Come compromettere il successo di un ottimo libro: far scrivere una recensione a Luca Attias!

Nello Iacono
Nello Iacono

Come compromettere il successo di un ottimo libro: far scrivere una recensione a Luca Attias!

 

Il libro su cui mi appresto (in tutta umiltà) a scrivere – “Le sfide della società onlife. I rischi della rivoluzione digitale e le competenze indispensabili per affrontarla.” (Nello Iacono, 2023) –, rispetto al precedente dello stesso autore – “E-leadership. Come guidare la trasformazione (digitale) della PA.” (Nello Iacono, 2021) –, possiede un valore aggiunto straordinario, tanto che, in maniera molto schietta e diretta, ve ne consiglio la lettura senza alcun indugio. Mi riferisco anche al fatto che l’ottima prefazione non l’ho scritta io! Tra l’altro, è stata scritta da Agostino Santoni. Ciò significa, volendo fare una trasposizione cinematografica, che sarebbe come passare da Alvaro Vitali a Marcello Mastroianni (nella speranza che nessuno dei pochissimi lettori della presente recensione avvisino il famoso “Pierino”).

Non è certo un caso che io, in qualità di Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale, abbia deciso senza esitare di mettere a capo del progetto “Repubblica Digitale”, e di tutto ciò che ne derivava, proprio Nello (be’, sarò pur riuscito a fare qualcosa di buono anch’io). Sottolineo che, nella suddetta occasione, era la prima volta che si tentava di affrontare strutturalmente il tema delle competenze digitali a livello governativo.

In questa mia recensione mi limiterò ad alcuni spunti e ad alcune suggestioni, ben consapevole che l’opera di Nello è oggettivamente molto più profonda e articolata. Bene, fatte queste doverose premesse, andiamo dritti al punto.

Una delle parti del libro che ho trovato più intriganti è quella contenuta nel quarto capitolo, intitolato: “Democrazia e consapevolezza digitale: cosa rischiamo”, che tratta con un certo rigore, tra l’altro, l’annoso tema della disinformazione.

Intanto, partiamo da qualche citazione dal libro:

“Le fake news sono pericolose per la democrazia perché danneggiano la partecipazione informata dei soggetti alla vita pubblica e hanno tanto più impatto quanto più i cittadini rimangono, per l'inadeguatezza della propria consapevolezza digitale, sull’acquisizione superficiale dell’informazione, non approfondendola e anche amplificandone la diffusione. E questo accade con maggiore probabilità per chi utilizza solo i social network come fonte informativa.”

“… coloro che, utilizzando i social media come principale ambiente digitale (oggi il 90% dei giovani europei nella fascia 16-24 anni e il 50% della popolazione europea), finiscono per considerarli la principale fonte di informazione, con elevati rischi per lo stesso dialogo democratico”

Sebbene avessi ben chiara l’esistenza del problema, personalmente non conoscevo quest’ultimo indicatore che, non lo nascondo, mi ha creato un senso di angoscia e preoccupazione – che, fortunatamente, vivo sempre come stimolo costruttivo – e che mi conferma quanto la scuola – non solo quella italiana – non sia stata, e ad oggi ancora non sia, minimamente resiliente alla pervasività e alla dinamicità del digitale.

A proposito di disinformazione, negli ultimi anni mi ha affascinato, e inquietato allo stesso tempo, la crescita esponenziale del complottismo, la quale è avvenuta parallelamente alle mie frequentazioni più o meno stabili con le diverse squadre di Governo e, quindi, parallelamente all’incremento della mia lucida consapevolezza sul fatto che non ci sia mai stato in Italia – almeno negli ultimi anni, ma suppongo neppure prima – un Governo che fosse in grado, seppur embrionalmente, di complottare qualcosa.

Altre citazioni tratte dal libro:

“Comprendere cos’è informazione falsa e cosa non lo è diventa sempre più difficile e quindi allo stesso modo si eleva l’asticella per la sua confutazione. Anche disponendo dei necessari servizi indipendenti di fact-checking, ci vuole sempre maggiore capacità di analisi, sempre maggiore competenza,”

“Senza un adeguato livello di competenza, discernere l’informazione vera da quella falsa diventa molto difficile, con danni sui processi sociali, democratici ed economici.”

Quest’ultima frase è al centro dell’ottimo lavoro svolto da Nello in questi ultimi anni e, in piccola parte, anche del mio. Solo incrementando la consapevolezza e le competenze digitali dei cittadini si potranno massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi dovuti alla pervasività del digitale.

Le origini del fenomeno della disinformazione sono più o meno le stesse che hanno causato lo sviluppo degli hater, o degli hacker, o delle fake news di prima generazione. Sebbene alla base della disinformazione possano esserci ragioni di varia natura (economiche, politiche e financo criminali), fin troppo spesso i più sofisticati atteggiamenti, così come i peggiori istinti – quelli più prossimi alla natura primitiva dell’essere umano –, emergono grazie al presunto anonimato che il Web sembra garantire e che contribuisce in modo sostanziale a rendere il fenomeno della disinformazione capillarmente diffuso e, quindi, difficilmente controllabile e quantificabile, sia oggi che in prospettiva futura.

Quanto sta recentemente avvenendo nel campo dell’intelligenza artificiale può far assumere a questo, e ad altri fenomeni, dimensioni enormi e svolte imprevedibili.

Gli esempi forniti da Nello – fatti e concretezza sono due punti di forza del libro –, inerenti alla potenziale manipolazione dell’informazione da parte di applicazioni di IA ad elevata qualità (e non solo), sono comprensibili, forti, plausibili e, per questa ragione, molto efficaci. Non so se fosse nell’intenzione dell’autore, ma creare in chi legge uno stato emotivo di seria preoccupazione – direi quasi un senso di urgenza –, a mio avviso, è pienamente giustificato e molto efficace.

Ulteriore citazione tratta dal libro:

“In un mese, tra maggio e giugno 2023, NewsGuard ha riscontrato che sono triplicati (da 49 a 150) i siti web di notizie e informazioni inaffidabili generate dall’intelligenza artificiale”

Per esempio, i deepfake – sofisticati file audio e video generati dall’IA che, riuscendo ad imitare in maniera convincente persone reali, rendono sempre più complicato discernere la realtà dalla finzione – rappresentano una minaccia consistente per l’autenticità dei contenuti online. La tecnologia alla base dei deepfake è già piuttosto avanzata, ma, come costantemente avviene, per una sorta di legge di “azione e reazione”, lo sono sempre di più anche gli strumenti e le tecniche per rilevarli in tempi estremamente contenuti.

Per arginarne gli impatti – lo abbiamo già accennato, ma preferiamo ribadirlo – bisognerebbe agire, in primis, sulla consapevolezza e le competenze dei cittadini.

Il libro viene pubblicato in un anno nel quale si è discusso forse più di IA che di qualsiasi altro argomento ed è stato trattato – a proposito di competenza – molto spesso a sproposito. Di fatto, ne ha parlato “chiunque”, mentre Nello nel libro ne parla con cognizione di causa, con contenuti seri e non neutri e con una modalità narrativa che trovo piuttosto innovativa. Il tema centrale del dualismo rischio-opportunità è, in realtà, alla base dell’intero processo di trasformazione digitale e, aggiungerei, del concetto stesso di innovazione.

In questo ambito, quello di cui sono personalmente certo è che non si può fermare un fiume in piena con il solo uso delle mani, così come – credo risulti ovvio a tutti – nessuna norma e nessuna moratoria riuscirà mai a fermare l’innovazione e lo sviluppo tecnologico.

Il tema è riuscire a trovare in quest’ambito il giusto – ed evidentemente difficilissimo – compromesso tra la tutela dei sacrosanti diritti di ciascuno e lo sforzo di non relegare, ad esempio, l’Europa ad un ruolo marginale – il che sta oggettivamente già avvenendo – nei settori in cui è più probabile si decideranno le sorti dell’intero pianeta.

Deve essere altresì chiaro che non è solo una questione di equilibrio tra: attenzione all’individuo, business e sistema Paese; esiste anche un’enorme questione di economie di scala e un tema linguistico, fin troppo spesso trascurato. Dobbiamo anche ammettere con onestà, che l’Unione europea, nel suo vero e più profondo significato, è ancora inesistente e, comunque, lontanissima dall’essere attuata a trecentosessanta gradi: ciò contribuisce ogni giorno di più a farci diventare inconsapevoli consumatori della tecnologia prodotta da altri.

Un antico proverbio cinese dice: “Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono un riparo, altri costruiscono un mulino a vento” e – aggiungo io – ci sarà sempre qualcuno che utilizzerà quello stesso vento per i propri scopi criminali.

In questo ambito, ritengo possa essere esemplificativo ed evocativo citare la scena finale del film “Oppenheimer” (Christopher Nolan, 2023) inerente ai tremendi dubbi etici dello scienziato statunitense e al relativo dialogo con Einstein. Quando i due fisici discutono circa l'impatto che la bomba avrà sul mondo intero, Oppenheimer confessa ad Einstein che, già mentre la bomba era ancora in costruzione, dai calcoli effettuati si temeva potesse accidentalmente creare una reazione a catena che avrebbero portato l'intero universo verso la sua inevitabile fine. Einstein risponde ai ricordi di Oppenheimer con un semplice: "E allora?"

Inesorabile arriva l’ultima affermazione di Oppenheimer: "Penso che lo abbiamo fatto", mentre sullo schermo vengono mostrate scene apocalittiche del nostro pianeta che viene distrutto dalle moderne armi nucleari.

Quanto paventato da Oppenheimer, ad oggi, non è ancora accaduto (almeno non completamente) e, onestamente, non so se il grande fisico statunitense all’epoca avrebbe mai scommesso qualcosa sulla esistenza della Terra ai giorni nostri (per quanto forse neppure il Proietti-Mandrake di “Febbre da Cavallo” sarebbe stato così perverso da scommettere sulla fine del Pianeta).

Ritengo che gli scenari ai quali, ipoteticamente, potrà portare l’IA rendono quel dialogo drammaticamente attuale, e ciò che sta già avvenendo nel mondo potrebbe rappresentarne un valido indicatore.

Prima di passare ad altro tema, ci tengo in questo ambito a ringraziare il grande Christopher Nolan che ha voluto, gentilmente e molto opportunamente, sincronizzare l’uscita del suo ultimo capolavoro cinematografico con l’uscita del libro di Nello.

Anche in questa opera di Nello è comunque centrale il tema delle competenze digitali e di e-leadership.

A far data dall’arrivo in Italia di Diego Piacentini, siamo riusciti a mettere il digitale costantemente al centro dell’Agenda del Paese, ma ancora non siamo riusciti a farlo per le competenze digitali, almeno nei termini in cui andrebbe invece fatto.

Come già in precedenza, partiamo da una citazione tratta dal libro di Nello per ricollegarci anche al tema della disinformazione di cui abbiamo appena trattato:

“Dai recenti dati internazionali emerge che il livello di percezione degli italiani sul pericolo della disinformazione è ancora basso. E forse questo fatto è collegabile alla “questione digitale”. Il digitale, infatti, sembra ancora non del tutto percepito nei suoi benefici, nelle sue opportunità ma soprattutto nella sua dimensione trasversale, fondamentale per l’equilibrio e lo sviluppo sociale ed economico, in cui il contrasto alla disinformazione diventa il caso emblematico con cui si misura la nostra maturità e consapevolezza.

Da più di 20 anni, cerco con onestà intellettuale e semplicità di occuparmi del tema delle competenze digitali e lo faccio “in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo” (come canterebbe Valerio Scanu che, ci tengo a sottolinearlo per non inficiare le vendite del suo libro, non è il cantante preferito da Nello).

Voglio evitare, quindi, di ripetere cose che ho già detto migliaia di volte. Sento però la necessità di sottolineare in un paio di frasi la seguente mia ferma convinzione: l’educazione alla cittadinanza digitale dovrebbe essere una vera e propria materia scolastica, totalmente nuova, e pertanto insegnata da docenti formati “ad hoc”, specializzati per fasce d’età degli studenti, spiegata in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Inoltre, tutti i corsi di laurea dovrebbero prevedere nel proprio corso di studi almeno un esame inerente alla trasformazione digitale.

Negli ultimi anni mi sono concentrato nell’approfondire il tema di quelle che ritengo essere le tre caratteristiche fondamentali del digitale: pervasività, dinamicità e giovinezza. Il libro di Nello tiene queste caratteristiche continuamente presenti e le cita, qua e là, in particolare le prime due. Qualora fosse di vostro interesse, ulteriori considerazioni sulla giovinezza e sull’incompetenza digitale – che pure è uno dei temi trattati nel libro – le potete trovare su questa stessa testata: “La giovinezza del digitale e l’elogio dell’umiltà”.

Secondo me, l’esigenza di un approccio filosofico e sociologico, derivante dalla giovinezza del digitale, è strettamente legata al mismatch culturale: pensare di poter metabolizzare, e conseguentemente gestire in modo pieno, corretto e consapevole, un fenomeno così recente, caratterizzato da una travolgente dinamicità e da una illimitata pervasività, è impresa insensata per antieroi incoscienti e pericolosi.

Una delle conseguenze peggiori, derivante da quanto appena detto, è stato – e lo è a tutt’oggi – la totale alienazione di molti decisori politici e top manager in merito alla fattibilità dei progetti di trasformazione digitale. Durante la mia carriera ho molto spesso incontrato (ahimè!) questi personaggi che pretendevano di imporre obiettivi irrealistici sulla base del potere a loro conferito. Delirio di potere che andava a sommarsi in modo maldestro e deleterio con la loro assoluta e totale mancanza di competenze e buon senso.

Richiamo spesso il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, perché nel nostro Paese ritengo sia uno dei rarissimi politici che abbia compreso fino in fondo la trasformazione ad oggi in atto. Ricordo che nel messaggio in occasione della cerimonia del suo secondo Giuramento (Roma, 03 febbraio 2022), Mattarella mise in evidenza come la dignità sia:

  • Diritto allo studio;
  • Lotta all’abbandono scolastico;
  • Annullamento del divario tecnologico e digitale.

Ebbene, penso che questa dichiarazione del Presidente si sposi perfettamente con quanto da me precedentemente affermato in merito a scuola ed università.

Abbiamo parlato da una parte di fare filosofia sul digitale e dall’altra di fattibilità; ebbene, uno degli aspetti personali che ho sempre apprezzato di Nello è il suo pragmatismo e determinazione nel fissare e raggiungere obiettivi che fossero realizzabili: la chiave vincente nei processi di trasformazione digitale è appunto quella di saper coniugare un umile approccio filosofico con una profonda aderenza alla realtà.

Un’ultima citazione, tanto per concludere:

“Nonostante questa situazione sia sempre più chiaramente cruciale per governare le leve determinanti per decidere la direzione del futuro, i temi del digitale rimangono in una sfera marginale e accessoria, tecnica e di supporto, mentre il tema delle competenze rischia di essere ancora trattato in modo frazionato e circoscritto, quasi asfittico e non centrale nel suo necessario approccio organico, dalla scuola al contesto sociale e lavorativo. Invece che in una dimensione di ecosistema, per superare quella che si può ritenere a tutti gli effetti la “questione competenze”.