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Tecnologie legali avanzate negli USA, certezza giuridica e analisi bayesiane

Sistema legale e tecnologie avanzate
Sistema legale e tecnologie avanzate

Tecnologie legali avanzate negli USA, certezza giuridica e analisi bayesiane


Tecnologie legali avanzate negli USA e certezza giuridica

Il sistema legale degli Stati Uniti ha una ben nota vocazione al metodo casistico (che individua una delle fonti primarie del diritto nelle sentenze anteriori dei giudici su singoli casi concreti). Ma questa caratteristica che svela la natura dichiaratamente umanistica delle prassi giurisprudenziali americane, molto più vicine di quelle europee al risvolto originariamente individuale del diritto concreto, non ha impedito l’ampio ricorso statunitense alle tecnologie e ai servizi legali avanzati.

Queste tecniche di lavoro, mentre stanno rivoluzionando il settore legale americano, portando ad un aumento dell'efficienza, della precisione e della accessibilità, sembrano implementare una visione “matematica” del diritto. La qual cosa confligge con e altera il normale uso dei giuristi di plasmare, con ampia libertà umanistica, i confini dell’incertezza “qualitativa” del diritto.

Il progresso tecnico, infatti, porta con sé una visione astratta, pragmatica, manipolatoria in qualche modo, che tradisce la natura linguistica ed umana del diritto, per volgersi  ad una sorta di giurisprudenza automatica e informatizzata, composta di strumenti della “quantificazione estrema” del fatto umano dei casi giudiziali. Inoltre, l'adozione di queste tecnologie ha un impatto significativo anche sui sistemi legali europei, che gradualmente importano questi strumenti operativi e scientifici e la relativa mentalità “matematizzante”.

Ovviamente, non tutte le tecnologie e i servizi legali avanzati hanno questo risvolto, dato che alcune hanno:

  1. una funzione meramente ancillare. Ma alcune altre, invece, includono
  2. metodi di estesa traduzione matematica dei concetti giuridici umani, dei ragionamenti o anche delle norme in leggi ed equazioni numeriche,

che offrono, entrambi, seri spunti di riflessione sia etica sia giuridica sia filosofica.

Si possono menzionare al momento, tentando una classificazione funzionale del tipo ora specificato, A e B:

  1. Analisi Bayesiane:
  • App e programmi che attuano la valutazione della probabilità di un evento futuro, basandosi sulle informazioni attuali e passate, in relazione alla prova legale. (Potremo definirle del tipo A)
  1. E-discovery:
  • Strumenti informativi di analisi documentale nella esibizione, obbligatoria per legge nei processi americani, di file elettronici di prova. Questa divulgazione elettronica (e-discovery) coinvolge l'identificazione, la raccolta e la gestione di informazioni elettroniche rilevanti in un contesto legale. Le nuove tecnologie avanzate realizzano l'apprendimento automatico e l'analisi predittiva di un gran numero di documenti e sono chiaramente utilizzate per velocizzare il processo di e-discovery. (tipo B)
  1. Chatbot Legali:
  • I chatbot legali sono automi verbali che utilizzano l'intelligenza artificiale (IA) per rispondere alle domande legali comuni, quindi assistendo gli utenti nella compilazione di documenti legali o fornendo informazioni di base sulle leggi. Possono essere operare su siti web, su piattaforme di messaggistica e su altre interfacce. (tipo B)
  1. Intelligenza Artificiale (IA) per la previsione legale:
  • Si tratta di sistemi hardware e software che usano algoritmi di machine learning, utilizzati per analizzare dati giuridici storici e per predire gli esiti delle cause legali. L’IA legale può assistere gli avvocati nella valutazione delle probabilità di successo e nella formulazione di strategie legali. (tipo B)
  1. Piattaforme di Gestione dei Documenti Legali:
  • Sono sistemi avanzati di gestione documentale, che organizzano, condividono e facilitano l’accesso ai documenti legali. L'uso di particolari tecnologie di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR), inoltre, consente lo snellimento della ricerca, della lettura e dell'analisi di documenti digitalizzati. (tipo A)
  1. Blockchain nel Settore Legale:
  • La tecnologia blockchain è già oggi in grado di garantire la sicurezza e l'integrità dei documenti legali, nonché di facilitare transazioni sicure e tracciabili. (tipo B)
  1. Automazione dei Processi Legali:
  • L'automazione nei processi legali ripetitivi concerne la redazione di documenti, la gestione delle scadenze e la preparazione di documenti standard. (tipo A)
  1. Piattaforme di Collaborazione Online:
  • Sono Strumenti di collaborazione online, che permettono la formazione di team di avvocati, capaci di lavorare insieme in tempo reale, in remoto e facilitando la condivisione di informazioni e la gestione comune dei casi. (tipo A)

Queste tecnologie e servizi legali avanzati possono avere un risvolto inaspettato sulla prassi degli operatori del diritto, ancora inesplorata: la rivoluzione della “matematica del diritto”. Non è un semplice cambiamento nello stile di lavoro (come p.e. dato dall’uso di strumenti come i file elettronici,  la computerizzazione di tutte le fasi professionali, la funzione ancillare di app, cellulari, intelligenza artificiale, comunicazioni telematiche, ecc.), ma anche una rivoluzione sulla materia quotidiana del lavoro del giurista, cioè sull’“incertezza”  o “vaghezza” o “flessibilità qualitativa” del diritto con cui egli opera. Una vaghezza che, da sempre, dà lavoro letteralmente a tutti i giuristi, impegnati a ridurla o ampliarla nei loro concetti, nelle loro espressioni linguistiche e nei loro atti (norme, leggi, atti di governo). Senza trascurare il fatto che la cifra della flessibilità interpretativa, della certezza “semantica”, è da sempre anche il normale  status qualitativo dei testi scritti delle norme, delle sentenze, dei contratti.

Per cui sarebbe veramente rivoluzionario poter quantificare la certezza o incertezza giuridica, specie sotto l’azione della diffusione di alcune tecnologie avanzate comparse negli USA, le quali hanno portato a cambiamenti radicali nel modo in cui gli studi legali operano negli Stati Uniti. Si tratta di tecniche e tecnologie la cui efficienza, riduzione dei costi e aumento scalare delle opportunità di servizio ai clienti, sta stravolgendo, infatti, proprio il rapporto personale ed il ruolo umanistico del consulente e difensore.


 Approfondimento: le Analisi Bayesiane in campo legale

Nel contesto legale le analisi statistiche bayesiane, partite come meri strumenti di ausilio alle normali attività umanistiche dei giuristi (che gestiscono tradizionalmente la vaghezza linguistica delle norme), hanno nel tempo superato la loro funzione iniziale. Giungendo ad essere adoperate per valutare la probabilità di successo di una causa o per analizzare dati giuridici complessi. Inoculando, per prime, il germe della “misura” della certezza giuridica, della verosimiglianza delle prove e dell’affidabilità statistica, potenzialmente, di tutte le valutazioni del giurista (legislatore, governatore, giudice, avvocato, giurato, ecc.).

Il principio su cui si basano è la valutazione della probabilità di un evento futuro basandosi sulle informazioni attuali e passate. Essendo tecniche prevalentemente analitiche degli esiti di un giudizio indipendente di esseri umani (operatori di giustizia come giudici e avvocati), le analisi bayesiane sono chiaramente del tutto ancillari. Almeno inizialmente.

Nel contesto legale degli Stati Uniti, vari studiosi hanno scritto in merito all’utilità delle analisi bayesiane, tra di essi spiccano:

  1. David L. Faigman
  2. Daniel L. Rubinfeld
  3. Richard D. Friedman

Innanzitutto, David L. Faigman (professore di legge presso l'Università della California, Hastings College of the Law) ha esplorato i punti di contatto tra la statistica bayesiana e il sistema giuridico. In particolare, nei suoi scritti ha tematizzato il valore bayesiano della prova giuridica, l’uso nel diritto di questa inferenza statistica e la sua affidabilità scientifica nei procedimenti giudiziari.

Seguendo l’autore, l’uso ancillare che si può fare di un’analisi bayesiana, nei processi, è quello di quantificare l’affidabilità della “crescita” o “diminuzione” della convinzione soggettiva dei giudici davanti alle prove sostenute da evidenze empiriche.[1]  

Ma andiamo per gradi; l'espressione comune del teorema di Bayes è, secondo Faigman, la seguente:

p(I/E) =  p(E/I)p(I)  /  p(E/I)p(I) + p(E/non-I) p(non-I)

Si tratta del teorema elaborato da Thomas Bayes (matematico e ministro presbiteriano britannico nel ‘700) e nel campo legale e processuale esso può valutare la plausibilità o verosimiglianza “p” delle ipotesi “I” alla luce dell’esperienza “E”.[2] L’esperienza E è data dalle prove legali esibite, I invece è il grado di confidenza ipotetico con cui il giudice è p.e. convinto della colpevolezza di un imputato sotto processo. Il teorema mostra come le ipotesi devono mutare il loro grado di credibilità alla luce delle prove (probabilità condizionata), ma anche come le prove mutano il loro grado di verosimiglianza alla luce della loro rilevanza ai fini delle ipotesi. Questa doppia inferenza statistica misura l’efficacia e rilevanza delle prove in modo probabilistico.[3]

Ora, l’espressione del teorema può essere ulteriormente chiarita come segue. Supponiamo che un ipotetico giudice (o avvocato o giurato) ritenga, prima di ascoltare la testimonianza o la documentazione o la perizia dell'esperto (o altra singola prova), che l’imputato sia colpevole al 40%. Dunque la sua convinzione è la probabilità p(I) = 40% (probabilità soggettiva), il cui inverso sarà, allora, un 60% che non lo sia, cioè p(non-I). L’espressione p(I/E), alla sinistra del segno =, invece, rappresenta il modo in cui la probabilità di I è modificato o condizionata da quella di una prova legale pro o contro la tesi del 40%. Quindi p(I/E) esprime una probabilità c.d. condizionale che le prove smentiscano o corroborino l’ipotesi accusatoria.

Ora, il teorema dice che la probabilità condizionale p(I/E) è calcolabile per mezzo dell’espressione a destra del segno =, cioè p(E/I)p(I)  /  p(E/I)p(I) + p(E/non-I) p(non-I).

Quest’ultima lunga formula è composta da due parti. La prima parte, alla sinistra del segno divisione “/”, dice che la verosimiglianza della prova E condizionata dalla convinzione I, cioè p(E/I) è quella probabilità condizionale (inversa) che le prove siano scartate o assunte dall’ipotesi a-priori del giudice. p(E/I) è, inoltre, un giudizio di rilevanza che il giudice tratta come un evento indipendente rispetto alla sua ipotesi a-priori p(I). Il che va quindi espresso dalla probabilità composta dei due eventi indipendenti, cioè p(E/I) p(I).

Quest’ultimo giudizio di rilevanza composto, p(E/I)p(I), secondo il teorema di Bayes, va ora condizionato a ciò che sta alla destra del segno “/”.  Va diviso per p(E/I)p(I) + p(E/non-I) p(non-I).

Quest’ultimo tratto di espressione va decodificato. Dicendo che il giudizio di rilevanza del giudice, composto con le sue ipotesi a priori p(E/I)p(I) è condizionato, cioè va corretto, alla luce della comparazione tra tale giudizio p(E/I) p(I) e (+) la confutazione empirica  p(E/non-I) p(non-I) fornita al giudizio del giudice dalle prove del processo.

In conclusione e in pratica, più aumenta l’esperienza, più essa determina il peso probabilistico p(I/E) alla sinistra del segno =, nel senso di corroborare l’ipotesi (valori tendenti al 100%) oppure confutarla (valori tendenti allo 0%).

Facciamo un esempio numerico: p(I) è sulla base delle prove già acquisite (o anche prima di qualsiasi istruttoria) un 40%. Le nuove prove E sono invece verosimili, ma molto poco, cioè al 5%.

Allora, anche il giudizio di rilevanza sarà il 5%. Infatti, p(E/I) p(I) = (5% / 40%) 40% = 5%.

Sotto il segno “/”, invece, si trova la comparazione:

p(E/I)p(I) + p(E/non-I) p(non-I) = 5% + (5% / 60%) 60% = 10%.

Questa lunga formula ci permette di correggere il primo giudizio di rilevanza a posteriori del giudice, cioè il gruppo p(E/I) p(I) = (5% / 40%) 40% = 5%.

Se poi aggreghiamo tutti i valori otteniamo che p(I/E)= 5% / 10% = 50% , che è il giudizio finale del giudice, naturalmente a posteriori, cioè dopo l’esame di tutte le prove.

A questo punto, è facile constatare che si è stati in grado di misurare un cambiamento. Il giudizio iniziale o a priori del giudice p(I)=40%, alla luce delle prove del processo è passato dal valore iniziale 40%, attraverso la corroborazione empirica, al pur sensibile valore, incrementato, p(I/E)=50%. Il fatto notevole è, infatti, che basti per passare da un 40% al 50%, una semplice prova legale dotata di una confidenza o verosimiglianza anche di solo il 5%...E che questo apporto quasi trascurabile, possa essere sia rilevato sia, per la prima volta misurato.

Le analisi bayesiane, in conclusione, mostrano come l’esperienza delle prove portate in giudizio modifichi “sempre” la percentuale di probabilità di una convinzione verso un’ipotesi probatoria. E che questa “credibilità” o probabilità soggettiva della prova sia “misurabile”. In modo anche fine.

Ora, un sondaggio di Faigman ha, però, accertato nei processi americani (trials) che tra i giurati (si potrebbe congetturare anche tra i giudici e gli avvocati) non vi sia una consapevolezza neanche accennata dell’utilità o utilizzabilità delle analisi bayesiane. E in particolare, anzi, che gli operatori della giustizia, che non abbiano una formazione matematica, non siano in grado di apprezzare e/o usare queste analisi nella valutazione della prova. Affidandosi anziché al valore di più esatti giudizi quantitativi a giudizi qualitativi del tutto incerti.[4]

Si può anzi supporre, in forma generalizzata ed universale, che tutti gli  operatori giuridici, avvocati, giudici, parlamentari, governanti e legislatori interpretino, applichino, modifichino ed eseguano il diritto, non sole le prove, per mezzo di convinzioni soggettive il cui grado di credibilità statistico o la cui verosimiglianza non sia mai “misurata” matematicamente. L’estensibilità delle analisi bayesiane a molteplici se non tutti i campi del diritto è desumibile da una lista, secondo R.D. Friedman dei loro possibili impieghi:

        1. concettualizzare, come ampiamente già spiegato, il valore probatorio di un elemento di prova (in qualsiasi processo civile, penale, amministrativo, tributario, costituzionale, dei diritti umani, d’equità, ecc.);
        2. concettualizzare e determinare lo standard di persuasione (uso talmente ampio da toccare persino la politica);
        3. trattare sommatorie di probabilità di eventi tra loro dipendenti e quelle composte di eventi indipendenti (una duplice congiunzione di probabilità che permette di trattare quasi qualsiasi complesso resoconto di casi giuridici);
        4. misurare e valutare tipi non standardizzati di prove, come indizi, prove “per sentito dire”, fatti notori, di dominio pubblico, prove lacunose e presunte;
        5. valutazione di ipotesi di rischio in contesti legali come le assicurazioni, le concentrazioni oligopolistiche e quelle monopolistiche (un campo a metà tra diritto ed economia, cui si è dedicato Daniel L. Rubinfeld, professore di legge ed economia presso la University of California, Berkeley);[5]
        6. euristica degli errori di valutazione probatoria del pubblico ministero, del giudice, degli avvocati, dei giurati e di qualsiasi operatore del diritto, sia all’interno di argomentazioni processuali sia di motivazioni di sentenze sia in generale di qualsiasi atto giuridico, anche contratti, leggi e atti amministrativi.[6]


Scetticismo verso il modello bayesiano del ragionamento giuridico sulle prove

Concorda con i risultati di Faigman anche Richard D. Friedman, un professore di legge presso l'Università del Michigan Law School, noto per i suoi scritti sulle questioni probatorie e sulla statistica bayesiana. Ha, infatti, esplorato come questa analisi possa influenzare la valutazione della prova nei procedimenti penali e risposto ad alcune obiezioni scettiche degli esperti di dottrina giuridica americana.

Una tipica obiezione è quella per cui le inferenze bayesiane userebbero la statistica solo per misurare l’incertezza soggettiva del giurista nella valutazione delle prove, ma non darebbero informazioni oggettive sulla certezza di un fatto e della relativa prova.[7] Friedman ha replicato, con l’argomento pragmatico per cui le liti non sussisterebbero se si disponesse di una conoscenza oggettiva (una sorta di onniscienza) nei fatti penali o civili. Per cui è chiaro che le ipotesi soggettive e la relativa incertezza siano sia costitutive dei processi sia ineliminabili. Al contrario, poter misurare con analisi bayesiane il grado percentuale di corroborazione o confutazione di un’ipotesi soggettiva alla luce di una prova (verosimile in senso oggettivo) è un fattore di persuasione utile dal punto di vista sociale. Inoltre, l’utilità sociale sarebbe essa stessa misurabile da specifiche funzioni (d’utilità marginale).[8]

Un’altra sottile, ma importante obiezione esaminata da Friedman è quella per cui l’analisi bayesiana di un caso penale richiede che l’ipotesi accusatoria, cioè l’incolpare di un crimine un imputato, debba sempre essere, per ovvie ragioni matematiche, diversa e maggiore di 0% per poter essere calcolata. Ciò renderebbe però qualsiasi analisi bayesiana incompatibile con il processo penale, che si basa sulla presunzione di innocenza (cioè sulla credibilità dell’ipotesi accusatoria = 0%). Friedman ha risposto che pragmaticamente nel teorema di Bayes sono sole le prove a corroborare o confutare una presunzione di innocenza (esattamente come nel caso di una presunzione di colpevolezza), per cui formalmente la presunzione di innocenza diversa e maggiore di 0% è indistinguibile da un’ipotesi accusatoria (diversa o maggiore di 0%). Anzi, le analisi bayesiane sarebbero legittime per calcolare entrambe le ipotesi complementari, senza sminuire il principio penale dell’innocenza presunta sino a prova contraria.[9]

Friedman ha anche risposto all’obiezione che le analisi bayesiane aggiungerebbero complessità e difficoltà di calcolo (o persino aumento esponenziale e intrattabilità del calcolo) nell’esame di casi già normalmente complessi come quelli giuridici. L’autore ha sostenuto che le analisi dei casi giuridici in realtà sarebbero sempre schematiche, anche in forma bayesiana. Anzi queste ultime sarebbero capaci di semplificare in modo utile la complessità naturale delle questioni di colpevolezza ed innocenza (penali e civili).[10] In modo non diverso da quello che farebbero le eventualmente “rivali” analisi umanistico-linguistiche dei giuristi. Le quali peraltro neanche sarebbero rivali di quelle bayesiane. Infatti, i principi del teorema di Bayes sono formulabili anche in modo puramente verbale, come nella spiegazione della sua equazione di cui al precedente par. 2.[11]


Ragionamento bayesiano e controllo logico matematico sull’operato del giurista

Il seguente è un modello congetturale di “ragionamento bayesiano” e controllo “logico-matematico” sull’operato del giurista. Infatti, risolte le obiezioni sull’uso processuale delle analisi bayesiane, specie quelle sulla eventuale eccessiva complessità del calcolo, allora, le valutazioni di probabilità bayesiana del tipo p(I/E) possono essere ripetute sistematicamente o “algoritmicamente”.

Nel senso che un singolo ragionamento o calcolo sulla probabilità condizionale o verosimiglianza empirica dell’ipotesi giudiziale I alla luce della singola prova E, può costituire la base a priori dell’esame di una seconda prova E2. Ciò equivale a trattare il singolo calcolo come un algoritmo che si ripete a loop. Dove la nuova ipotesi I2 è la precedente valutazione p(I1/E1)incorporata in un successivo calcolo p(I2/E2).

  1. p1(I1/E1) → p2(I2/E2) → p3(I3/E3) → p4(I4/E4) → …

Questo tipo di algoritmo “ricorsivo” (che si ripete), valuta in successione le singole prove del processo, ne permette la comparazione e compone un “ragionamento bayesiano complesso”, che simula il ragionamento giudiziale del magistrato sulle prove.

Su questo gruppo si potrà poi comparare la probabilità delle singole prove ed ordinarle. Scrivendo una disequazione (ordine progressivo) delle probabilità “pi(B)” (probabilità i-esima bayesiana) o dei gradi di credibilità di singole prove (dove p1 è minore di p2, questa di p3, ecc.). P.e. ordinando la verosimiglianza della prova delle tracce ematiche della vittima, rispetto a quella del DNA dell’aggressore, rispetto alla testimonianza di un testimone oculare, ecc.:

  1. p1(B) <p2(B) < p3(B) < p4(B) <…pn(B); ad es. 5% < 10% < 34% < 40% <…[ciò permette di scegliere le prove più affidabili]

Ottenuta, questa comparazione, il ragionamento bayesiano complesso del giudice dovrebbe poter sommare i gradi di credibilità delle singole prove, al fine di avere un giudizio sommatoria delle singole pi(B), se le prove sono “dipendenti tra loro” (indizi gravi precisi e concordanti), p.e. DNA dell’aggressore sulla vittima e prova del guanto di polvere da sparo sulle mani del criminale (più altre prove dipendenti):

  1. p1(B) + p2(B) + p3(B) + p4(B)…pn(B); ad es. 40% + 34% + 10% + 5% = 89%  [I gradi di credibilità aumenteranno per addizione, tendendo al 100%].

Se invece le prove sono “indipendenti tra loro” (indizi gravi e precisi, “ma non concordanti”), si potranno combinare i gradi probabilità mediante un giudizio produttoria delle singole pi(B), cioè un prodotto delle percentuali, la c.d. probabilità composta, che riguarda p.e. DNA dell’aggressore, indipendentemente dalla testimonianza (contraria) di un terzo testimone oculare (più altre prove indipendenti):

  1. p1(B)  p2(B) p3(B) p4(B)…pn(B); ad es. 40% 34% 10% 5% = 0,007%  [I gradi di credibilità diminuiranno per divisione tendendo allo 0%].

L’analisi bayesiana scandita nelle tre operazioni b), c) e d) vede il giudice (l’avvocato o il giurato) prima scegliere le prove in b), poi corroborare una tesi con prove concordanti in c) e infine criticare la propria teoria accusatoria per mezzo di prove indipendenti che non concordano in d). Fin qui sono stati dati esempi per le prove penalistiche, ma con pochi adattamenti il ragionamento potrebbe applicarsi anche alle prove civili (e di altri tipi di istruttoria).

Riassuntivamente, il giudizio finale deriverà dalla successione delle prove in a), dalla loro selezione, se superiori ad una certa soglia percentuale di credibilità, p.e.  pi > 4%, nella fase b),  poi dal calcolo delle prove dipendenti tra loro, 89% in c), nonché di quelle indipendenti, 0,007%, in d). Infine, costruito questo impianto probatorio  e la sua verosimiglianza bayesiana per singola fase, si sommeranno le probabilità delle prove dipendenti tra loro e di quelle indipendenti, 89% + 0,007% = circa 89% (89,007%), ottenendo un giudizio bayesiano complessivo. Il giudizio finale sulle prove con questo punteggio finale, infatti, deriva dalla somma dei gradi di credibilità in a), b), c) e d). Sempreché le prove, in tutte queste fasi, corrispondano a fonti di prova generalmente rilevanti rispetto alle ipotesi accusatorie del giudice del tipo generale p(E/I).

Ciò permetterebbe ad un giudice, un avvocato o un giurato di formulare un giudizio matematico sulla validità delle prove; cosa che al momento non avviene, per ragioni culturali ben evidenziate dalle indagini empiriche su un campione di giuristi americani da parte di David L. Faigman. Dato che gli operatori di giustizia sono abituati per tradizione giurisprudenziale a dare valutazione qualitative e pesi, talvolta del tutto ingiustificati, a questa o quella prova (ora il testimone oculare, ora la prova del DNA e simili).[12]


Matematica bayesiana del diritto e responsabilità degli operatori del diritto

Se l’esame delle prove seguisse le analisi bayesiane questo aspetto, integrato in semplici software o app di uno smartphone, desktop o server (ne esistono già oggi alcuni, come p.e. Lawptimize, Legal Risk Management 2.0, The Mediator's Assistant, The 30-Minute Case Evaluator, Bayesialab 7, ecc.), permetterebbe di

  1. calcolare l’esattezza dei giudizi su “singole” prove di giudici, avvocati o giurati, che siano,
  2. controllare il valore numerico della “credibilità aggregata” di tali giudizi,
  3. introdurre “nuovi motivi di censura” per gli errori di istruttoria, mediante reclamo, appello e cassazione (ulteriori rispetto a quelli già oggi codificati),
  4. infine, con un opportuno scarto culturale, dare una sostitutiva traduzione matematico-statistica di un atto giurisprudenziale così fondamentale come lacomplessiva motivazione probatoria” delle sentenze.

L’ultima opzione (n.4) farebbe delle analisi bayesiane, anziché un’attività ancillare dell’attività dei giuristi, persino una base per la traduzione matematica di importanti porzioni del giudizio di rito e di merito processuale in leggi ed equazioni numeriche, suscettibili di costituire base per la “responsabilità”, professionale, patrimoniale ed eventualmente penale e morale degli operatori di giustizia (quali che essi siano, giurato, avvocato, giudice, legislatore, governatore, ecc.). Sottraendo all’incertezza vaste aree dell’annoso problema “quis custodiet ipsos custodes?”, che vede i custodi della legge, del governo e delle sentenze spesso protetti dalla vaghezza di un misterioso e sacrale potere di giudizio. Non per nulla reso costituzionalmente indipendente e “supremo”, in assenza di qualsiasi controllo pratico che restituisca a tali poteri una statura democratica.

 

[1] La formula di Bayes e la spiegazione sono dedotte, insieme ai commenti  matematici, dall’articolo Faigman, D. L., & Baglioni Jr, A. J. (1988). Bayes' theorem in the trial process: Instructing jurors on the value of statistical evidence, “Law and Human Behavior”, 12(1), p. 2. Le altre considerazioni filosofico-giuridiche, in forma generale ed universalizzata a tutti gli  operatori giuridici,  sono dell’autore del presente contributo. Per una panoramica ed una spiegazione elementare dell’inferenza di Bayes vedi anche Zalta, E.N. (a cura di), Bayes' Theorem, “Stanford Encyclopedia of Philosophy”, Stanford (US), Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.

[2] Friedman, R. D. (1999). A presumption of innocence, not of even odds, “Stan. L. Rev.”, 52, 873-887, p.874.

[3] Sui concetti di verosimiglianza delle proposizioni probabilistiche dell’esperienza E vedi Boes, D.C., Graybill, Mood (1988). Introduzione alla Statistica, Italia, McGraw-Hill Libri. Sull’efficacia e rilevanza delle prove v. Friedman, R.D. (2002). A Very Brief Primer on Bayesian Methods in Evidence, “AALS Section on Evidence Newsl.”, 3, pp-3-4.

[4] Faigman, D. L., & Baglioni Jr, A. J. (1988), cit., p. 4-14.

[5] Rubinfeld, D. L., & Rodgers, G. B. (1992). Evaluating the injury risk associated with all-terrain vehicles: An application of Bayes' rule, “Journal of Risk and Uncertainty”, 5, 145-158.

[6] Friedman, R. D. (1997). Towards a (Bayesian) convergence?, “The International Journal of Evidence & Proof”, 1(special), 348-360, p.348.

[7] Friedman, R. D. (1997). Answering the Bayesioskeptical challenge, “The International Journal of Evidence & Proof”, 1(special), 276-291, p.277.

[8] Friedman, R. D. (1997), Answering the Bayesioskeptical challenge, cit., pp.278, 279.

[9] Friedman, R. D. (1997), Answering the Bayesioskeptical challenge, cit., pp. 285,286

[10] Friedman, R. D. (1996). Assessing evidence, “Review of Statistics and the Evaluation of Evidence for Forensic Scientists”, 1810-1838, pp.1817-1819.

 

[11] Friedman, R. D. (1997). Towards a (Bayesian) convergence?, “The International Journal of Evidence & Proof”, 1(special), 348-360.

[12] Faigman, D. L., & Baglioni Jr, A. J. (1988), cit., pp. 4-7