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Autorizzazione integrata ambientale (AIA): le recenti modifiche apportate dal "correttivo" e dalla legge di proroga dei termini per il rilascio delle autorizzazioni

Importanti novità sono in arrivo in materia di AIA per effetto del decreto correttivo del c.d. Codice ambientale (d.lgs. n. 152/2006) e della legge n. 243/2007 (di conversione del d.l. n. 180/2007) contenente proroga dei termini stabiliti dal d.lgs. n. 59/2005.

L’AIA nel “correttivo” al Codice ambientale

Il testo finale del decreto correttivo del Codice ambientale, dopo un travagliato iter, è stato definitivamente approvato dal Governo lo scorso 21 dicembre, e se ne attende a breve la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La parte seconda del Codice ambientale (che disciplina Via, Vas e AIA) è stata completamente riscritta dall’art. 1, comma 3, del “correttivo”, principalmente con riferimento al rapporto tra AIA e VIA.

La modifica normativa individua infatti (nuovo art. 4 del d.lgs. n. 152/2006) modalità di semplificazione e coordinamento affinché le procedure autorizzative in campo ambientale vengano integrate all’interno della procedura di VIA. Tra tali procedure autorizzative rientrano, come espressamente specificato, anche quelle di cui al d.lgs. n. 59/2005 in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, che appunto istituì l’AIA.

La stessa definizione di “provvedimento di valutazione di impatto ambientale” è stata rivista nella prospettiva sopra indicata. Infatti, ai sensi della lettera o) dell’articolo 5, tale provvedimento è quello, obbligatorio e vincolante, adottato dall’autorità competente in conclusione della fase di valutazione nel processo di VIA, che “sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale”.

Quali in concreto le differenze rispetto alla disciplina precedente?

Nella sua versione originaria, il d.lgs. n. 152/2006 già prevedeva tra i suoi obiettivi l’adozione di misure di coordinamento tra le procedure di valutazione di impatto ambientale e quelle di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, per il caso in cui un impianto fosse sottoposto a entrambe le normative.

Allo scopo, l’art. 34 demandava al proponente di opere o interventi sottoposti contemporaneamente a VIA e ad AIA la facoltà di ottenere che la procedura di valutazione dell’impatto ambientale fosse integrata nel procedimento autorizzativo; disposizione del resto coerente con quanto previsto dal vecchio articolo 4, secondo il quale la procedura di VIA costituiva parte integrante del procedimento ordinario di AIA.

Quindi, il coordinamento tra le due procedure da un lato si sostanziava in un assorbimento della procedura di VIA in quella di rilascio dell’autorizzazione; dall’altro, era rimesso a una scelta discrezionale del proponente.

Con il correttivo si è optato per una diversa e più condivisibile soluzione, come risulta in particolare dall’articolo 10 del d.lgs. n. 152/2006. Il primo comma di tale norma prevede che, relativamente ai progetti

- la cui valutazione di impatto ambientale è di competenza statale, e

- ricadenti nel campo di applicazione dell’allegato V del d.lgs. n. 59/2005,

il provvedimento di valutazione di impatto ambientale “faccia luogo” dell’autorizzazione integrata ambientale.

In definitiva, nei casi appena visti, il provvedimento di VIA sostituisce quello di AIA.

Diversamente, nei casi in cui la valutazione di impatto ambientale sia di competenza delle Regioni o delle Province autonome, saranno queste ultime a dover prevedere meccanismi di coordinamento della procedura di autorizzazione integrata ambientale all’interno di quella di VIA; con la specificazione che, qualora l’autorità competente a pronunciarsi sulla compatibilità ambientale di un progetto sia anche la stessa chiamata a rilasciare l’AIA, Regioni e Province autonome “potranno” prevedere che il provvedimento di VIA faccia luogo anche di tale ultima autorizzazione.

Un breve accenno, infine, a ulteriori forme di semplificazione e coordinamento procedurale previste dal correttivo.

Per i progetti di competenza statale, nonché per quelli di attribuzione regionale nei casi in cui la Regione o Provincia autonoma abbia previsto l’efficacia sostitutiva del provvedimento di VIA rispetto a quello autorizzativo:

- lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali dovranno contenere anche le informazioni che devono essere presenti nella domanda di AIA ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 59/2005;

- il provvedimento finale dovrà contenere anche le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 7 e 8 del medesimo decreto 59.

In ogni caso, poi, le Regioni e le Province autonome assicureranno l’unicità della consultazione per i due procedimenti.

L’AIA nella recente normativa di proroga (legge n. 243/2007)

Così descritte, seppur sommariamente, le novità introdotte dal correttivo in materia di AIA, pare opportuno formulare qualche ulteriore considerazione, senza pretese di esaustività, in ordine al regime risultante dalla conversione in legge del d.l. 30 ottobre 2007, n. 180 (Differimento di termini in materia di autorizzazione integrata ambientale) ad opera della legge 19 dicembre 2007, n. 243.

Com’è noto, il d.l. n. 180/2007 aveva prorogato al 31 marzo 2008 l’originario termine del 30 ottobre 2007 fissato per l’attuazione delle prescrizioni imposte dall’AIA agli impianti esistenti (o per il rilascio dell’autorizzazione stessa qualora norme di settore avessero disposto date successive per l’attuazione).

In base al d.l., di tale possibilità potevano giovarsi solo gli impianti relativamente ai quali la domanda fosse stata presentata “nei termini” (vale a dire, entro il 30 ottobre 2007 o entro le diverse date eventualmente previste dai calendari regionali). In questi casi, gli impianti già in esercizio avrebbero potuto continuare la loro attività nel rispetto della normativa vigente o delle autorizzazioni ambientali di settore già rilasciate: queste ultime infatti erano da ritenersi implicitamente prorogate fino alla scadenza del termine fissato dall’AIA per l’attuazione delle relative prescrizioni. Ciò a prescindere da eventuali ritardi dell’amministrazione procedente nel rilascio dell’AIA; semprechè, ovviamente, l’esercizio dell’attività avvenisse nel rispetto della normativa indicata.

Il regime transitorio così delineato non era peraltro privo di incongruenze. Da un lato, infatti, la validità delle autorizzazioni settoriali era stata prorogata fino alla scadenza del termine per l’attuazione delle prescrizioni dell’AIA; dall’altro, dal momento di rilascio dell’AIA (e non dalla scadenza del termine per l’attuazione delle prescrizioni) non sarebbe più stato applicabile il regime sanzionatorio previsto dalla normativa di settore (ai sensi dell’art. 16, comma 10, del d.lgs. n. 59/2005).

La conseguenza che ne derivava era quantomeno singolare. Dal momento di rilascio dell’AIA sino alla scadenza del termine fissato per adeguarsi alle sue prescrizioni, l’attività era retta dalle autorizzazioni di settore: e tuttavia, nel caso di mancata osservazione delle prescrizioni relative alle medesime o di quelle imposte dall’autorità compente, nonché nel caso di ordine di chiusura dell’impianto, le sanzioni applicabili sarebbero state quelle di cui articolo 16 del d.lgs. n. 59/2005, previste per i gestori degli impianti in possesso di AIA.

Cosa è cambiato con la legge di conversione n. 243/2007?

La proroga al 31 marzo 2008 per l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA è stata confermata; non senza qualche elemento innovativo, di cui si cercherà di tratteggiare brevemente le implicazioni in sede conclusiva.

La modifica di maggior rilievo rispetto al decreto legge originario è contenuta nel nuovo art. 1-bis del testo consolidato: secondo tale disposizione, il termine di presentazione della domanda all’autorità competente da parte degli impianti esistenti è quello del 31 gennaio 2008.

Ciò, “in ogni caso”: ovvero, anche qualora diversamente previsto dai calendari regionali.

Il legislatore ha poi recuperato la nozione di “impianto esistente” come definita all’art. 2 del d.lgs. n. 59/2005; abbandonando quindi quella di “impianto in esercizio” utilizzata dall’esecutivo nel decreto legge n. 180/2007. Non si tratta affatto di nozioni coincidenti. Infatti:

- “impianti esistenti” ai sensi del d.lgs. n. 59/2005 sono quelli che, al 10 novembre 1999, avevano ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per i quali a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per l’esercizio, a condizione che fossero entrati in funzione entro il 10 novembre 2000 (art. 2, lettera d), d.lgs. n. 59/2005);

- la categoria degli “impianti in esercizio”, invece, in assenza di una definizione espressa all’interno del d.l. n. 180/2007, doveva necessariamente ricomprendere gli impianti funzionanti al momento dell’entrata in vigore del d.l. medesimo (poteva dunque trattarsi tanto di impianti classificabili come “esistenti” che come “nuovi” ai sensi del d.lgs. n. 59/2005).

La differenza fra le due nozioni non è affatto marginale. E pertanto, alla luce del testo approvato dal Parlamento, non appare ancora del tutto chiaro quale sia la disciplina applicabile agli impianti non classificabili come “esistenti” sulla base del d.lgs. n. 59/2005, ma oggi già in funzione. A rigore, questi impianti non possono giovarsi della facoltà di presentare la domanda di AIA entro il 31 gennaio 2008 (facoltà infatti riservata dalla legge n. 243/2007 solo agli “impianti esistenti”). Di conseguenza, per gli stessi impianti:

- il termine per presentare la domanda di AIA resta quello previsto nel calendario regionale;

- l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA deve (o doveva) avvenire a partire dalla data di rilascio della stessa AIA, non essendo applicabile agli impianti nuovi (ma solo a quelli esistenti) l’art. 5, comma 18, del d.lgs. n. 59/2005.

Altro elemento innovativo è la previsione di un limite alla validità ed efficacia delle autorizzazioni di settore nelle more del rilascio dell’AIA.

Infatti, gli impianti esistenti, rispettando la normativa vigente e le prescrizioni dei provvedimenti autorizzativi settoriali, potranno proseguire la loro attività sulla base di questi ultimi limitatamente al loro “esercizio” ed alle “modifiche non sostanziali” (art. 2, comma 1, del d.l. n. 180/2007, come modificato dalla legge n. 243/2007).

Ne consegue che, prima del rilascio dell’AIA, per tali impianti non potranno essere richieste modifiche sostanziali (come definite dall’art. 2 del d.lgs. n. 59/2005) sulla base delle procedure previste dalle normative di settore; modifiche che si configurano come sostanziali potranno naturalmente essere richieste all’autorità competente in sede di domanda di AIA o a integrazione di quest’ultima.

Da ultimo, una breve riflessione sulle conseguenze tutt’altro che trascurabili derivanti dalle modifiche intervenute in sede di conversione.

Ci si riferisce in particolare agli effetti della nuova disciplina sulle possibili situazioni transitorie determinatesi nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del d.l. n. 180/2007 e quella della legge n. 243/2007.

Si pensi, infatti, a quegli impianti per i quali la domanda di AIA non era stata presentata entro l’originario termine del 30 ottobre 2007: i relativi gestori non avrebbero potuto avvalersi della proroga stabilita dal decreto legge, la cui ratio era quella di evitare che le conseguenze dei ritardi amministrativi nel rilascio dell’AIA venissero a ripercuotersi sui gestori “diligenti”.

Pertanto, nei casi appena visti, l’attività avrebbe dovuto essere interrotta, a meno di non voler incorrere nelle sanzioni di cui all’art. 16, primo comma, del d.lgs. n. 59/2005. Sanzioni fra l’altro di natura penale, atteso che per l’esercizio di attività soggette ad AIA senza la relativa autorizzazione è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.

La situazione è mutata a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione.

Si consideri, infatti, che la legge n. 243/2007:

- da un lato, consente in maniera generalizzata (anche se per i soli impianti “esistenti”, come abbiamo visto) la presentazione delle domande entro il 31 gennaio 2008, determinando, pertanto, una “rimessione” in termini dei gestori “negligenti”;

- dall’altro, prevede che le autorizzazioni settoriali siano valide ed efficaci sino alla scadenza del termine previsto dal provvedimento autorizzativo in questione per l’attuazione delle relative prescrizioni (seppur con i già segnalati limiti).

Dunque, per i gestori degli impianti “esistenti” soggetti ad AIA che:

- alla data del 30 ottobre non avessero presentato la relativa domanda, e

- nel periodo compreso tra il 31 ottobre 2007 e il 27 dicembre 2007 avessero continuato a svolgere l’attività rientrante nel campo di applicazione del d.lgs. n. 59/2005,

si potrebbe ora escludere l’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 16 del medesimo decreto. Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 2 c.p., secondo comma, “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato (…) ”.

La legge di conversione sembra dunque aver rimosso lo spettro della sanzione penale per quei gestori di impianti esistenti che, pur non avendo presentato la domanda di AIA entro il 30 ottobre, abbiano comunque proseguito l’attività in assenza di autorizzazione. A patto però – è bene precisarlo – che provvedano alla relativa istanza entro il nuovo termine del 31 gennaio 2008.

Importanti novità sono in arrivo in materia di AIA per effetto del decreto correttivo del c.d. Codice ambientale (d.lgs. n. 152/2006) e della legge n. 243/2007 (di conversione del d.l. n. 180/2007) contenente proroga dei termini stabiliti dal d.lgs. n. 59/2005.

L’AIA nel “correttivo” al Codice ambientale

Il testo finale del decreto correttivo del Codice ambientale, dopo un travagliato iter, è stato definitivamente approvato dal Governo lo scorso 21 dicembre, e se ne attende a breve la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La parte seconda del Codice ambientale (che disciplina Via, Vas e AIA) è stata completamente riscritta dall’art. 1, comma 3, del “correttivo”, principalmente con riferimento al rapporto tra AIA e VIA.

La modifica normativa individua infatti (nuovo art. 4 del d.lgs. n. 152/2006) modalità di semplificazione e coordinamento affinché le procedure autorizzative in campo ambientale vengano integrate all’interno della procedura di VIA. Tra tali procedure autorizzative rientrano, come espressamente specificato, anche quelle di cui al d.lgs. n. 59/2005 in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, che appunto istituì l’AIA.

La stessa definizione di “provvedimento di valutazione di impatto ambientale” è stata rivista nella prospettiva sopra indicata. Infatti, ai sensi della lettera o) dell’articolo 5, tale provvedimento è quello, obbligatorio e vincolante, adottato dall’autorità competente in conclusione della fase di valutazione nel processo di VIA, che “sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale”.

Quali in concreto le differenze rispetto alla disciplina precedente?

Nella sua versione originaria, il d.lgs. n. 152/2006 già prevedeva tra i suoi obiettivi l’adozione di misure di coordinamento tra le procedure di valutazione di impatto ambientale e quelle di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, per il caso in cui un impianto fosse sottoposto a entrambe le normative.

Allo scopo, l’art. 34 demandava al proponente di opere o interventi sottoposti contemporaneamente a VIA e ad AIA la facoltà di ottenere che la procedura di valutazione dell’impatto ambientale fosse integrata nel procedimento autorizzativo; disposizione del resto coerente con quanto previsto dal vecchio articolo 4, secondo il quale la procedura di VIA costituiva parte integrante del procedimento ordinario di AIA.

Quindi, il coordinamento tra le due procedure da un lato si sostanziava in un assorbimento della procedura di VIA in quella di rilascio dell’autorizzazione; dall’altro, era rimesso a una scelta discrezionale del proponente.

Con il correttivo si è optato per una diversa e più condivisibile soluzione, come risulta in particolare dall’articolo 10 del d.lgs. n. 152/2006. Il primo comma di tale norma prevede che, relativamente ai progetti

- la cui valutazione di impatto ambientale è di competenza statale, e

- ricadenti nel campo di applicazione dell’allegato V del d.lgs. n. 59/2005,

il provvedimento di valutazione di impatto ambientale “faccia luogo” dell’autorizzazione integrata ambientale.

In definitiva, nei casi appena visti, il provvedimento di VIA sostituisce quello di AIA.

Diversamente, nei casi in cui la valutazione di impatto ambientale sia di competenza delle Regioni o delle Province autonome, saranno queste ultime a dover prevedere meccanismi di coordinamento della procedura di autorizzazione integrata ambientale all’interno di quella di VIA; con la specificazione che, qualora l’autorità competente a pronunciarsi sulla compatibilità ambientale di un progetto sia anche la stessa chiamata a rilasciare l’AIA, Regioni e Province autonome “potranno” prevedere che il provvedimento di VIA faccia luogo anche di tale ultima autorizzazione.

Un breve accenno, infine, a ulteriori forme di semplificazione e coordinamento procedurale previste dal correttivo.

Per i progetti di competenza statale, nonché per quelli di attribuzione regionale nei casi in cui la Regione o Provincia autonoma abbia previsto l’efficacia sostitutiva del provvedimento di VIA rispetto a quello autorizzativo:

- lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali dovranno contenere anche le informazioni che devono essere presenti nella domanda di AIA ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 59/2005;

- il provvedimento finale dovrà contenere anche le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 7 e 8 del medesimo decreto 59.

In ogni caso, poi, le Regioni e le Province autonome assicureranno l’unicità della consultazione per i due procedimenti.

L’AIA nella recente normativa di proroga (legge n. 243/2007)

Così descritte, seppur sommariamente, le novità introdotte dal correttivo in materia di AIA, pare opportuno formulare qualche ulteriore considerazione, senza pretese di esaustività, in ordine al regime risultante dalla conversione in legge del d.l. 30 ottobre 2007, n. 180 (Differimento di termini in materia di autorizzazione integrata ambientale) ad opera della legge 19 dicembre 2007, n. 243.

Com’è noto, il d.l. n. 180/2007 aveva prorogato al 31 marzo 2008 l’originario termine del 30 ottobre 2007 fissato per l’attuazione delle prescrizioni imposte dall’AIA agli impianti esistenti (o per il rilascio dell’autorizzazione stessa qualora norme di settore avessero disposto date successive per l’attuazione).

In base al d.l., di tale possibilità potevano giovarsi solo gli impianti relativamente ai quali la domanda fosse stata presentata “nei termini” (vale a dire, entro il 30 ottobre 2007 o entro le diverse date eventualmente previste dai calendari regionali). In questi casi, gli impianti già in esercizio avrebbero potuto continuare la loro attività nel rispetto della normativa vigente o delle autorizzazioni ambientali di settore già rilasciate: queste ultime infatti erano da ritenersi implicitamente prorogate fino alla scadenza del termine fissato dall’AIA per l’attuazione delle relative prescrizioni. Ciò a prescindere da eventuali ritardi dell’amministrazione procedente nel rilascio dell’AIA; semprechè, ovviamente, l’esercizio dell’attività avvenisse nel rispetto della normativa indicata.

Il regime transitorio così delineato non era peraltro privo di incongruenze. Da un lato, infatti, la validità delle autorizzazioni settoriali era stata prorogata fino alla scadenza del termine per l’attuazione delle prescrizioni dell’AIA; dall’altro, dal momento di rilascio dell’AIA (e non dalla scadenza del termine per l’attuazione delle prescrizioni) non sarebbe più stato applicabile il regime sanzionatorio previsto dalla normativa di settore (ai sensi dell’art. 16, comma 10, del d.lgs. n. 59/2005).

La conseguenza che ne derivava era quantomeno singolare. Dal momento di rilascio dell’AIA sino alla scadenza del termine fissato per adeguarsi alle sue prescrizioni, l’attività era retta dalle autorizzazioni di settore: e tuttavia, nel caso di mancata osservazione delle prescrizioni relative alle medesime o di quelle imposte dall’autorità compente, nonché nel caso di ordine di chiusura dell’impianto, le sanzioni applicabili sarebbero state quelle di cui articolo 16 del d.lgs. n. 59/2005, previste per i gestori degli impianti in possesso di AIA.

Cosa è cambiato con la legge di conversione n. 243/2007?

La proroga al 31 marzo 2008 per l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA è stata confermata; non senza qualche elemento innovativo, di cui si cercherà di tratteggiare brevemente le implicazioni in sede conclusiva.

La modifica di maggior rilievo rispetto al decreto legge originario è contenuta nel nuovo art. 1-bis del testo consolidato: secondo tale disposizione, il termine di presentazione della domanda all’autorità competente da parte degli impianti esistenti è quello del 31 gennaio 2008.

Ciò, “in ogni caso”: ovvero, anche qualora diversamente previsto dai calendari regionali.

Il legislatore ha poi recuperato la nozione di “impianto esistente” come definita all’art. 2 del d.lgs. n. 59/2005; abbandonando quindi quella di “impianto in esercizio” utilizzata dall’esecutivo nel decreto legge n. 180/2007. Non si tratta affatto di nozioni coincidenti. Infatti:

- “impianti esistenti” ai sensi del d.lgs. n. 59/2005 sono quelli che, al 10 novembre 1999, avevano ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale, o per i quali a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per l’esercizio, a condizione che fossero entrati in funzione entro il 10 novembre 2000 (art. 2, lettera d), d.lgs. n. 59/2005);

- la categoria degli “impianti in esercizio”, invece, in assenza di una definizione espressa all’interno del d.l. n. 180/2007, doveva necessariamente ricomprendere gli impianti funzionanti al momento dell’entrata in vigore del d.l. medesimo (poteva dunque trattarsi tanto di impianti classificabili come “esistenti” che come “nuovi” ai sensi del d.lgs. n. 59/2005).

La differenza fra le due nozioni non è affatto marginale. E pertanto, alla luce del testo approvato dal Parlamento, non appare ancora del tutto chiaro quale sia la disciplina applicabile agli impianti non classificabili come “esistenti” sulla base del d.lgs. n. 59/2005, ma oggi già in funzione. A rigore, questi impianti non possono giovarsi della facoltà di presentare la domanda di AIA entro il 31 gennaio 2008 (facoltà infatti riservata dalla legge n. 243/2007 solo agli “impianti esistenti”). Di conseguenza, per gli stessi impianti:

- il termine per presentare la domanda di AIA resta quello previsto nel calendario regionale;

- l’adeguamento alle prescrizioni dell’AIA deve (o doveva) avvenire a partire dalla data di rilascio della stessa AIA, non essendo applicabile agli impianti nuovi (ma solo a quelli esistenti) l’art. 5, comma 18, del d.lgs. n. 59/2005.

Altro elemento innovativo è la previsione di un limite alla validità ed efficacia delle autorizzazioni di settore nelle more del rilascio dell’AIA.

Infatti, gli impianti esistenti, rispettando la normativa vigente e le prescrizioni dei provvedimenti autorizzativi settoriali, potranno proseguire la loro attività sulla base di questi ultimi limitatamente al loro “esercizio” ed alle “modifiche non sostanziali” (art. 2, comma 1, del d.l. n. 180/2007, come modificato dalla legge n. 243/2007).

Ne consegue che, prima del rilascio dell’AIA, per tali impianti non potranno essere richieste modifiche sostanziali (come definite dall’art. 2 del d.lgs. n. 59/2005) sulla base delle procedure previste dalle normative di settore; modifiche che si configurano come sostanziali potranno naturalmente essere richieste all’autorità competente in sede di domanda di AIA o a integrazione di quest’ultima.

Da ultimo, una breve riflessione sulle conseguenze tutt’altro che trascurabili derivanti dalle modifiche intervenute in sede di conversione.

Ci si riferisce in particolare agli effetti della nuova disciplina sulle possibili situazioni transitorie determinatesi nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del d.l. n. 180/2007 e quella della legge n. 243/2007.

Si pensi, infatti, a quegli impianti per i quali la domanda di AIA non era stata presentata entro l’originario termine del 30 ottobre 2007: i relativi gestori non avrebbero potuto avvalersi della proroga stabilita dal decreto legge, la cui ratio era quella di evitare che le conseguenze dei ritardi amministrativi nel rilascio dell’AIA venissero a ripercuotersi sui gestori “diligenti”.

Pertanto, nei casi appena visti, l’attività avrebbe dovuto essere interrotta, a meno di non voler incorrere nelle sanzioni di cui all’art. 16, primo comma, del d.lgs. n. 59/2005. Sanzioni fra l’altro di natura penale, atteso che per l’esercizio di attività soggette ad AIA senza la relativa autorizzazione è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.

La situazione è mutata a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione.

Si consideri, infatti, che la legge n. 243/2007:

- da un lato, consente in maniera generalizzata (anche se per i soli impianti “esistenti”, come abbiamo visto) la presentazione delle domande entro il 31 gennaio 2008, determinando, pertanto, una “rimessione” in termini dei gestori “negligenti”;

- dall’altro, prevede che le autorizzazioni settoriali siano valide ed efficaci sino alla scadenza del termine previsto dal provvedimento autorizzativo in questione per l’attuazione delle relative prescrizioni (seppur con i già segnalati limiti).

Dunque, per i gestori degli impianti “esistenti” soggetti ad AIA che:

- alla data del 30 ottobre non avessero presentato la relativa domanda, e

- nel periodo compreso tra il 31 ottobre 2007 e il 27 dicembre 2007 avessero continuato a svolgere l’attività rientrante nel campo di applicazione del d.lgs. n. 59/2005,

si potrebbe ora escludere l’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 16 del medesimo decreto. Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 2 c.p., secondo comma, “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato (…) ”.

La legge di conversione sembra dunque aver rimosso lo spettro della sanzione penale per quei gestori di impianti esistenti che, pur non avendo presentato la domanda di AIA entro il 30 ottobre, abbiano comunque proseguito l’attività in assenza di autorizzazione. A patto però – è bene precisarlo – che provvedano alla relativa istanza entro il nuovo termine del 31 gennaio 2008.