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Essere avvocato ai tempi del Covid: problemi e risorse

Avvocati e Covid
Avvocati e Covid

Siamo di fronte ad un cigno nero, ad un evento raro e imprevedibile, drammatico, che cambia volto al mondo per come lo conoscevamo. Un evento capace di segnare vite, cambiare le percezioni, far collassare a volte interi sistemi politici, intere economie, segnare per tutto il mondo un prima e un poi.

 

È passato quasi un anno dal Dpcm 8.3.2020 che ha riguardato tutta Italia, decretando la chiusura totale, il lockdown; ne stiamo vivendo tuttora uno, lievemente più attenuato, se ne profila uno totale all’orizzonte.

 

La pandemia non ha risparmiato nessuno, stato, comunità, famiglia e così la crisi economica che ne sta conseguendo non risparmia nessuna categoria.

Possiamo fare un primo bilancio, valutare i problemi che quali avvocati abbiamo avuto e che abbiamo e le risorse messe e da mettere in campo. Ché, appunto, ancora non è finita.

Come intellettuali, ovvero persone che lavorano d’intelletto, sappiamo che pretendere di comportarsi come prima di un evento come questo significa non avere la sensibilità intellettuale minima per comprendere che questo è un problema complesso. Quindi rifuggiamo subito dalla tentazione egoistica di voler vivere e lavorare con lo stile di prima. E quindi da inutili recriminazioni.

Siamo avvocati, abbiamo studiato per affrontare un vulnus alla regola, imbastire una difesa, fare affermare un diritto. La pratica giudiziaria poi ci abitua all’incertezza costante. Essere liberi professionisti ad una ordinaria precarietà economica.

Quindi il Covid ci può anche atterrire come persone ma come avvocati è, tutto sommato, solo una ulteriore variabile alla soluzione che dobbiamo trovare e raggiungere per svolgere la nostra professione.

Prima di essere avvocati, però ed appunto, siamo persone. Quindi il timore per la nostra salute, la preoccupazione per il nostro futuro professionale sono variabili aggiuntive di oggi che dobbiamo considerare e saper gestire perché condizionano il nostro agire attuale.

Cosi come dobbiamo tenere presente la paura dei nostri clienti per la propria salute e la loro situazione economica mutata, mutevole, precaria.

Le complicazioni processuali da Covid poi – udienze in forma scritta, da remoto, rinviate per poter essere tenute ognuna con rispetto delle distanze ed a finestra aperta – sono gestibili al pari di tutte le altre disfunzioni del sistema giustizia, preesistenti e permanenti.

Quindi su cosa dobbiamo concentrarci adesso?

A mio avviso su:

  1. come fornire la nostra opera professionale garantendo sicurezza a noi, ai nostri collaboratori, al cliente;
  2. come adattare la difesa del cliente alla precarietà relazionale ed economica del momento;
  3. come impostare la difesa, avuto prima ben chiaro e condiviso giuridicamente ed eticamente l’obbiettivo del cliente;
  4. se e come utilizzare percorsi alternativi di risoluzione delle controversie;
  5. come definire fin da subito il rapporto economico con il cliente e il piano di pagamento.

Ogni crisi contiene in sé le risorse potenziali e anche il Covid ha attivato in noi tante risorse che non sapevano di avere.

Molti di noi non avevano quella familiarità e dimestichezza con strumenti di comunicazione diversi dal telefono e la mail, quali piattaforme e social media vari.

Adesso siamo tutti più istruiti e capaci, indubbiamente.

Quindi siamo in grado di collegarci agilmente con persone che si trovano anche a grande distanza da noi.

Ciò significa avere moltiplicato le possibilità di contatto e di confronto.

Significa anche ottimizzare tempo e costi. E considerato che il tempo, dopo la salute, è il bene più prezioso che quali persone prima ed quali avvocati poi abbiano, non possiamo che apprezzare la risorsa scoperta ed utilizzarla al meglio.

Una buona agenda, cartacea od elettronica che sia, prevedere almeno mezz’ora fra un collegamento ed un altro ci potrà assicurare prontezza ed efficienza e, a ben pensare, farci sfiorare l’ubiquità!

Manca però il contatto umano, facile replica.

È vero, indubbiamente.  Ma il contatto con l’uomo con cui si scambia non passa solo per la possibilità di toccarlo o di essere compresenti in unico luogo. Quante volte abbiamo ricevuto per ore un cliente o dissertato a lungo davanti ad un Giudice senza ascoltare veramente od essere ascoltati?

Sviluppare o implementare la capacità di prestare e ricevere attenzione, avere e mostrare empatia con il nostro interlocutore pur se da remoto è il rimedio.

Magari anche solo applicandosi, emotivamente e intellettivamente, a quel che facciamo nel momento esatto in cui lo facciamo

In un’epoca difficile come questa non trovarsi nella stessa stanza con il nostro interlocutore è il prezzo minimo da pagare per la salvaguardia della salute nostra e pubblica, fermo l’auspicio di ritrovare tutti la piena libertà al più presto, garantita nel mentre la salute di ognuno.