. 1, 60 ss.

Un’analisi comparativa della riforma costituzionale russa del 2020 con la revisione costituzione cinese-popolare del 2018 è effettuata da B. Marabini San Martín, Historia de dos constituciones: estudio comparativo de las reformas de Xi Jinping y Vladimir Putin, in Observatorio de la Política China (OPCh), 7 novembre 2020 (ivi leggesi: «Un breve estudio de esta selección de las enmiendas introducidas en China y Rusia permite concluir que ambas se caracterizan por medidas que dan pie a una mayor concentración del poder en un individuo, incluso aunque exista un compromiso formal con la separación de poderes. Las reformas que permiten la permanencia de los líderes en su puesto más allá de los mandatos originales también son indicación de la personalización del poder, centrada en la permanencia en el caso de Xi Jinping y combinando una posible permanencia con la creación de maneras de conservar el poder tras el final de su mandato en el caso de Putin. Asimismo, las enmiendas de ambos casos son de carácter proteccionista, dado que enfatizan la excepcionalidad de sus respectivas naciones y, en el caso ruso, sirven de escudo ante el sistema legal internacional»).

Molto pertinenti mi sembrano le osservazioni di M.-É. Baudoin, La révision de la Constitution russe de 2020 ou comment préparer l’avenir en consolidant l’existant, in Le Club des juriste, 3 luglio 2020, la quale fa riferimento a una revisione inaspettata ma orchestrata, una procedura sorprendente ma senza sorprese, nonché una revisione che cambia tante cose ma non cambia nulla (ivi si legge, infatti: «plus que transformer la Russie, certaines de ces modifications enracinent dans la Constitution l’existant»).

Infine, nelle parole di Fabio Bettanin, ordinario di Storia della Russia contemporanea all’Università di Napoli «L’Orientale», dalla riforma costituzionale esce «Una fortezza russa basata sui valori della tradizione», segnata da un forte spostamento in senso presidenzialista; cfr. l’intervista di B. Moroni, La nuova Costituzione di Putin: «Più forza a lui e alla Russia», nel webisite di InCronac@ - Testata del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna, 25 giugno 2020 (c.d. riforma costituzionale «Poutin forever»; v. L. Léothier, Chronique de l’Est - janvier-décembre 2020, in Lettre de l’Est, n. 23, 2021, p. 49 ss., spec. p. 52).

La traduzione italiana della Costituzione russa come revisionata nel 2020 si trova in appendice a S. Caprio, Lo zar di vetro. La Russia di Putin, Milano, Jaka Book, 2020, p. 257 ss., e ivi il saggio di G. Codevilla, La riforma della Costituzione, p. 235 ss.

[vii] Sul tema, non certamente tra i più studiati, v. D. Berezhkov, P. Sulyandziga. The new constitutional reality for indigenous peoples in Russia, in iRussia - Новости коренных народов России [Notizie indigene russe], https://indigenous-russia.com, 7 maggio 2020.

[viii] Su cui v. A. Golovnev, G. Osherenko, Siberian Survival. The Nenets and Their Story, Ithaca (NY)-London, Cornell University Press, 1999.

[ix] V. sopra, nella nota iv.

[x] Cfr. Arctic view on Russia’s changed constitution, in Arctic Anthropology. Updates and News from Northern Anthropologies of Circumpolar Regions, https://arcticanthropology.org, 3 luglio 2020 (Blog a cura dell’Arctic Centre dell’University of Lapland a Rovaniemi, Finlandia).

[xi] La riforma viene criticata come espressione di “neosovietismo”.

[xii] Per il rilievo che le modifiche appaiono contraddittorie, dal punto di vista giuridico-costituzionale, v. C. von Gall, Herrschaft über die Verfassung. Die Vorschläge Präsident Putins zur russischen Verfassungsreform, in Verfassungsblog, 21 gennaio 2021.

[xiii] Cfr. all’indirizzo www.duma.gov.ru, ivi sub What changes will be in the Constitution of the Russian Federation?, 12 marzo 2020.

[xiv] Si veda G.M. Danilenko, The New Russian Constitution and International Law, in American Journal of International Law, 1994, p. 451 ss.

[xv] Cfr. L. Mälksoo, International Law and the 2020 Amendments to the Russian Constitution, in American Journal of International Law, 2021, p. 78 ss.

[xvi] In arg., v. L. Mälksoo, W. Benedek (Eds.), Russia and the European Court of Human Rights. The Strasbourg Effect, Foreword by D. Dedov (professore universitario russo, giudice della Corte EDU), Cambridge, Cambridge University Press, 2017, dove ci si chiede, in particolare, se tra la Corte EDU e la Corte costituzionale russa sia in atto un “duetto” ovvero un “duello” (autrement dit, duel ou duo?).

[xvii] Cfr. E. Tafuro Ambrosetti, Costituzione nuova per la vecchia Russia, ISPI Watch, 12 marzo 2020. Circa la posizione della Corte costituzionale della Federazione Russa, (in aggiunta a quanto indicato nella nota che precede e) dopo la riforma del 2020, v. P. Vinogradova, A. Tulaev, The Legal Positions of the Constitutional Court of the Russian Federation on the Execution of Decisions Made by the European Court of Human Rights, in Russian Law Journal, 2021, n. 1, p. 138 ss.

[xviii] Sia consentito rinviare a M. Mazza, La protezione dei popoli indigeni nella Russia del Nord, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2003, p. 1850 ss.; Id., I Saami della Russia settentrionale: una condizione giuridica (ancora) difficile, in Filodiritto, 26 marzo 2020.

[xix] Che ha fatto parlare in dottrina di una revisione costituzione di impronta tradizionalista, sovranista e accentratrice: v. I. Galimova, L’approvazione delle leggi di attuazione della riforma costituzionale e le altre iniziative della Duma alla fine del 2020, in Nomos, settembre-dicembre 2020. Sul punto, v. A. Di Gregorio, Dinamiche di contesto e caratteristiche generali della Legge di Emendamento della Costituzione della Russia del 14 marzo 2020, in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, 2020, n. 1, p. 140 ss., e ivi alla p. 176, che osserva: «L’enfasi sovranista, sociale e identitaria corrisponde o fa eco alle nuove tendenze illiberali di parti dell’ex Impero esterno. Ed è qui che si coglie il maggior sviluppo del costituzionalismo post-socialista, nella sua versione “populista”, nella scia di un paternalismo controllato che fa parte delle tradizioni del paese. Questo aspetto si salda perfettamente alla narrativa anti-occidentale: è qualcosa di più di rifiutare i modelli occidentali, è dominarli, è un ruolo egemonico anti-occidentale sulla scia dei rinnovati dibattiti sulla memoria storica»; Id., La riforma costituzionale di Putin e il consolidarsi dell’autoritarismo, cit., dove si legge che «Se dal punto di vista formale l’intero procedimento di riforma appare come minimo una rottura della Costituzione vigente, dal punto di vista sostanziale vi è la costituzionalizzazione della prassi autoritaria progressivamente instauratasi nel ventennio putiniano»; C. Filippini, L’introduzione in Russia del procedimento di modifica della Costituzione in deroga, in Forum di Quaderni costituzionali, 2020, n. 2, p. 878 ss., la quale fa riferimento alla «interazione tra principio unitario e disposizioni “sovraniste” quale chiave di lettura della riforma costituzionale». Sul pensiero politico russo, con particolare riferimento al concetto di «democrazia sovrana» (id est, il «concetto politico di una democrazia che invita ad una pratica sovrana»), v. A. Salomoni, Teorie della sovranità nell’età di Putin, in Diritto pubblico comparato ed europeo online, 2020, p. 3983 ss. La riforma costituzionale del 2020 ha costituzionalizzato la tutela della sovranità e dell’identità russa, segnando la rivincita della democrazia sovrana.

[xx] Così A. Edel, Putin’s Constitutional Tsarism, in The New York Review of Books, 9 luglio 2020.

[xxi] Cfr. A.V. Krutikov, Russia’s 10 Priorities in the Arctic, in Shared Voices - The University of the Arctc (UArctic) Magazine, 2020, pp. 10-11. L’autore conosce le politiche artiche dall’interno, essendo Vice-Ministro presso il ministero per lo sviluppo dell’estremo Oriente russo. Nella medesima direzione si muove altresì la nuova «Strategia per lo sviluppo della zona artica russa e la garanzia della sicurezza nazionale fino al 2035» (russ. Указ Президента Российской Федерации от 26.10.2020 № 645 “О Стратегии развития Арктической зоны Российской Федерации и обеспечения национальной безопасности на период до 2035 года”), adottata formalmente dal Presidente Vladimir Putin il 26 ottobre 2020; essa si basa sui «Principi di base» per la politica artica approvati il 5 marzo dello stesso anno e succede alla «Strategia artica 2020» del 2013 (su cui v. M. Laurelle, Russia’s Arctic Strategies and the Future of the Far North, New York, Sharpe, 2014; le “basi economiche” per la nuova strategia artica russa erano state impostate nel gennaio 2020). V. K.S. Zaikov, Scenarios for the development of the Arctic region (2020–2035), in Arctic and North (russ. Арктика и Север), n. 35, 2019, p. 4 ss. (la rivista ult. cit. è edita dalla Northern (Arctic) Federal University named after M.V. Lomonosov, ovvero in russo Северный (Арктический) Федеральный университет имени М. В. Ломоносова), acr. NArFU, con sede ad Arcangelo); N. Khrustalova, Strategia artica russa nel contesto dello sviluppo sostenibile, in Il Polo, 2020, n. 4, p. 24 ss.

[xxii] V. P. Devyatkin, Vulnerable Communities: How has the COVID-19 Pandemic affected Indigenous People in the Russian Arctic?, disponibile nel website dell'Arctic Institute - Center for Circumpolar Security Studies (www.thearcticinstitute.org) di Washington (DC), documento datato 10 docembre 2020. Ivi si rileva che «Indigenous peoples are disproportionately vulnerable to infectious diseases because of their more than a thousand years of isolation from other societies and therefore lower resistance to foreign pathogens, a phenomenon referred to as “civilizational immunity”».

[xxiii] Vedasi M. Laruelle, Indigenous Peoples, Urbanization Processes, and Interactions with Extraction Firms in Russia’s Arctic, in Sibirica. Interdisciplinary Journal of Siberian Studies, 2019, n. 3, p. 1 ss., la quale osserva giustamente che l’urbanizzazione trasforma drammaticamente l’identità indigena, disconnettendola dalla tradizione economia di sussistenza. Le conseguenze dell’urbanizzazione sono (almeno) tre: a) perdita del linguaggio aborigeno; b) dissoluzione della conoscenza ecologica tradizionale; c) trasformazione profonda dei legami familiari (cfr. p. 3). E ulteriori “malattie sociali” potrebbero aggiungersi, nel (difficile) passaggio dalla rural alla urban way of life: marginalizzazione sociale, disoccupazione, suicidi, alcolismo, ecc. (ibid., p. 4).