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Verso un terzo binario? La progressiva simbiosi tra normativa antimafia e strumenti di contrasto alla corruzione sommersa, alla luce della recente legge n. 3 del 2019

Towards a third track? The gradual symbiosis between anti-mafia legislation and instruments against hidden corruption, in the light of the recent law no. 3 of 2019
Fiume Reno, 2019
Ph. Mario Lamma / Fiume Reno, 2019

* Il contributo è stato sottoposto a referaggio con valutazione favorevole.

Estratto dal libro Simbiosi tra normativa antimafia e strumenti di contrasto alla corruzione sommersa: verso un terzo binario?

Articolo pubblicato nella sezione Le mafie e la loro considerazione giurisprudenziale del numero 1/2021 della Rivista "Percorsi penali".

 

Abstract

Il presente lavoro costituisce il frutto di una constatazione: è sempre più frequente, a livello legislativo, la tendenza ad accomunare il paradigma della criminalità corruttiva a quello della criminalità organizzata. Una tale assimilazione, negata a livello giurisprudenziale nella recente e nota sentenza “Mondo di mezzo”, è stata tuttavia palesata dalle scelte politico-criminali compiute dal legislatore, da ultimo cristallizzate dalla legge n. 3 del 2019 (c.d. “Spazzacorrotti”).

Scopo dell’articolo è quello di verificare, all’esito di uno studio il più possibile approfondito e meditato, se la “simbiosi normativa” tuttora in atto corrisponda a criteri razionali (e come tali suscettibili di un riscontro empirico), ovvero rappresenti nient’altro che il risultato di un approccio politico-ideologico volto a ricercare nell’inasprimento sanzionatorio il rimedio taumaturgico dei problemi criminali.

The topics presented in this paper is the result of a finding: there is an increasing tendency at the legislative level to link the paradigm of corruption to that of organised crime. This assimilation, denied at a jurisprudential level in the recent and well-known judgment "Middle-Earth", has however been shown by the political-criminal choices made by the legislator, last crystallized by law no. 3 of 2019 (so-called "Bribe Destroyer").

The purpose of the article is to verify, at the end of a study as much as possible in depth and meditated, whether the "normative symbiosis" still in place correspond to rational criteria (and as such likely to empirical evidence) or represents nothing more than the result of a political-ideological approach aimed at seeking in the tightening of criminal punishment the thaumaturgical remedy of criminal problems.

 

Sommario

1. Premessa                                            

2. Nuove mafie e criminalità amministrativa nell’epoca della globalizzazione: l’asserita “ibridazione

fenomenica” alla luce delle recenti acquisizioni empirico-scientifiche

3. La negazione giurisprudenziale circa l’applicabilità dell’art. 416-bis c.p. alle consorterie politico-affaristiche

prive del requisito strutturale della c.d. “carica intimidatoria autonoma”

 

Summary

1. Introduction

2. New mafias and administrative crime in the age of globalization: the alleged "hybridization phenomenal" in the light of recent empirical-scientific findings

3. The jurisprudential denial regarding the applicability of art. 416-bis of the Italian Criminal Code to political-business factions deprived of the structural requirement of the so-called "autonomous intimidation charge"

 

1. Premessa

Da diverso tempo si assiste, tanto nel dibattito politico-istituzionale quanto nella stessa società civile, ad una crescente presa d’atto circa la particolare gravità e complessità che il problema della corruzione[1] ha raggiunto, purtroppo, nel nostro Paese.

D’altronde, i dati numerici inerenti al monitoraggio della pervasività, diffusione e percezione di tale fenomeno in Italia non sono affatto incoraggianti[2].

Il preoccupante “salto di qualità”, sia in termini quantitativi sia qualitativi, che la patologia corruttiva ha raggiunto sul piano sociologico-empirico, ha da tempo sollecitato profonde riflessioni – talvolta eccessivamente enfatizzate – in seno alla sconfinata letteratura[3] specialistica esistente in materia ed orientate, perlopiù, ad equiparare il problema della corruzione a quello della criminalità organizzata di stampo mafioso.

Una tale visione culturale è stata accolta in seno ad ambienti istituzionali e, complice il clamore massmediatico ingenerato da recenti e noti casi di cronaca giudiziaria[4], finanche dal nostro legislatore il quale, attraverso una spirale normativa senza precedenti e al fine precipuo di potenziare gli strumenti e le strategie di contrasto della fenomenologia corruttiva – sotto il duplice e parallelo piano della prevenzione e della repressione – ha sostanzialmente optato per un vasto programma politico-criminale ispirato al “modello emergenziale”, riproponendo, trapiantandoli sul terreno proprio dei reati contro la Pubblica amministrazione, un coacervo di istituti, meccanismi e misure originariamente pensati per il contrasto del fenomeno associativo mafioso (c.d. “doppio binario”[5]) e via via sperimentati, nel corso del tempo, in altri ambiti del diritto penale (dal traffico di stupefacenti alla criminalità pedopornografica, dal terrorismo politico ai delitti connessi all’immigrazione clandestina).

L’opera del legislatore, tuttavia, lungi dall’esaurirsi in una mera esportazione del “modello antimafia” ai delitti contro la pubblica amministrazione, è consistita per lo più nell’aver delineato, specie con l’ultimo intervento normativo (legge n. 3 del 2019, c.d. “Spazzacorrotti”), un vero e proprio sottosistema integrato e strutturato di tali illeciti, tanto da indurre già qualche Autore[6] a coniare l’espressione “terzo binario”.

A prescindere dalle etichette dogmatico-concettuali, ciò che conta è che l’impianto ideato dalla vasta proliferazione normativa intervenuta in subiecta materia, poi infine suggellato dalla “Spazzacorrotti”, rischia di rappresentare – lo si anticipa già ora – nient’altro che l’ennesimo risultato di un cliché politico-ideologico ormai da tempo radicato nei dibattiti legislativi in tema di scelte di criminalizzazione: l’idea, cioè, dell’arnese penale quale rimedio taumaturgico della devianza; la convinzione, ancora, che il criterio della gravità del reato valga a giustificare ex se l’appropriazione, da parte di un legislatore onnipotente, di strumenti emergenziali e misure invasive storicamente ideati in altri ambiti – e, soprattutto, legittimati dalla stessa Corte costituzionale e dalle corti europee esclusivamente per fini diversi da quelli stricto sensu retributivi (rectius: per fini ragionevoli!).

Come si vedrà nei prossimi paragrafi, quello che emerge è un sistema, nel complesso, eccessivamente rigoroso e, per certi aspetti, caratterizzato addirittura da non lievi aporie che svuotano, in definitiva, i pur nobili intenti sottesi alle riforme dei reati di corruzione e rischiano di esporre l’intera normativa a censure d’illegittimità costituzionale sotto il profilo della ragionevolezza[7].

 

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