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Corruzione tra privati. Quando snellire le fattispecie diventa un’arte: evoluzione legislativa, italiana ed europea

Traffico
Ph. Anuar Arebi / Traffico

Indice

1. Premesse

2. Corruzione tra privati nell’ordinamento italiano

3. Modifiche introdotte dalla Legge 2 del 2019

4. Il rapporto tra corruzione tra privati e Modello Organizzativo Gestionale ex 231/01

5. Conclusioni

 

Abstract

Il tema della lotta alla corruzione è da sempre legato al settore della Pubblica Amministrazione ed è proprio in questo ambito che i casi giudiziari assumono la maggior rilevanza mediatica. Tuttavia la corruzione è punita anche nel settore privato: nel 2003, infatti, in seno al Consiglio dell’Unione Europea è stata adottata la decisione quadro 2003/568/GAI, che ha esteso proprio al settore privato la disciplina che punisce le fattispecie corruttive. Il presente contributo analizza tale particolare forma di corruzione, anche alla luce della L. 3/19 e del D.lgs. 231/01.

 

1. Premesse

Punto di partenza per una compiuta analisi dell’argomento risulta essere, dunque, la decisione quadro 2003/568/GAI del 22 luglio 2003 con cui il Consiglio ha evidenziato la necessità di arginare il fenomeno della corruzione nel settore privato, che con la globalizzazione e con l’aumento degli scambi transfrontalieri non era più soltanto un problema nazionale, ma era diventata una criticità anche a livello transnazionale, da affrontare in maniera efficace mediante un'azione comune a livello europeo.

Tuttavia, già prima del 2003 il Consiglio dell’Unione Europea aveva iniziato un percorso di lotta alla corruzione nel settore privato: in particolare, il 22 dicembre 1998 veniva adottata la c.d. azione comune 98/742/GAI sulla corruzione nel settore privato. In particolare, in occorrenza di tale azione comune il Consiglio aveva pubblicato una dichiarazione in cui si conveniva che l'operazione da intraprendere configurasse un primo passo a livello europeo nella lotta contro questo tipo di corruzione e che alla luce dei risultati della valutazione prevista ai sensi dell'articolo 8, punto 2, dell'azione comune, ulteriori misure sarebbero state adottate in una fase successiva.

Sulla base di questi presupposti, dunque, il Consiglio dell’Unione Europea, presieduto, tra l’altro, in quel periodo da Gianni Alemanno, emetteva la decisone quadro richiamata (2003/568), il cui articolo 2 prescrive che: 

gli Stati membri adottino le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell'ambito di attività professionali”.

 

2. Corruzione tra privati nell’ordinamento italiano

La decisione europea n. 2003/658 a livello italiano è stata recepita con il D. Lgs. n. 38/2017, rubricato – per l’appunto - “attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003”, relativo proprio alla lotta contro la corruzione nel settore privato che ha dato attuazione alla delega prevista dall’articolo 19 L. n. 170/2016 e si inserisce all’interno di un più ampio processo di adeguamento dell’ordinamento interno a fonti internazionali, quali la Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione internazionale e le Convenzioni di Strasburgo del 1999.

Il fine di tutti questi provvedimenti era creare un sistema nazionale di lotta alla corruzione organico, snello e più incisivo.

Prima dell’adozione del D. Lgs. 38/17, l’articolo 2635 codice civile sanzionava due forme di corruzione passiva: la prima era prevista per gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altre utilità, per sé o per altri, compivano od omettevano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società. La seconda era connotata dalla commissione della condotta da parte di soggetto sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti indicati al primo comma.

Diversamente, il delitto di corruzione attiva era sanzionato dal terzo comma dell’articolo 2635 codice civile in maniera tale da punire chiunque (extraneus) dava o prometteva denaro o altre utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma.

Tale assetto veniva ampiamente criticato dai c.d. rapporti GRECO, emessi in seno al Consiglio d’Europa, del 2 luglio 2009 e del 23 marzo 2012 in merito all’adeguamento del legislatore italiano alla lotta contro la corruzione.

In particolare venivano evidenziate alcune criticità dell’originario articolo 2635 codice civile, tra cui il riferimento esclusivo ad un numero limitato di persone (posizioni manageriali, ma non ogni altro lavoratore o impiegato della società) tra i soggetti attivi del reato e la limitazione a quei casi di corruzione che causano danno alla società.

La Legge Severino (n. 190/2012, rubricata “disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”) interveniva coraggiosamente in materia, modificando la norma: l’impianto così come rinnovato apportava alcune condivisibili modifiche, quali l’incriminazione della c.d. “corruzione del sottoposto”, l’innalzamento del minimo edittale del reato di “corruzione degli apicali”, l’inserimento della clausola “salvo che il fatto non costituisca un reato più grave”, l’introduzione della procedibilità d'ufficio qualora dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni o servizi  e l’inserzione della corruzione privata “attiva” nell'elenco dei reati suscettibili di generare la responsabilità per gli enti, ai sensi del D. Lgs. 231/01. Proprio la Legge Severino, peraltro, ha cambiato la rubrica dell’articolo in quella odierna di “corruzione tra privati”.

Vale, poi, la pena ricordare, nel processo evolutivo della norma, le modifiche di cui al D. Lgs. 202/16, che ha stabilito, mediante l'inserzione di un sesto comma, il valore minimo della confisca per equivalente, che non può, dunque, essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

Come detto, il D. Lgs. 38/17, che recepisce la decisione 2003/568, aveva l’obiettivo di incidere in maniera definitiva sui vuoti finora evidenziati, conformando finalmente l’Italia alle richieste europee.

Innanzitutto, l’articolo 3 del Decreto Legislativo interviene sull'articolo 2635 includendo tra gli autori del reato, non solo coloro che rivestono posizioni apicali di amministrazione e di controllo, ma anche coloro che svolgono attività lavorativa mediante l'esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati.

È prevista, poi, la punibilità allo stesso titolo del soggetto "estraneo", ovvero, di colui che, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altre utilità non dovuti a persone indicate nel primo e secondo comma.

Le nuove fattispecie così come modificate configurano un ampliamento delle condotte attraverso le quali si perviene all'accordo corruttivo, individuate, ora, anche nella sollecitazione e nell’offerta di denaro o altre utilità qualora non dovuti da parte del soggetto intraneo e dell’estraneo.

Ancora, la principale novità era rappresentata dall’eliminazione della relazione causale tra la condotta di trasgressione degli obblighi di ufficio e di fedeltà ed il nocumento alla società. Viene meno, in questo modo, la doppia causalità richiesta fino a quel momento ai fini della configurazione del reato.

 

3. Modifiche introdotte dalla Legge 2 del 2019

L’articolo 1 comma 5 L. n. 3 del 2019 si inserisce nel percorso legislativo di progressivo adattamento e recepimento degli obblighi internazionali assunti in seno al Consiglio d’Europa in ordine alla lotta alla corruzione, sopra brevemente richiamato.

Innanzitutto, la riforma introduce la procedibilità d’ufficio per le ipotesi di corruzione tra privati, andando a colmare proprio uno degli aspetti maggiormente criticati in ordine alla normativa italiana in materia.

In particolare, come visto, al dettato normativo su analizzato, seguiva un originario quinto comma abrogato dall'articolo 1, comma 5, lett. a), l. 9 gennaio 2019, n. 3. Il testo del comma era il seguente:

«si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi».

Il cammino di riforma in relazione al rafforzamento delle misure di contrasto alla corruzione tra privati era stato già intrapreso con il D. Lgs. 38/17, che estendeva l’ambito di operatività del reato in commento, rendendo illecite le condotte di tutti gli enti privati, anche non commerciali ed ampliando l’elenco degli ipotetici soggetti – autori del reato: non solo più gli organi apicali ma anche dipendenti.

Sempre in occorrenza dell’adozione del D. Lgs. 38 del 2017 venivano eliminati gli elementi – fino ad allora costitutivi del reato – del nocumento all’ente e della necessità del compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

La Legge “Spazzacorrotti” è, dunque, per ora l’ultimo tassello del c.d. “gioco infinito” della corruzione tra privati.

Per doveri di chiarezza, risulta opportuno annotare come prima dell’intervento di cui alla Legge 3 del 2019 la procedibilità era prevista a querela, ad eccezione dell’ipotesi in cui alla condotta corruttiva fosse succeduta una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni o servizi.

Peraltro, occorre annotare che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 3 del 2019, anche il reato di istigazione alla corruzione tra privati, sanzionato dall’articolo 2635 bis codice civile, è diventato perseguibile d'ufficio.

 

4. Il rapporto tra corruzione tra privati e Modello Organizzativo Gestionale ex 231/01

In tale evoluzione legislativa, appare doveroso annotare come la Legge Severino aveva incluso la corruzione tra privati nel novero dei reati presupposto della responsabilità della società. Attualmente, dunque, l’articolo 25-ter lett. s-bis) del decreto 231 del 2001 annovera il delitto di corruzione tra privati, la cui sanzione prevista è di tipo pecuniario.

Una simile modifica porta con sé una rilevante conseguenza in ordine ad una sempre maggiore incisività (ed indispensabilità dello stesso) del Modello Organizzativo Gestionale in quanto, a differenza del passato ove veniva punita solo la corruzione che ledeva la Pubblica Amministrazione, attualmente tra i reati presupposto per la responsabilità della società è annoverata anche la corruzione privata ed il MOG, nei propri protocolli speciali, in questo senso risulta fondamentale ed imprescindibile in ottica preventiva per esonerare la società private e non solo da tale responsabilità. Non a caso, sempre più Enti, stanno altresì aderendo a standard quali la cd. ISO 37001.

Naturalmente, il fatto che il programma di lotta alla corruzione di un Ente abbia ricevuto una certificazione ISO non sarà sufficiente, da solo, a costituire sufficiente difesa nei procedimenti giudiziari. Ma la Pubblica Accusa, di regola, è permeabile a considerazioni relative allo stato di predisposizione e di efficace attuazione degli adeguati assetti organizzativi, anche solo per determinare se la società debba essere anch'essa perseguita per crimini commessi da coloro che agiscono per suo conto.

Ad esempio, l'US Attoney’s Manual indica la previa esistenza di un programma di compliance efficace quale fattore da considerare in punto comminazione di pena pecuniaria, e le US Sentencing Guidelines la indicano come un fattore attenuante per la determinazione della condanna. Analogo discorso per le Adequate Procedures britanniche.

 

5. Conclusioni

La scelta del Legislatore appare assolutamente condivisibile, a fronte della considerazione secondo la quale in presenza di condotte corruttive realizzate da un soggetto apicale in compagini societarie, la querela raramente veniva presentata, in quanto il ruolo apicale del soggetto da denunciare scoraggiava il soggetto dal presentare querela. Ora, come visto, non vi saranno più arresti di tal fatta, attesa la procedibilità d’ufficio del reato di corruzione tra privati