x

x

Art. 628 - Rapina

1. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500 (1) (2).

2. Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.

3. La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000 (3) (4):

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;

2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416-bis (5);

3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (6);

3-ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto (7);

3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro (8);

3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne (9).

4. Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 2.500 a euro 4.000 (10) (11).

5. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti (12).

(1) Comma così modificato dalla L. 103/2017.

(2) Gli attuali limiti edittali sono stati fissati dall’art. 6 della L. 36/2019. In precedenza la pena detentiva minima era fissata in quattro anni.

(3) Comma sostituito dalla L. 103/2017.

(4) Gli attuali limiti edittali sono stati fissati dall’art. 6 della L. 36/2019. In precedenza la pena detentiva minima era fissata in cinque anni mentre la pena pecuniaria era fissata nel minimo in € 1.290 e nel massimo in € 3.098.

(5) Comma prima sostituito dall’art. 3, L. 14 ottobre 1974, n. 497, sulla criminalità, e poi così modificato dall’art. 9, L. 13 settembre 1982, n. 646, sulle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, e dall’art. 8, terzo comma, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito in L. 18 febbraio 1992, n. 172.

(6) Numero aggiunto dalla lett. a) del comma 27 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94 e, successivamente, così modificato dalla lett. a) del comma 2 dell’art. 7, D.L. 93/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. 119/2013.

(7) Numero aggiunto dalla lettera a) del comma 27 dell’art. 3, L. 94/2009.

(8) Numero aggiunto dalla lettera a) del comma 27 dell’art. 3, L. 94/2009.

(9) Numero aggiunto dall’art. 7, comma 2, lett. b), D.L. 93/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. 119/2013.

(10) Comma inserito dall’art. 1, comma 8, lett. c), L. 103/2017.

11) Gli attuali limiti edittali sono stati fissati dall’art. 6 della L. 36/2019. In precedenza la pena detentiva minima era fissata in sei anni mentre la pena pecuniaria era fissata nel minimo in € 1.538 e nel massimo in € 3.098.

(12) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 27 dell’art. 3, L. 94/2009.

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

Il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il breve impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della forza pubblica (fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto consumata la rapina presso un esercizio commerciale con riferimento alla condotta dell’imputato, che, dopo essersi impossessato, sotto la minaccia di un arma, di denaro ed altri beni della persona offesa, a seguito della reazione violenta di quest’ultima veniva gravemente ferito e successivamente arrestato) (Sez. 2, 14305/2017).

In tema di delitto di rapina, nell’ipotesi in cui venga sottratta una cosa mobile alla presenza del possessore subito dopo che questi abbia subito un tentativo di estorsione e percosse, l’estremo della minaccia, come modalità dell’azione della sottrazione è “in re ipsa”, senza che vi sia bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente, direttamente collegata all’azione di apprensione del bene (la S.C., in motivazione, ha precisato che, in tal caso, deve aversi riguardo alla complessiva attività del colpevole, globalmente volta alla sopraffazione del soggetto passivo, il quale non può non risentire della precedente costrizione nell’assistere impotente all’apprensione della cosa di sua proprietà da parte dell’agente) (Sez. 2, 47905/2016).

 

Circostanze aggravanti

In tema di rapina, la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, a nulla rilevando che la persona offesa non abbia percepito la presenza anche di un secondo soggetto (Sez. 2, 50696/2014).

La semplice simulazione della disponibilità di un’arma non integra l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1). Per potersi configurare l’aggravante dell’uso dell’arma è dunque necessario che il soggetto agente appaia palesemente armato, così da sortire un effetto intimidatorio concreto nelle vittime, a nulla rilevando in tal senso la mera equivoca supposizione del possesso di un’arma fondata sull’atteggiamento dell’agente (Sez. 2, 14366/2021).

L’uso di un’arma giocattolo è ritenuto compatibile con l’aggravante prevista per la rapina dall’art. 628 c. comma 3, n. 1, prima ipotesi, e quindi sussistente la circostanza aggravante dell’uso delle armi, quando la minaccia sia realizzata utilizzando un’arma giocattolo non riconoscibile come tale (Sez. 2, 8998/2015).

In tema di rapina, si configura la circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3-quater, nell’ipotesi in cui il reato venga commesso nei confronti di persona che, dopo aver compiuto un’operazione bancaria ed essersi allontanata dall’istituto di credito, abbia fatto ingresso nella vettura (in motivazione la S.C. ha aggiunto che la sussistenza dell’aggravante prescinde dal fatto che la vittima nel fruire dei servizi bancari abbia materialmente prelevato del denaro contante) (Sez. 2, 49490/2017).

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall’art. 628, comma terzo n. 3, non è necessario che l’appartenenza dell’agente a un’associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma è sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (Sez. 2, 33775/2016).

In tema di rapina, è configurabile l’aggravante della minaccia commessa con armi, prevista dall’art. 628, comma terzo, n. 1 nel caso in cui venga utilizzata una siringa con ago innestato per minacciare la vittima (in motivazione la Corte ha affermato la natura di arma impropria di una siringa completa di ago, presentando essa evidenti caratteristiche che, in un contesto aggressivo, la rendono utilizzabile per l’offesa alla persona) (Sez. 2, 27619/2016).

 

Tentativo

La mancata sottrazione della cosa, qualora sia stata adoperata violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità, non esclude il tentativo di rapina impropria, ma costituisce l’elemento che distingue la rapina impropria tentata da quella consumata (Sez. 2, 4973/2015).

Integra il tentativo di rapina impropria la condotta dell’agente che, dopo aver sottratto merce dai banchi di vendita di un supermercato ed averla occultata sulla propria persona, al fine di allontanarsi, usa violenza nei confronti dei dipendenti dell’esercizio commerciale che lo hanno colto in flagranza e trattenuto (Sez. 2, 50662/2014).

Hanno rilievo, nell’ambito della fattispecie del tentativo, non solo gli atti tipicamente inquadrabili nella fase esecutiva della condotta tipizzata, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, per le circostanze concrete facciano fondatamente ritenere che l’azione abbia la rilevante probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato e che l’agente si trovi ormai ad una soglia dell’ iter criminis tale da rendere concettualmente implausibile un arresto della attività in corso di svolgimento in vista della realizzazione del delitto, con la conseguenza di rendere, ex ante prevedibile che la intera realizzazione del fatto sarà portata a compimento, a meno che non risultino percepibili incognite che pongano in dubbio tale eventualità, dovendosi, a tal fine, escludere solo quegli eventi imprevedibili non dipendenti dalla volontà del soggetto agente (nella specie, relativa alla contestazione nei confronti degli imputati del tentativo di rapina, la Corte ha sottolineato che l’intervenuto approntamento di tutto il logistico necessario alla realizzazione del piano, quali l’approvvigionamento delle armi, la predisposizione di una base, di un piano di fuga e di un adeguato studio dell’obiettivo, il tutto a ridosso del giorno previsto per l’azione, rappresentava all’evidenza un iter ormai in avanzato stadio di realizzazione concreta, interrotta solo dall’intervento delle forze dell’ordine che avevano operato l’arresto dei complici ed il sequestro delle armi e degli altri oggetti necessari per la consumazione del delitto) (Sez.2, 46805/2014).

In tema di rapina, le diverse condotte di violenza o minaccia finalizzate a procurarsi un ingiusto profitto mediante impossessamento di cose mobili altrui, sottraendole a chi le detiene, costituiscono autonomi tentativi di rapina, unificabili sotto il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e all’elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità; si ha, invece, un unico tentativo di rapina, pur in presenza di molteplici atti di violenza o minaccia, allorché gli stessi siano sorretti da un’unica volontà e continua determinazione, che non registri interruzioni o desistenze in modo da costituire singoli momenti di una sola azione (Sez. 2, 2542/2015).

 

Casistica

Integra il reato di rapina, consumata, e non tentata, la condotta di chi si impossessa della refurtiva, acquisendone l’autonoma disponibilità, pur se l’impossessamento sia avvenuto sotto il controllo, anche costante, delle forze dell’ordine, laddove queste siano intervenute solo dopo la sottrazione, in quanto il delitto previsto dall’art. 628 si consuma nel momento e nel luogo in cui si verificano l’ingiusto profitto e l’altrui danno patrimoniale, a nulla rilevando, invece, la mera temporaneità del possesso conseguito (Sez. 2, 161/2019).

È configurabile il reato di rapina impropria nel caso in cui sussista un rapporto di immediatezza tra sottrazione della cosa e violenza utilizzata per assicurarsi l’impunità (fattispecie in cui l’imputato aveva, per assicurarsi l’impunità, aggredito e usato violenza nei confronti di agenti di PG che lo avevano sorpreso in flagranza a impossessarsi della cosa altrui) (Sez. 5, 12597/2017).