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Furto e rapina impropria: definizione della condotta violenta e sua configurabilità

rapina impropria
rapina impropria

Tra gli elementi costitutivi del delitto di rapina impropria la violenza non risulta ravvisabile nel caso di strattonamenti o divincolamenti da parte dell’imputato. Le motivazioni in sintesi, di due recenti sentenze del Tribunale di Roma Giudice Monocratico che, in una pronuncia, si sofferma anche sul principio dell’immediatezza.

Tribunale di Roma, Sezione IX Dott. Malagnino, sentenza n. 5468/2021 del 28 aprile 2021, depositata il 29 maggio 2021, imputato J. A., e Tribunale di Roma, Sezione IV, Dott.ssa Paesano, del 26 novembre 2018, imputato O.N., rif. articoli 628 comma 2 codice penale e 624, 625 codice penale

 

Le massime

In tema di rapina impropria e furto la condotta necessaria per configurare l’azione violenta prevista dall’articolo 628 comma 2 codice penale non è ravvisabile dall’essersi l’imputato “divincolato” dalle mani delle persone offese intervenute per fermarlo.

Il verbo usato dalle stesse “strattonare” descrive in realtà l’azione posta in essere dall’imputato di liberarsi dalle mani, come tale non idonea ad integrare la violenza richiesta per la configurazione del delito di cui all’articolo 628 codice penale In tema di “immediatezza” tra la condotta del furto e l’uso della violenza non è ravvisabile quando sussista una evidente “cesura temporale”.

 

Le vicende giudiziarie

Nel primo caso in esame la Procura della Repubblica di Roma procedeva a richiedere il rinvio a giudizio, per il reato previsto e punito dall’articolo 628 comma 2 codice penale, “perché al fine di procurarsi un ingiusto profitto, immediatamente dopo che si era impossessato di vari prodotti per la pulizia (…) sottraendoli dai banchi espositori dell’esercizio commerciale ove si trovavano esposti, usava violenza contro gli addetti alla sicurezza intervenuti per bloccarlo, spintonandoli e strattonandoli spingendoli in dietro, per procurarsi l’impunità”.

Nella prassi delle aule giudiziarie sono molteplici i procedimenti le cui condotte vengono assunte nella fattispecie della rapina impropria, al minimo “uso” di strattonamenti, divincolamenti dalle prese delle persone offese o degli agenti intervenuti nell’immediatezza.

Nel corso del processo venivano escussi gli addetti alla sicurezza che riferivano “temendo una fuga del malfattore, lo tenevamo per le braccia, ma il medesimo con un gesto fulmineo riusciva a divincolarsi strattonandoci e scappando a piedi di corsa per le vie limitrofe”.

Concludeva il Pm con la richiesta di condanna dell’imputato ad anni 2 di reclusione ed euro 800,00 di multa.

Prima di sviluppare il ragionamento del Giudice, che riqualificherà il fatto in tentato furto aggravato con una condanna di mesi 4 di reclusione ed euro 200,00 di multa, ci soffermiamo sull’inquadramento normativo della fattispecie di rapina impropria.

 

Cornice normativa

L’articolo 628 codice penale, al secondo comma della fattispecie in esame, riferendosi alla c.d. rapina impropria, prevede che «alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare ad sé o ad altri l’impunità». La peculiarità rispetto al primo comma è data dal fatto che la violenza e la minaccia sono collocate, dal punto di vista temporale, in un momento immediatamente successivo alla sottrazione e servono per rinsaldare l’impossessamento o per procurare a sé o ad altri l’impunità. Successivamente ad un acceso dibattito in ordine all’interpretazione della locuzione «immediatamente dopo la sottrazione», la giurisprudenza di legittimità ha statuito che non va intesa in senso rigorosamente letterale, come necessità che fra la sottrazione e l’uso della violenza non intercorra alcun lasso di tempo, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale idoneo a realizzare, secondo i principi di ordine logico, i requisiti della quasi flagranza e tale da non interrompere il nesso di contestualità dell’azione complessiva.

Inoltre, la consumazione del reato si identifica col momento dell’impiego della violenza o della minaccia, residuando il tentativo qualora l’autore, una volta compiuta la sottrazione, tenti di usare violenza o minaccia al fine di conseguire l’impunità, ma, ad esempio, sia stato fermato dalla polizia o da terzi.

La pena prevista: “ … è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 927 a 2.500 euro”.

 

I principi di diritto espressi dalle due pronunce

Nell’ambito dei processi alla microcriminalità predatoria ci troviamo di fronte ad una variegata giurisprudenza di merito, spesso dettata dalla “sensibilità” personale del giudicante alle prese con casi spesso dettati dalle reali difficoltà economiche degli imputati.

Il giudice è chiamato ad applicare delle pene considerevoli che si basano sul discrimine se sussista o meno la condotta violenta da parte dell’imputato, condotta che alle volte si manifesta con goffi tentativi di fuggire.

Tornando ai casi in esame avanti al tribunale di Roma, il giudicante nella sentenza del 28 aprile 2021 ha affermato che non è configurabile il delitto di rapina previsto dall’articolo 628 comma 2 ma bensì il reato di tentato furto aggravato previsto dagli articoli 56, 624, 625 n. 7 codice penale.

In quanto “… è chiaro che la condotta ora descritta non possa configurare il delitto di rapina impropria, avendo entrambi i testi chiarito che A. si è semplicemente divincolato dalla loro presa per darsi alla fuga, senza utilizzare alcuna violenza nei loro confronti.

In tal modo devono, infatti, essere intese le dichiarazioni dai predetti rese i quali, anche quando utilizzano il verbo strattonare, descrivono in realtà l’azione posta in essere dall’imputato come quella di liberarsi, divincolarsi dalle mani di entrambi gli intervenuti, come tale non idonea ad integrare la violenza nei confronti della persona offesa richiesta per la configurazione del delitto di cui all’articolo 628 codice penale”.

Sulla medesima falsariga la sentenza della sezione IV del tribunale di Roma che nell’assolvere l’imputato dal reato di rapina impropria sottolineava:” … la persona offesa ha precisato, da un lato, che l’allontanamento si è verificato in un momento temporale successivo e distinto rispetto alla riconsegna della refurtiva e, dall’altro, che la spinta subita non era stata perpetrata con violenza, ma solo al fine di allontanarlo per poter uscire.

Da quanto emerso, risultano pertanto assenti gli elementi costitutivi del delitto di rapina impropria, sia per la evidente cesura temporale già descritta, sia per la mancanza di un’azione che possa essere qualificata come violenta”.

In questa ultima pronuncia di assoluzione dal reato di rapina impropria il giudicante si sofferma sulla cesura temporale tra la condotta del furto e l’ipotetica condotta violenta da parte dell’imputato, ritenendo non sussistente “l’immediatezza”.