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Decreto Caivano: sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 27-bis D.P.R. 448/1998

(percorso di rieducazione del minore)
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Decreto Caivano: sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 27-bis D.P.R. 448/1998 (percorso di rieducazione del minore)

 

Premessa

Con il d.l. 15 settembre 2023, n. 123, recante Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale, sono state introdotte numerose misure finalizzate a dissuadere dal tenere comportamenti contrari alla legge e prevedere specifici percorsi di reinserimento e rieducazione del minore, autore di condotte criminose.

Le novità più rilevanti hanno riguardato il processo penale minorile e, per la parte che introduce alla ordinanza del Gip di Trento in commento, la previsione dell'articolo 27-bis con il quale è resa possibile la messa alla prova sin dalla fase delle indagini. A parere del giudice remittente, tuttavia, la celerità e la razionalizzazione del processo minorile, così come delineati dalla nuova normativa, rischiano di comprimere “quegli strumenti, propri di un sapere scientifico-pedagogico, necessari ad assicurare quell’approccio personalistico indispensabile per garantire al trattamento giurisdizionale minorile la sua finalità educativa”.

 

L' art. 27-bis del Codice del processo penale minorile ( introdotto dall'art. 8, comma 1, lettera b) del D. L. 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159).

L'art. 8 del cosiddetto Decreto Caivano, ha introdotto il nuovo testo dell'art. 27-bis, finalizzato a regolamentare un peculiare “percorso di rieducazione del minore”, cioè una nuova forma di definizione anticipata del procedimento penale. Dalla lettura della Relazione dell'Ufficio studi del Senato, si evince che l'art. 27-bis rappresenta una versione semplificata della messa alla prova ordinaria dalla quale, tuttavia, si differenzia perchè ha una durata ridotta, per la minore gravità dei reati e per l'attribuzione dell'iniziativa di promozione del progetto in capo al P.M. L'istituto trova applicazione nella fase delle indagini preliminari e cioè in una fase anticipata rispetto a quella processuale vera e propria e, in ciò, può desumersi un primo elemento comune con la messa alla prova ordinaria. Il Pubblico Ministero, nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, notifica al minore e all’esercente la responsabilità genitoriale l’istanza di definizione anticipata del procedimento subordinata alla condizione che il minore acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale sulla base di un programma rieducativo che preveda, sentiti i servizi minorili di cui all’articolo 6 e compatibilmente con la legislazione sul lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da uno a sei mesi. Rispetto alla versione originaria del decreto, va evidenziato il carattere facoltativo dell'iniziativa del P.M. e l'innalzamento del periodo di durata del percorso rieducativo. E' stato  modificato anche il tempo, (da trenta a sessanta giorni), per il deposito del programma rieducativo, dalla notifica dell’istanza del pubblico ministero, il quale, una volta ricevuto lo trasmette al giudice al fine di fissare l’udienza per deliberare il provvedimento di ammissione del minore al percorso di reinserimento e rieducazione: in sede di conversione, il legislatore ha inserito il riconoscimento esplicito della necessità di una valutazione giudiziale relativa alla congruità del percorso di reinserimento e rieducazione, stabilendo altresì la sospensione del processo per tutta la durata corrispondente al percorso. Il quarto comma dell'art. 27-bis prescrive che in caso di interruzione o di mancata adesione al percorso, i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia sono tenuti ad informare il giudice, il quale fissa l’udienza in camera di consiglio e, sentite le parti, adotta i provvedimenti conseguenti. Per l'ipotesi di rifiuto del minore all'accesso al percorso o nel caso di interruzione dello stesso, senza giustificato motivo, il giudice restituisce gli atti al P.M. che può procedere con richiesta di giudizio immediato anche fuori dai casi previsti dall'art. 453 c.p.p. Terminato il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza in camera di consiglio nella quale, tenuto conto del comportamento dell’imputato e dell’esito positivo del percorso rieducativo, dichiara, con sentenza, estinto il reato. In caso contrario, restituisce gli atti al pubblico ministero, che può procedere, anche in questo caso, con richiesta di giudizio immediato anche fuori dei casi previsti dal richiamato articolo 453 c.p.p.

 

L'ordinanza del Gip di Trento: il Decreto Caivano “produce una risposta giurisdizionale di tipo sanzionatorio piuttosto che di tipo educativo”.

Con ordinanza del 6 marzo 2024, il Gip di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 27-bis, così come inserito dall'art. 8, comma 1, lettera b) del decreto legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, per violazione degli articoli 3 e 31 della Costituzione.

Il procedimento dal quale è scaturito il provvedimento oggetto del presente contributo, trae origine da una lite in famiglia intervenuta tra padre e figlio minore il quale avrebbe minacciato il genitore con un coltello da cucina. A seguito dell'interrogatorio del minore, il P.M. notificava la proposta di definizione anticipata del procedimento ( ai sensi dell'art. 27-bis, comma I, d.P.R. n. 448/1988), al minore, all'esercente la responsabilità genitoriale ed al difensore, al fine della redazione del programma rieducativo da depositarsi presso la procura minorile, entro sessanta giorni dalla notifica. Tuttavia, il difensore dell'indagato chiedeva una proroga del termine evidenziando l'opportunità di un intervento dei servizi sociali, sì da analizzare la situazione familiare e personale del minore. Il P.M. rigettava la richiesta di proroga del deposito del programma rieducativo, in quanto la norma di cui all'art. 27-bis non prevede alcuna ipotesi in tal senso. Prendendo atto di ciò, la difesa del minore depositava una proposta di progetto educativo condivisa dal servizio sociale territoriale, consistente nello svolgimento di un'attività di volontariato all'interno di un centro di aggregazione. Il P.M. disponeva la trasmissione del programma al Gip per la fissazione dell'udienza in camera di consiglio. Udienza fissata con ordinanza del 12.02.2024. Il Gip ha ritenuto di sospendere il processo e di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 27 bis, chiarendo che, egli stesso, ai sensi del terzo comma dell'art. 27-bis, per poter deliberare sull'ammissione del minore al percorso di reinserimento, deve valutare la congruità del percorso medesimo ai fini dell'emissione dell'ordinanza di ammissione, oltre a stabilire la durata e la sospensione del processo per il tempo corrispondente. Tuttavia, per il Gip, nel caso de quo, non è possibile offrire una valutazione sul se le ore di volontariato previste dal piano rieducativo, abbiano realizzato una qualche forma di maturazione del ragazzo, stante le insufficienti informazioni specifiche circa l'ambiente familiare e amicale, la frequenza scolastica o lavorativa, le condizioni di salute generale. La difficoltà nel ricostruire il contesto di vita del giovane, emergeva anche laddove la sua stessa difesa richiedeva al P. M. minorile una proroga del termine per il deposito del programma, seppur non prevista dalla normativa. Per il Gip, dunque, mancano gli elementi base per valutare se il contenuto del programma rieducativo sia congruo rispetto al fine richiesto dal processo penale minorile. L'unica valutazione, allo stato esperibile, riguarda la proporzionalità tra il contenuto del programma proposto dalla difesa del minore e i fatti per i quali si procede, valutazione che porta solo all'applicazione pura e semplice della tipologia e della gravità del reato contestato, legata ad una logica esclusivamente retributiva e non anche educativa, come richiesto dal processo minorile. A parere del Gip di Trento, l'art. 27-bis “ introduce nel sistema penale minorile una risposta trattamentale solo unilateralmente educativa ma che nella sostanza riesuma una funzione prettamente retributiva, determinando allo stesso tempo delle possibili disparità di trattamento”, in aperto contrasto con quanto richiesto dall'art. 31, comma secondo, Cost., secondo cui qualsiasi trattamento punitivo nei confronti di un minore è ammesso solo laddove abbia un fine educativo.

La peculiarità della procedura di cui all'art. 27-bis, è la significativa riduzione dei tempi e delle forme processuali. Il primo comma prescrive che: “ durante le indagini preliminari, il pubblico ministero, quando procede per reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, se i fatti non rivestono particolare gravità, può notificare al minore e all'esercente la responsabilità genitoriale la proposta di definizione anticipata del procedimento”. L'istituto, dunque, riceve applicazione solo per quei reati connotati da un lieve grado di offensività e proprio questo presupposto applicativo lo accomuna con l'istituto della sentenza di non lugo a procedere per irrilevanza del fatto, ex art. 27 del d.P.R. n. 448 del 1988 la quale, tuttavia, richiede che il reato si presenti come un accadimento occasionale, isolato, nel percorso di crescita del giovane. Invece, l'art. 27 bis viene applicato in tutte quelle ipotesi in cui “ l'agito deviante, per quanto di lieve entità, non può dirsi occasionale”, tanto da richiedere una risposta trattamentale giudiziaria.

Il Gip osserva che già nella fase prodromica, cioè di redazione della proposta del programma rieducativo, manca un reale approfondimento del contesto in cui si muove l'esistenza del minore impedendo, di conseguenza, la redazione di un programma personalizzato in grado di rispettare le specifiche esigenze pedagogico-rieducative. L'art. 27-bis, invece, prescrive che il progetto rieducativo venga redatto sulla base della tipologia e della gravità del reato contestato e non sulle esigenze di recupero del minore. Di conseguenza, il contenuto del programma educativo si baserà sulla tipologia e sulla gravità del reato per cui si procede, secondo valutazioni proporzionalistiche, tipiche di una concezione retributiva della risposta ordinamentale. Per il remittente, inoltre, la carenza di informazioni utili per la stesura del programma rieducativo si accompagna alla tempistiche ristrette previste dal legislatore e cioè sessanta giorni tra la data della notifica della proposta da parte del P.M. minorile e la presentazione del progetto. Da ciò emerge anche la scarsa attenzione riservata ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia ai quali viene demandato un ruolo secondario e marginale in quanto non coinvolti nell'elaborazione del programma ma solo all'individuazione di quelle attività finalizzate al completamento del programma predisposto da altri, quali “ i lavori socilamente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti del terzo settore o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza” ( art. 27-bis, comma 1). Con riferimento alle fasi di ammissione e di valutazione conclusiva del progetto, ambedue sono di competenza del Gip e non del giudice collegiale “ formato ai sensi dell'art. 50 bis, comma II del r.d. n. 12 del 1941, che prevede all'interno del Collegio la presenza, accanto al Giudice togato, di un uomo e di una donna esperti in ambito psico-pedagogico”. Per il giudice remittente, la nuova disposizione non tiene conto della giurisprudenza costituzionale e di legittimità formatasi sull'importanza della presenza della componente onoraria all'interno dell'organo giudicante, nel processo penale minorile, processo che ha da sempre rappresentato lo strumento per offrire al minore un’occasione per emanciparsi dalle cause che hanno indotto l’atto deviante, in nome   “dei  precipitati costituzionali secondo cui la Repubblica protegge la gioventù ed è suo compito rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

Alla luce di queste indicazioni, qui riportate in estrema sintesi, il Gip di Trento, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 27-bis, del d.P.R. n. 448 del 1988, così come inserito dall'art. 8, comma 1, lettera b) del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, per violazione degli articoli 3 e 31 della Costituzione.