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La consultazione transfrontaliera dei popoli indigeni dell’Artico: un recente caso alaskano/canadese

consultazione preventiva transfrontaliera
consultazione preventiva transfrontaliera

I popoli indigeni artici, vale a dire Inuit, Saami e altri gruppi tribali (tra cui alcune comunità di Indiani nordamericani), vivono da tempo immemorabile in territori che ora appartengono a sette Stati, che sono Norvegia, Svezia, Finlandia (Scandinavia del Nord), Danimarca (Groenlandia) Federazione Russa, Canada e Stati Uniti d’America (relativamente all’Alaska). Come si è visto in un precedente scritto[i], ciò pone una serie di problematiche, tra cui la opportunità, ovvero per meglio dire la necessità, della consultazione dei popoli indigeni anche quando si tratta di questioni che travalicano i confini degli Stati, ossia per la definizione delle situazioni c.d. transfrontaliere. In precedenza – come detto – si sono esaminate tematiche legate all’Europa del Nord. Vediamo invece ora un caso riguardante gli Indiani nordamericani[ii].

Nella parte nord-orientale dello Stato dell’Alaska, che come noto è uno Stato membro della Federazione statunitense, è stato istituito fin dal 1980[iii] l’Arctic National Wildlife Refuge (ANWR), che costituisce un’area naturale protetta, già peraltro tutelata con la denominazione di Arctic National Wildlife Range (ANWR) dal 1960, poi ampliata nel 1971[iv]. Con Public Law 115-97 (il cui titolo per esteso è Act to provide for reconciliation pursuant to titles II and V of the concurrent resolution on the budget for fiscal year 2018), conosciuta come Tax Cuts and Jobs Act (TCJA, o “Tax Cuts Act”) e sottoscritta dal Presidente Donald Trump il 22 dicembre 2017 (c.d. Trump Tax Law), una parte dell’ANWR[v] è stata destinata alla realizzazione di progetti di sviluppo dell’estrazione di petrolio e gas[vi].

La contrapposizione tra “pro-drilling forces” e “conservative advocates” relativamente all’estrazione di petrolio e gas nell’area naturale si trascinava da decenni, ma la legge federale da ultimo menzionata ha sancito la vittoria dei “drillers[vii]. Sia i Democratici che i Repubblicani hanno utilizzato, specialmente nei cicli elettorali, la questione dello sfruttamento o meno delle risorse minerarie nell’ANWR con finalità di critica delle politiche avversarie, e ciò è avvenuto fin da epoca risalente, almeno dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso. I Repubblicani, ovvero il GOP (Grand Old Party), hanno avuto, al riguardo, the last say[viii]. La Public Law 115-97, infatti, «brings a quiet end to the battle over whether to drill in the ANWR, one of the longest-running and most acrimonious battles in U.S. environmental history»[ix].

Ciononostante, in data 11 febbraio 2019 è stato presentato alla Camera dei Rappresentanti del Congresso federale USA un disegno di legge dal titolo Arctic Cultural and Coastal Plain Protection Act. Il progetto legislativo è bipartisan, poiché primi sottoscrittori sono i deputati Jared Huffman del Partito Democratico e Brian Fitzpatrick del Partito Repubblicano. L’iniziativa legislativa è finalizzata ad abrogare le previsioni contenute nel Tax Cuts and Jobs Act del 2017 relative alla possibilità di estrarre petrolio e gas nel ANWR. Il progetto de quo non ha quasi alcuna chance di essere definitivamente approvato, dal momento che sarà netta l’opposizione nel Senato (controllato dal Partito Repubblicano). Tuttavia esso servirà – nelle intenzioni dei promotori – ad “affinare il discorso” sullo sfruttamento delle risorse naturali nel ANWR. Più precisamente, come ha affermato Jared Huffman[x], il disegno di legge tiene conto del fatto che l’Amministrazione Trump[xi] sembra intenzionata a muoversi “in fretta” nel rilascio delle concessioni minerarie, in maniera tale che dopo risulti molto più difficile fermare le attività di perforazione del territorio per la ricerca ed estrazione dei minerali. In definitiva, se il disegno di legge non riuscirà a interrompere il processo in atto, quantomeno lo metterà in luce.

In applicazione delle previsioni normative adottate a livello federale, l’Alaskan Bureau of Land Management (BLM)[xii] ha dato ben presto inizio nel 2018 alla fase operativa della decisione legislativa de qua. Nelle parole pronunciate, nel dicembre 2019, dal vice-segretario per le terre e i minerali dello U.S. Department of Interior, Joe Balash, dal quale dipende il BLM, «not opening part of the refuge to development wouldn’t comply with legislation»; lo stesso Balash ha aggiunto che «realistically, Congress has told us to have this sale», ragione per cui – sempre secondo Balash – «Practically speaking, we will be moving forward here and implementing the law»[xiii].

La realizzazione del progetto alaskano/statunitense, però, impatta anche sulle condizioni di vita delle comunità indigene artiche che vivono nel confinante Territorio dello Yukon, che è Stato membro della Federazione canadese. In particolare, viene in considerazione la situazione della Vuntut Gwitchin First Nation (VGFN), un gruppo tribale i cui appartenenti[xiv] vivono nella porzione settentrionale dello Yukon. La comunità aborigena de qua è stata oggetto di studi assai approfonditi, anche attraverso l’utilizzo delle fonti orali e delle testimonianze degli anziani (raccolte da antropologi, folcloristi ed etnostorici), che hanno permesso di evidenziale il legame ancestrale tra la storia degli indigeni e le regioni polari[xv].

Il progetto di Environmental Impact Statement (EIS) predisposto dal BLM statunitense/alaskano viene contestato dalla VGFN, nonché dallo stesso Governo del Territorio dello Yukon, sotto il profilo specifico che esso è stato elaborato in assenza della preventiva consultazione delle popolazioni indigene interessate.

Gli impianti per la produzione di petrolio e gas nell’ANWR, infatti, sono suscettibili (quantomeno astrattamente) di incidere sull’attività tradizionale delle comunità indigene dello Yukon del Nord, rappresentata dall’allevamento del caribù (id est, la renna nordamericana).

La richiesta avanzata dalla VGFN, con il sostegno del Governo dello Yukon, era dunque che il BLM dell’Alaska prendesse in considerazione, in via preventiva, l’opinione degli indigeni canadesi in sede di valutazione d’impatto ambientale.

Gli indigeni dello Yukon settentrionale, e specificatamente la Vuntut Gwitchin First Nation, hanno posto alla base della loro richiesta nei confronti del BLM dell’Alaska, formulata con istanza del 13 marzo 2019, precisi accordi internazionali. Il riferimento è alle competenze del Porcupine Caribou Management Board (PCMB), nell’àmbito del quale operano, dal 1985, delegati sia del Territorio dello Yukon e dei Territori del Nord-Ovest[xvi], che del Governo federale canadese. Del PCMB fanno parte, inoltre, rappresentanti dei popoli indigeni, sia amerindiani che Inuit, come pure dei meticci. Il PCMB è stato istituito allo scopo di coordinare, in maniera collaborativa, le decisioni che riguardano l’allevamento tradizione dei caribù, che ha la caratteristica di svolgersi seguendo i percorsi migratori degli stessi caribù, con il relativo attraversamento dei confini statali/territoriali. Sul piano temporale, è intervenuto prima il Porcupine Caribou Management Agreement (PCMA) del 26 ottobre 1985, sulla cui base è stato sottoscritto a Ottawa, il 17 luglio 1987, l’Agreement Between the Government of Canada and the Government of the United States of America on the Conservation of the Porcupine Caribou Herd[xvii], che impegna sia il Canada, lo Yukon e i Territori del Nord-Ovest da un lato, che gli Stati Uniti d’America e l’Alaska, dall’altro lato. L’Accordo del 1987 ha creato l’International Porcupine Caribou Board (IPCB). Ai sensi dell’articolo 2, lett. b), dell’Agreement, obiettivo dell’Accordo è garantire gli usi consuetudinari e tradizionali dei caribù da parte delle popolazioni indigene/native tanto dell’Alaska (USA) quanto delle Yukon e dei Territori del Nord-Ovest (Canada). L’IPCB, previsto dall’articolo 4 dell’Agreement, ha funzioni consultive. A sua volta, il PCMB ha il compito di informare i soggetti contemplati dall’Accordo sulle questioni concernenti i caribù, nonché di adottare raccomandazioni in subiecta materia. Il PCMB ha un collegamento istituzionale con l’IPCB, poiché la presidenza del primo è attribuita a un componente del secondo. In definitiva, vi è stato l’innesto strutturale e funzionale dell’IPCB sul PCMB, in modo da evitare sovrapposizioni e/o conflitti di competenze.

Le preoccupazioni della Vuntut Gwitchin First Nation canadese si riferivano al fatto che il progetto statunitense/alaskano avrebbe comportato il rischio di inquinamento dell’area di tradizionale allevamento dei caribù, durante il periodo nel quale gli appartenenti alla tribù si spostano, al seguito degli animali, dal Territorio dello Yukon in Alaska. I caribù costituiscono da sempre una componente essenziale della cultura degli indigeni nordamericani, oltreché naturalmente della loro economia di sussistenza. Ogni minaccia ai caribù si riverbera sulla sopravvivenza delle comunità indigene, non soltanto nella dimensione culturale-spirituale, ma anche sotto il profilo materiale, della stessa esistenza fisica della tribù. La VGFN dello Yukon lamentava, in modo particolare, la mancanza di una consultazione preventiva degli anziani della tribù da parte delle autorità alaskane, come anche la incompleta accessibilità della documentazione posta alla base della valutazione d’impatto ambientale, anche per la non predisposizione dei documenti in questione nelle lingue degli aborigeni. Per meglio seguire gli sviluppi della vicenda, la VGFN aveva anche nominato, con incarico annuale (conferito alla fine di aprile 2019), un coordinatore per le problematiche dei caribù, individuato nella persona di Elizabeth Staples (la quale ha lavorato da remoto, vivendo a Vancouver)[xviii].

Il Governo del Territorio dello Yukon, particolarmente attivo nelle relazioni triangolari tra popoli indigeni, stati e industrie estrattive sotto il profilo del free, prior and informed consent (FPIC)[xix], si è prontamente affiancato nel marzo 2019 alle richieste della Vuntut Gwitchin First Nation. Il Governo territoriale ha soprattutto contestato alle autorità alaskane di avere omesso la consultazione con le comunità indigene del Canada, direttamente interessate alla realizzazione del progetto di estrazione del petrolio e del gas.

Il Governo dello Yukon ha rilevato, inter alia, che la valutazione d’impatto ambientale, secondo la stesura originaria da parte del BLM dell’Alaska, non contiene analisi di tipo quantitativo, idonee a dimostrare quali siano le previsioni sull’attività tradizionale di allevamento dei caribù. Secondo quanto affermato dal Premier dello Yukon, Sidney Alexander “Sandy” Silver, «The Government of Yukon stands in solidarity with the Gwich’in Peoples, advocating for the protection of the Porcupine caribou herd’s sacred and sensitive calving grounds on the Alaskan coastal plain. We are committed to this cause and encourage Yukoners to add their voices to this important effort»[xx].

Il PCMB (v. supra) aveva in precedenza, con lettera datata 19 giugno 2018 e inviata al BLM dell’Alaska, espresso l’opinione che la realizzazione del progetto industriale nell’area indicata dell’ANWR era alquanto pericolosa per i caribù e le popolazioni indigene, poiché si tratta del territorio nel quale i caribù si recano annualmente, per la durata di circa in mese, allo scopo di riprodursi[xxi].

Il BLM alaskano ha infine reso pubblica, nel settembre 2019, la valutazione d’impatto ambientale, relativamente al progetto estrattivo in questione. Non vi è stata, però, la richiesta consultazione preventiva delle popolazioni indigene dello Yukon, che pure hanno interessi vitali coinvolti dalla implementazione del progetto industriale.

Quale lezione si può trarre dalla vicenda esaminata? Si può dire – mi pare – che gli strumenti giuridici per una efficace tutela dei diritti dei popoli indigeni esistono, anche sotto i profili della cooperazione transfrontaliera e, in particolare, della consultazione preventiva degli aborigeni, ma essi vengono tranquillamente messi da parte, quando sono presenti preminenti interessi economici, specialmente concernenti le risorse naturali ed energetiche che si trovano nei territori di tradizionale insediamento delle comunità indigene[xxii].

Ad ogni modo, trascorrerà ancora tempo. È stato, infatti, calcolato che l’effettiva produzione di gas e petrolio non potrà avvenire nel ANWR alaskano prima del 2031, poiché si rende necessario prima di tutto acquisire i contratti di concessione mineraria e, in secondo luogo, procedere alle esplorazioni e sviluppare le infrastrutture[xxiii]. Inoltre, l’Amministrazione Trump, ormai in scadenza, vorrebbe mettere velocemente all’asta i diritti di perforazione petrolifera nel ANWR, ma il neo-eletto Biden si è già detto contrario alla “corsa al petrolio” alaskano e dunque, una volta acquisiti i diritti per le perforazioni, le aziende interessate dovranno comunque ottenere permessi e autorizzazioni (relativamente a inquinamento atmosferico, danni agli animali, uso dell’acqua, ecc.) che potrebbero essere negati dal governo Biden[xxiv]. In tale situazione di incertezza, l’interesse delle compagnie petrolifere potrebbe diminuire, e così pure quello delle banche, timorose che finanziare progetti nell’Artico possa determinare per loro danni di immagine[xxv].

 

[i] Cfr. M. Mazza, Il dovere di consultare i popoli indigeni artici: aspetti comparati di diritto norvegese, finlandese e svedese, in Filodiritto, febbraio 2020, www.filodiritto.com.

[ii] Sulla condizione giuridica dei popoli indigeni nordamericani, v. M. Mazza, La protezione dei popoli indigeni nei Paesi di common law, Padova, Cedam, 2004.; R. Motta, L’addomesticamento degli etnodiritti. Percorsi dell’antropologia giuridica teorica e applicata, presentazione di N. Rouland, Milano, Milano, Unicopli, 1994, 193 ss., ed ivi le tappe di “addomesticamento” del diritto primigenio o etnodiritto, su cui v. anche R. Motta, Breviario di antropologia del diritto, Torino, Trauben, 2013. Per la distinzione tra le società tradizionali e quelle avanzate, con, nel mezzo, le società in corso di modernizzazione (dove il moderno e l’antico si intrecciano, senza confondersi), v. ancora R. Motta, Vecchie e nuove teorie del diritto primitivo. L’antropologia giuridica nelle società complesse, in corso di modernizzazione e nel Terzo mondo. Verso lo studio dei «Fatti con caratteristiche giuridiche», Alessandria, Centrale, 1991, con riguardo sia alle ricerche empiriche che ai paradigmi teorici. Su «abbandono della comparazione con le nozioni occidentali a favore di una maggiore attenzione per i sistemi di controllo sociale indigeni all’interno del loro stesso contesto epistemologico», cfr. L. Pes, Teorie dello sviluppo giuridico. Dal movimento di law and development all’esperienza neoliberale, Trento, Tangram Edizioni Scientifiche, 2012, 27.

[iii] In base allAlaska National Interest Lands Conservation Act (ANILCA), sottoscritto dal Presidente USA Jimmy Carter il 2 dicembre 1980.

[iv] Secondo quanto previsto dallAlaska Native Claims Settlement Act (ANCSA), siglato dal Presidente federale Richard Nixon il 18 dicembre 1971.

[v] Circa 800.000 acri, sul totale di 1,9 milioni di acri che formano l’ANWR. La sub-area del ANWR si trova lungo la costa (Coastal Plain) e viene chiamata Section 1002 (id est, 1002 Lands, o Area 1002), con riferimento alla section dell’ANILCA (v. supra) a essa specificatamente dedicata.

[vi] Sul tema, v. S.L. Montgomery, Petroleum geology and resource assessment: 1002 area, Arctic National Wildlife Refuge, in American Association of Petroleum Geologists Bulletin, 2005, 291 ss.

[vii] V. il reportage di A. Federman, How Science Got Trampled in the Rush to Drill in the Arctic, in Politico, 26-7-2019, www.politico.com.

[viii] Cfr. R. Meyer, The GOP Tax Bill Could Forever Alter Alaska’s Indigenous Tribes, in The Atlantic, 2-12-2017.

[ix] Vedasi R. Meyer, op. ult. cit.

[x] Cfr. S. Rispin Sedlak, Arctic Cultural and Coastal Plain Protection Act (HR 1146, 116th Congress), in SciPol.org, sito Internet a cura della Duke University’s Initiative for Science and Society, disponibile all’indirizzo https://scipol.duke.edu.

[xi] Il cui approccio alle questioni artiche differisce da quello che ha caratterizzato l’Amministrazione Obama; v. K. Weingartner, R. Orttung, US Arctic policymaking under Trump and Obama, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, 2019, p. 402 ss.; Y. Rosen, An aggressive new Trump administration plan opens more of Arctic Alaska to oil development, in Arctic Today, 26-6-2020.

[xii] Che ha sede nella città di Anchorage, in Alaska. Il BLM dell’Alaska è stato istituito nel 1946; esso prende il posto del preesistente General Land Office (GLO) creato nel 1812, attraverso la fusione con lo U.S. Grazing Service (denominato, fino al 1939, Division of Grazing).

[xiii] Cfr. J. Gignac, Vuntut Gwitchin First Nation cries foul, says U.S. didn’t consult over possible ANWR development, in Yukon News, 20-3-2019, www.yukon-news.com.

[xiv] Circa novemila persone.

[xv] Cfr. Vuntut Gwitchin First Nation and S. Smith, People of the Lakes. Stories of Our Van Tat Gwich’in Elders/Googwandak Nakhwach’ànjòo Van Tat Gwich’in, Edmonton (AB), University of Alberta Press, 2009. La storia orale è stata di ausilio anche agli archeologi che hanno studiato l’evoluzione della VGFN; v. N. Lyons, Archaeology and Native Northerners: The Rise of Community-Based Practice across the North American Arctic, in T.M. Friesen, O.K. Mason (Eds.), The Oxford Handbook of the Prehistoric Arctic, New York, Oxford University Press, 2016, 197 ss., spec. 204 ss.

[xvi] Anch’essi parte della Federazione del Canada.

[xvii] L’Agreement è entrato in vigore il giorno stesso della sottoscrizione, secondo quanto dispone l’articolo 8, lett. a) dell’Accordo (sub Entry into force).

[xviii] Si veda J. Gignac, Vuntut Gwitchin First Nation has a new caribou coordinator, in Yukon News, 28-5-2019, www.yukon-news.com.

[xix] Cfr. R. Rice, The Politics of Free, Prior and Informed Consent: Indigenous Rights and Resource Governance in Ecuador and Yukon, Canada, in International Journal on Minority and Group Rights, 2020 (Special Issue: Free, Prior and Informed Consent: Between Legal Ambiguity and Political Agency, M. Papillon, J. Leclair, D. Leydet, Eds.), p. 336 ss., dove l’autrice sviluppa la distinzione tra il sistema della consultazione e quello del consenso.

[xx] V. la nota dal titolo Government of Yukon, Vuntut Gwitchin Government and Gwich’in Tribal Council urge protection of Porcupine caribou herd, disponibile nel sito Internet del Government of Yukon, all’indirizzo http://www.gov.yk.ca, doc. datato 3-11-2017.

[xxi] V. Arctic Refuge Calving and Post-Calving Grounds For the Porcupine Caribou Herd, the 1002 Lands are critical calving, post-calving, and insect relief habitat, nel webiste del PCMB, www.pcmb.ca.

[xxii] Sia consentito rinviare, ampiamente, a M. Mazza, I diritti degli indigeni sulle risorse naturali ed energetiche negli Stati artici. Profili internazionali e comparati, Napoli, Jovene, 2012.

[xxiii] Cfr. D. Van Wagener, Analysis of Projected Crude Oil Production in the Arctic National Wildlife Refuge, in Annual Energy Outlook 2018, 23-5-2018, www.eia.gov., sito Web a cura della U.S. Energy Information Administration (EIA) di Washington (DC), Office of Petroleum, Natural Gas, and Biofuels Analysis. L’autrice ivi osserva che «Conversion of technically recoverable resources to production will require considerable time and financial investment. Hostile weather conditions, coupled with limited weather windows during which to explore and drill, increase development and production costs, making Alaska one of the more capital-intensive drilling areas in the United States».

[xxiv] V. A. DeMarban, Trump administration sets stage for ANWR lease sale with ‘call for nominations’ of land for exploration, in Anchorage Daily News, 13 novembre 2020; G. Talignani, Il colpo di coda di Trump: vendere i diritti per le trivelle nell'Artico, in La Repubblica, 16 novembre 2020.

[xxv] Cfr. P. Mastrolilli, Alaska, la sporca eredità, in La Repubblica, 8 dicembre 2020.