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Art. 41 - Contumacia dell’ente

1. L’ente che non si costituisce nel processo è dichiarato contumace.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

Si veda sub art. 39.

 

Rassegna di giurisprudenza

Il D. Lgs. 231/2001 ha dedicato una disciplina speciale alle modalità di partecipazione dell’ente al procedimento nell’esigenza di coniugare l’esercizio del diritto di difesa con la necessità che tale partecipazione avvenga per il tramite di una persona fisica in grado di rappresentare l’ente medesimo.

In tal senso i primi due commi dell’art. 39 stabiliscono che “l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo” e che “l’ente che intende partecipare al procedimento si costituisce depositando nella cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità: a) la denominazione dell’ente e le generalità del suo legale rappresentante; b) il nome ed il cognome del difensore e l’indicazione della procura; c) la sottoscrizione del difensore; d) la dichiarazione o l’elezione di domicilio”.

L’ultimo comma dello stesso articolo prevede invece che “quando non compare il legale rappresentante, l’ente costituito è rappresentato dal difensore”.

Questa disciplina è poi integrata da quanto disposto dal successivo art. 40, il quale assicura all’ente privo di un difensore di fiducia l’assistenza di quello d’ufficio, e soprattutto dall’art. 41, che riserva nella fase processuale la condizione del contumace esclusivamente all’ente non formalmente costituitosi e non anche a quello il cui rappresentante legale non sia comparso in udienza nonostante l’avvenuta costituzione ai sensi del citato art. 39.

Il richiamato primo comma dell’art. 39 prevede dunque l’incompatibilità del legale rappresentante dell’ente a rappresentarlo nel procedimento a suo carico qualora egli sia contestualmente anche imputato per il reato presupposto della responsabilità addebitata alla persona giuridica. Incompatibilità che discende dalla presunzione iuris et de iure della sussistenza di un conflitto di interessi tra ente e suo rappresentante, destinata a rivelarsi già nel primo atto di competenza di quest’ultimo e cioè la scelta del difensore di fiducia e procuratore speciale senza la cui nomina il soggetto collettivo non può validamente costituirsi.

Come chiarito dalle Sezioni unite, in sostanza, anche la semplice nomina del difensore di fiducia della persona giuridica da parte del rappresentante legale in situazione di conflitto di interessi (perché indagato come persona fisica) deve considerarsi ricompresa nel divieto posto dall’art. 39, in quanto realizzata da un soggetto che non è legittimato a rappresentare l’ente, ossia ad esprimere la volontà del soggetto collettivo nel procedimento che lo riguarda (SU, 33041/2015).

Si è in passato dubitato della stessa legittimità costituzionale di tale disposizione, questione che questa Corte ha già avuto modo di dichiarare manifestamente infondata, sottolineando come l’incompatibilità menzionata, così come prevista dall’art. 39, non determina né la compromissione del diritto di difesa dell’ente, né costituisce violazione del principio di uguaglianza, ovvero del giusto processo (Sez. 6, 41398/2009).

Difatti, a differenza di altre esperienze giuridiche in cui simili casi di conflitto tra ente e rappresentante sono risolti con la nomina di un terzo da parte del giudice, il legislatore italiano ha compiuto una scelta diretta ad evitare forme di invadenza giudiziaria all’interno dell’organizzazione della persona giuridica, rimettendo a quest’ultima ogni decisione al riguardo, nel rispetto della stessa struttura e degli organi del soggetto collettivo.

In sostanza, dal complesso della disciplina prevista in materia di rappresentanza emerge come da parte del legislatore si sia voluto evitare di imporre all’ente un rappresentante di nomina esterna, sia pure solo per la partecipazione al procedimento penale, e si sia preferita una soluzione che attribuisca all’ente la scelta di chi debba rappresentarlo nel processo, anche in caso di conflitto di interessi, utilizzando i normali strumenti previsti all’interno della sua compagine organizzativa, quali lo statuto o il proprio atto costitutivo.

In tale ottica non può allora sostenersi che la disciplina dell’art. 39 pregiudichi il diritto di difesa dell’ente, atteso che questi può comunque costituirsi nel procedimento sostituendo il rappresentante divenuto incompatibile ovvero nominandone uno ad hoc per il processo (soluzione quest’ultima già prospettata invero nella Relazione al D. Lgs. 231/2001) ed anche qualora decida invece di rimanere inerte – cioè di non provvedere ad alcun tipo di sostituzione del rappresentante legale (non importa per quale ragione) – comunque rimane tutelato dalla previsione dell’art. 40 che impone gli venga nominato un difensore d’ufficio che ne garantisce l’assistenza in ogni fase del procedimento.

Esclusa dunque l’illegittimità costituzionale dell’art. 39, si pone il problema dell’effettiva portata dell’incompatibilità ivi prevista e della sorte degli atti compiuti per conto dell’ente dal legale rappresentante incompatibile. In tal senso, secondo l’orientamento oramai consolidato, l’incompatibilità prevista dall’art. 39 ha carattere assoluto, come dimostrerebbe a contrariis l’espressa deroga contenuta nell’art. 43 comma 2 in tema di notificazioni all’ente, il quale fa espressamente salve quelle eseguite mediante consegna al legale rappresentante incompatibile.

Ne consegue che il rappresentante incompatibile non può compiere alcun atto difensivo nell’interesse dell’ente e che quest’ultimo, se materialmente posto in essere, dovrebbe considerarsi inefficace.

In particolare sarebbe privo di efficacia non solo l’atto di costituzione, ma altresì anche l’eventuale nomina di un difensore di fiducia effettuata indipendentemente dalla formale costituzione, con l’ulteriore conseguenza che tale nomina sarebbe tamquam non esset e gli atti compiuti dal difensore in esecuzione di un mandato privo di efficacia inammissibili (Sez. 2, 52748/2014).

Principi autorevolmente avallati dalla citata decisione delle Sezioni unite, le quali hanno stabilito che il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore di fiducia dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 e che è inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile dì ufficio ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a) CPP, l’impugnazione eventualmente presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante il quale versi nella menzionata situazione di incompatibilità.

Se dunque l’atto di costituzione e la nomina del difensore e procuratore speciale effettuati dal rappresentante incompatibile sono privi di efficacia, ne consegue che nel processo l’ente, privo di formale rappresentanza e di fatto non costituitosi, deve essere dichiarato contumace ai sensi dell’art. 41 e il giudice deve procedere a nominargli un difensore d’ufficio.

Soprattutto, nella fase della costituzione delle parti, deve ritenersi che al giudice spetti l’obbligo di verificare la regolarità dell’atto di costituzione e della nomina del difensore che, ai sensi dell’art. 39 comma 2 lett. c), lo deve sottoscrivere, e, rilevata l’incompatibilità, di dichiarare l’inammissibilità della costituzione con la conseguente pronunzia dei provvedimenti sopra descritti (Sez. 5, 50102/2015).