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Art. 174 - Indulto e grazia

1. L’indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna.

2. Nel concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati.

3. Si osservano, per l’indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell’articolo 151.

Rassegna di giurisprudenza

Il provvedimento di applicazione dell’indulto, sia esso pronunciato nel giudizio di cognizione ovvero in executivis, acquista forza di giudicato, ed è quindi suscettibile di revoca solo ai sensi dell’art. 1, comma 3, L. 241/2006, limitatamente al diritto all’applicazione dell’indulto e non in riferimento alla misura della pena condonata, operando sul punto il limite stabilito dalla legge di indulto con riferimento a ciascun condannato.

È stato pure affermato che solo impropriamente si può parlare di revoca dell’indulto nel caso di rideterminazione della misura del condono applicato, in quanto quando bisogna ricondurre nei limiti di legge l’indulto applicato, con separati provvedimenti, in misura complessivamente superiore a quella prevista, non va disposta la revoca del beneficio, ma lo stesso va ridimensionato mediante la sua applicazione unitaria in sede di cumulo, ai sensi dell’art. 174, secondo comma, il cui provvedimento si sovrappone e si sostituisce all’insieme delle applicazioni separate, le quali restano assorbite (Sez. 1, 54877/2018).

L’indulto si applica sul cumulo materiale dei reati in concorso, prima di operare il temperamento di cui all’art. 78. Infatti, in tema di indulto, la regola stabilita nell’art. 174, comma secondo, secondo la quale, nel concorso di reati, l’indulto si applica una volta sola, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso di reati, opera solo alla condizione che tutte le pene siano condonabili, sicché, ove tale situazione non ricorra, occorre separare le pene condonabili da quelle non condonabili e, quindi, unificare queste ultime con la parte delle prime che sia eventualmente residuata dopo l’applicazione del provvedimento di clemenza e solo alla fine, se del caso, operare la riduzione prevista dall’art. 78.

Si è, condivisibilmente, fatto notare che il criterio moderatore del cumulo giuridico opera quale temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilità di inclusione in esso delle pene già coperte dal condono, le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico (Sez. 1, 5502/2018).

In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, quando, nel corso dell’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, non è possibile procedere ad un unico cumulo delle pene concorrenti, ma devono invece formarsi dei cumuli parziali.

Quindi, occorre procedere al cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato a cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 e la detrazione dal risultato del presofferto. Poi, deve seguire la formazione di un nuovo cumulo, comprensivo della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione: e così via fino all’esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione.

Corollario di tale principio è l’effetto che il criterio moderatore della pena, previsto dall’art. 78, non opera nel caso, disciplinato dal successivo art. 80, di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se differiscano anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari: si impone in tal caso la formazione di cumuli differenti ed il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati nella norma predetta.

La considerazione unitaria delle pene concorrenti ne sottende, pertanto, l’integrale cumulabilità, la quale è riscontrabile soltanto se le pene si riferiscano a reati commessi in epoca antecedente all’inizio della esecuzione di una di esse, mentre, ove si sia in presenza di una pluralità di condanne e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere ad un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, da detto cumulo, la somma complessiva dei periodi di presofferto o la pena condonabile, in quanto siffatta modalità di computo delle pene concorrenti si porrebbe in contrasto con il principio stabilito dall’art. 657, comma 4, CPP, in virtù del quale l’esecuzione della pena non può precedere la commissione del reato (Sez. 1, 11311/2018).

È consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio per il quale la previsione di cui all’art. 174, comma 2, circa l’applicabilità del beneficio una sola volta sul cumulo materiale delle pene comporta che da esso il giudice dell’esecuzione deve innanzitutto detrarre in un’unica soluzione la diminuzione per l’indulto, e soltanto successivamente può applicare il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. e lo sbarramento del quintuplo della pena più grave. La ratio di siffatta modalità di computo è stata spiegata con la considerazione che il criterio moderatore del cumulo giuridico vale soltanto per le pene da eseguirsi effettivamente; se, invece, si accedesse alla soluzione di posticipare all’applicazione del temperamento legale del cumulo la detrazione per condono, si avrebbe l’irragionevole risultato di operare un doppio abbattimento sulle pene condonabili.

Siffatta scelta interpretativa non è stata messa in discussione, né ovviamente mutata, per effetto delle argomentazioni contenute in SU, 36837/2010, per la parte in cui è stato affermato che il condono è applicabile "solo ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant’è che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate dopo che dal cumulo siano state escluse le pene già eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa. Questa precisazione, infatti, non può essere letta al di fuori del contesto argomentativa in cui è stata collocata, esclusivamente al fine di attestare l’impossibilità di applicare l’indulto contemporaneamente ad una decisione di sospensione della pena ex art. 163, e quindi in relazione a una pena non suscettibile in quel momento di esecuzione (Sez. 7, 41624/2018).

L’indulto non riguarda le sanzioni amministrative accessorie, ma soltanto le sanzioni penali principali, poiché, a norma dell’art, 174, primo comma, «condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna».

La L. 241/2006  unica applicabile ratione temporis  non detta previsioni derogatorie al richiamato principio generale, posto che l’art. 1 della stessa prevede il condono «per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie». Così come esso non è applicabile alle sanzioni di cui all’art. 9 DLGS 231/2001 in quanto sanzioni collegate a responsabilità di natura amministrativa e non penale, non opera neppure per la sanzione amministrativa accessoria impartita a norma dell’art. 31, comma 9, DPR 380/2001.

Del resto, è risalente e non è mai stato contraddetto il principio secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo ha natura amministrativa ed è un provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale, conseguenziale alla sentenza di condanna; non trattandosi di imposizione di sanzione penale, sono inapplicabili all’ordine di demolizione sia l’istituto dell’amnistia che quello dell’indulto (Sez. 3, 38714/2018).