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Un caso remoto di tutela dei diritti linguistici Saami nella Russia del Nord

con alcuni riferimenti storico-comparativi
diritti linguistici dei Saami
diritti linguistici dei Saami

La preservazione delle lingue indigene, incluse quelle dei popoli artici e subartici, passa (anche) attraverso il loro insegnamento precoce ai bambini che appartengono alle rispettive comunità etniche aborigene. Si può, anzi, configurare un vero e proprio diritto dei bambini ad apprendere la loro lingua madre nelle istituzioni scolastiche.

 

Calando queste affermazioni nel peculiare contesto russo, troviamo che vi è soltanto una scuola nella Federazione Russa dove i bambini possono imparare la lingua Saami nell’ambito dell’istruzione primaria. Tale istituzione scolastica è attiva nel villaggio di Lovozero[1], nell’Oblast[2] di Murmansk (Penisola di Kola, Russia nord-occidentale).

 

Tra i 47 popoli indigeni del Nord, della Siberia e dell’Estremo Oriente ufficialmente riconosciuti dalla Federazione russa[3], i Saami hanno in effetti la proporzione di una miniatura. Secondo l’ultimo censimento pan-russo del 2010, essi costituiscono una comunità indigena formata da 1771 persone, delle quali 1599 residenti nell’Oblast di Murmansk[4]. Il distretto di Lovozero, che è incluso nell’Oblast di Murmansk, a sua volta comprende l’insediamento urbano di Revda nonché quattro villaggi, vale a dire Lovozero, Kanevka, Krasnoshchelye e Sosnovka. Per effetto dello spostamento delle popolazioni perseguito in epoca sovietica[5], i Saami si trovano concentrati nel distretto di Lovozero, dove risiedono (secondo il censimento sopra menzionato) 873 Saami, pari all’8 per cento della popolazione complessiva del distretto, che ammonta a 3161 persone. In particolare, nel villaggio di Lovozero i residenti di etnia Saami sono 725, ossia il 23 per cento della popolazione del villaggio medesimo[6].

Nella Federazione Russa, quantomeno “sulla carta”, la protezione delle lingue minoritarie, tra cui quelle dei piccoli popoli indigeni del Nord, viene assicurata.

Vi sono, in primo luogo, gli strumenti di diritto internazionali, ratificati dalla Russia. Essi comprendono: l’articolo 5 della Convenzione UNESCO contro la discriminazione nell’istruzione del 1960, l’articolo 7 della Convenzione ONU sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1965, l’articolo 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, gli articolo 28-30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, l’articolo 28 della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 169 del 1989 concernente i popoli indigeni e tribali nei Paesi indipendenti, l’articolo 14 della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali del Consiglio d’Europa del 1995, l’articolo 8 della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie del Consiglio d’Europa del 1992. Accanto a queste, che sono fonti internazionali vincolanti, vi sono inoltre le fonti internazionali non-binding. Tra di esse, principalmente, l’articolo 4 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone che appartengono a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche del 1992, nonché l’articolo 14 della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni del 2007[7].

Tutto a posto, dunque? Non proprio, e infatti sia il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite che il Comitato per i diritti del bambino dell’ONU, quest’ultimo incaricato di monitorare l’attuazione della Convenzione onusiana sui diritti del fanciullo (v. supra), hanno ripetutamente affermato che le previsioni del diritto internazionale relative ai popoli indigeni non sono applicate in maniera adeguata nella Federazione Russa.

Vanno forse meglio le cose sul piano del diritto interno della Russia?[8] Sì e no. Vediamo meglio. Premesso che il settore dell’istruzione rientra nella competenza concorrente della Federazione e dei soggetti federati, e che i secondi regolano la materia nella misura in cui la stessa non sia già disciplinata a livello federale[9], bisogna subito aggiungere che nell’Oblast di Murmansk non è stata approvata una legge sulla tutela della lingua Saami. La normativa rilevante si trova, dunque, nella legge federale sull’istruzione nella Federazione Russa del 29 dicembre 2012, n. 273[10], e precisamente nell’articolo 10 dove sono dettati i criteri della istruzione generale primaria. In base a tali previsioni, l’istruzione impartita ai bambini nelle istituzioni scolastiche di livello primario deve essere comunque in lingua russa, con la possibilità di corsi opzionali, ossia extracurriculari, nelle diverse lingue delle comunità etniche alle quali viene riconosciuta autonomia. In conformità a queste previsioni, nella scuola primaria di Lovozero, dopo la conclusione delle lezioni in lingua russa, è possibile seguire il corso opzionale di «Lingua, storia, cultura e folklore del popolo Saami».

La scuola primaria di Lovozero, unica in Russia a impartire l’insegnamento su lingua e cultura Saami (v. ante), come ha realizzato questo obiettivo pedagogico?

Qualche riferimento storico, per ricordare che la scuola primaria di Lovozero venne fondata nel 1890; il primo insegnante fu il prete ortodosso del villaggio, e il secondo uno studente di teologia. Le lezioni scolastiche si svolgevano dall’autunno al mese di aprile dell’anno successivo, in quanto i Saami avevano uno stile di vita nomadico e con l’arrivo della bella stagione si spostavano nella tundra a seguito delle renne. Nel 1917, gli alunni erano settanta. Nel 1922, la scuola iniziò a impartire l’istruzione anche agli adulti. Nel 1960, la scuola contava centottanta discenti.

Quanto all’insegnamento della lingua Saami, se fu probabilmente all’inizio soltanto strumentale ad avviare gli alunni verso l’apprendimento della lingua russa, utilizzata quasi esclusivamente per l’istruzione primaria, esso venne invece espressamente soppresso in epoca sovietica, in conformità ai programmi di “russificazione” – fondati su politiche (e ideologie) di monolinguismo e assimilazione (neo-coloniale)[11] – della popolazione Saami locale, che portarono alla proibizione dell’uso della lingua Saami tra il 1935 e il 1955[12].

Le politiche sovietiche verso le minoranze[13] si saldarono, peraltro, con quelle dell’epoca zarista, le quali furono caratterizzate dall’atteggiamento paternalistico riassunto nell’espressione protego ergo obligo[14]. Nell’impero russo, con particolare riguardo alla riflessione storiografica tardo-imperiale (1880-1916), il colonialismo non era però visto, come per esempio nelle esperienze coloniali britannica e francese, in termini di conquista esterna, bensì come riconquista interna, riappropriazione di sé[15].

Un parallelismo, semmai, potrebbe porsi tra le concezioni imperiali (e coloniali) della Russia zarista, poi continuate, perfezionate e portate a compimento nel diverso ordinamento politico dell’URSS (c.d. due Russie, quella di prima e quella di dopo il 1917), da un lato, e quelle dell’impero cinese, dall’altro lato[16]. Ne consegue che, in Russia, il processo di colonizzazione era considerato positivo, sia pure non mancando alcune voci critiche. Se, infatti, la maggior parte degli intellettuali e della classe dirigente pensava all’impero in chiave imperialista, considerando “naturale” che lo Stato russo governasse popoli non-russi, vi era tuttavia l’opposizione di pochi socialisti anti-impero, come anche di ancora meno numerosi nazionalisti russi anti-impero[17]. Il lascito di questa concezione traspare anche nel tempo presente[18].

In Russia, infatti, manca tuttora il riconoscimento da parte del governo centrale che i popoli indigeni e le loro terre furono conquistati dall'impero zarista. Il problema, dunque, è che il Governo russo non si è mai riconciliato con le popolazioni indigene per il passato coloniale, mentre invece, sul piano comparativo, si rileva che gli altri Paesi dell’Artico hanno tentato, per quanto talvolta in maniera non pienamente soddisfacente, di effettuare la riconciliazione nazionale, nonché di fornire una sorta di ammenda alle loro popolazioni indigene.

Anche attualmente, del resto, non mancano le tensioni tra i russi “etnici”, che palesano a volte una mentalità “soviet-type”, e gli appartenenti ai popoli indigeni, ovvero tra coloro che abitavano i territori “prima” (“first”) e quelli che sono arrivati “dopo” (i c.d. incomers). È stato osservato, per esempio, che nel corso di un seminario[19] tenutosi nell’Università di Arcangelo (Russia del Nord) davanti a studiosi (di etnia russa) che hanno dedicato la loro intera vita alle indagini sui popoli indigeni dell’Artico, allorché si è iniziato a parlare della lotta dei popoli autoctoni, tra cui i Saami, per il riconoscimento dei diritti sulle terre, i presenti hanno mostrato non poca insofferenza, contestando l’oratore e affermando che i popoli aborigeni dovrebbero avere “gratitudine” per lo Stato russo, che ha portato loro l’alfabeto e altre utilità, tutte cose che hanno “migliorato” le loro vite[20].

Questa impostazione si discosta, ed è anzi in antitesi, rispetto ai movimenti globali sia dei diritti umani (in generale) che dei diritti indigeni (in particolare). Ciò dimostra altresì che, in Russia, siamo ben lontani dalle esperienze dei Paesi di common law, dove agli indigeni sono riconosciuti, in base tanto a norme costituzionali quanto a trattati, diritti di proprietà, singola e collettiva, sulle terre di tradizionale insediamento[21].

In Russia, invece, i popoli indigeni non sono affatto considerati “sovrani”, e quindi il Governo non entra in trattative con i loro esponenti. Non vi è proprietà indigena delle terre, ma soltanto eventuali diritti di uso, sempre però revocabili dalle autorità federali. Se i diritti alla terra dei popoli indigeni (in Russia e non soltanto) fanno parte della loro personalità giuridica costituzionale speciale, ovvero rappresentano un elemento essenziale del loro status giuridico, allora l’imperfezione della legislazione in questo settore può portare alla violazione dei diritti dei popoli indigeni[22].

A questo aggiungiamo, sul piano comparativo della rappresentanza (etno-)politica, che mentre in Norvegia, Svezia e Finlandia vi sono i Parlamenti Saami, ufficialmente riconosciuti dai rispettivi Governi nazionali, tale istituzione per la rappresentanza etnica indigena è tuttora assente nella Federazione Russa[23]. Gli attivisti Saami che si battono per l’istituzione del Parlamento Saami in Russia sono spesso accusati di «separatismo», nonché di essere eterodiretti dall’estero, specialmente dal Parlamento Saami della Norvegia.

Tornando al caso di Lovozero, l’insegnamento della lingua Saami venne comunque ripreso nel 1976, con effetto dal 1977, unicamente però come corso secondario o supplementare. Nel periodo post-sovietico, è stato quindi attivato presso la scuola primaria di Lovozero l’insegnamento extracurriculare di «Lingua Saami», impartito con questa denominazione (evidentemente centrata su linguistica e apprendimento linguistico) dal 1994 fino al 2013.

Una significativa modificazione dell’insegnamento linguistico Saami presso la scuola primaria di Lovozero ha avuto luogo nel 2014[24]. Il corso extracurriculare ha riacquistato la denominazione di «Lingua, storia, cultura e folklore del popolo Saami». La durata massina del corso è stata fissata in quarantacinque minuti su base settimanale, che implicano circa quaranta ore annuali.

Il punto fondamentale è rappresentato dal fatto che il corso in esame viene svolto utilizzando pressoché esclusivamente la lingua russa, dal momento che anche la lingua Saami viene insegnata in russo, con una utilizzazione quanto mai rarefatta della lingua indigena.

I cambiamenti non sembrano avere incontrato il favore degli alunni, o meglio delle loro famiglie. Il numero massimo di discenti iscritti (per il primo anno) al corso facoltativo è stato di sedici nell’anno scolastico 2011-2012, mentre nell’anno 2016-2017 si è raggiunto il livello minimo, con nessun iscritto al corso (sempre per il primo grado).

I motivi dell’insuccesso possono essere diversi. Per un verso, la facoltatività del corso nonché la sua collocazione oraria dopo la conclusione degli insegnamenti obbligatori certamente non invoglia alla frequenza. In secondo luogo, è assai probabile che venga ritenuto preferibile apprendere altre lingue, come per esempio l’inglese, piuttosto che la lingua indigena. In terzo luogo, non è agevole neppure trovare insegnanti competenti e motivati, poiché la materia è complessa e – si ripete – non obbligatoria. Infine, e forse soprattutto, il corso impartisce nozioni culturali, ma in definitiva non è focalizzato sull’insegnamento della lingua Saami.

La lezione che, conclusivamente, si può trarre dal remoto caso della scuola primaria di Lovozero, utile per avere indicazioni comparatistiche relative alla rivitalizzazione delle lingue indigene attualmente in pericolo di estinzione[25], è che la scelta di “diluire” l’insegnamento linguistico in un “contenitore” culturale più ampio, specialmente quando il corso è extracurriculare e con poche ore assegnate, non giova all’obiettivo di consentire ai discenti di apprendere i principi fondamentali della lingua aborigena, sia scritta che orale[26].

 

[1] In alfabeto cirillico, Лово́зеро.

[2] In cirillico, Область, che costituisce un ente territoriale decentrato (corrispondente grosso modo alle nostre regioni).

[3] V. O. Murashko, J. Rohr, Russian Federation, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2020 (34ª ed.), Copenhagen, International Work Group for Indigenous Affairs (IWGIA), 2020, p. 557 ss. Sul piano normativo, cfr. il decreto del Governo federale russo (cirill. Постановление Правительства РФ) n. 255 del 24 marzo 2000, come modificato da ultimo il 26 maggio 2020, «Sull’elenco unificato delle minoranze indigene della Federazione Russa», in cirillico «О Едином перечне коренных малочисленных народов Российской Федерации».

[4] Gli altri Saami sono residenti principalmente nell’area di San Pietroburgo.

[5] V. А. Afanasyeva, Forced relocations of the Kola Sámi people: background and consequences, Tromsø, Faculty of Humanities, Social Sciences and Education - University of Tromsø, 2013.

[6] Lovozero è conosciuta come la “capitale” della Lapponia russa.

[7] Cfr. E.A. Zmyvalova, Indigenous Children’s Right to Learn Their Mother Tongue at School: Implementation and Realization in Russia, in Arctic Review on Law and Politics, 2015, p. 151 ss., dove analisi relativa in particolare ai Nenets della Siberia, nonché più recentemente, della stessa autrice, The Place of Indigenous Languages in the Russian System of School Education: A Legal Analysis, in Yearbook of Polar Law, vol. 10, 2018, p. 75 ss.  Sul valore dell’istruzione nella Russia del Nord, v. A.L. Sinitsa, The education system development as a factor in the demographic growth of the Far North of Russia, in Arctic and North (pubbl. edita dalla Northern (Arctic) Federal University (NArFU) di Arcangelo, Russia), n. 37, 2019, p. 18 ss.

[8] Con riferimento alla situazione dei Saami nella Russia settentrionale, sia consentito rinviare a M. Mazza, La protezione dei popoli indigeni nella Russia del Nord, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2003, p. 1850 ss.; Id., I Saami della Russia settentrionale: una condizione giuridica (ancora) difficile, in Filodiritto, 26 marzo 2020 (www.filodiritto.com).

[9] Sulla recente riforma costituzionale, approvata mediante il voto pan-russo del 1° luglio 20202, v. A. Di Gregorio, Dinamiche di contesto e caratteristiche generali della Legge di Emendamento della Costituzione della Russia del 14 marzo 2020, in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, 2020, n. 1, p. 140 ss.; M. Ganino, Tempi e modi rituali della revisione costituzionale di Putin. Continuità e varianti?, ivi, 2020, n. 1, p. 178 ss. Con riguardo alle competenze esclusive e concorrenti nell’ordinamento federale russo, v. L. Favoreu et alii, Droit constitutionnel, Paris, Dalloz, 2020, 22ª ed., sub n. 620. Secondo la dottrina russa, si tratta di un modello dualistico, basato – anche dopo la riforma costituzionale – su una combinazione di princìpi di centralizzazione e decentramento; cfr. L.T. Chikhladze, A.A. Larichev, The dualistic model and “rational centralization” as factors of the effective funcioning of local government within the Russian public authority mechanism, in RUDN (University) Journal of Law, 2020, n. 2, p. 233 ss. Per le competenze federali e regionali in materia di lingue minoritarie, cfr. S. Jankiewicz, N. Knyaginina, F. Prina, Linguistic Rights and Education in the Republics of the Russian Federation: Towards Unity through Uniformity, in Review of Central and East European Law, 2020, p. 59 ss. Dal 2017, si assiste a una centralizzazione del sistema educativo, con una corrispondente riduzione del multilinguismo nelle scuole russe.

[10] Федеральным законом от 29.12.2012 N 273-ФЗ «Об образовании в Российской Федерации», che ha avuto attuazione, a livello regionale, mediante la legge dell’Oblast di Murmansk n. 1649-01 del 28 giugno 2013, dal titolo «Sull’istruzione nell’Oblast di Murmansk» (cirill. «Об образовании в Мурманской области»), modificata più volte (da ultimo il 30 aprile 2020). Ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale, la stessa utilizza i concetti e i termini di base così come definiti dalla legge federale.

[11] Ne ha discusso, nella prospettiva sia diacronica che sincronica, F. Privitera, Lingua e identità: monolinguismo e plurilinguismo nello spazio politico della Russia, seminario tenuto il 10 dicembre 2019 presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Bologna.

[12] Cfr. A. Afanasyeva, Boarding School Education of the Sami People in Soviet Union (1935–1989): Experiences of Three Generations, Tromsø, UiT – The Arctic University of Norway, 2018, p. 162 ss., sub Sami language prohibitions and renouncing Sami origin.

[13] Per un quadro giuridico, sia diacronico che sincronico, v. C. Filippini, La reintroduzione dei termini «minoranze nazionali» negli ordinamenti della Federazione di Russia e dell’Ucraina in prospettiva comparata, in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, n. 1/2020, p. 6 ss.

[14] Vedasi A. Etkind, Internal Colonization. Russia’s Imperial Experience, Cambridge, Polity, 2011.

[15] V., sul punto, A. Etkind, How Russia ‘Colonized Itself’. Internal Colonization in Classical Russian Historiography, in International Journal for History, Culture, and Modernity, 2015, p. 159 ss. Fa riferimento al «plurisecolare processo di appropriazione e di contatto con gli allogeni delle periferie», A. Franco, Popolamento e colonizzazione della Siberia in età zarista (fine Ottocento-inizio Novecento), in Studi Slavistici, 2011, p. 61 ss, spec. alla p. 63. V. anche A. Kappeler, Centro e periferie dell’Impero russo, in Rivista Storica Italiana, 2003, p. 419 ss.; A. Masoero, Autorità e territorio nella colonizzazione siberiana, ivi, 2003, p. 439 ss. Nell’ottica comparativa, cfr. M. Ferro, Colonialisme russe-soviétique et colonialismes occidentaux: une brève comparaison, in Revue d’études comparatives Est-Ouest, 1995, n. 4, p. 75 ss., il quale osserva che i Russi sono il solo popolo a considerare la colonizzazione come l’essenza stessa della loro storia (v. alla p. 76).  

[16] V. P. Daffinà, L'Asia interna russa: genesi di un dominio coloniale, in Rivista degli studi orientali, 1990, n. 3-4, p. 275 ss. Secondo l’autore, l’impero russo è «perfettamente analogo e simmetrico» all’impero cinese (cfr. alla p. 275).

[17] Cfr. W. Sunderland, The ‘Colonization Question’: Visions of Colonization in Late Imperial Russia, in Jahrbücher für Geschichte Osteuropas, n.s., vol. 48, 2000, p. 210 ss.

[18] V., infatti, l’analisi di M. Khomyakov, Russia: Colonial, anticolonial, postcolonial Empire?, in Social Science Information, 2020, p. 225 ss.

[19] Non è possibile purtroppo indicare la data, ma l’intervista relativa è del marzo 2020 (v. la nota che segue).

[20] V. l’intervista a Kara Kathleen Hodgson, dal titolo Indigenous voices and security in the Russian North, in New Eastern Europe, 19-3-2020, online all’indirizzo https://neweasterneurope.eu.

[21] Sulle tradizioni come fonti normative, in relazione alle popolazioni indigene, v. G. de Vergottini, Tradizioni costituzionali e comparazione: una riflessione, in Rivista AIC, 2020, p. 296 ss., spec. alle pp. 300-301.

[22] Vedasi N.N. Averyanova, A.P. Anisimov, G.N. Komkova, Debatable Issues on Land Rights Protection of Indigenous Small-numbered Peoples of the North, Siberia and the Far East of the Russian Federation, in International Journal on Minority and Group Rights, ediz. online 2021, pp. 1-20.

[23] Nel 2010 è stata creata l’Assemblea Saami della Penisola di Kola, che non ha finora ottenuto il riconoscimento del Governo russo, né di quello dell’Oblast di Murmansk.

[24] Per l’esattezza, con decorrenza dall’anno scolastico 2013-2014.

[25] Il problema è all’attenzione della comunità internazionale, tanto è vero che il 18 dicembre 2019 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deliberato che il decennio 2022-2032 sarà dedicato alle lingue indigene. La menzionata risoluzione onusiana è stata adottata alla fine del 2019, proclamato dall’Assemblea generale dell’ONU (nel 2016) anno internazionale delle lingue indigene-IYIL2019 (v. la nota dal titolo UN designates the period between 2022 and 2032 decade of Indigenous languages, in https://www.highnorthnews.com, 7-1-2020). La proposta di proclamare il decennio delle lingue indigene era stata approfonditamente discussa nel corso della 12ª sessione dell’Expert Mechanism on the Rights of Indigenous Peoples (EMRIP), svoltasi da 15 al 19 luglio 2019 a Ginevra (specialmente negli interventi di Coly Seck, Presidente dello Human Rights Council, nonché di Mona Rishmawi, che dirige la sez. Rule of Law, Equality and Non-Discrimination dell’Office of the UN High Commissioner for Human Rights-OHCHR). Su vantaggi e limiti delle iniziative nazionali in subiecta materia, v. M. Watson, Evaluating the Benefits of State-Led Language Preservation Efforts, in International Journal on Minority and Group Rights, 2020, p. 410 ss. In particolare, sul fatto che le lingue dei Saami (di cui esistono almeno quattro varianti: Kildin Sámi, Ter Sámi, Skolt Sámi e Akkala Sámi) siano «seriamente minacciate» di estinzione, v. E. Scheller, The Sámi L anguage Situation in Russia, in R. Grünthal, M. Kovács (Eds.), Ethnic and Linguistic Context of Identity: Finno-Ugric Minorities, Helsinki, University of Helsinki, Department of Finnish, Finno-Ugrian and Scandinavian Studies (in finlandese: Helsingin yliopisto, Suomen kielen, suomalais-ugrilaisten ja pohjoismaisten kielten ja kirjallisuuksien laitos) -Finno-Ugrian Society (fin.: Suomalais-Ugrilainen Seura), 2011 (Uralica Helsingiensia, n. 5), p. 79 ss. Proprio da Lovozero, peraltro, vengono segnali di speranza (nell’ottica della rivitalizzazione delle lingue indigene Saami): v. E. Scheller, Kola Sami language revitalisation - opportunities and challenges, in K. Andersson (Ed.), L’Image du Sápmi, vol. II, Études comparées, Örebro, Örebro University, 2013 (Humanistica Oerebroensia. Artes et linguae, n. 16), p. 392 ss. A Lovozero si parla il Kildin Sami (per la scrittura del quale viene utilizzato l’alfabeto cirillico).

[26] Ovviamente, in un sistema scolastico (proprio dei) Saami, la lingua indigena avrebbe un ruolo centrale; v. K. Määttä, P. Keskitalo, S. Uusiautti, Making the Dream of a Sámi School Come True: Voices from the Field, in Journal of Language Teaching and Research, 2013, p. 443 ss.