x

x

231: si applica anche alle società unipersonali

Sorano, Toscana
Ph. Maria Cristina Sica / Sorano, Toscana

Breve disamina sul Decreto Legislativo 231/2001 e sulla società unipersonale

Il Decreto Legislativo 8.06.2001 n. 231 ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, la previsione di una responsabilità personale e diretta dell’ente collettivo (intendendosi come tali sia gli enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica) per la commissione di una serie di reati presupposto che possono essere commessi dal personale a favore o nell’interesse dell’azienda stessa (es. corruzione, disastro ambientale, riciclaggio di denaro). Tale responsabilità si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il reato.

Nel nostro ordinamento giuridico il diritto penale punisce personalmente gli autori di un fatto di reato (delitto o contravvenzione) secondo quanto disciplinato dall’art. 27 c.1 Cost. (“La responsabilità penale è personale”); ciò significa che di un illecito penale risponde solo ed esclusivamente il soggetto agente.

Tuttavia, con il Decreto Legislativo n. 231 del 2001 si supera il brocardo latino societas delinquere non potest: eliminando tale assioma giuridico, nel quale si rendeva impossibile punire penalmente una società, fu necessario ridefinire il sistema sanzionatorio da applicare alle società. Il diritto penale dell’impresa è una materia in continua evoluzione, mediante l’inserimento costante di modifiche e emendamenti che vengono apportati nel tempo.

Pertanto, si è assistito ad un incremento di illeciti penali commessi da persone fisiche per favorire enti o persone giuridiche; con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 231/2001 l’ente o la persona giuridica può rispondere di un reato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa.

Ovviamente per accertare la responsabilità dell’ente, il legislatore ha elaborato criteri di imputazione oggettivi e soggettivi all’art. 5 Decreto Legislativo 231/2001.

Il criterio oggettivo di imputazione stabilisce che l’ente è responsabile per i reati previsti agli artt. 24 e ss., commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone appartenenti alla sua struttura organizzativa. Il criterio soggettivo di imputazione stabilisce che i reati-presupposto devono essere stati commessi dalle persone in posizione di vertice (lett. a) o da quelle sottoposte alla direzione o vigilanza delle prime (lett. b); sul piano processuale sono diverse le conseguenze prodotte dai criteri soggettivi.

Se il reato è stato commesso da un soggetto in posizione apicale, l’ente non risponde se prova di aver adottato un efficace modello organizzativo, di aver attribuito la vigilanza sul medesimo ad un organo interno dotato di poteri autonomi di iniziativa e controllo, che la persona abbia commesso il reato eludendo fraudolentemente il modello; in questi casi l’esenzione dalla responsabilità deve essere provata dall’ente.

Se invece il reato è imputabile ad un soggetto sottoposto alla direzione degli apicali, l’ente è responsabile se la commissione dell’illecito deriva dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza; in questo caso la condizione di responsabilità deve essere provata dal pubblico ministero.

Infine l’accertamento dei criteri oggettivi e soggettivi di imputazione spetta al pubblico ministero che deve dimostrare la configurazione di uno dei reati previsti agli artt. 24 e ss., che è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente, e una volta identificato l’autore, salvo la previsione dell’art. 8, che si tratti di un soggetto apicale o di un subordinato.

In tale prospettiva di analisi, senza dubbio, occorre evidenziare che il reato presupposto è una tipologia di reato che a sua volta diventa “preliminare” a un’altra condotta colposa.

Orbene, nella giurisprudenza italiana, quando si parla di un reato, esistono la colpa e il dolo: a) nel primo caso, il reato viene commesso per negligenza, mancata perizia o imprudenza; b) nel secondo caso, invece, persiste una volontà nel voler delinquere, pertanto si può ragionevolmente affermare che la situazione si aggrava ulteriormente.

La normativa prevede diverse tipologie di sanzioni in capo alle aziende, come persona giuridica, responsabile di non aver posto in essere quella serie di prevenzioni e misure volte ad impedire ai propri dipendenti di commettere reati nell’interesse della società. Si tratta di sanzioni pecuniarie, della chiusura dell’attività in caso di recidiva, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione come misura cautelare.

Va altresì segnalato che i c.d. reati presupposto sono in continua fase di aggiornamento.

Più precisamente, ad oggi, per completezza di analisi nonché per una più compiuta e ordinata raffigurazione della situazione attuale su questo tema, si rende necessario menzionare all’uopo gli ultimi reati presupposto che sono stati aggiornati dal Decreto Legislativo 184/21, Decreto Legislativo 195/21 e Legge 238/21, come segue:

  • Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti
  • Lotta al riciclaggio mediante il diritto penale
  • Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea – Legge Europea 2019/2020.

 

A) L’autonomia della responsabilità dell’ente

L’art. 8 c.1 lett. a) Dlgs. 231/2001 stabilisce che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato (o non è imputabile); da ciò si evince l’autonomia della responsabilità dell’ente rispetto a quella del soggetto agente.

Di conseguenza, la responsabilità dell’ente esiste, ed è accertabile dal giudice, anche se l’autore del reato-presupposto non è stato identificato; in questo modo il pubblico ministero, allorché abbia ottenuto insufficienti elementi probatori a carico dell’autore del reato, può contestare l’illecito amministrativo alla sola persona giuridica.

La nota di maggior rilievo in tale contesto normativo riguarda i reati commessi dal vertice aziendale (i.e. top management); nella maggioranza dei casi l’ente impedisce agli inquirenti di identificare il soggetto apicale responsabile della commissione del reato, pertanto in questi casi il pubblico ministero può contestare l’illecito alla sola persona giuridica presupponendo che il reato sia stato commesso da un soggetto in posizione di apicale.

A questo punto sarà l’ente a dover dimostrare di aver adottato un efficace modello organizzativo.

Resta inteso, poi, che nel caso in cui il reato-presupposto sia già prescritto, il pubblico ministero non può contestare l’illecito amministrativo all’ente ma deve procedere con l’archiviazione.

L’unica eccezione è delineata dall’amnistia che, salvo disposizioni di legge, opera nei confronti dell’ente anche in caso di rinuncia dell’imputato-persona fisica; resta comunque la facoltà dell’ente di rinunziarvi.

 

B) Società unipersonale

È una variante della società per azioni o della società a responsabilità limitata, caratterizzata dalla presenza di un unico socio.

La società unipersonale può essere tale dal momento della costituzione, che avviene con atto unilaterale anziché con contratto (i.e. Contratto di società), oppure può diventare unipersonale per effetto della riunione della partecipazione in capo ad unico socio.

L’unico socio può beneficiare del regime di responsabilità limitata, a patto che siano adempiuti oneri specifici: integrale versamento dei conferimenti, al momento della sottoscrizione, nel caso di “unipersonalità” originaria, oppure nel termine di novanta giorni dal venir meno della pluralità di soci; deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese di una dichiarazione contenente l’indicazione del nome o della denominazione dell’unico socio, luogo e data di nascita ovvero Stato di costituzione, domicilio, sede o cittadinanza dell’unico socio.

 

Il fatto

Nell’ambito del procedimento cautelare che ha dato luogo alla pronuncia qui annotata, il Tribunale del Riesame annullava l’ordinanza con cui era stata disposta la misura cautelare interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione nei confronti di tre società a responsabilità limitata ritenute dal Giudice per le indagini preliminari gravemente indiziate dell’illecito previsto dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, artt. 21-25,  in relazione al reato presupposto di corruzione propria (i.e. amministratori comunali) attribuita al soggetto che avrebbe rivestito posizione apicale degli enti e che avrebbe, nella specie, corrotto l’assessore del comune.

Difatti, il Tribunale ha evidenziato come le società in questione avrebbero carattere unipersonale, cioè sarebbero composte e gestite dall’unico socio incolpato del reato presupposto, e sarebbero prive di consiglio di amministrazione e di soggetti titolari di specifiche funzioni aziendali.

Secondo il Tribunale, le società predette, in ragione della loro composizione e gestione, non sarebbero soggette alle disposizioni previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, in quanto non potrebbero considerarsi soggetti autonomi e, dunque, non potrebbero costituire un centro di imputazione giuridico distinto rispetto alla persona fisica.

Il Tribunale ha aggiunto, altresì, che, pur volendo ritenere applicabile nel caso di specie il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, nondimeno non sarebbero sussistenti le esigenze cautelari di cui all’art. 45 del Decreto Legislativo in questione.

Inoltre, nel caso in esame, lo stesso Tribunale escludeva, che ricorresse il pericolo di reiterazione del reato da parte di persone fisiche in posizione apicale, poiché la sostituzione delle stesse avrebbe neutralizzato il pericolo di recidiva, atteso che non vi sarebbero elementi concreti per ritenere esistenti rapporti e relazioni tra il nuovo amministratore ed il precedente ovvero tra il primo e gli amministratori comunali.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale proponeva Ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, articolando due motivi:

  1. Con il primo si lamenta violazione di legge; la tesi, avallata da un precedente giurisprudenziale di legittimità, è che le disposizioni del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 troverebbero applicazione nel caso di specie, a nulla rilevando che la persona giuridica sia una società unipersonale.
  2. Con il secondo si deduce violazione di legge per motivazione apparente; il Tribunale, quanto alle esigenze cautelari, non avrebbe considerato la informativa della Guardia di Finanza con cui si segnalava come la nuova amministratrice, già all’epoca dei fatti, da una parte, fosse legata alla società con le mansioni di responsabile della Direzione organizzativa ed amministrativa, e, dall’altra, fosse amica "di famiglia" del precedente amministratore e della di lui moglie.

 

La sentenza

La Corte ha ritenuto il ricorso fondato affrontando a tal fine il tema dell’applicabilità del Decreto Legislativo n. 231 alle società unipersonali e, preliminarmente, distinguendo tra società unipersonali e imprese individuali.

Ha chiarito che l’impresa individuale, pur potendo avere un’organizzazione interna estremamente complessa, non è un ente ed è per ciò stesso esclusa dall’ambito di applicazione della responsabilità degli enti.

La società unipersonale, invece, è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio, con un proprio patrimonio e un proprio centro di imputazione di interessi; la società unipersonale è dunque un soggetto giuridico a cui si applicano le norme previste dal Decreto Legislativo 231/2001.

Il tema attiene cioè alla esistenza di un potere di accertamento da parte del giudice, che, di fatto, conduca ad un superamento dell’art. 1 del Decreto Legislativo sulla base di criteri sostanziali e dunque porti a ritenere, come ha fatto il Tribunale, che una società a responsabilità limitata unipersonale, pur essendo formalmente un soggetto meta-individuale, possa in realtà essere solo un’impresa individuale, con conseguente esclusione dell’applicabilità delle norme del Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

Si tratta di un ragionamento che deve essere esplicitato sulla base della distinzione tra soggettività dell’ente e responsabilità dello stesso, tra il profilo relativo all’assoggettamento della società unipersonale al sistema del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 e quello riguardante l’accertamento della responsabilità dell’ente sulla base delle norme previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001.

Ferma l’assoggettabilità al suddetto decreto, occorre poi accertare in concreto se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, in cui la particolare struttura dell’ente rende difficilmente percettibile la dualità soggettiva tra l’imputazione dei rapporti alla persona fisica ed imputazione alla persona giuridica, vi siano i presupposti per affermare o per escludere la responsabilità dell’ente in tal senso conciliando  “l’esigenza di evitare violazioni del principio del bis in idem sostanziale, che si realizzerebbero imputando alla persona fisica un cumulo di sanzioni punitive per lo stesso fatto, e quella opposta di evitare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso, eviti l’applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, sostenendo di essere una impresa individuale” (in questi termini espressamente la sentenza annotata).

Secondo il parere della Corte, è necessario basarsi su criteri funzionali (e non quantitativi); è opportuno accertare l’organizzazione della società, ovvero i rapporti tra socio unico e società, tenendo conto che l’imputazione dell’illecito all’ente richiede un nesso “funzionale” tra persona fisica ed ente e che la responsabilità dell’ente è esclusa quando le persone fisiche (siano esse apici o sottoposti) abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ha ritenuto erronea l’assimilazione fra società unipersonali e imprese individuali compiuta dal Tribunale del riesame; il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, essendosi limitato ad affermare che le società ricorrenti non costituirebbero un autonomo centro di interessi distinti dalla persona fisica - unico socio ed autore del reato presupposto - e dunque non sarebbero di fatto assoggettate al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, trattandosi di imprese sostanzialmente individuali.

Un ragionamento viziato, in cui nessuna indicazione è stata fornita su come nel tempo dette società abbiano operato, sulle dimensioni delle imprese, sulla loro struttura organizzativa, su quali siano stati i rapporti tra esse e l’unico socio, quale sia stata l’attività in concreto posta in essere, se sia distinguibile un interesse della società da quello del socio unico.

Per questo motivo, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale al quale si demanda di accertare se ed in che termini il reato commesso dalla persona fisica fosse imputabile alle tre società in questione secondo i criteri previsti dal Decreto Legislativo n.231/20001 e di procedere anche ad una nuova verifica della sussistenza delle esigenze cautelari e del pericolo di recidiva, verificando se i nuovi amministratori fossero slegati dai precedenti ed effettivamente autonomi.

 

Conclusioni

Assume rilievo decisivo nell’accertamento della responsabilità il ricorso a criteri funzionali, fondati sulla possibilità o meno di distinguere l’interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo governa.

Questo è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione VI penale, con la sentenza 16 febbraio - 6 dicembre 2021, n. 45100.

Per questa ragione, la stessa enuncia il presente principio di diritto: "Le norme sulla responsabilità da reato degli enti (Decreto Legislativo 231 del 2001) si applicano anche alle società unipersonali, in quanto soggetti giuridici autonomi e distinti dalla persona fisica dell’unico socio".