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Astensione: una opzione costituzionale

Astensione
Ph. Giacomo Martini / Astensione

Astensione: una opzione costituzionale

Gli astensionisti difendono la libertà e la democrazia. Sembra un paradosso ma non lo è assolutamente.

A pochi giorni dalle elezioni politiche del 25 settembre i leader di partito lanciano sempre più pressantemente appelli al voto utile, lasciandosi spesso andare ad espressioni false e inquietanti che dipingono l’astensionismo degli elettori come un rischio e un pericolo per la democrazia. Al loro coro univoco, amplificato da un’informazione mass mediatica profondamente asservita che non osa contraddirli, si uniscono senza nessuna remora e cognizione di causa una folta schiera di intellettuali che, a rincarare la dose, sempre più spesso affermano che chi si astiene non ha poi il diritto di lamentarsi.

Forse non hanno capito che più denigrano l’astensionismo e tanto più questa modalità elettorale cresce, perché il tempo dei condizionamenti è ormai finito e l’elettorato non è più disposto a farsi raggirare.

Qualche giorno fa sul sito Filodiritto.com è apparso un articolo approfondito e decisamente provocatorio anche a detta del suo stesso autore dal titolo ”Punire l’astensionismo: perché no?“, proposta di punire l’astensionismo elettorale.

Al Movimento astensionista politico italiano sembra quindi utile e doveroso, a fronte di tutto ciò, fornire alcune precisazioni.

È opinione comune, incolpevolmente maturata a seguito di decenni di informazione pubblica ampiamente riconosciuta come distorta, ritenere il voto come l’esclusiva espressione di una preferenza politica verso un candidato, un partito o una coalizione. Niente di più errato. Il voto, ma meglio sarebbe definirlo per ciò che effettivamente è, ovvero un autentico “atto elettorale”, è invece il risultato finale dei ragionamenti, le riflessioni, le valutazioni politiche appartenenti ad ogni elettore. È pretestuosamente in “malafede” chi lo considera e circoscrive all’esclusiva apposizione di una semplice crocetta su una scheda elettorale.

Il segno apposto sulla scheda elettorale ha un valore e un’incidenza assolutamente minima, equiparabile a neppure il 5 per cento rispetto a quello che è l’intero esercizio che prepara al giudizio, e quindi alla scelta finale, alla quale concorre quell’insieme di ragionamenti politici che ogni elettore è chiamato a fare. E che di fatto fa. Anche quando gli viene erroneamente appioppata la definizione di “astensionista”.

Fatte queste dovute premesse, anche l’astensione elettorale è quindi espressione di voto libero e democratico, e guai a quella democrazia che intende sanzionarne l’esercizio poiché a quel punto sconfinerebbe nelle eclatanze di un regime autoritario e dittatoriale a tutti gli effetti.

Bisognerebbe invece riflettere sul “perché” un libero e democratico esercizio di voto quale è anche l’astensione elettorale in ogni sua forma (mancata affluenza, schede bianche, nulle e rifiuti motivati ai seggi), pienamente inquadrata nel diritto costituzionale del voto libero, non rientri, finito lo spoglio, nella contabilizzazione elettorale finale.

Vige, infatti, un’aberrante pratica antidemocratica e discriminatoria che fa sì che terminato lo spoglio siano presi in considerazione soltanto i voti utili, quelli cioè che fanno unicamente comodo ai partiti, buttando nei rifiuti l’espressione politica di milioni e milioni di elettori “non allineati”. La conseguenza di ciò, che poi si materializza come un editto in tutte le fasi successive dell’informazione politica pubblica monopolizzata illegittimamente dai partiti, è il valore sovradimensionato ed esclusivamente a loro vantaggio che da tale operazione deriva.

Senza contare, poi, tutte le spartizioni di potere e di quattrini che seguono, grazie al fatidico manuale Cencelli, che poteva anche essere legittimato quando le astensioni non superavano il 10-15 per cento dell’intero corpo elettorale...

Se dagli esiti delle urne si continuano ad escludere non soltanto coloro che le hanno disertate, ma anche chi ha espresso scheda bianca, nulla e rifiuto motivato ai seggi, anche chi esprime voto utile non ha né valore né considerazione, poiché ai partiti non interessano i voti numericamente considerati, ma fanno gola solo e soltanto le percentuali (artefatte) così ottenute.

Finora non abbiamo mai visto un partito battersi per il riallineamento del potere alla volontà e alla sovranità popolare democratica ed effettiva, pur sperando che prima o poi ciò accada.

Ci preme quindi riaffermare con forza che le derive antidemocratiche prendono corpo non quando i popoli sovrani si esprimono elettoralmente anche con le astensioni, ma quando le lobbies politico-affaristiche, ignorando volutamente ciò, hanno sempre più campo libero nel saccheggiare e depredare al punto tale gli stati fino ad annientarli. Ed è esattamente ciò che sta capitando.

Tra i risultati finora ottenuti dal movimento astensionista alcuni sono particolarmente degni di nota ed evidenziazione:

a) l’essere stati i promotori dell’abolizione dei rimborsi elettorali (per le querele per appropriazione indebita e truffa aggravata elevate nel 2011 contro tutti i partiti destinatari di detti contributi pubblici);

b) l’essere stati i richiedenti delle circolari ministeriali del Viminale che inquadrano e definiscono le modalità dei “rifiuti motivati ai seggi delle schede elettorali”;

c) essere attualmente l’unico movimento astensionista politico operante a livello europeo che, rivendicando il diritto all’astensione degli elettori, sta di fatto operando in difesa della democrazia partecipativa negli stati e per il rafforzamento dell’unione politica della stessa Europa.