Food Stylist: non solo bellezza, ma anche accoglienza
Food Stylist: non solo bellezza, ma anche accoglienza
In questi giorni, l’idea di scrivere un articolo dedicato al food stylist non era esattamente ciò che più mi sembrava facile e snello. La situazione politica e bellica con cui ci scontriamo mediaticamente ogni giorno, ha ovviamente influenzato la nostra serenità.
Per questo motivo scelgo, in questo articolo, di non parlarvi di bellezza, ma dell’importanza dell’apertura in questo lavoro specifico… e scelgo di farlo senza immagini.
In questi giorni, ero alla ricerca di una tematica accattivante ed attraente, ma nulla mi sembrava opportuno.
Poi ho iniziato a pensare che il food stylist in realtà è anche storytelling.
Vi ricordate quando parlavo, in un articolo precedente, della capacità del direttore creativo e del food styler di saper rappresentare al meglio le caratteristiche dell’azienda che commissiona loro il lavoro?!
Il piatto, la composizione, il contesto, le luci, fanno di quell’immagine una storia.
Questo pensiero mi ha portato a ripercorrere, a ritroso, i momenti in cui ho APPRESO, ASSORBITO immagini e composizioni, ma soprattutto emozioni davanti al cibo.
Nella mia mente si sono rincorse immagini di ristoranti scoperti per caso, di viaggi, di città, di bar, di spiagge e di mercati.
Sì, nei mercati, quelli dove assaggiavi qualsiasi cosa, anche la più sconosciuta, da mani di cui non conoscevi né la storia né il viaggio.
Lì c’era il ricordo di una pietanza per ciò che era, nella sua dimensione, con tutta la splendida ruvidità che gli conferiva una veste quasi sacra.
Cosa c’entrano viaggi e mercati con il food stylist?
Il racconto, la narrazione, la storia che noi creiamo in maniera artificiosa, c’è, esiste, è concretamente già presente nella nostra vita e nelle culture del mondo e proprio tali culture rendono unico il racconto del cibo.
Non vi sarà un mercato uguale all’altro, una popolazione uniformata ad un’altra, un peperoncino sarà tagliato in un piatto in Calabria e pestato a mortaio in Sud America. Così come avremo un germoglio di soia usato in modo differenti e con colori diversi in un piatto orientale e in un piatto occidentale.
Tale diversità è una ricchezza di cui dobbiamo essere grati e che dobbiamo accogliere. Un professionista che si occupa di cibo, che non ama un tale dono, non può considerarsi amante del cibo.
Detto ciò, lì nasce il racconto ed il primo set da cui noi traiamo ispirazione, da cui il food stylist evolve e diviene puntuale e mirato alle esigenze del mercato.
Per chiudere questo breve articolo, vi parlerò di alcuni piatti che vi invito a cercare, scoprendone la forma reale, primitiva e contestualizzata nel luogo di origine.
MOLE
Cucina Messicana
Nella cucina messicana la parola “mole” indica in generale una salsa densa a base di peperoni, frutta secca, spezie e cioccolato in cui viene cotta della carne. Spesso la preparazione prevede molto tempo e molte accortezze e la ricetta varia da paese a paese e da famiglia a famiglia.
Non particolarmente attraente dal punto di vista estetico, ha racchiuso in sé la storia messicana, dei suoi antenati e dei sapori locali.
Zuppa di MATZOH
Cucina Kosher
La ricetta tradizionale delle palline di Matzoh (ovvero, il pane azzimo) richiederebbe l’uso dello strutto, ma i vegetariani (e tutti coloro che amano una cucina più leggera) possono cavarsela benissimo anche senza. Sitratta di una ricetta tradizionale del periodo di Pesach, è ottima da gustare soprattutto nella stagione fredda. Il suo aspetto è brillante, leggero e… è come se “bastasse”.
NATTO
Cucina Giapponese
Il natto è un alimento proveniente dalla cucina tradizionale giapponese, realizzato a partire da semi di soia fermentati. Dal sapore unico e forte, è uno di quei cibi che o si ama o si odia, benché in terra nipponica sia largamente consumato dalla stragrande maggioranza delle persone, in Occidente è apprezzato per la sua ricchezza di nutrienti.
Il suo aspetto viscoso non lo rende particolarmente apprezzato, ma oltrepassato questo primo ostacolo, vi si riconosce, assieme ad un gusto pungente, un aroma di nocciola, viene spesso accompagnato da riso bianco a chicco corto.
Borsch
Cucina Ucraina
Uno degli ingredienti principali di questo piatto saporito e nutriente è la barbabietola, che conferisce al borsch al suo intenso colore rosso. Altri componenti importanti sono la patata, la carota, il cavolo, la cipolla e talvolta la carne.
Quando si ordina il borsch nel ristorante ucraino viene solitamente servito con panna acida e minuscoli panini all’aglio aglio, chiamati pampushki. Ci si trova quindi davanti ad una passata di colore intenso con aggiunta di profumi e consistenze diverse e interessanti in cui si alternano acido e dolce.
Golubtsy
Cucina Russa
Il nome deriva dal fatto che per il ripieno anticamente si usavano piccioni (goluby) interi. Oggi la ricetta è cambiata, ma il risultato rimane spettacolare.
Sono una parte così fondamentale della cucina russa da essere considerati cibo tradizionale. Le loro origini storiche, tuttavia, non sono chiare e ci sono un certo numero di leggende. Tatari (I Tatari sono un gruppo etnico di origine turca della Russia) e turchi preparavano un piatto chiamato dolma, che è carne di agnello sminuzzata avvolta in foglie di vite. Dal momento che i climi nordici non sono adatti alla coltivazione dell’uva, i tatari hanno dovuto cercare un sostituto locale. E cosa potrebbe essere più vicino alle foglie di vite dei cavoli? Naturalmente, l’agnello venne poi sostituito dai russi con carne di manzo o maiale locale.
E così concludo questo articolo che spero vi invogli a scoprire, senza barriere né confini ciò che, anche il cibo, può narrarci.
Se vi state chiedendo il perché della scelta di inserire Russia e Ucraina tra le “culture gastronomiche” scelte, non è per prendere una posizione neutrale, anzi, è per rafforzare il concetto di cultura: che non ha limiti, non ha confini e non deve essere cancellata da bombe o missili perché sono la cultura e lo scambio a renderci liberi-sempre.