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Femminicidi in Italia: le colpevoli inadempienze alla Convenzione di Istambul

femminicidio
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L’ultimo femminicidio ieri ad Arese in provincia di Milano, l’ennesimo caso di una lunga scia di sangue. In tutto questo, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa segnala la mancata comunicazione da parte dell’Italia, dei dati indispensabili per predisporre misure veramente efficaci nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne.

 

In Italia ogni 3 giorni viene uccisa una donna: la catena dei femminicidi non riesce a spezzarsi. Ieri a Milano l’ennesimo caso di femminicidio, il marito uccide la moglie e dopo tenta di strangolare il figlio diciottenne.

Le recenti normative per contrastare il fenomeno del femminicidio non sembrano riuscire ad arginarlo. In tutto questo l’Italia risulta, ancora, inadempiente al pieno rispetto all’articolo 11 della Convenzione di Istambul, il trattato internazionale contro la violenza sulle donne (ratificato in Italia nel 2013).

L’articolo 11 dispone la raccolta regolare di dati statistici e il sostegno alla ricerca sulla violenza di genere e domestica.

Il testo dell’articolo 11 prevede Raccolta dei dati e ricerca”.

1 Ai fini dell’applicazione della presente Convenzione, le Parti si impegnano a: a raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disaggregati pertinenti su questioni relative a qualsiasi forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione; b sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione, al fine di studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate ai fini dell’applicazione della presente Convenzione.

2 Le Parti si adoperano per realizzare indagini sulla popolazione, a intervalli regolari, allo scopo di determinare la prevalenza e le tendenze di ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione.

3 Le Parti forniscono al Gruppo di esperti menzionato all'articolo 66 della presente Convenzione le informazioni raccolte conformemente al presente articolo, per stimolare la cooperazione e permettere un confronto a livello internazionale.

4 Le Parti vigilano affinché le informazioni raccolte conformemente al presente articolo siano messe a disposizione del pubblico.

In Italia la mancanza di dati statistici ufficiali e aggiornati sul numero di delitti commessi a danno di donne e più in generale sul fenomeno della violenza di genere è stata più volte stigmatizzata. Per questo il decreto-legge sul contrasto alla violenza di genere (decreto legge 93/2013) ha previsto che il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno elabori annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere, approntando a tal fine un'autonoma sezione nella relazione annuale al Parlamento sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica (art. 3, comma 3).

Nonostante la previsione normativa permane la grave inadempienza come sottolineato dalla recente interrogazione parlamentare n. 4-09572 del 18 giugno 2021, che denuncia: “a partire dall'anno 2017, il Ministero della giustizia avrebbe dovuto fornire dei dati puntuali sulle vittime di violenza domestica e sui femminicidi alle istituzioni europee competenti, ma di queste informazioni non vi sarebbe alcuna traccia.

In particolare, si legge che entro il 31 marzo 2021, il Ministero della giustizia avrebbe dovuto fornire al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dati su come l'Italia sta cercando di colmare le gravi lacune riscontrate riguardo alle misure adottate per prevenire, gestire e punire la violenza domestica e i femminicidi: ma ciò non sarebbe stato ancora fatto”.

È dal 2017 che il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa chiede, in particolare, dati su “i criteri utilizzati dalle autorità competenti per rispondere alle richieste di misure preventive e protettive, il tempo medio di risposta e di attuazione di tali misure e il numero di misure adottate; la durata media delle indagini e dei procedimenti penali in relazione a episodi di violenza domestica e molestie; il numero di tali casi interrotto e il numero di condanne e assoluzione in relazione ai reclami presentati”.

Sono informazioni fondamentali attraverso le quali si potrebbero sapere: il numero delle vittime di femminicidio che avevano denunciato ripetutamente il loro assassino e non sono state adeguatamente protette; informazioni su quante volte parenti e amici di queste donne raccontano che, al momento della denuncia, i fatti da loro raccontati erano stati derubricati a “conflitti famigliari” o che era stato consigliato di far pace col marito. Il numero delle donne che non denunciano per paura di ritorsioni o di non riuscire a provvedere a se stesse e ai loro figli.

Il numero delle donne che si rivolgono ai servizi sanitari e sociali in seguito a episodi di violenza (i dati esistono solo per alcune regioni e spesso senza considerare il sesso e la relazione tra autore e vittima).

Il numero e la tipologia delle vittime coinvolte nelle violenze (figli della vittima o altri familiari); il tipo di violenza esercitata (economica, psicologica).

Continua l’interrogazione: “… quello che mancherebbe è soprattutto un sistema di raccolta di dati disaggregati e coordinati e che siano, quindi, statisticamente rilevanti, oltre a delle pubblicazioni periodiche relative a tali dati. Sono dati che, non solo, obbliga a raccogliere la Convenzione di Istanbul e che più recentemente sono stati richiesti dal Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne (Grevio), organismo indipendente del Consiglio d'Europa, ma che sono soprattutto indispensabili per predisporre misure veramente efficaci nel contrasto alla violenza nei confronti delle donne. Non si avrebbe alcun dato sul processo civile, ad esempio non si riesce a sapere sul numero totale di separazioni e divorzi, quanti siano dovuti a violenza domestica.

Il sistema informatico con cui i tribunali raccolgono i dati dovrebbe essere organizzato in maniera tale da essere accessibile a tutti e trasparente”.

Concludiamo ricordando che in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni (dati Eures, 2020).

Il Ministero della giustizia riuscirà ad eliminare la grave inadempienza segnalata dall’interrogazione?