Avvocati: il calo dei redditi compromette la professione
Avvocati: il calo dei redditi compromette la professione.
È stato pubblicato il VI rapporto CENSIS sull’Avvocatura. I dati che emergono non fanno ben sperare. Un terzo sta prendendo seriamente in considerazione di lasciare la professione forense per un sempre più cospicuo calo dei redditi.
Avvocati: il sesto Rapporto CENSIS. Cos’è?
Anzitutto bisogna togliere qualche dubbio e perplessità e specificare cosa sia un rapporto CENSIS e, prima ancora, cosa sia il CENSIS.
Il CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali) si qualifica quale “istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964”.
Come specificato, il suo compito è duplice:
- da un lato, “cogliere e approfondire i temi fondamentali della società”, e quindi il suo andamento, la sua evoluzione o –perché no- una sua possibile involuzione, dal punto di vista sociale ed economico;
- “porre costante attenzione al governo dei processi, alla progettazione delle politiche, al coinvolgimento dei soggetti, all’azione dei poteri istituzionali e alla cultura di governo”.
Il suo rapporto annuale (“Rapporto sulla situazione sociale del Paese”) è considerato “il più qualificato e completo strumento di interpretazione della realtà italiana”.
Avvocati: criticità e problemi
Il Rapporto Censis 2022 sull’Avvocatura.
Sin dalle premesse del summenzionato rapporto, si evince un cambio di prospettiva, di rotta e di pensiero che desta preoccupazioni e turbamenti tra gli avvocati.
In particolare, si legge che “Il Rapporto 2022 sull’Avvocatura italiana, redatto in collaborazione con il CENSIS, presenta alcuni elementi innovativi rispetto al passato e completa l’indagine con una serie di dati numerici di sicuro interesse, alla luce degli eventi che hanno caratterizzato l’ultimo biennio.
La pandemia, l’andamento demografico e i redditi professionali nuovamente in calo, in un contesto generale complesso, hanno, infatti, ridisegnato lo scenario, presente e futuro, degli avvocati.”
Dunque, pandemia, andamento demografico e redditi professionali nuovamente in calo: ecco le preoccupazioni che attanagliano i più e sui quali ci soffermeremo di seguito.
Avvocati: alla pandemia nessuno può sfuggire
È proprio vero alla pandemia e alle sue drammatiche conseguenze nessuno può sfuggire…neanche gli avvocati.
Con l’avanzare del Covid-19, anche la giustizia si è rallentata, soprattutto quando il virus ha iniziato a circolare e diffondersi anche nelle aule dei tribunali.
Da qui, i primi colpi ai redditi degli avvocati, che sono andati peggiorando nettamente nel 2020, con pesanti conseguenze protratte fino al 2021.
Infatti, nel 2021, a fronte del 27,8% degli avvocati che sono riusciti a mantenere la loro condizione economica “in stabilità”, il 42,4% ha subito una riduzione del fatturato. Soltanto il 29,9% ha visto un aumento reddituale rispetto all’anno precedente.
Inoltre, durante le fasi più delicate della pandemia, il divario reddituale tra uomini e donne è aumentato notevolmente, essendo il reddito degli uomini notevolmente più elevato rispetto a quello delle donne, tanto da essere necessari due stipendi percepiti da donne “per sfiorare (e non raggiungere) il livello medio percepito da un uomo”.
Nel VI Rapporto CENSIS sull’Avvocatura si legge infatti che, nel periodo sopra considerato, il reddito delle donne ammontava a 23.576 contro i 51.000, percepiti dagli uomini.
Ma questo perché?
Ebbene, la domanda sorge spontanea e la risposta non è per niente scontata ma a noi non nuova. Gli impegni familiari, l’assistenza ai figli nell’apprendimento -durante la didattica a distanza- non hanno facilitato le donne-lavoratrici e molte sono state costrette a diminuire il carico lavorativo.
Il primo comma dell’articolo 37 della Costituzione italiana recita:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Bellissime parole quelle scritte nella Costituzione ma per niente attuate, almeno nel periodo pandemico.
Avvocati: qualche dato numerico
“Il reddito e la sua evoluzione nel tempo rappresentano in maniera molto efficace lo “stato di salute” della professione”.
Dunque, ai sensi del Rapporto CENSIS, per capire come sta procedendo l’andamento della professione forense, bisogna guardare al reddito percepito.
Nonostante una parte degli avvocati ritenga che sia possibile superare questa fase di calo reddituale, il 32,8% sta pensando di lasciare la professione e il 63,7% di questi è pronto al drastico cambiamento per le poche entrate e le molte uscite: insomma per l’ormai nota diminuzione reddituale.
Avvocati: la posizione dell’AIGA
L’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), per mezzo del suo Presidente Francesco Paolo Perchinunno, ha chiesto al Governo di ricorrere al Piano nazionale di ripresa e resilienza per trovare le risorse vòlte ad aiutare un settore danneggiato anch’esso dalla pandemia.
“Dal rapporto CENSIS sull’Avvocatura per Cassa Forense un avvocato su tre pensa di abbandonare la professione. Un dato allarmante che fotografa l’emergenza che ha investito anche il mondo dei giovani avvocati. L’Associazione Italiana Giovani Avvocati, AIGA, chiede al governo di trovare risorse all’interno del PNRR per finanziare la riconversione delle nostre competenze ed incentivare le aggregazioni”.
Ogni avvocato, nel proprio ramo, cerca ovviamente di innovarsi e aggiornarsi, allargando così le prestazioni fornite e sperando che il gioco domanda-offerta faccia ancora una volta il suo compito.