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Cassazione Lavoro: il datore di lavoro deve provvedere al lavaggio dei Dispositivi di protezione individuale

La Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire ai propri dipendenti dispositivi di protezione individuale, qualora siano necessari per tutelarne la salute, e di curarne l’efficienza e l’idoneità per tutto lo svolgimento del rapporto di lavoro, provvedendo anche all’eventuale lavaggio.

Nel caso in esame, i lavoratori di una impresa di raccolta e smaltimento di rifiuti ricorrevano all’autorità giudiziaria per ottenere l’accertamento della nullità di una clausola del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (“CCNL”) applicato in azienda, che prevedeva l’obbligo a carico dei lavoratori di provvedere al lavaggio dei dispositivi di protezione individuale (di seguito, DPI), seppur dietro compenso del datore di lavoro.

Il Tribunale accoglieva il ricorso dei dipendenti. La sentenza, impugnata dall’azienda datrice di lavoro, era confermata dalla Corte territoriale che affermava il principio in base al quale “la disciplina legale non può essere derogata dalla normativa collettiva e da patti individuali”. L’azienda era stata inadempiente agli obblighi legali ed era pertanto condannata a risarcire il danno ai lavoratori per i costi sostenuti, l’attività e i tempi impiegati.

La società datrice di lavoro proponeva ricorso in Cassazione, deducendo vizio di motivazione per non aver la Corte d’appello distinto tra dispositivi di protezione e abiti consegnati e indossati dai dipendenti al solo fine di preservare gli indumenti privati nel corso del lavoro (i lavoratori dovevano occuparsi solo del lavaggio di tali indumenti forniti dall’impresa in sostituzione degli abiti civili che non erano da considerarsi DPI in senso proprio), inoltre, denunciavano violazione del CCNL, nella parte in cui prevedeva l’obbligo in capo ai lavoratori di provvedere al lavaggio e ne fissava l’indennità.

I giudici di legittimità osservano che sia il Tribunale sia la Corte d’appello hanno qualificato qualificato gli indumenti forniti dalla società ai propri dipendenti addetti alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani come dispositivi di protezione individuale, un corredo di indumenti che l’azienda era tenuta per legge a fornire ai propri dipendenti e a curarne la manutenzione periodica, ivi compreso il lavaggio periodico e la loro sostituzione in caso di inutilizzabilità.

Vale la pena di ricordare che a norma degli articoli 40 e 43 del Decreto Legislativo n. 626 del 1994 (recante disposizioni di attuazione di varie direttive europee in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro) “l’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme indicate, finalizzate alla tutela della salute del lavoratore quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto, solo in questo modo conseguono il loro specifico scopo che è quello di prevenire l’insorgenza e la diffusione di infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro”.

Da ciò – secondo la Cassazione – consegue la nullità, per contrasto a norme imperative, di ogni disposizione contrattuale che limiti o escluda l’applicazione di disposizioni di legge che pongono a capo del datore di lavoro specifici obblighi in materia di tutela della salute dei lavoratori, anche se queste hanno la loro fonte nella contrattazione collettiva.

La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata in base al principio che vede il datore di lavoro obbligato ex lege ad assicurare la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei propri dipendenti e a mettere a disposizione degli stessi, per tutta la durata del rapporto, strumenti necessari alla tutela dei beni giuridici ora richiamati, curandone la manutenzione per mantenerne l’efficienza.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 28 aprile 2015, n. 8585) 

La Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire ai propri dipendenti dispositivi di protezione individuale, qualora siano necessari per tutelarne la salute, e di curarne l’efficienza e l’idoneità per tutto lo svolgimento del rapporto di lavoro, provvedendo anche all’eventuale lavaggio.

Nel caso in esame, i lavoratori di una impresa di raccolta e smaltimento di rifiuti ricorrevano all’autorità giudiziaria per ottenere l’accertamento della nullità di una clausola del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (“CCNL”) applicato in azienda, che prevedeva l’obbligo a carico dei lavoratori di provvedere al lavaggio dei dispositivi di protezione individuale (di seguito, DPI), seppur dietro compenso del datore di lavoro.

Il Tribunale accoglieva il ricorso dei dipendenti. La sentenza, impugnata dall’azienda datrice di lavoro, era confermata dalla Corte territoriale che affermava il principio in base al quale “la disciplina legale non può essere derogata dalla normativa collettiva e da patti individuali”. L’azienda era stata inadempiente agli obblighi legali ed era pertanto condannata a risarcire il danno ai lavoratori per i costi sostenuti, l’attività e i tempi impiegati.

La società datrice di lavoro proponeva ricorso in Cassazione, deducendo vizio di motivazione per non aver la Corte d’appello distinto tra dispositivi di protezione e abiti consegnati e indossati dai dipendenti al solo fine di preservare gli indumenti privati nel corso del lavoro (i lavoratori dovevano occuparsi solo del lavaggio di tali indumenti forniti dall’impresa in sostituzione degli abiti civili che non erano da considerarsi DPI in senso proprio), inoltre, denunciavano violazione del CCNL, nella parte in cui prevedeva l’obbligo in capo ai lavoratori di provvedere al lavaggio e ne fissava l’indennità.

I giudici di legittimità osservano che sia il Tribunale sia la Corte d’appello hanno qualificato qualificato gli indumenti forniti dalla società ai propri dipendenti addetti alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani come dispositivi di protezione individuale, un corredo di indumenti che l’azienda era tenuta per legge a fornire ai propri dipendenti e a curarne la manutenzione periodica, ivi compreso il lavaggio periodico e la loro sostituzione in caso di inutilizzabilità.

Vale la pena di ricordare che a norma degli articoli 40 e 43 del Decreto Legislativo n. 626 del 1994 (recante disposizioni di attuazione di varie direttive europee in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro) “l’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Le norme indicate, finalizzate alla tutela della salute del lavoratore quale oggetto di autonomo diritto primario assoluto, solo in questo modo conseguono il loro specifico scopo che è quello di prevenire l’insorgenza e la diffusione di infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro”.

Da ciò – secondo la Cassazione – consegue la nullità, per contrasto a norme imperative, di ogni disposizione contrattuale che limiti o escluda l’applicazione di disposizioni di legge che pongono a capo del datore di lavoro specifici obblighi in materia di tutela della salute dei lavoratori, anche se queste hanno la loro fonte nella contrattazione collettiva.

La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata in base al principio che vede il datore di lavoro obbligato ex lege ad assicurare la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei propri dipendenti e a mettere a disposizione degli stessi, per tutta la durata del rapporto, strumenti necessari alla tutela dei beni giuridici ora richiamati, curandone la manutenzione per mantenerne l’efficienza.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 28 aprile 2015, n. 8585)