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Brevi note sulla domanda d’ammissione al concordato preventivo

Domanda di concordato. Requisiti.

La procedura di concordato preventivo inizia con la domanda di ammissione (art. 161 l. fall.), presentata dal debitore tramite ricorso al tribunale del luogo dove si trova la sede principale dell’impresa (non rilevando, ai fini della competenza, il fatto che la sede sia stata trasferita nell’anno solare precedente).

Legittimati alla domanda sono gli imprenditori commerciali che si trovano in stato di crisi (concetto ampio che fa riferimento ad una grave difficoltà economica dell’impresa, non ancora divenuta irreversibile, includendo anche l’ipotesi più grave dell’insolvenza) che abbiano i requisiti soggettivi per la sottoponibilità al fallimento. Legittimati sono parimenti gli eredi. Non hanno titolo per la domanda gli imprenditori agricoli e le imprese che, pur svolgendo un’attività commerciale, si pongono sotto le soglie di fallibilità previste dall’ art. 1 l. fall. (si pone nel merito un problema di costituzionalità, per il mancato rispetto del principio di eguaglianza; il beneficio, che produce l’effetto rilevante dell’esdebitazione, viene negato ad un vasto numero di imprese che non sono sottoponibili al fallimento).

La proponibilità della domanda andrebbe anche negata ai singoli soci illimitatamente responsabili delle società personali dato che è pacifico che gli stessi non rivestano la qualifica di imprenditori (Pajardi – Paluchowsky, Manuale di diritto fallimentare, 7 ed., Milano, 2008, 820).

 

La domanda è sottoscritta dall’imprenditore (non è necessario il patrocinio di un legale), nel caso di società, dal legale rappresentante.

La vecchia normativa indicava invece come presupposti lo “stato di insolvenza” ed il requisito della “meritevolezza”, essendo la procedura, sotto il secondo profilo, applicabile soltanto all’ormai mitica figura dell’imprenditore “sfortunato, ma onesto”. Il nuovo concordato preventivo prescinde dalla meritevolezza del ricorrente (può riguardare quindi anche le società di fatto ed irregolari o chi ha subito condanne penali o chi è stato già assoggettato alle procedure concorsuali), si fonda su una logica privatistica, imperniata su un accordo negoziale tra imprenditore in crisi ed i suoi creditori, circoscrive i poteri del giudice, assegnando allo stesso una funzione prevalentemente notarile.

Il concordato è approvato col voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 177).

Piano del concordato

La domanda di concordato si basa su un piano da proporre ai creditori, che può avere il contenuto più vario, essendo sottratto a vincoli di tipicità e lasciato alla determinazione dell’autonomia privata. Il piano può prevedere infatti (art. 160):

- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma anche mediante la cessione di beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;

- la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Il piano proposto deve essere veritiero, deve quindi rispecchiare la reale situazione in cui versa l’impresa ed attendibile, in quanto va formulato in modo realistico in funzione di obiettivi ragionevolmente conseguibili. Se da un punto di vista formale la domanda di concordato è un atto processuale, nella sostanza si manifesta come atto unilaterale di natura economica (Cfr. art. 1324 c.c.), ed in quanto tale deve avere una causa, cioè assolvere ad una funzione economicamente apprezzabile.

Vanno allegati al piano:

a) un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria dell’impresa;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con le indicazioni dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c) l’elenco dei titolari dei diritti reali e personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;

d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il piano va valutato tenuto conto della affidabilità dei dati aziendali ( anche in relazione alle perizie delle poste di bilancio, allegate alla domanda ), delle garanzie, della ragionevolezza delle modalità concrete di esecuzione e dei risultati attesi per quanto concerne la misura ed i tempi di soddisfazione dei creditori.

La proposta di concordato può essere modificata finché non siano iniziate le operazioni di voto (art. 175, comma 2), l’adunanza dei creditori diventa dunque il momento conclusivo per la precisazione della proposta da sottoporre all’approvazione.

Relazione del professionista

L’art. 161 prevede che la domanda di concordato sia accompagnata da una relazione di un professionista iscritto nel registro del revisori contabili ed in possesso dei requisiti per la nomina a curatore, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso (in tema v. Brescia, Le attestazioni degli esperti richieste dalla legge fallimentare ed in particolare la relazione per l’ammissione al concordato preventivo, in www.ilcaso.it, dottrina, doc. n. 174/2009).

La relazione è una novità della riforma, che è orientata, da un lato a circoscrivere il controllo del tribunale e, dall’altro ad allargare lo spazio dell’autonomia privata. L’intervento del professionista va dunque di pari passo col l’affievolirsi dei poteri di controllo del giudice. Il professionista, anche se scelto dal debitore concordatario e persona di sua fiducia, in considerazione del ruolo che svolge, si pone in una posizione di terzietà, in qualità di garante dei soggetti coinvolti (Cass.civ. 4 febbraio 2009, n.2706, in www.ilcaso.it, giurisprudenza, doc. 1684/2009).

Pur non essendo più previsto il deposito delle scritture contabili come condizione per l’ammissibilità della domanda di concordato, la relazione, che deve certificare la veridicità dei dati aziendali, non può prescindere da un attento esame della contabilità.

Andranno anche affrontati gli spetti problematici del piano, prevedendo eventuali interventi correttivi, necessari se si verificano eventi non previsti.

La relazione dovrà concludersi con una prognosi positiva e ampiamente motivata sulla fattibilità del piano, valutando l’andamento del mercato in cui l’impresa opera.

Suddivisione dei creditori in classi. Pagamento dei creditori privilegiati.

La possibilità di formare classi di creditori, superando la classica bipartizione tra privilegiati e chirografari, è una delle principali novità del concordato preventivo riformato, sul modello della legislazione americana e tedesca (sull’argomento v. Catalozzi, La formazione delle classi tra autonomia del proponente e tutela dei creditori, Il Fallimento, 2009, 589). L’intento è quello di agevolare la trattativa, strutturando i crediti tenendo conto dei diversi interessi, facendo quindi offerte differenti (così i fornitori possono accontentarsi di un rimborso parziale, ma rapido, le banche essere disponibili ad un tempo più lungo per ottenere un rimborso più vantaggioso), al fine di addivenire ad un accordo complessivo col ceto creditorio.

Le classi sono differenziate secondo la posizione giuridica (es. in prededuzione, privilegiati, chirografari, postergati) ed interessi economici omogenei (es. banche, fornitori di beni, fornitori di servizi) nonché nel diverso trattamento (per misura, forma e tempi di pagamento) tra creditori appartenenti a classi differenti, anche se ciò può contrastare con la par condicio creditorum, principio che si applica comunque ai creditori appartenenti alla stessa classe (nel concordato riformato, il legislatore ha dato priorità all’esigenza di salvare l’impresa rispetto alle ragioni dei creditori).

La proposta di concordato può anche prevedere il pagamento non integrale dei creditori privilegiati (così come precisato dal D.lgs. n.169/2007), a condizione che il piano ne disponga la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la prelazione (art. 160, comma 2). La dottrina propende nel ritenere cha la norma non si riferisca soltanto ai privilegi speciali, ma riguardi anche quelli generali (cfr., fra gli altri Mandrioli, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, in La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di Bonfatti – Panzani, Milano, 2008, 683),  lo stesso art. 182 ter consente la falcidia dei crediti tributari i quali sono nella maggior parte assistiti proprio da privilegio generale.

La proposta può dunque indicare un pagamento percentuale dei crediti privilegiati in relazione alla parte in cui il credito sia incapiente, ritenendosi che il ricavato della vendita del bene non basti a coprire il credito. Il valore commerciale del bene oggetto della garanzia va certificato da una relazione giurata di stima. La perizia può essere effettuata dallo stesso professionista che attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione, sia in base ai diversi titoli, sia dello stesso titolo (come avviene nella graduazione dell’ipoteca). Questo non impedisce al debitore di pagare in percentuale, in assenza di pregiudizio per il creditore, un determinato grado di privilegio se quello precedente non è stato soddisfatto integralmente (Mandrioli, op. cit., 692).

In presenza di classi per approvare il concordato non basta la maggioranza dei crediti ammessi al voto, serve inoltre l’approvazione della maggioranza delle classi (art. 177). Nel caso tuttavia che vi siano classi dissenzienti, il tribunale può approvare il concordato qualora riscontri che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano essere soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (regola del cram down).

Domanda di concordato. Requisiti.

La procedura di concordato preventivo inizia con la domanda di ammissione (art. 161 l. fall.), presentata dal debitore tramite ricorso al tribunale del luogo dove si trova la sede principale dell’impresa (non rilevando, ai fini della competenza, il fatto che la sede sia stata trasferita nell’anno solare precedente).

Legittimati alla domanda sono gli imprenditori commerciali che si trovano in stato di crisi (concetto ampio che fa riferimento ad una grave difficoltà economica dell’impresa, non ancora divenuta irreversibile, includendo anche l’ipotesi più grave dell’insolvenza) che abbiano i requisiti soggettivi per la sottoponibilità al fallimento. Legittimati sono parimenti gli eredi. Non hanno titolo per la domanda gli imprenditori agricoli e le imprese che, pur svolgendo un’attività commerciale, si pongono sotto le soglie di fallibilità previste dall’ art. 1 l. fall. (si pone nel merito un problema di costituzionalità, per il mancato rispetto del principio di eguaglianza; il beneficio, che produce l’effetto rilevante dell’esdebitazione, viene negato ad un vasto numero di imprese che non sono sottoponibili al fallimento).

La proponibilità della domanda andrebbe anche negata ai singoli soci illimitatamente responsabili delle società personali dato che è pacifico che gli stessi non rivestano la qualifica di imprenditori (Pajardi – Paluchowsky, Manuale di diritto fallimentare, 7 ed., Milano, 2008, 820).

 

La domanda è sottoscritta dall’imprenditore (non è necessario il patrocinio di un legale), nel caso di società, dal legale rappresentante.

La vecchia normativa indicava invece come presupposti lo “stato di insolvenza” ed il requisito della “meritevolezza”, essendo la procedura, sotto il secondo profilo, applicabile soltanto all’ormai mitica figura dell’imprenditore “sfortunato, ma onesto”. Il nuovo concordato preventivo prescinde dalla meritevolezza del ricorrente (può riguardare quindi anche le società di fatto ed irregolari o chi ha subito condanne penali o chi è stato già assoggettato alle procedure concorsuali), si fonda su una logica privatistica, imperniata su un accordo negoziale tra imprenditore in crisi ed i suoi creditori, circoscrive i poteri del giudice, assegnando allo stesso una funzione prevalentemente notarile.

Il concordato è approvato col voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 177).

Piano del concordato

La domanda di concordato si basa su un piano da proporre ai creditori, che può avere il contenuto più vario, essendo sottratto a vincoli di tipicità e lasciato alla determinazione dell’autonomia privata. Il piano può prevedere infatti (art. 160):

- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma anche mediante la cessione di beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;

- la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Il piano proposto deve essere veritiero, deve quindi rispecchiare la reale situazione in cui versa l’impresa ed attendibile, in quanto va formulato in modo realistico in funzione di obiettivi ragionevolmente conseguibili. Se da un punto di vista formale la domanda di concordato è un atto processuale, nella sostanza si manifesta come atto unilaterale di natura economica (Cfr. art. 1324 c.c.), ed in quanto tale deve avere una causa, cioè assolvere ad una funzione economicamente apprezzabile.

Vanno allegati al piano:

a) un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria dell’impresa;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con le indicazioni dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c) l’elenco dei titolari dei diritti reali e personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;

d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il piano va valutato tenuto conto della affidabilità dei dati aziendali ( anche in relazione alle perizie delle poste di bilancio, allegate alla domanda ), delle garanzie, della ragionevolezza delle modalità concrete di esecuzione e dei risultati attesi per quanto concerne la misura ed i tempi di soddisfazione dei creditori.

La proposta di concordato può essere modificata finché non siano iniziate le operazioni di voto (art. 175, comma 2), l’adunanza dei creditori diventa dunque il momento conclusivo per la precisazione della proposta da sottoporre all’approvazione.

Relazione del professionista

L’art. 161 prevede che la domanda di concordato sia accompagnata da una relazione di un professionista iscritto nel registro del revisori contabili ed in possesso dei requisiti per la nomina a curatore, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso (in tema v. Brescia, Le attestazioni degli esperti richieste dalla legge fallimentare ed in particolare la relazione per l’ammissione al concordato preventivo, in www.ilcaso.it, dottrina, doc. n. 174/2009).

La relazione è una novità della riforma, che è orientata, da un lato a circoscrivere il controllo del tribunale e, dall’altro ad allargare lo spazio dell’autonomia privata. L’intervento del professionista va dunque di pari passo col l’affievolirsi dei poteri di controllo del giudice. Il professionista, anche se scelto dal debitore concordatario e persona di sua fiducia, in considerazione del ruolo che svolge, si pone in una posizione di terzietà, in qualità di garante dei soggetti coinvolti (Cass.civ. 4 febbraio 2009, n.2706, in www.ilcaso.it, giurisprudenza, doc. 1684/2009).

Pur non essendo più previsto il deposito delle scritture contabili come condizione per l’ammissibilità della domanda di concordato, la relazione, che deve certificare la veridicità dei dati aziendali, non può prescindere da un attento esame della contabilità.

Andranno anche affrontati gli spetti problematici del piano, prevedendo eventuali interventi correttivi, necessari se si verificano eventi non previsti.

La relazione dovrà concludersi con una prognosi positiva e ampiamente motivata sulla fattibilità del piano, valutando l’andamento del mercato in cui l’impresa opera.

Suddivisione dei creditori in classi. Pagamento dei creditori privilegiati.

La possibilità di formare classi di creditori, superando la classica bipartizione tra privilegiati e chirografari, è una delle principali novità del concordato preventivo riformato, sul modello della legislazione americana e tedesca (sull’argomento v. Catalozzi, La formazione delle classi tra autonomia del proponente e tutela dei creditori, Il Fallimento, 2009, 589). L’intento è quello di agevolare la trattativa, strutturando i crediti tenendo conto dei diversi interessi, facendo quindi offerte differenti (così i fornitori possono accontentarsi di un rimborso parziale, ma rapido, le banche essere disponibili ad un tempo più lungo per ottenere un rimborso più vantaggioso), al fine di addivenire ad un accordo complessivo col ceto creditorio.

Le classi sono differenziate secondo la posizione giuridica (es. in prededuzione, privilegiati, chirografari, postergati) ed interessi economici omogenei (es. banche, fornitori di beni, fornitori di servizi) nonché nel diverso trattamento (per misura, forma e tempi di pagamento) tra creditori appartenenti a classi differenti, anche se ciò può contrastare con la par condicio creditorum, principio che si applica comunque ai creditori appartenenti alla stessa classe (nel concordato riformato, il legislatore ha dato priorità all’esigenza di salvare l’impresa rispetto alle ragioni dei creditori).

La proposta di concordato può anche prevedere il pagamento non integrale dei creditori privilegiati (così come precisato dal D.lgs. n.169/2007), a condizione che il piano ne disponga la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la prelazione (art. 160, comma 2). La dottrina propende nel ritenere cha la norma non si riferisca soltanto ai privilegi speciali, ma riguardi anche quelli generali (cfr., fra gli altri Mandrioli, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, in La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di Bonfatti – Panzani, Milano, 2008, 683),  lo stesso art. 182 ter consente la falcidia dei crediti tributari i quali sono nella maggior parte assistiti proprio da privilegio generale.

La proposta può dunque indicare un pagamento percentuale dei crediti privilegiati in relazione alla parte in cui il credito sia incapiente, ritenendosi che il ricavato della vendita del bene non basti a coprire il credito. Il valore commerciale del bene oggetto della garanzia va certificato da una relazione giurata di stima. La perizia può essere effettuata dallo stesso professionista che attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione, sia in base ai diversi titoli, sia dello stesso titolo (come avviene nella graduazione dell’ipoteca). Questo non impedisce al debitore di pagare in percentuale, in assenza di pregiudizio per il creditore, un determinato grado di privilegio se quello precedente non è stato soddisfatto integralmente (Mandrioli, op. cit., 692).

In presenza di classi per approvare il concordato non basta la maggioranza dei crediti ammessi al voto, serve inoltre l’approvazione della maggioranza delle classi (art. 177). Nel caso tuttavia che vi siano classi dissenzienti, il tribunale può approvare il concordato qualora riscontri che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano essere soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (regola del cram down).