CAPO II - DELLA ESTINZIONE DELLA PENA
1. La morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena.
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1. La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni.
2. La pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.
3. Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la pena della multa, per l’estinzione dell’una e dell’altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
4. Il termine decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile, ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente all’esecuzione già iniziata della pena.
5. Se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.
6. Nel caso di concorso di reati, si ha riguardo, per l’estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza.
7. L’estinzione delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99, o di delinquenti abituali, professionali o per tendenza; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole.
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1. Le pene dell’arresto e dell’ammenda si estinguono nel termine di cinque anni. Tale termine è raddoppiato se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99, ovvero di delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
2. Se, congiuntamente alla pena dell’arresto, è inflitta la pena dell’ammenda, per l’estinzione dell’una e dell’altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del termine stabilito per l’arresto.
3. Per la decorrenza del termine si applicano le disposizioni del terzo, quarto e quinto capoverso dell’articolo precedente.
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1. L’indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna.
2. Nel concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati.
3. Si osservano, per l’indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell’articolo 151.
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1. Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a un milione, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale (1).
2. La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria, che, ragguagliata a norma dell’articolo 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi.
3. Se il condannato commette successivamente un delitto, l’ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.
4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando alla condanna conseguono pene accessorie (2).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 155/1984, ha dichiarato l’illegittimità del primo comma dell’art. 175, nel testo introdotto con l’art. 104, L. 689/1981, nella parte in cui esclude che possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne, per reati anteriormente commessi, a pene che, cumulate con quelle già irrogate non superino i limiti di applicabilità del beneficio. La stessa Corte, con sentenza 304/1988, ha dichiarato l’illegittimità del primo comma dell’art. 175, nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato del casellario giudiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anziché a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due, a norma dell’art. 135.
(2) Comma abrogato dall’art. 7, L. 19/1990, in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti. L’intero articolo è stato sostituito prima dall’art. 2, L. 191/1962 e poi dall’art. 104, L. 689/1981.
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1. Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.
2. Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.
3. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena (1).
4. La concessione della liberazione condizionale è subordinata all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle (2).
(1) Comma così sostituito dall’art. 28, L. 663/1986.
(2) Articolo così modificato dall’art. 2, L. 1634/1962.
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1. Nei confronti del condannato ammesso alla liberazione condizionale resta sospesa l’esecuzione della misura di sicurezza detentiva cui il condannato stesso sia stato sottoposto con la sentenza di condanna o con un provvedimento successivo. La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata, disposta a termini dell’articolo 230, n. 2. In tal caso, il tempo trascorso in libertà condizionale non è computato nella durata della pena e il condannato non può essere riammesso alla liberazione condizionale (1).
2. Decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all’ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali, ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo (2).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 282/1989, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 177, primo comma nella parte in cui, nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo. La stessa Corte, con sentenza 270/1993, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell’art. 177, primo comma, c.p., in riferimento all’art. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost.; con sentenza 161/1997, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 177, primo comma, ultimo periodo, nella parte in cui non prevede che il condannato alla pena dell’ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti; con sentenza 418/1998, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 177, primo comma, nella parte in cui prevede la revoca della liberazione condizionale nel caso di condanna per qualsiasi delitto o contravvenzione della stessa indole, anziché stabilire che la liberazione condizionale è revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio.
(2) Articolo così modificato dall’art. 2, L. 1634/1962, che modifica le norme del codice penale relative all’ergastolo e alla liberazione condizionale. L’art. 3 della legge ora citata stabilisce: «Il condannato all’ergastolo prima del ripristino delle attenuanti generiche di cui all’art. 2 del DLGS LGT 14 settembre 1944, n. 228, può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia effettivamente scontato almeno venticinque anni di pena».
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1. La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.
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1. La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta (1).
2. Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99 (2).
3. Il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l’ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro(3).
4. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena (4).
5. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell’articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo (5).
6. La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:
1) sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato, ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato;
2) non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle.
7. La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua è dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta (6).
(1) Comma così modificato dall’art. 3, L. 145/2004.
(2) Comma così modificato dall’art. 3, L. 145/2004.
(3) Comma così modificato dall’art. 3, L. 145/2004.
(4) Comma aggiunto dall’art. 3, L. 145/2004.
(5) Comma aggiunto dall’art. 3, L. 145/2004.
(6) Comma aggiunto dalla L. 3/2019.
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1. La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni od un’altra pena più grave.
(1) Articolo così modificato dall’art. 4, L. 145/2004.
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1. Le disposizioni relative alla riabilitazione si applicano anche nel caso di sentenze straniere di condanna, riconosciute a norma dell’articolo 12.
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