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Sottrazione di minore all’estero alla luce della recente giurisprudenza

Focus sugli abusi perpetrati dallo jugendamt tedesco 
sottrazione di minori
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Sottrazione di minore all’estero alla luce della recente giurisprudenza: focus sugli abusi perpetrati dallo jugendamt tedesco 


Indice

Sottrazione di minore: analisi concettuale 

Sottrazione di minore: fattispecie giuridica: il reato ex articolo 574-bis del codice penale

Sottrazione internazionale di minore in costanza di separazione dei genitori 

Il reato di sottrazione di minore e trattenimento di minore all’estero: reato è plurioffensivo

La sottrazione e il trattenimento del minore all’estero per la legge internazionale

L’iter da seguire in caso di sottrazione di minore

Sottrazione di minore: Caso: Jugendamt tedesco 

 

Sottrazione di minore: analisi concettuale 

Ai sensi e per gli effetti della legge italiana la sottrazione internazionale di minori è sanzionabile penalmente, poiché è in contrasto con la tutela di un bene giuridico che si esplica nella responsabilità genitoriale che è in capo ad entrambi i genitori. 

Con l’espressione “sottrazione internazionale di minori” si indica la situazione in cui un minore:

  •  viene illecitamente condotto all’estero da chi non esercita la potestà esclusiva, senza alcuna autorizzazione;
  •  non viene ricondotto nel Paese di residenza abituale a seguito di un soggiorno all’estero.

Occorre, qui, evidenziare, quindi, che alla sottrazione è equiparato il trattenimento del minore in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso del genitore o di altro soggetto titolare dell’affidamento; pertanto, nel testo, il termine “sottrazione internazionale” si riferisce anche all’ipotesi di trattenimento in paese estero. 

Nel nostro paese, Italia, il minore non può essere trasferito all’estero senza il previo consenso del genitore che esercita la responsabilità genitoriale; tale divieto sussiste, altresì, nel caso in cui il trattenimento all’estero si protragga per un lasso di tempo di breve durata. 

In tale prospettiva di analisi, senza dubbio, è necessario segnalare che per la legge italiana il condurre il proprio figlio in un paese estero senza l’autorizzazione dell’altro genitore configura un’ipotesi di reato; difatti, la sottrazione internazionale di minore costituisce ipotesi di reato ai sensi dell’articolo 574 bis del Codice penale, ove non si ravvisi altro, più grave reato (es. articolo 605 Codice Penale).
 

Sottrazione di minore: fattispecie giuridica: il reato ex articolo 574-bis del codice penale

Il reato di sottrazione e trattenimento del minore all’estero, articolo 574 bis Codice Penale, prevede due iter diversi per il rientro, ovvero rimpatrio, del minore; la scelta della procedura da attuare avviene sulla base dell’adesione o meno alla Convenzione Aja da parte dello Stato in cui il minore è stato portato

Ai fini dell’applicazione della Convenzione, la nazionalità del minore e degli adulti è irrilevante, ma ciò che appare di estrema importanza è la residenza abituale del minore al momento in cui è avvenuta la sottrazione internazionale. 

L’articolo così dispone: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale (comma quest’ultimo su cui è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 102/2020, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 574-bis, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale”).

Dal tenore letterale della norma, sopra riportata, si deduce, dunque, la configurazione del reato di sottrazione del minore italiano condotto all’estero quando il minore viene portato in un Paese straniero da un genitore o da altra persona che non ha diritto e senza l’autorizzazione ed il consenso dell’altro genitore esercente la responsabilità genitoriale; pertanto l’elemento predominante è il trasferimento illegittimo del minore.

Sul punto, la Cassazione con  la sentenza n. 8660/2019 ha avuto il pregio di fornire un importantissimo chiarimento: l’articolo 574-bis Codice Penale prevede espressamente la punibilità della sottrazione del minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale allorquando l’azione delittuosa sia stata realizzata interamente all’estero (ovvero nell’ipotesi di trattenimento del minore all’estero contro la volontà del medesimo genitore), sempre che sussista l’elemento di collegamento con la giurisdizione italiana costituito dal verificarsi, all’interno del territorio dello Stato, dell’evento del reato, consistente nell’impedimento dell’esercizio delle prerogative genitoriali per effetto della condotta illecita (Sez. 6, n. 7777 del 14/12/2017, dep. 2018, R, Rv. 272722).

L’evento indicato dalla Suprema Corte va infatti posto in correlazione al luogo nel quale il minore ha la sua residenza abituale, concordata con l’altro genitore, al momento dell’arbitraria decisione del genitore di trasferirlo o trattenerlo all’estero.

È infatti in relazione a tale luogo che si verifica l’offesa derivante dalla illecita condotta, consistente nel pregiudizio del rapporto di effettiva cura del minore da parte dell’altro genitore, venendo impedito a quest’ultimo di continuare a soddisfare le molteplici esigenze fondamentali del figlio e, al minore, di mantenere consuetudini e comunanza di vita rispetto all’altro genitore.

La Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata con la L. n. 64 del 1994 e vigente anche per il (OMISSIS), che disciplina gli aspetti civili della sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, qualifica come illecito il trasferimento o il mancato rientro di un minore in relazione al luogo di “residenza abituale” di quest’ultimo immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro (articolo 3).

Come ha precisato la giurisprudenza di legittimità (Sez. 1 civ, n. 30123 del 14/12/2017, Rv. 646487), la nozione di residenza abituale, posta dalla suddetta Convenzione, non coincide con quella di “domicilio”, né con quella, di residenza in senso formale, ma corrisponde ad una “situazione di fatto”, dovendo intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza ha consolidato, consolida, ovvero, in caso di recente trasferimento, possa consolidare una rete di affetti e relazioni tali da assicurargli un armonico sviluppo psicofisico.

Tale sottrazione può essere effettuata attraverso una frontiera oppure può sostanziarsi nella permanenza del minore in un paese diverso da quella in cui aveva la propria residenza abituale. 

Occorre segnalare che a differenza del sequestro di persona (articolo 605 Codice Penale), la sottrazione internazionale del minore non comporta una effettiva privazione della libertà personale per il minorenne.

Nel caso che ci occupa, anzi, con la sottrazione internazionale si configura una sorta di “rapimento” del minore, il quale si trova impossibilitato a mantenere i rapporti con entrambi i propri genitori.

Il reato si sostanzia nell’interruzione del legame che il minore aveva con un genitore.

Al giorno d’oggi, siffatta interruzione della relazione con un genitore si verifica con maggiore frequenza, in quanto sono in costante aumento il numero di coppie di differenti nazionalità, sposate o semplicemente conviventi; l’interruzione di queste relazioni, con il ritorno nel proprio Paese d’origine da parte di uno dei due soggetti, può tuttavia avere gravi ripercussioni nel caso in cui vi sia la presenza di figli minori, poiché viene posta in essere, appunto, la cosiddetta sottrazione internazionale.


Sottrazione internazionale di minore in costanza di separazione dei genitori 

Il reato di sottrazione internazionale di minori può avvenire anche nel caso in cui uno dei due genitori abbia prestato il proprio consenso al trasferimento temporaneo del proprio figlio in un Paese estero. 

Nella suindicata ipotesi, il mancato rientro del minore al termine del periodo preventivamente concordato tra i genitori, legittimando, quindi, la permanenza all’estero del minore, configura un “trattenimento” illegittimo del figlio minorenne.

Tale ipotesi di trattenimento illecito avviene spesso a seguito della separazione dei genitori.

In tale cornice fattuale, quando uno dei due soggetti della coppia si trasferisce a vivere in un’altra nazione le tempistiche e le modalità del diritto di visita del minore vengono stabilite da un Giudice o, semplicemente, concordato preventivamente dalle parti.

Il genitore che non rispetta questo tipo di accordi commette quindi il reato di sottrazione internazionale di minori.


Il reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero: reato è plurioffensiv

Di recente la Cassazione con la sentenza n. 21634/2022 ha chiarito che il trattenimento di un minore all’estero non può essere considerato un comportamento maltrattante, senza prima avere accertato le conseguenze riportate, in quanto tale reato è specificamente previsto e punito dall’articolo 574 bis Codice Penale

Il reato di maltrattamenti in famiglia può concorrere con quello di cui all’articolo 574-bis Codice Penale, in quanto quest’ultimo reato, quandanche riguardi il medesimo minore, viene ad incriminare le specifiche condotte tipizzate di “abductio” e di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, che determinino un impedimento all’esercizio della responsabilità genitoriale e costituiscano al contempo una preclusione per il figlio di mantenere la comunanza di vita con i genitori.

Il reato di cui all’articolo 574-bis Codice Penale ha infatti natura plurioffensiva, in quanto offende le prerogative di colui che esercita sul minore la responsabilità genitoriale (il genitore o il tutore) e anche, attraverso l’impedimento delle relazioni con quest’ultimo e il suo allontanamento dall’ambiente di abituale dimora, il diritto del minore a vivere nel suo habitat naturale (Sez. 6, n. 8660 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275086).

Quindi, il vulnus che la condotta descritta nel reato di cui all’articolo 574-bis Codice Penale determina sul minore sottratto o trattenuto all’estero di per sé, non può costituire, per il principio del ne bis in idem sostanziale, un’ulteriore offesa rilevante ai fini dell’articolo 572 Codice Penale (Corte di Cassazione, Sez. VI Penale - 03 giugno 2022 n. 21634).

Infine, su questo tema – reati contro la famiglia – integra il reato di cui all’articolo 574 Codice Penale, la condotta consistente nella globale sottrazione di un minore alla vigilanza dell’altro genitore, sì da impedirgli l’esercizio della funzione educativa ed i poteri inerenti all’affidamento, rendendogli impossibile l’ufficio che gli è stato conferito dall’ordinamento nell’interesse del minore stesso. A confermarlo è la Cassazione con sentenza 30 agosto 2022, n. 32005.

Sul punto, difatti, la vicenda esposta nella pronuncia suindicata si offre come spunto per spiegare il reato de quo; pertanto, nel caso descritto in sentenza e applicabile a casi similari, il trasferimento della propria residenza non concordato con l’ex marito configura il reato di cui all’articolo 574 Codice Penale (sottrazioni di persone incapaci) qualora il menzionato allontanamento determini l’impossibilità per il padre di frequentare il figlio minore generando una interruzione significativa del legame tra il minore e il genitore ostativo allo svolgimento della loro relazione affettiva. Nella fattispecie, l’ex moglie, dopo il divorzio, cambiava la propria residenza senza un preventivo accordo con l’ex marito stabilendosi a oltre seicento chilometri di distanza.

A nulla rileva che il padre fosse a conoscenza della residenza presso la quale si trovava il minore. Per la Cassazione, integra il delitto ex articolo 574 Codice Penale l’interruzione del legame tra minore e genitore dovuta a qualsivoglia ostacolo che non abbia carattere e durata meramente simbolica e che impedisca la coltivazione di un rapporto stabile e continuativo tra i due.


La sottrazione di minore e il trattenimento del minore all’estero per la legge internazionale

A regolamentare la sottrazione internazionale di minorenni sono due normative internazionali, nate come procedure d’urgenza, volte ad assicurare l’im­mediato rientro del minore nel suo Stato di residenza abituale.

L’obiettivo è anche quello di ripristinare nel minor tempo possibile la passata condizione di vita del minore, contenendo il danno arrecato al suo corretto ed equilibrato sviluppo psicologico, presumibilmente causato dalla privazione di un genitore.

Tra l’altro maggiore è il tempo trascorso, maggiori sono le possibilità che il minore si integri nello Stato e nell’ambiente in cui si è venuto a trovare dopo la sottrazione. Ciò aggiungerebbe un’ulteriore situazione traumatica, che se protratta potrebbe persino rendere inopportuno il ritorno del minore nel paese di residenza abituale.

La Convenzione dell’Aia, datata 25 ottobre 1980, si concentra sugli aspetti civili della materia. In Italia è stata recepita dalla legge 64 del 15 gennaio 1994. È un trattato multilaterale che si basa sul principio secondo il quale il trasferimento del minore in uno Stato in cui abitualmente non risiede, o il mancato rientro nello Stato di residenza, non corrispondono al suo interesse.

Le procedure della Convenzione dell’Aia possono essere applicate se sia lo Stato di residenza abituale che quello in cui è stato condotto abbiano ratificato la Convenzione e se il minore sottratto non ha ancora compiuto il sedicesimo anno di età. Se lo Stato in cui il minore è stato illecitamente condotto e/o trattenuto, non è tra gli aderenti alla Convenzione dell’Aia del 1980, la richiesta va fatta direttamente alle autorità di suddetto Stato estero, senza potersi appellare alla Convenzione.

La Convenzione ha istituito un sistema di coordinamento tra autorità centrali, che comunicano tra loro per favorire il rientro dei minori trattenuti. Ci si può così rivolgere allo stesso modo all’autorità centrale dello Stato di residenza abituale o all’autorità centrale dello Stato in cui il minore si trova.

Il primo tentativo lo si fa in modo che il rientro possa essere volontario. Se fallisce, il richiedente, o un’autorità centrale che lo supporta, può procedere dando il via alla procedura giudiziaria nello Stato di rifugio per ottenere l’ordine di ritorno.

Il procedimento giudiziario, che porta ad ottenere l’ordine di ritorno, si svolge secondo le norme processuali dello Stato richiedente.

Il minore va ascoltato nel corso del procedimento (e lo prevedono in particolar modo gli Stati europei), a meno che non venga ritenuto inopportuno a causa dell’età del minore o della sua immaturità. C’è la possibilità di impugnarla, in base alle leggi dello Stato in cui si svolge il giudizio.

Chi si appella alla Convenzione per chiedere il ritorno del minore deve essere il titolare della responsabilità genitoriale sul minore.

Il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio dell’Unione Europea, specifica competenze, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale. Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

Con le dovute eccezioni, ossia se si va contro l’interesse superiore del minore, se si va contro l’ordine pubblico, se non si è sentito prima il minore, potendolo fare, o ancora, se si è presa una decisione senza sentire la controparte.

A detto regolamento spetta il trattamento sanzionatorio delle condotte di trasferimento e trattenimento illecito.
 

L’iter da seguire in caso di sottrazione di minore

La denuncia di sottrazione di minore va fatta presso la Procura della Repubblica o presso un Posto di Polizia.

Dopo la denuncia va adito il Tribunale Civile della propria città di residenza, perché vengano adottati i provvedimenti urgenti, che possano anche arrivare a sospendere o revocare la responsabilità genitoriale del genitore sottraente.

In caso di separazione o divorzio con il genitore che ha portato il figlio all’estero, occorre rivolgersi al Tribunale Civile della città di residenza.

La sottrazione del minore portato all’estero va denunciata anche al Ministero degli Esteri.

Se lo Stato in cui si trova il minore ha sottoscritto la Convenzione dell’Aja si può denunciare la sottrazione all’Autorità Centrale presso il Ministero della Giustizia, dipartimento per la giustizia minorile, affinché venga attivata la Convenzione.

Se il minore sottratto si trova in un qualsiasi stato della Comunità Europea, è applicabile il Regolamento Europeo 2201/2003, secondo il quale è possibile far riconoscere ed eseguire le sentenze italiane. Unico limite potrebbe essere la mancanza di reciprocità, ossia nello stato europeo deve essere previsto lo stesso reato.

Il Pubblico Ministero, accertata la sottrazione, può richiedere al Giudice per le Indagini preliminari un’ordinanza di custodia cautelare (che va internazionalizzata) nei confronti del reo.
 

Sottrazione di minore: Caso: Jugendamt tedesco 

Lo Jugendamt è l’agenzia federale tedesca per l’infanzia.

Occorre evidenziare che lo Jugendamt è l’amministrazione per la gioventù e non un servizio sociale, poiché opera in modo totalmente differente da quello di un servizio sociale. 

Lo Jugendamt (JA) si occupa della tutela dei minori ed interviene ogniqualvolta ravvisa una minaccia per il benessere di un minore. Lo fa con poteri molto più estesi di quelli delle autorità di altri Paesi, potendosi anche sostituire ai genitori nell’esercizio della potestà genitoriale.

Peraltro, è definito addirittura come terzo genitore, perché è giuridicamente il terzo genitore; è una presenza costante nella vita dei genitori separati e dei minori e questo è dimostrato dal fatto che perfino partecipa in Tribunale come parte in causa (i.e. come parte civile in ogni procedimento giuridico) al pari dei genitori e può fare appello contro la decisione del giudice se ciò non fosse in linea con ciò che richiede lo Jugendamt. Inoltre esso è l’autorità competente per l’esecuzione delle sentenze del tribunale.

Lo JA è dunque contemporaneamente parte in causa, organismo di consulenza ed organo esecutore.

Questa peculiarità, sconosciuta agli ordinamenti di altri Paesi occidentali, suscita crescenti critiche in ambito europeo, soprattutto nel caso di minori contesi tra genitori di cittadinanze diverse in relazione a presunte misure discriminatorie e arbitrarie. Ma anche in Germania, l’operato dello JA è stato oggetto di critiche da parte della Corte Costituzionale tedesca in merito all’utilizzo di perizie discutibili.

Ogni decisione presa dal tale agenzia risulta essere vincolante e in Germania viene considerato un vero e proprio custode della tutela sociale dei minori in senso “estremo”, in quanto ogni bambino è un patrimonio della comunità e dello Stato e il suo benessere è legato a un’educazione tedesca. 

Lo Jugendamt afferma di perseguire il Kindeswohl (bene del bambino), come previsto da leggi, trattati e convenzioni anche internazionali.

In realtà, poiché si tratta di un concetto non giuridicamente definito, constatiamo che, nel caso di coppie binazionali, esso corrisponde sempre alla scelta di affidare i bambini al genitore tedesco o a quello dei due che ne assicuri l’educazione tedesca e la permanenza nella giurisdizione tedesca

Di fatto, in caso di separazione di una coppia di coniugi c.d. mista, secondo lo Jugendamt i figli restano in Germania, con la madre o il padre tedesco in modo del tutto categorico. 

Tutto ciò comporta un profondo dolore per l’altro genitore non di origine tedesca, poiché quest’ultimo viene estromesso dalla vita dei propri figli e limitato nelle visite e contatti con gli stessi, spesso con l’obbligo di dover comunicare solo in lingua tedesca. 

Il criterio della nazionalità appare come unico elemento essenziale; non importa che sia stata constata qualsivoglia responsabilità in capo al genitore tedesco o meno, la nazionalità primeggia su ogni altra considerazione. 

Inoltre, al genitore separato e non tedesco resta soprattutto un onere: contribuire agli alimenti e all’educazione del figlio, anche se ha perso ogni ruolo nelle scelte della crescita.

Qualora il genitore sperato e non tedesco decida di rifiutare di adempiere al pagamento degli alimenti, o di allontanare il figlio dalla Germania, conseguentemente diventa vittima di un mandato di arresto europeo emesso dal tribunale tedesco, pedissequamente applicato dagli altri paesi europei. 

Ad oggi ci sono ancora molti casi in cui vi sono vittime dello Jugendamt, quindi occorre gridare a gran voce e chiedere alla politica e alla diplomazia Italiana di intervenire con determinazione al fine di risolvere la problematica e difendere i propri connazionali, ridefinendo altresì un rapporto con la Germania basato su una reciproca fiducia e lealtà riposte su di un piano paritario. 

Riferimenti normativi e giurisprudenziali:

  • articolo 574 bis del Codice penale
  • Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata con la L. n. 64 del 1994 
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 102/2020
  • Cassazione, sentenza n. 8660/2019 
  • articolo 605 Codice Penale
  • Cass. Pen., Sez. VI, sent. 3 giugno 2022 n. 21634
  • all’articolo 574 bis cod. pen.
  • articolo 572 cod. pen
  • Cassazione, sentenza 30 agosto 2022, n. 32005
  • Cassazione, sentenza n. 31652/2022
  • Cass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 03/05/2022) 03/06/2022, n. 21634
  • Regolamento (CE) n. 2201/2003 
  • Legge federale (codice sociale libro VIII e codice civile) e legge sull’assistenza all’infanzia e alla gioventù (Kinder- und Jugendhilfegesetz o KJHG) in Germania.