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Una prima "riflessione" sull'applicazione ai compensi Avvocati del comma 457 della Legge di Stabilità

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Poiché iniziano a giungere numerosissime le richieste di "lumi" sull'applicazione dell'incomprensibile comma 457 della Legge di Stabilità 2014, si è studiata una soluzione interpretativa che possa essere rispettosa di quel che ha detto il legislatore (confusamente) con la legge di stabilità (oltre a quella speciale, più chiara), con la Costituzione e con gli indirizzi giurisprudenziali costanti in materia.

Proviamo dunque a riassumere i termini della questione, in attesa di verificare anche con le altre Associazioni e trasfondere in una Circolare da inviare ai Ministeri competenti, ANCI, Enti, ecc.

Una prima tesi, potrebbe svilupparsi nel senso di sostenere che - riferendosi il legislatore ad una legge abrogata e, dunque, inesistente nel panorama normativo italiano - il comma 457 è inapplicabile per abrogazione della norma di riferimento sottostante.

Al riguardo, sorregge il principio di "antinomia normativa", il quale prevede che per comporre i contrasti di cui è viziata una norma, si debbano utilizzare criteri determinati (cronologico, gerarchico, della competenza).

Ebbene, dall'uso dei criteri citati, il comma 457 non si salverebbe in ogni caso, atteso che l'abrogazione della norma su cui si fonda (RD 1578/1933), è precedente addirittura all'emanazione della Legge di Stabilità di oltre un anno!

Né vale il richiamo alle "(...) successive modificazioni", poiché la legge forense del 1933 non è "vigente con successive modificazioni", ma è proprio abrogata, essendo entrata in vigore una legge diversa, la L. n. 247/2012, la cui fonte di produzione non è fonte dotata della medesima competenza e collocata al medesimo livello gerarchico: la legge di stabilità è legge generale, la legge forense è legge speciale, di talché la norma precedente (L. 247/2012) non perde efficacia dal momento in cui entra in vigore la norma nuova (L. Stabilità 2014), ma semplicemente quella nuova non sarà applicabile alla disciplina speciale che voleva regolare con la norma abrogata (RD 1578/1933).

L'eventuale applicazione del comma 457, se portato al vaglio dell'autorità giudiziaria, dovrebbe avere come conseguenza l’annullamento, quale effetto della dichiarazione di illegittimità che un giudice pronuncia nei confronti di un atto o di una norma che egli ritenga invalido e cioè viziato perché non conforme alle norme prodotte dalla fonte speciale che lo disciplinano condizionandone la validità.

Quindi, mentre l'abrogazione - espressione del criterio cronologico - opera nel normale ricambio fisiologico dell'ordinamento, l'annullamento colpisce quelle situazioni patologiche che in esso si producono.

Una seconda interpretazione che è possibile costruire, relativamente alla "possibilità" di applicazione del comma in questione, necessita di prendere le mosse dal testo della norma:

“457. A decorrere dal 1º gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”,

In tale ipotesi le questioni potrebbero così svilupparsi.

In primo luogo occorre sgombrare il campo dagli equivoci che l’ultima “frase” contenuta nel comma 457 ha generato (“La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”), facendo sorgere da più parti il dubbio che la trattenuta dai compensi professionali non si applichi agli avvocati dipendenti degli enti territoriali, e agli enti di competenza regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano e del SSN.

IL COMMA 457 SI APPLICA ANCHE AGLI AVVOCATI DI QUESTI ENTI, COMPRESI GLI AVVOCATI DELLE PROVINCE DI TRENTO E BOLZANO E AL SERVIZIO SANITARIO. Ciò perché tale ultimo inciso si riferisce esclusivamente al versamento annuale delle somme “provenienti dalle riduzioni di spesa”, che - per queste ultime amministrazioni – non sono versate “ad apposito capitolo di bilancio dello Stato”, ma restano al bilancio delle amministrazioni medesime.

Conferma si trae dalla lettura dei lavori svolti nelle Commissioni competenti di Camera e Senato, rinvenibili sui rispettivi siti, nelle cui schede delle discussioni (nonché i dossier legislativi), è riportato quanto segue:

"I commi 6 e 7 dell’art. 11 (ora comma 457 art. 1) dispongono in materia di onorari degli avvocati della pubblica amministrazione. Il comma 6 dispone - dal 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016 - la riduzione al 75 per cento degli onorari liquidati in seguito a sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione, secondo quanto stabilito dall'Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore (regio decreto-legge n. 1578 del 1933), in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni compreso il personale dell'Avvocatura dello Stato. Le somme così risparmiate verranno versate annualmente in un apposito capitolo di bilancio dello Stato dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria (ad eccezione degli enti territoriali, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli enti regionali del Servizio Sanitario Nazionale, li trattengono nei propri bilanci)".

E’ dunque evidente che, qualora applicabile, tale comma interessi tutti gli avvocati pubblici di tutte le amministrazioni pubbliche a cui è “aggiunta” l’Avvocatura dello Stato, e non il contrario.

* * * * *

Nel merito

Preliminarmente, vista la tecnica redazionale particolarmente imprecisa della norma, si deve chiarire che la terminologia utilizzata dal legislatore trova il proprio corrispondente applicativo negli artt. 91 e 92 del c.p.c., ove è previsto che “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa”, e che in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, il giudice può compensare in tutto o in parte le spese del giudizio, avendo la quantificazione che il giudice effettua in sentenza una mera efficacia dichiarativa – sia che la liquidazione sia espressa, sia che sia compensata.

E’ dunque l’organo giudicante ad avere il potere fissato normativamente di “liquidare “ il compenso, o quantificandolo in un importo determinato o decidendone la compensazione se, a proprio insindacabile giudizio, ne ricorrano i presupposti.

Sicché, dalla esegesi del comma 457, si ricava che il termine “liquidato” deve essere ancorato alla “liquidazione giudiziale”, e dunque, ad una sentenza – atto pubblico. Ciò, oltre che essere un principio costante in giurisprudenza, è anche tecnicamente corretto, perché la “liquidazione” è un tipico potere giudiziale svolto nel processo. Al contrario, le amministrazioni pubbliche “erogano” retribuzioni o “corrispondono” (come indicato, infatti, dal comma in esame: “sono corrisposti nella misura del 75%”), somme a titolo di compensi professionali al personale delle Avvocature.

La recentissima giurisprudenza (Cons. Stato, IV, sent. 10.1.2014, n....), ribadisce lo jus receptum, secondo cui rientra nel concetto “liquidazione” non solo la quantificazione effettiva degli onorari, ma anche la compensazione delle spese processuali: “la statuizione del giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio e´ espressione di un ampio potere discrezionale insindacabile in sede di appello (...) neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di esercizio del potere discrezionale del giudice di merito quello dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime”.

Prosegue il Consiglio di Stato, “Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice abbia emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si sia limitato a dichiarare l´inammissibilità o l’improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio. Infatti, pure in tali ultimi casi sussiste pur sempre una soccombenza, sia pure virtuale, di colui che ha agito con un atto dichiarato inammissibile o improcedibile che consente al giudice di compensare parzialmente o totalmente le spese, esercitando un suo potere discrezionale che, nel caso specifico considerato, ha come suo unico limite il divieto di condanna della parte vittoriosa e che si traduce in un provvedimento che rimane incensurabile in cassazione purché non illogicamente motivato” (Cassazione civile , sez. lav., 27 dicembre 1999, n. 14576).

Detto principio è orientamento più volte predicato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha avuto modo di affermare che la statuizione del primo giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisca espressione di un ampio potere discrezionale (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).

Si evidenzia come, a maggior sostegno della correttezza della presente interpretazione, le pubbliche amministrazioni non hanno potere di liquidare compensi professionali a carico delle controparti (cfr. l’inciso che esclude dalla riduzione il 50% dei compensi liquidati a carico della controparte), come invece si è espresso il legislatore.

Pertanto, con la locuzione “compensi professionali liquidati” devono intendersi i compensi liquidati in sentenza, essendo la terminologia utilizzata dal legislatore, nel caso dei compensi professionali forensi, ancorata all’ambito di applicazione della norma alla liquidazione giudiziale.

Diversamente si assisterebbe ad interpretazioni arbitrarie, contrastanti con le norme processuali indicate e oltre il dato letterale.

Sui tempi di applicazione del comma 457

Sulla decorrenza, viste le sopra esposte argomentazioni, il comma 457 si applica alle note redatte ed alle somme riscosse su sentenze emesse dopo il 1 gennaio 2014. Di conseguenza, anche oltre il primo gennaio 2016 a tutte i compensi dovuti per sentenze emesse fino al 31 dicembre 2016.

Esso, quindi, dispiega effetti su tutti i compensi liquidati – anche in compensazione – da sentenze emesse successivamente al 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016.

Nessuna retroattività riferita a sentenze contenenti liquidazione di compensi professionali espressa o compensata depositate prima del 1° gennaio 2014 è rinvenibile nella legge di Stabilità; sicché, in assenza di espressa deroga, vale il principio generale che la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11, Preleggi).

Tale principio è correlato, quindi, all’applicazione del principio di competenza nell’imputazione delle somme in bilancio da parte delle pubbliche amministrazioni: il diritto al compenso professionale matura nel momento di deposito della sentenza (cfr. in tal senso la giurisprudenza, da ultimo: Trib. Bologna, Sez. Lavoro, sent. 25/11/2013).

Il legislatore, così facendo, ha operato nel rispetto del principio di “certezza” e dei principi e postulati che devono obbligatoriamente informare i bilanci pubblici (unità, annualità, universalità, integrità, veridicità, pubblicità): il riferimento del legislatore alla liquidazione giudiziale, consente una maggiore correttezza di bilancio, poiché ancorandolo alla sentenza-atto pubblico, rende trasparente e certe le fattispecie da sottoporre alla propria operatività.

Un cenno all’applicazione dell’ulteriore “decurtazione” per oneri riflessi – eccetto l’IRAP non dovuta, in quanto imposta e non onere - , al fine di evitare una “doppia imposizione” sui medesimi “emolumenti”, vietata dalla legge (artt. 3, 23, 53 Cost. e Cass. S.U. Sent. 12/2/2010, n. 3240), la soluzione più corretta dovrebbe essere: detrarre il 25% (circa, ogni Ente verificherà la propria percentuale di CPDEL e INAIL o altra Cassa), dalla somma complessiva da erogare a titolo di compensi dovuti per cause vinte a spese compensate e, sull’ammontare rimanente, applicare gli oneri riflessi.

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Poiché iniziano a giungere numerosissime le richieste di "lumi" sull'applicazione dell'incomprensibile comma 457 della Legge di Stabilità 2014, si è studiata una soluzione interpretativa che possa essere rispettosa di quel che ha detto il legislatore (confusamente) con la legge di stabilità (oltre a quella speciale, più chiara), con la Costituzione e con gli indirizzi giurisprudenziali costanti in materia.

Proviamo dunque a riassumere i termini della questione, in attesa di verificare anche con le altre Associazioni e trasfondere in una Circolare da inviare ai Ministeri competenti, ANCI, Enti, ecc.

Una prima tesi, potrebbe svilupparsi nel senso di sostenere che - riferendosi il legislatore ad una legge abrogata e, dunque, inesistente nel panorama normativo italiano - il comma 457 è inapplicabile per abrogazione della norma di riferimento sottostante.

Al riguardo, sorregge il principio di "antinomia normativa", il quale prevede che per comporre i contrasti di cui è viziata una norma, si debbano utilizzare criteri determinati (cronologico, gerarchico, della competenza).

Ebbene, dall'uso dei criteri citati, il comma 457 non si salverebbe in ogni caso, atteso che l'abrogazione della norma su cui si fonda (RD 1578/1933), è precedente addirittura all'emanazione della Legge di Stabilità di oltre un anno!

Né vale il richiamo alle "(...) successive modificazioni", poiché la legge forense del 1933 non è "vigente con successive modificazioni", ma è proprio abrogata, essendo entrata in vigore una legge diversa, la L. n. 247/2012, la cui fonte di produzione non è fonte dotata della medesima competenza e collocata al medesimo livello gerarchico: la legge di stabilità è legge generale, la legge forense è legge speciale, di talché la norma precedente (L. 247/2012) non perde efficacia dal momento in cui entra in vigore la norma nuova (L. Stabilità 2014), ma semplicemente quella nuova non sarà applicabile alla disciplina speciale che voleva regolare con la norma abrogata (RD 1578/1933).

L'eventuale applicazione del comma 457, se portato al vaglio dell'autorità giudiziaria, dovrebbe avere come conseguenza l’annullamento, quale effetto della dichiarazione di illegittimità che un giudice pronuncia nei confronti di un atto o di una norma che egli ritenga invalido e cioè viziato perché non conforme alle norme prodotte dalla fonte speciale che lo disciplinano condizionandone la validità.

Quindi, mentre l'abrogazione - espressione del criterio cronologico - opera nel normale ricambio fisiologico dell'ordinamento, l'annullamento colpisce quelle situazioni patologiche che in esso si producono.

Una seconda interpretazione che è possibile costruire, relativamente alla "possibilità" di applicazione del comma in questione, necessita di prendere le mosse dal testo della norma:

“457. A decorrere dal 1º gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell'Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”,

In tale ipotesi le questioni potrebbero così svilupparsi.

In primo luogo occorre sgombrare il campo dagli equivoci che l’ultima “frase” contenuta nel comma 457 ha generato (“La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”), facendo sorgere da più parti il dubbio che la trattenuta dai compensi professionali non si applichi agli avvocati dipendenti degli enti territoriali, e agli enti di competenza regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano e del SSN.

IL COMMA 457 SI APPLICA ANCHE AGLI AVVOCATI DI QUESTI ENTI, COMPRESI GLI AVVOCATI DELLE PROVINCE DI TRENTO E BOLZANO E AL SERVIZIO SANITARIO. Ciò perché tale ultimo inciso si riferisce esclusivamente al versamento annuale delle somme “provenienti dalle riduzioni di spesa”, che - per queste ultime amministrazioni – non sono versate “ad apposito capitolo di bilancio dello Stato”, ma restano al bilancio delle amministrazioni medesime.

Conferma si trae dalla lettura dei lavori svolti nelle Commissioni competenti di Camera e Senato, rinvenibili sui rispettivi siti, nelle cui schede delle discussioni (nonché i dossier legislativi), è riportato quanto segue:

"I commi 6 e 7 dell’art. 11 (ora comma 457 art. 1) dispongono in materia di onorari degli avvocati della pubblica amministrazione. Il comma 6 dispone - dal 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016 - la riduzione al 75 per cento degli onorari liquidati in seguito a sentenze favorevoli alla pubblica amministrazione, secondo quanto stabilito dall'Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore (regio decreto-legge n. 1578 del 1933), in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni compreso il personale dell'Avvocatura dello Stato. Le somme così risparmiate verranno versate annualmente in un apposito capitolo di bilancio dello Stato dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria (ad eccezione degli enti territoriali, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli enti regionali del Servizio Sanitario Nazionale, li trattengono nei propri bilanci)".

E’ dunque evidente che, qualora applicabile, tale comma interessi tutti gli avvocati pubblici di tutte le amministrazioni pubbliche a cui è “aggiunta” l’Avvocatura dello Stato, e non il contrario.

* * * * *

Nel merito

Preliminarmente, vista la tecnica redazionale particolarmente imprecisa della norma, si deve chiarire che la terminologia utilizzata dal legislatore trova il proprio corrispondente applicativo negli artt. 91 e 92 del c.p.c., ove è previsto che “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa”, e che in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, il giudice può compensare in tutto o in parte le spese del giudizio, avendo la quantificazione che il giudice effettua in sentenza una mera efficacia dichiarativa – sia che la liquidazione sia espressa, sia che sia compensata.

E’ dunque l’organo giudicante ad avere il potere fissato normativamente di “liquidare “ il compenso, o quantificandolo in un importo determinato o decidendone la compensazione se, a proprio insindacabile giudizio, ne ricorrano i presupposti.

Sicché, dalla esegesi del comma 457, si ricava che il termine “liquidato” deve essere ancorato alla “liquidazione giudiziale”, e dunque, ad una sentenza – atto pubblico. Ciò, oltre che essere un principio costante in giurisprudenza, è anche tecnicamente corretto, perché la “liquidazione” è un tipico potere giudiziale svolto nel processo. Al contrario, le amministrazioni pubbliche “erogano” retribuzioni o “corrispondono” (come indicato, infatti, dal comma in esame: “sono corrisposti nella misura del 75%”), somme a titolo di compensi professionali al personale delle Avvocature.

La recentissima giurisprudenza (Cons. Stato, IV, sent. 10.1.2014, n....), ribadisce lo jus receptum, secondo cui rientra nel concetto “liquidazione” non solo la quantificazione effettiva degli onorari, ma anche la compensazione delle spese processuali: “la statuizione del giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio e´ espressione di un ampio potere discrezionale insindacabile in sede di appello (...) neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di esercizio del potere discrezionale del giudice di merito quello dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime”.

Prosegue il Consiglio di Stato, “Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice abbia emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si sia limitato a dichiarare l´inammissibilità o l’improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio. Infatti, pure in tali ultimi casi sussiste pur sempre una soccombenza, sia pure virtuale, di colui che ha agito con un atto dichiarato inammissibile o improcedibile che consente al giudice di compensare parzialmente o totalmente le spese, esercitando un suo potere discrezionale che, nel caso specifico considerato, ha come suo unico limite il divieto di condanna della parte vittoriosa e che si traduce in un provvedimento che rimane incensurabile in cassazione purché non illogicamente motivato” (Cassazione civile , sez. lav., 27 dicembre 1999, n. 14576).

Detto principio è orientamento più volte predicato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha avuto modo di affermare che la statuizione del primo giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisca espressione di un ampio potere discrezionale (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).

Si evidenzia come, a maggior sostegno della correttezza della presente interpretazione, le pubbliche amministrazioni non hanno potere di liquidare compensi professionali a carico delle controparti (cfr. l’inciso che esclude dalla riduzione il 50% dei compensi liquidati a carico della controparte), come invece si è espresso il legislatore.

Pertanto, con la locuzione “compensi professionali liquidati” devono intendersi i compensi liquidati in sentenza, essendo la terminologia utilizzata dal legislatore, nel caso dei compensi professionali forensi, ancorata all’ambito di applicazione della norma alla liquidazione giudiziale.

Diversamente si assisterebbe ad interpretazioni arbitrarie, contrastanti con le norme processuali indicate e oltre il dato letterale.

Sui tempi di applicazione del comma 457

Sulla decorrenza, viste le sopra esposte argomentazioni, il comma 457 si applica alle note redatte ed alle somme riscosse su sentenze emesse dopo il 1 gennaio 2014. Di conseguenza, anche oltre il primo gennaio 2016 a tutte i compensi dovuti per sentenze emesse fino al 31 dicembre 2016.

Esso, quindi, dispiega effetti su tutti i compensi liquidati – anche in compensazione – da sentenze emesse successivamente al 1° gennaio 2014 e fino al 31 dicembre 2016.

Nessuna retroattività riferita a sentenze contenenti liquidazione di compensi professionali espressa o compensata depositate prima del 1° gennaio 2014 è rinvenibile nella legge di Stabilità; sicché, in assenza di espressa deroga, vale il principio generale che la legge non dispone che per l’avvenire (art. 11, Preleggi).

Tale principio è correlato, quindi, all’applicazione del principio di competenza nell’imputazione delle somme in bilancio da parte delle pubbliche amministrazioni: il diritto al compenso professionale matura nel momento di deposito della sentenza (cfr. in tal senso la giurisprudenza, da ultimo: Trib. Bologna, Sez. Lavoro, sent. 25/11/2013).

Il legislatore, così facendo, ha operato nel rispetto del principio di “certezza” e dei principi e postulati che devono obbligatoriamente informare i bilanci pubblici (unità, annualità, universalità, integrità, veridicità, pubblicità): il riferimento del legislatore alla liquidazione giudiziale, consente una maggiore correttezza di bilancio, poiché ancorandolo alla sentenza-atto pubblico, rende trasparente e certe le fattispecie da sottoporre alla propria operatività.

Un cenno all’applicazione dell’ulteriore “decurtazione” per oneri riflessi – eccetto l’IRAP non dovuta, in quanto imposta e non onere - , al fine di evitare una “doppia imposizione” sui medesimi “emolumenti”, vietata dalla legge (artt. 3, 23, 53 Cost. e Cass. S.U. Sent. 12/2/2010, n. 3240), la soluzione più corretta dovrebbe essere: detrarre il 25% (circa, ogni Ente verificherà la propria percentuale di CPDEL e INAIL o altra Cassa), dalla somma complessiva da erogare a titolo di compensi dovuti per cause vinte a spese compensate e, sull’ammontare rimanente, applicare gli oneri riflessi.