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Euro-dollaro: pari e patta?

Per la prima volta dal 2002, oggi euro e dollaro valgono uguali
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Articolo pubblicato su ISPI il 13 luglio 2022

 

Under pressure

Per la prima volta dal 2002, oggi euro e dollaro valgono uguali.

Una parità che evidenzia il crescente divario tra le prospettive economiche statunitensi e quelle dell’Eurozona, più esposta alle conseguenze della guerra in Ucraina e alle ritorsioni di Mosca sulle importazioni di gas.

Ultima in ordine di tempo, la chiusura dei rubinetti di Nord Stream 1 di lunedì scorso. Un altro stop “tecnico”, che però dà agli investitori l’ennesimo motivo per ritenere più vicina una recessione in Eurozona, e a rifugiarsi in dollari con rendimenti in aumento.

 

Due facce della stessa moneta?

A peggiorare ulteriormente le aspettative sui mercati europei è proprio lo “scontro” tra BCE e Fed sulla politica monetaria.

Mentre la Fed è ormai alla terza stretta da inizio anno, con tassi di riferimento allo 1,5%-1,75% che entro dicembre potrebbero superare il 3%, la BCE deve ancora iniziare (forse settimana prossima).

E se in tempi normali il crollo dell’euro (-12% sul dollaro da gennaio) farebbe quantomeno aumentare le esportazioni, oggi la bilancia non pende a nostro favore.

Le importazioni di petrolio, già all’origine dell’elevata inflazione odierna, sono infatti prezzate in dollari. E così a Lagarde non resta che difendersi puntando sul fatto che l’inflazione “core” in Eurozona non ha ancora incorporato gran parte dell’aumento dell’inflazione sui prodotti più volatili (energia, alimentari, ecc.), mentre in USA ciò accade già da mesi.

 

Ultimi tra i primi

Con il crollo dell’euro, sembra quasi che i mercati vogliano suggerire che gli Usa siano messi “meglio” dell’Europa.

Sul piano economico è molto probabilmente vero. La disoccupazione americana a giugno era al 3,6%, sostanzialmente in linea con il dato di “piena occupazione” pre-pandemia. In Eurozona siamo invece al 6,6%, con differenze ancora sostanziali tra grandi paesi come Italia (8,1%) e Germania (2,8%). E una stretta dei tassi farebbe traballare ulteriormente le economie dei paesi più indebitati.

D’altra parte, però, anche negli USA il prezzo del gas è quasi quintuplicato (spinto al rialzo dalla “fame” di GNL europea), mentre l’inflazione galoppante (+9,1% a giugno) mette alle strette famiglie e imprese. Così il consenso di Biden cala ancora al 36% (dal 42% di inizio anno), mentre le elezioni mid-term di novembre si avvicinano.

Insomma, dollaro o euro, siamo tutti sulla stessa barca. In tempesta.

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